Significativamente Oltre

innovators

Progetti di fattibilità pronti da presentare

di Salvatore Viglia

L’impegno formale che gli Innovatori Europei prendono è quello di dedicarsi allo studio di Progetti di Fattibilità Territoriali che propongano soluzioni d’avanguardia secondo i principi di sostenibilità e convenienza. A partire dalle piccole realtà locali già predisposte ad accogliere innovazioni e miglioramenti, Innovatori Europei dimostrerà sul campo la qualità dei suoi componenti e delle migliori menti disponibili tra le proprie file. Le intenzioni di IE vanno nella direzione dello studio sistematico e propositivo delle soluzioni. Studio propedeutico agli interventi governativi al cospetto del quale il soccorso in termini economici per incrementarne la ricerca, diventerebbe inderogabile. Al contempo, IE si impegna a sostenere lezioni nelle scuole di ogni ordine e grado per avvicinare gli studenti a problematiche del tutto ignorate ma che rappresentano l’orientamento irrinunciabile del futuro prossimo. In questa attività pedagogica e di studio si servirà dell’ausilio di professori di fama autori e relatori di proposte teorico pratiche atte a rendere la vita degli uomini meno difficoltosa e più salutare al tempo stesso. L’insieme di queste lezioni potranno divenire oggetto di pubblicazioni il cui ricavato sarà destinato al prosieguo delle attività di ricerca e studio. In tal senso si decideranno, in collaborazione con i direttori didattici, un piano ed un organigramma diviso per temi così da esaurire la gamma di interesse tuttora oggetto di discussione in tutto il pianeta. Non solo di tecnologia ma anche di filosofia di vita si parlerà in questi consessi programmati in linea con le necessità dell’essere umano quale cittadino del mondo e consone ai principi fondamentali di Innovatori Europei.

L’Italia è a rischio ingovernabilità

di Arnaldo De Porti

Improvvisamente, distratto da occupazioni  personali prioritarie rispetto alla situazione politica dell’Italia, e ciò per l’arco di tempo di una sola settimana, mi sono trovato in forte difficoltà  nel riprendere il filo degli eventi che in soli sette-otto giorni si sono succeduti a livello politico. Ormai dall’ex leader del berlusconismo eravamo già stati abituati al suo continuo fa e disfa, alle sue continue esternazioni regolarmente smentite il giorno dopo, al suo modo di pronunciarsi non certo da uomo di stato, realtà tutte a cui gli Italiani seri ci avevano fatto il callo contro volontà. Oggi però c’è un fatto nuovo che preoccupa l’Italia: si è invertito il quadro nel senso che, se fino all’anno scorso l’arcoriano faceva di tutto per non far cadere il suo governo, oggi invece egli minaccia di farlo cadere malgrado l’abbia sin da ieri sostenuto, non dimenticando che da allora nulla è cambiato in peggio anche se  il rigorismo di Monti ha impresso un clima fiscalmente soffocante. Non sono in grado di prevedere uno scenario futuro, ma se l’attacco verso le istituzioni dell’ex primo ministro dovesse materializzarsi nella caduta del governo attraverso i numeri che ancora possiede (?) sino al nuovo appuntamento elettorale, allora saremo-saremmo alla fine:  ingovernabilità, caos politico, e si precipiterebbe in quel baratro che era stato evitato per un filo dal cosiddetto governo tecnico. Se questo dovesse accadere, sarebbero in serio pericolo molti stipendi, le pensioni attualmente in essere, la concordia sociale (posto che ancora esista), eventi tutti calamitosi che potrebbero sfociare in una vera e propria conflittualità civile, che troverebbe humus molto fertile in una situazione socio-politico-economica come l’attuale. Non è che sia meglio nell’altro fronte politico, anche se più forzatamente razionale. Infatti, le guerre intestine al partito democratico non promettono bene: se vincerà Renzi, Massimo D’Alema  gli si metterà contro mentre, se dovesse vincere Bersani, è molto probabile che Renzi, contrariamente alle sue affermazioni di collaborare con il vincitore, finirà umanamente per manifestare freddezza. realtà che certamente non potrebbe giovare al nuovo governo. Che dire dei  Grillo, dei Vendola, dei Di Pietro ? Si tratta di un rebus che non avrà una soluzione e che finirà per turbare sia la destra che la sinistra. A questo punto, se è vero che le elezioni siciliane in corso di spoglio mentre sto scrivendo,  esprimeranno il nuovo quadro politico nazionale, allora è molto probabile che, pur ipotizzando un grande caos politico iniziale, gli Italiani avranno la fortuna di non vedere più quelle facce torbide, illegali, false (sia di destra che di sinistra) che sin qui hanno monopolizzato tutti i telegiornali, i mass-media in generale, turbando la serenità delle persone oneste e per bene. Un monito agli Italiani: sciogliete il torpore mentale ed abbiate il coraggio di credere che è possibile cambiare, perché altrimenti continueremo ad essere permeati dalla testa ai piedi di un inaccettabile masochismo, non avulso da ignoranza politica. Che ciascuno pagherà di tasca propria, anche in termini di salute.

Ciò che Renzi non avrebbe fatto: “rottamare” Beppe Grillo

di Salvatore Viglia 

Ciò di cui si ha bisogno è una visione chiara dello scenario politico attuale sul quale lavorare. L’area “adulta” del PD, ha commesso l’errore peraltro cosciente di sottovalutare la protesta cavalcata da Beppe Grillo. Ciò che più meraviglia, infatti, è la mancanza di determinazioni conseguenti che tengano a correggere quella posizione. Il vero rottamato in tutta questa storia di contrapposizioni è proprio l’attore genoano. Ma è un errore strategico e sostanziale che, se rettificato in tempo, potrebbe aprire soluzioni definitive anche decisamente stabili nel lungo periodo. Gli “adulti” si sa, dall’alto della loro saggezza non sempre moderatamente giustificata, finiscono con l’ignorare sia le novità, sia i linguaggi relazionali che propongono prospettive e innovazione. Essi hanno bisogno di maturare nel tempo per acquisire ed accettare il nuovo quando però altro non si fa che parlare di rinnovamento. Attenzione di rinnovamento, cioè una posizione  parecchi step lontana dall’innovazione. Ci riferiamo alla volontà non solo di passare a riconoscere come politica ciò che conveniva chiosare, d’acchito, antipolitica tout court. Lo vediamo, lo abbiamo visto che ciò accade in politica come nella vita pensiamo alla ostinazione ancora di alcuni che restano abbracciati alla loro olivetti 22 con la quale si son pur scritte pagine memorabili di storia e di giornalismo. Il punto cruciale è il passaggio consapevole dell’atteggiamento “maturo” ad una disponibilità di comprensione e di adeguamento necessario al nuovo. Ciò che è obiettivamente vecchio ed in disuso ancora tra queste file, non sono i suoi uomini che pure rappresentano un patrimonio immenso di esperienza e reputazioni anche di caratura internazionale, quanto l’atteggiamento severo ed anacronistico delle idee all’impatto con i fatti contemporanei. Una serie di errori sono stati commessi, alcuni di questi veramente gravi ed incomprensibili ad una mente aperta e disponibile. Manca ancora il coraggio, senza rinnegare né sventolare rese incondizionate, di accogliere e valutare. Manca la presenza e l’ardire dei giovani innovatori quale testa di ponte intrepida e ferrata pronta a “sfruttare” l’esperienza dei padri nel vigore dei figli senza paure e remore. Tutto ciò, però, solo a condizione che esista incontrovertibilmente la volontà di realizzare i propositi.

Monti ministro dell’economia in un governo di sinistra: nulla di innovativo

di Salvatore Viglia

Pur riconoscendo cinicamente e politicamente parlando, che l’ intervento poco “igienico” del Presidente Mario Monti sia stato decisivo non fosse altro che per serietà e rigore, non possiamo che dirci contrari ad una ipotesi che vedrebbe il professore ministro dell’ economia in un governo di sinistra.

L’ottica di innovazione dalla quale siamo di vedetta, ci fa guardare a tutt’altri lidi e ci impedisce, ci impedirebbe comunque, di accettare un tale compromesso incomprensibile in una prossima nuova ed eventuale compagine.  Il governo del paese deve ritornare nell’egida della politica e nella sua piena disponibilità e responsabilità.

Di veramente innovativo sarebbe da riconsiderare la politica economica nel suo complesso magari con la compromissione di tutte le compagini, di destra e di sinistra presenti nel paese. D’altronde, uno strano ma probabilmente sanissimo impulso innovativo sembra essersi realizzato spontaneamente nel paese nel rifiutare le ideologie come mezzo di separazione e di scontro dal momento che la politica economica decisa dai governi risponde ormai a logiche globali.

L’economia di un paese non è più, a nostro parere, il metro e la connotazione di una politica di destra  oppure di sinistra ma il pretesto sul quale porre poi le basi di una discussione politica serena che si occupi dei problemi della gente senza ansie.

Da senatore a vita Mario Monti potrà essere utile al paese meglio di quanto non potrebbe essere utile da ministro dell’economia. E’ il momento di dimostrare fiducia nel cambiamento. Ci sentiamo pronti, dobbiamo sentirci pronti,   in prima persona ad accollarci le più onerose responsabilità per il bene comune.

Non di rottamazione certo ci sentiamo di parlare ma di ricambio anche generazionale privo di riserve mentali pur se nelle differenze di posizioni politiche.

I giovani, i migliori, quelli che sono fuori dalle chiose e dagli aggettivi di Schioppa e della Fornero, sono pronti ad assumersi l’onere di incidere sul serio ed in maniera determinante per decidere del proprio stesso destino.

Non possiamo né dobbiamo aspettare placet incomprensibili. Cambiare si può e si deve nell’ottica di innovazione auspicata per il futuro del paese.

Torno a Viggiano per una “Basilicata Sostenibile”

 di Massimo Preziuso (pubblicato su Il Quotidiano della Basilicata)

Ci sono periodi della vita in cui è naturale aumentare il dialogo e sostenere la propria terra di origine.

Questo accade in momenti della vita che – diversi da persona a persona – sono molto condizionati dal contesto storico in cui si vive.

Per la mia generazione, quella di chi ha oggi intorno ai trent’anni, quel momento è questo, in un’Italia che si avvicina stanca al suo Annozero2013.

Sarà infatti il 2013 l’anno in cui il Paese, simbolicamente dopo le elezioni politiche nazionali, potrà dare il via, con un lavoro collettivo e partecipato da tutti, ad una ricostruzione culturale, sociale ed economica, simile a quella che ci fu nel secondo dopoguerra.

Noi trentenni, ci siamo preparati sul campo a questo Annozero2013 in avvicinamento, percependolo fin dall’inizio del nuovo millennio, vivendolo e soffrendolo nello scorso decennio che ci ha portati in molti casi a dover emigrare intellettualmente e fisicamente per poter esprimere almeno parte dei nostri talenti.

Gli ultimi dieci, sono stati anni di incredibili cambiamenti – lenti ma radicali – giudicati da molti “negativi” nel momento in cui li vivevamo, ma che poi ci han fatto comprendere che la “precarietà” in cui oggi viviamo è anche “opportunità” in potenza, di scoprire e capire luoghi e cose fino ad allora davvero lontani da noi.

In questo tempo, tutti noi abbiamo seguito – da vicino o da lontano – la nostra amata Basilicata, da cui andammo via negli anni novanta, perché comprendemmo che non avrebbe potuto darci, per motivi vari ed oggettivi, quello che volevamo: l’opportunità di una completa crescita intellettuale ed umana.

Una regione così differente dalle realtà che siamo andati a visitare: piccola ed isolata dalla globalizzazione, ma anche piena di valori condivisi, di quel “capitale sociale” che oggi rischia di svanire sotto i colpi di una modernità mal vissuta, di “beni comuni” unici ed irripetibili che oggi rischiamo di perdere in una guerra senza confini per le risorse, materiali ed immateriali.

Abbiamo tutti sempre pensato che – una volta completato almeno in parte il nostro percorso – avremmo dovuto dare un contributo ad avvicinare questa bella Regione alle opportunità del nuovo mondo che abbiamo visto e vissuto, in alcuni casi più di molta classe dirigente locale, aiutandola a dirigersi verso un nuovo percorso di “sviluppo sostenibile”.

Poi negli ultimi anni è “capitato” di sapere che nella nostra Regione si trova un grande rischio/opportunità, di cui pian piano si parla nei media e per le strade: quello di essere chiamato il “Texas italiano”, per via delle enormi estrazioni di combustibili fossili che vi avvengono in maniera crescente. E nello stesso tempo verificare che questo “Texas” lo hanno visto in pochi.

Ebbene, da quel “momento” tanti di noi hanno iniziato naturalmente ad interessarsi e studiare questa grande opportunità di crescita che è anche luogo di rischio ambientale e sociale.

Ci siamo chiesti se e come si potesse, analizzando i casi di successo e di insuccesso dei tanti “Texas” esistenti attorno al mediterraneo, fare della Basilicata luogo di sviluppo sociale ed economico sostenibile ed avanzato, proprio facendo leva sulla risorsa petrolifera, ancora di più ora che ci avviamo all’Annozero2013 italiano.

E’ per questo motivo che, in circa 50 ricercatori e professionisti, dal 25 al 28 Ottobre prossimi parteciperemo alla Viggiano Sustainable Development School, iniziativa che nasce dal lavoro di tanti lucani: per dare il via ad un dibattito sullo sviluppo sostenibile della Basilicata.

Questo “think tank” può infatti aiutare la Regione ad indirizzare risorse economiche e tecnologiche presenti nelle aree petrolifere per definire una nuova visione ed un nuovo modello di crescita, sostenibile appunto.

La Basilicata ha infatti oggi la necessità e possibilità di delineare una nuova strategia – chiamiamola qui “Basilicata sostenibile” – che stimoli le menti ed i cuori di tutta la Lucania, dia il via a collaborazioni strategiche con altre aree del mezzogiorno e del mediterraneo, e diventi esempio concreto di sviluppo sostenibile nella nuova Italia e nella nuova Europa dei popoli, che vanno ri-costruite a partire da subito.

Allora, uniamoci attorno a questa iniziativa. Incontriamoci a Viggiano e cominciamo da lì. Questo il mio auspicio.

Primato dell’economia e stato di diritto incompatibili tra loro

di Salvatore Viglia
Il potere dell’economia sull’uomo è una distorsione del concetto di benessere e di impresa. Essa non permette indugi e neanche interruzioni nel suo progettarsi. Dunque il diritto altro non è che un impedimento, un continuo proporre riflessioni ed atteggiamenti che impongono al denaro stop ed oneri che ne danneggiano i programmi. Dedurre, pertanto, che l’economia ed il diritto sono in antitesi tra loro non è errato stanti agli equilibri attuali nel mondo del lavoro e del costo del denaro. Il diritto costa, esige il rispetto di canoni e di leggi universali, giuridiche, religiose, etiche e quindi anche costituzionali ed il mercato con i suoi meccanismi non può permettersi di pagare. Si pensi al costo del lavoro, alla concorrenza dello sfruttamento dell’ uomo sull’uomo a vantaggio del mercato. In Cina, non essendoci diritti, statuti dei lavoratori e neanche una cultura che salvaguardi l’uomo su tutto, la logica del mercato funziona benissimo. Dove è assente il diritto, in questo caso quello dei lavoratori, c’è il predominio ed il successo dell’economia con le sue logiche. Stiamo assistendo al completo asservimento del diritto all’economia e questo, a catena, produce conseguenze aberranti ed inaspettate per le quali soluzioni politiche non sono approntate né studiate per farvi fronte. La completa impreparazione della politica al cospetto di questo problema è disarmante e tutti i rimedi che vengono utilizzati si dimostrano inadeguati e, spesso, peggiori dei mali. L’economia, il dio denaro, esige il sacrificio continuo e silente del lavoratore progettato per produrre. L’unico diritto di cui é titolare deve essere il dovere di immolare le proprie energie, che non costano niente, nel lavoro per la causa globale. In tutto questo, cadono come mele marce tutti quei propositi di lungo periodo che invece il diritto impone con una visione globale anch’essa ma che viene focalizzata sull’uomo piuttosto che sull’ economia. Salute, vita dignitosa, studio, ricerca, sono e restano canoni solo secondari perché se non funziona l’economia, non può funzionare null’altro.

Obama against “Romnesia”

Sono passati cinque anni ma di politici affascinanti e simpatici come Obama non se ne vedono tra USA ed Europa. Go Obama!

L’altra idea di Paese

di Giuseppina Bonaviri

Non si può demolire la storia di un popolo , la storia di un paese, la storia del nostro passato archiviandolo nelle memorie. Il volo e l’abisso convivono essendo imprescindibilmente  l’uno il proseguimento dell’altro lo stesso dicasi per il passato ed il futuro. Ipocrita è quel potere intellettuale che formalizzando  caste morali pensa di sconfiggere clientele, caste di politici, di amministratori, di imprenditori. Il copione rimane invariato e i cittadini beffati, confusi. Tra nomi noti, delfini emergenti, rampolli, protetti, duri e puri, burattini costruiti con fili quasi invisibili da manipolare, cani da guardia, riciclati dell’ultima ora, rottamatori e rottamati, antieroi, cambi di guardia  del tutto prevedibili, furbi, ossessionati dall’apparire, pseudo esperti di meccanismi elettorali, ricandidabili ”nonostante tutto”, politici per la vita, rinunciatari, leaderisti è impresa difficile per gli elettori  impotenti su tanto disastro. Ma dove è la vera discontinuità, dove l’innovazione, il ricambio leale ci chiedono? Dove ha sede dunque quella cultura ampia di un pensiero post moderno necessaria a ricostruire una Italia rinnovata, che sappia rispondere alle sfide messe in essere dalla crisi economica, politica, finanziaria, tecnocratica? E’ illusorio pensare di governare la storia ma questo non ci deve spingere all’inerzia. La democrazia ha bisogno di verità e la illegalità e le sopraffazioni di vigilanza e norme. Dobbiamo fare , ognuno di noi, il proprio dovere civico e così incidere sulla realtà. La politica va riconsegnata agli individui per potere tornare a vivere in un civismo attivo e militante. L’inganno non va riperpetuato. Usciamo dai confini di politici intimidatori, decadenti e voraci per ritrovare mercato del lavoro, produttività, infrastrutture e servizi, famiglie. Intervenire sulla qualità della politica uscendo dalla contrapposizione tra buona politica, partiti, società civile. Facciamo un appello alla mobilitazione civica tra associazionismo, auto-organizzazioni, volontariato quale espressione di una ricostruzione pura e chiediamo ai partiti di venire finalmente fuori dai loro fortini per evitare il baratro in difesa di un nuovo ruolo dell’Italia, l’altra Italia.

 

Nasce il “mensile” di Innovatori Europei

 di Salvatore Viglia (direttore)

Innovatori Europei. Due aggettivi che insieme diventano tutt’uno con un progetto cominciato nel 2006.

Essere “Innovatori” non è una sindrome, una malattia, una ossessione oppure una moda.

Significa configurare una condizione naturale che, per le leggi del mercato asservito ad una gestione globale irresponsabile , è stata sopraffatta da logiche distorte.

“Europei” è solo l’auspicio in quanto prima aggregazione di intenti in previsione di una generalizzata prassi intercontinentale in divenire.

Due aggettivi necessari, oggi, agli albori di un sistema che si affaccia sul mondo della consapevolezza ma che dovevano, secondo logica, essere superflui.

L’auspicio è che ambedue gli aggettivi non trovino più ragione di essere quando la “normalità” avrà un posto predominante nelle attività di progetto e di evoluzione progressiva e progressista del genere umano. Il bisogno dunque di definirsi “Innovatori” è dettato purtroppo da contingenze sociali e politiche distratte quando non dolosamente colpevoli.

“Innovatori Europei” nasce dal bisogno proprio di sottolineare una naturale propensione filosofica e conveniente della scelta, da parte dell’uomo, di opzioni opportune, naturali, decisamente consigliabili. In realtà propone una scontata visione onesta e priva di “interessi” diversi della vita e delle attività sociali così come le conosciamo. Ciò nonostante rappresenta ancora una meraviglia per la poca assonanza con la prassi in auge.

Così brevemente premesso, neanche l’etica avrebbe motivo di essere menzionata in  quanto mezzo indispensabile attraverso il quale perseguire gli obiettivi pianificati e studiati. Trattiamo di una materia che presuppone quale ingrediente fondamentale la predisposizione interessata solo ed unicamente al bene comune perciò l’etica diventa motore, cuore delle attività sia sociali che politiche.

L’etica è indispensabile per il moto, per la crescita, per la bontà dei progetti, ne fa parte integrante.

“Innovatori Europei” è per la ricerca  intesa non solo come studio ma come sistema, abitudine scolastica e didattica introdotta a partire dalla scuola primaria per interessare ed invadere ogni settore, tutti i settori nei quali le attività dell’uomo sono impegnate.

Normalmente, si fa corrispondere al significato di “Innovazione” il continuo aggiornarsi della tecnologia che facilita ed agevola la vita degli esseri sociali. Non è così. Almeno non è sempre così.

I risultati della ricerca introducono, è vero, sistemi innovativi che si impongono quali ricambi  ed in sostituzione alle distorsioni innaturali tuttora vigenti in danno alla salute, per esempio. Le centrali di rigenerazione, i sistemi di recupero delle acque piovane, le finestre a triplo vetro con schemi a lamelle mobili, i materiali di riciclo, le isole di raccolta differenziata dei rifiuti, il cemento fotovoltaico (TX Active), i sistemi eolici, i sistemi di climatizzazione con sistemi a travi fredde Trox, giardini fotovoltaici, tetti formati da tegole foto catalitiche in grado di trasformarela C02 in sali, le mobilità sostenibili, le auto elettriche, le aree verdi a risparmio idrico, mangiar sano e altro ancora, sono l’aspetto freddo che deve divenire sistemico di una “condizione” indispensabile che si attesta su una concezione della vita, su un codice inviolabile di regole convenienti per tutti i membri del consesso.

In questo senso ancora assistiamo alla assegnazione di premi, basti pensare ai Green Awards, per chi propone e realizza idee valide, innovatrici utili all’ambiente ed alla vita. Ciò significa, stando alle eccezioni, esse restano ancora tali senza diventare consuetudine, che non si è ancora accelerato sulla necessità di ribaltare il sistema vigente irresponsabile e colpevolmente negligente.

“Innovatori Europei” nasce e spende la sue genialità giovani, personalità competenti e propositive affinché le eccezioni diventino normalità e le eccellenze siano sempre meno identificabili tra tante eccellenze.

Possiamo concludere che la sostanza dei problemi posti da “Innovatori Europei” non è politica in quanto tale. Diventa politica dal momento che si rende indispensabile una sensibilizzazione che, per legge, introduca parametri che facilitino e migliorino la vita piuttosto che complicarla.

Anche dal punto di vista politico, “Innovatori Europei” si pone assai avanti alle determinazioni del panorama attuale che sembrano aver raggiunto, ob torto collo, una sorta di ragionevolezza anche se imposta delle gravi difficoltà economiche contingenti.

La politica, per “Innovatori Europei”deve essere la giusta mediazione per la riduzione del conflitto in contrapposizione ideologica tra anime e posizioni diverse proprio in virtù di quell’interesse    proteso eticamente e moralmente nel facilitare e migliorare il bene comune dei cittadini in maniera  irrinunciabile.

Da oggi, con la nascita del “mensile” di Innovatori Europei, metteremo ancora di più l’accento su tutto questo.

Seguiteci, non sarà tempo perso.

 

L’alta velocità ferroviaria per il rilancio della Basilicata

di Massimo Preziuso (su Il Quotidiano della Basilicata)

E’ un periodo davvero strano quello che stiamo vivendo, a tutti i livelli. Nel mondo continuano e si sommano crisi di vario tipo, che ci dicono che la abbuffata fatta negli ultimi dieci anni di globalizzazione ora va pagata. In Europa ormai da cinque anni, importando e accogliendo una crisi “molto” americana, siamo entrati dentro una nuova, quella dell’euro, che in pochissimi anni è diventata oggi la crisi di tutti noi. E in Italia, Paese in poco tempo diventato a “sovranità limitata”, le cose nella società e nell’economia vanno male, aldilà delle rappresentazioni che si vogliono dare ad una presunta recuperata “credibilità internazionale” sotto la guida di un governo di “illuminati”.

Ma nelle “crisi vivono le più grandi opportunità”. E questo potrebbe essere il caso della piccola Basilicata, che può proprio in questi tempi trasformare limiti strutturali in grandi opportunità. Infatti,  proprio in questi anni così negativamente speciali la Lucania sta recuperando una potenziale centralità. Capita spesso di sentirsi dire: “La Basilicata è l’ultima Regione di Italia in cui si può investire e tanto”. “Ma scherzi, non abbiamo il contesto adatto per gli investimenti. Siamo scollegati. Non abbiamo cultura imprenditoriale” si risponde a caldo. Poi, riflettendoci bene, viene da aggiungere: “In effetti si potrebbe fare tanto in Basilicata. E’ un territorio pieno di risorse naturali (acqua, aria, sole, vento, di combustibili fossili (petrolio e gas), è geograficamente al centro del mezzogiorno, ha un enorme bacino di professionalità con cultura universitaria e molte volte scientifica, non è sede di criminalità diffusa. Ha una nuova classe dirigente giovane e preparata”.

E proprio in questi giorni anche lo SVIMEZ ha detto che “la Basilicata è la Regione più dinamica del Paese”, nonostante abbia i classici ed enormi problemi di una Regione del mezzogiorno di Italia. Ma allora cosa realmente manca in Basilicata per trasformare questo “dinamismo” in attrazione di investimenti, talenti e tecnologia? A mio avviso manca proprio quella cultura imprenditoriale che solitamente nasce attorno a grandi progetti infrastrutturali che facciano da volano allo sviluppo della Regione. Si obietterà che queste lacune regionali sono però dovute alla scarsa densità economica e di domanda aggregata che possa permettere la realizzazione di grandi progetti e investimenti. Ma, se è vero questo, nello stesso tempo è sempre in Lucania che le aziende petrolifere estraggono miliardi di euro l’anno di petrolio e gas naturale,  lasciando ad oggi alla Regione nessun progetto di lungo periodo (forse perché non sollecitate in tal senso).

E allora si potrebbe provare a rilanciare proprio fissando lo sguardo più attentamente su questo tema. Si potrebbe per esempio decidere finalmente di investire parte delle risorse ricavate dall’estrazione e destinate come royalties alla Regione e ai comuni interessati  – invece che in buoni benzina o in piccoli progetti locali disordinati e senza visione – nel project financing di una infrastruttura ferroviaria in alta velocità che colleghi la Basilicata con il corridoio europeo Sud – Nord, mettendola al centro del mezzogiorno e rendendola naturale calamita di risorse e progetti. Molti obietteranno che una tale infrastruttura non è fattibile economicamente per la solita “mancanza di domanda” (in questo caso di flussi di viaggiatori) o perché “il tracciato è inserito in una geomorfologia troppo complessa”  (per troppa pendenza o cose simili). Ma, con volontà politica e con ingenti risorse pubbliche e private, l’alta velocità in Basilicata si potrebbe di certo fare. Ed ha senso investire oggi in un serio studio di fattibilità per poi eventualmente inserire tale infrastruttura nel gruppo delle grandi opere pubbliche europee da realizzare.

Qualcosa va assolutamente fatta – se non l’alta velocità un aeroporto – per connettere la Lucania con un mondo di persone e di risorse che la vogliono fortemente incontrare. Il momento è adesso.

 

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