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30 Giugno Seminario “Dall’Expo ai Territori” – Seminar “From the Expo to our territories”

Expo
 
 
Gli Innovatori Europei La invitano a partecipare al Seminario conoscitivo del progetto “Dall’Expo ai territori”, che supportano quale driver di sviluppo competitivo dei territori italiani “verso la Smart Nation”.Se è interessata/o all’iniziativa, La preghiamo di rispondere via email entro il 29 giugno.Seminario, 30 giugno 2014, ore 17.00 – 18.30, Roma, Spazio Europa, Via IV Novembre 149

Gli Innovatori Europei incontrano “Dall’Expo ai territori”

Si svolgerà il 30 giugno presso la sede italiana del Parlamento Europeo a Roma il seminario tecnico “L’Expo dei Territori”, dedicato ad approfondire le diverse opportunità di partecipazione all’Expo 2015, il ruolo e le iniziative delle amministrazioni locali e illustrare le risorse finanziarie che le amministrazioni centrali, le Regioni e i Comuni intendono destinare al percorso di avvicinamento e alla promozione del territorio.

Ai lavori, coordinati da Massimo Preziuso (Innovatori Europei), parteciperanno esperti, ricercatori ed innovatori aderenti al think tank.

Il rappresentante dell’Ufficio di Staff del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Graziano Delrio illustrerà il progetto “Dall’Expo ai territori”, finalizzato alla promozione di azioni ed iniziative – nazionali e regionali – mirate alla valorizzazione delle dotazioni turistiche, culturali, delle filiere agroindustriali e delle eccellenze alimentari diffuse su tutto il territorio nazionale.

A seguire gli Innovatori Europei presenti, rappresentativi di importanti realtà associative ed istituzionali, proporranno idee e progetti per accrescere le potenzialità del progetto e le sue ricadute sul territorio in termini di immagine, economia e occupazione.

Per iscriversi e partecipare all’evento: infoinnovatorieuropei@gmail.com o Pagina Facebook

Sul Sito del Partito Democratico: Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese

pd

Comunicato Stampa pubblicato sul Sito del Dipartimento Infrastrutture e Trasporti del Partito Democratico

Il Movimento Innovatori Europei lancia una iniziativa per la creazione nel Mezzogiorno di un Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee

Il 21 giugno si è svolta, nella sede del Partito Democratico, l’iniziativa di Innovatori Europei dal titolo ”Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese“. Tema dell’incontro il ruolo che la Logistica dei Trasporti, e le Infrastrutture a essa collegate, possono svolgere per il rilancio dell’economia, in particolare riconsegnando al Mezzogiorno la sua plurisecolare funzione di collegamento col Mediterraneo, che la stessa Unione europea ancora oggi gli riconosce.

L’introduzione al convegno è stata di Massimo Preziuso, fondatore degli Innovatori Europei. Nel corso dell’iniziativa sono state esposte le ragioni tecnico – economiche e manageriali in base alle quali l’Italia può trovare il suo spazio nella competizione per i flussi mercantili intercontinentali. La Logistica può, a nostro parere, rappresentare per l’Italia ciò che è stato e continua a essere il petrolio per i Paesi arabi, a patto che i partiti italiani collaborino lealmente al progetto di cambiamento che il Governo sta iniziando ad attuare.

A fine lavori si è prodotto un documento, con annessa proposta, per la creazione nel Mezzogiorno dell’Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee. La pubblicazione di questo documento resocontato sarà consegnata nei prossimi giorni al Partito Democratico, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e alle istituzioni di Governo con l’invito a inserirlo nell’agenda del Semestre Europeo a guida italiana.

Dal Nazareno: noi Innovatori Europei consegniamo la creazione nel Mezzogiorno dell’ Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee al Partito Democratico e al Governo

convegno romaconvegno 21 giugno

Comunicato Stampa

Il Movimento Innovatori Europei dal Nazareno lancia una iniziativa sulla creazione nel Mezzogiorno di un Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee affidando questo percorso al Partito Democratico e al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in qualità di guida italiana per il Semestre Europeo.

Il 21 giugno, al Nazareno, in una sala affollata si è svolta l’iniziativa di Innovatori Europei dal titolo “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese“. Personalità provenienti da ogni parte d’Italia hanno discusso per l’arco dell’intera giornata sul ruolo che la Logistica dei Trasporti e le indispensabili Infrastrutture a essa strettamente collegate debbono assolvere allo scopo di rilanciare con forza l’economia del Paese, riconsegnando al Mezzogiorno la sua plurisecolare funzione di collegamento col Mediterraneo che la stessa Unione europea gli attribuisce ancor oggi.

Il Convegno si è articolato in due sessioni complementari. Dopo l’introduzione al convegno dell’ing. Massimo Preziuso, fondatore degli Innovatori Europei, e i messaggi di pieno supporto del Partito Democratico e delle istituzioni, un auditorio di grande qualità ha potuto seguire le ragioni tecnico – economiche e manageriali  in base alle quali l’Italia può e deve trovare il suo spazio nella competizione volta ad assicurarsi una fetta dei flussi mercantili intercontinentali. Ed è così tornato in campo l’aspetto politico del problema: è vero, la Logistica può rappresentare per l’Italia ciò che è stato e continua a essere il petrolio per i Paesi arabi a patto che i partiti italiani collaborino lealmente alla riuscita del progetto di cambiare l’Italia che il Governo sta iniziando ad attuare.  

A fine lavori si è prodotto un documento con annessa proposta, condivisa da tutti i presenti, per la creazione nel Mezzogiorno dell’Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee. La pubblicazione di questo documento resocontato sarà consegnata nei prossimi giorni al Partito Democratico, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e alle istituzioni di Governo con l’invito a disporre che sia inserito nell’agenda del Semestre Europeo a guida italiana. L’Osservatorio già in partenza vede la partecipazione di personalità provenienti dal mondo della accademia, delle organizzazioni sindacali italiane, imprenditoriali. Noi Innovatori Europei, protagonisti da anni del desiderio di cambiamento del Paese, essendoci accreditati nei fatti come luogo di incontro ed innovazione tra mondi come la Tecnica, la Ricerca accademica e la Politica chiediamo al Partito Democratico che in qualità di interprete di un governo forte e rinnovatore apra le sue porte alla società delle Idee per efficientare e risolvere questioni annose con il contributo di tante e tanti.

21 giugno, Roma – Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese

 

 Brochure finale

Potete visionare la Brochure e la Locandina del convegno. 

Link al messaggio del Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Matteo Renzi

Link al messaggio del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, On. Graziano Delrio

Link al messaggio del Vice Segretario del Partito Democratico, On. Lorenzo Guerini

Link al messaggio del Presidente del Parlamento Europeo, On. Gianni Pittella

Link al Video Messaggio di saluti del Capogruppo alla Camera dei Deputati del PD, On. Roberto Speranza

Link al Video messaggio del Prof. Alfonso Celotto

Link al messaggio del consigliere regionale della Basilicata, Mario Polese

 

Verso le europee. Un PD più innovativo possibile. Adesso o mai più

Europee-2014di Massimo Preziuso su L’Unità

Per il Partito Democratico è tempo di spingere nel solco di quel cambiamento innovativo invocato da Matteo Renzi, per ora avviato nella comunicazione e nella forma.

Con il declino netto del Partito Socialista francese alle amministrative di ieri, a due mesi da elezioni europee  “costituenti”, fondamentali per il rilancio del Sud Europa, non si può davvero scherzare.

Soprattutto se si pensa che, dopo anni di tentennamenti, il PD a guida Renzi ha deciso di entrare nella famiglia socialista solo qualche settimana fa, dando vita ad una chiara contraddizione politica: quella del giovane premier rinnovatore, formatosi nella Margherita, che aderisce ad una famiglia politica piena di valori sedimentati nel tempo, in alcuni casi meno innovativi e attuali di qualche anno fa.

Una scelta rischiosa, dunque, come si è poi visto con i risultati di ieri. Che si sommano al precedente annuncio del mancato supporto dei laburisti inglesi al candidato socialista alla presidenza della Commissione Europea Schulz.

E allora per ovviare al rischio di una débâcle alle europee, il Partito Democratico ha una sola via possibile: quella di tradurre le speranze di rinnovamento e riformismo riposti nella carica comunicativa e di leadership di Matteo in cambiamenti concreti da qui a maggio.

Tre sono i livelli su cui operare:

– Riforme. Il PD sostenga Renzi a migliorare e approvare quella elettorale e avvii una sostanziosa spending review che dia forza ai consumi italiani, con un aumento dei salari netti degli italiani tutti (non solo i dipendenti!).

– Alleanze elettorali. La sensazione è che il PD non possa più permettersi le alleanze storiche. Fortunatamente, il “Centro Democratico” è andato ad avventurarsi nell’ALDE italiana. Ma è evidente che anche la alleanza con un “SEL” statico e pieno di contraddizioni non regge più. Essa è in forte contrasto con la visione che gli italiani e gli elettori democratici hanno di questo nuovo PD.

– Persone e competenze. Il Partito di Renzi ha finalmente la forza di aprire la porta ai  Talenti italiani presenti nel mondo, che oggi han voglia di “ricostruire” il Paese, disegnando con il governo nuove politiche industriali competitive. Lo può fare a partire dalle nomine delle aziende quotate di cui si discute in questo periodo.  Può non  farlo, riconfermando il molte volte vetusto management attuale, o imponendo figure politiche senza riguardo al merito, dando in quel caso il via ad una slavina. Evidentemente lo stesso ragionamento è applicabile nella scelta dei candidati alle europee.

In conclusione: il PD diventi più “innovativo” possibile. Faccia sua, con fatti netti e svelti, la voglia di cambiamento politico e progettuale presente nel Paese. Attui le prime soluzioni anticrisi. Altrimenti, rimanendo in una sorta di limbo tra visioni socialiste e rinnovamenti annunciati, i suoi risultati elettorali alle europee saranno sicuramente deludenti. Con effetti sulla stabilità del governo, e del Partito, immaginabili.

 

La scossa di Prodi al premier: non abbia paura, ora tenti una sortita

Romano Prodi (Epa)Romano Prodi (Epa)

BOLOGNA – Professor Prodi, l’Italia vive uno dei momenti peggiori del dopoguerra. E il sogno europeo appare infranto, con la Germania che vuole farla da padrone. «Non è che vuole: la Germania la fa da padrone. E continua per la sua strada, anche se molti osservatori, tedeschi e non tedeschi, pensano che l’eccessivo surplus renda il rapporto di cambio dell’euro insopportabile per gli altri Paesi. Un surplus minore aiuterebbe l’economia di tutta l’Europa».
L’euro è troppo forte per noi? «Oggi siamo quasi a 1,40 sul dollaro. Fossimo a 1,10, anche 1,20, saremmo in una situazione ben diversa».
L’euro era stato pensato per valere un dollaro? «Più o meno. Ricordo, quand’ero presidente della Commissione europea, gli incontri annuali con il presidente cinese Jiang Zemin. Avevamo dossier alti una spanna, ma a lui interessava solo l’euro. Gli consigliai di comprarne come riserva. All’inizio il valore dell’euro crollò a 0,89 rispetto al dollaro e, quando tornai da Jiang, avevo la coda fra le gambe. Ma lui mi rasserenò subito: “Lei pensa di avermi dato un cattivo consiglio, ma io continuerò a investire in euro. Perché l’euro salirà. E perché non mi piace un mondo con un solo padrone: sono felice che accanto al dollaro ci sia un’altra moneta”. A causa degli errori europei, l’altra moneta accanto al dollaro sta diventando lo yuan. Le divisioni europee ci hanno fatto perdere occasioni enormi. Vai in Medio Oriente e ti senti dire: “Siete il primo esportatore e il primo investitore, ma non contate nulla”. Non c’è un grande problema internazionale in cui l’Europa abbia contato qualcosa».
Alle elezioni del 25 maggio si profila un successo delle forze antieuropee. Può essere una scossa? «Lo sarà senz’altro. Questa del resto è la storia d’Europa. L’Unione ha sempre avuto uno scatto dopo le crisi. La prima volta accadde con la “sedia vuota” di De Gaulle. Oggi la sensazione è ancora più forte perché abbiamo sul collo il fiato della Cina, dove fortunatamente il costo del lavoro continua a crescere. Anche se rimangono ancora grandi differenze nel costo della mano d’opera standard, oggi Unicredit paga i neolaureati di Shanghai come quelli di Milano. Dobbiamo ritrovare una politica europea comune, se vogliamo avere ancora una leadership. Occorre ribaltare la situazione. Nelle svolte del mondo bisogna essere i primi a capirle».
L’Italia si impoverisce. Eppure non c’è rivolta sociale. Perché? «Perché la perdita del lavoro avviene goccia a goccia: infinite gocce che fanno molto più di un fiume, ma non fanno una rivoluzione. È un fenomeno mondiale: la frantumazione della classe media; la jobless society ».
La società senza lavoro. «Si distruggono i lavori di medio livello. Disegnatori. Segretarie. Praticanti degli studi legali. Cassieri. Impiegati delle agenzie di viaggio o degli sportelli bancari e assicurativi. L’altro giorno parlavo con il responsabile di una grande banca. Gli ho chiesto se tra dieci anni i dipendenti saranno più o meno della metà rispetto a oggi. Mi ha risposto che saranno molto meno della metà. Aumenta la disoccupazione diffusa, cui si cerca rimedio con i “minijobs”: spezzoni di lavoro pagati sotto la soglia di sussistenza. Ma quando tagli la fascia media, si distanziano non soltanto i redditi; si distanziano due parti della società. Si salvano solo gli innovatori. Non a caso gli Stati Uniti, patria dell’innovazione, vanno meglio di noi».
Perché proprio l’Italia è il grande malato d’Europa? «Perché non agisce come un Paese unito. I problemi aperti esigono una risposta corale. Invece la società è frammentata. Il governo ha una cronica mancanza di autorità. I sindacati si saltano gli uni con gli altri, sono divisi anche all’interno della stessa organizzazione, e la Confindustria è stata sempre ben contenta di dividerli. Tra sindacato e grandi imprese ci sono tensioni, come alla Fiat, che non si sono viste in nessuno stabilimento europeo. Il problema non è il costo del lavoro: in Spagna è inferiore di appena il 7%; in Germania è superiore di oltre il 50%. Il problema è il modo in cui si lavora. È la paralisi del sistema produttivo. È la mancanza di una politica industriale».
Che valutazione dà del Jobs Act di Renzi? «La direzione è quella buona. Ma bisogna tradurla in decisioni concrete. Devono capirlo tutti: il potere politico, i sindacati, le imprese. In questi anni si sono aperti molti tavoli di concertazione; la frammentazione li ha uccisi tutti».
Voi varaste il pacchetto Treu. «Sì, noi usavamo l’italiano e lo chiamammo pacchetto». Oggi a Palazzo Chigi c’è un suo allievo, Enrico Letta. Quale consiglio gli darebbe? «Di tentare una sortita. Di prendere iniziative anche contestate. Di non avere paura di mettersi in una controversia».
In un articolo sul «Messaggero » lei ha ricordato che il potere pubblico è intervenuto ovunque in difesa dell’industria dell’automobile, dalla Spagna agli Stati Uniti, tranne che in Italia. «È oggettivo che l’affare Fiat si sia concluso senza la voce del governo. E sull’Electrolux c’è stata solo una mediazione a posteriori».
Perché è andato a votare alle primarie del Pd? «Ho deciso il giorno dopo la sentenza della Consulta. Perché ho avuto paura che riemergesse una legge elettorale che rendesse impossibile governare il Paese».
La nuova legge le piace? Cosa pensa dell’attivismo di Renzi? «Non rispondo a questa domanda. Ho sentito il dovere di votare alle primarie come risposta a un’emergenza, non come scelta di tornare alla partecipazione. Il ruolo elettorale è un dovere civico, non significa proporsi o essere disponibili ad accettare una carica. Ho ritenuto che il Pd fosse indispensabile per evitare lo sfascio totale. Dopo di che non ho più preso parte alla politica attiva. Sarei solo di disturbo».
Perché? «Perché ogni azione sarebbe interpretata come appoggio all’uno o all’altro, come un disegno personale per un futuro che non esiste».
Non vuole fare il presidente della Repubblica? «No. Mi pare di averlo già chiarito in più di un’occasione. Il Paese è cambiato. C’è un nuovo mondo. Occorrono persone nuove che lo interpretino. La nuova politica, per linguaggio, contenuto, velocità, supera la mia capacità di comprensione. Non sono un uomo 2.0».
Lei ha raccontato una telefonata con D’Alema, nel giorno dei 101 franchi tiratori, da cui dedusse che sarebbe finita male. Come andò? «Fu anche divertente. Ero in riunione a Bamako, in Mali. C’era un’atmosfera distesa. France Presse scriveva che stavo diventando presidente della Repubblica, tutti i capi di Stato africani mi facevano il pollice alzato. Io rispondevo con il pollice verso, perché sapevo già come sarebbe andata a finire. Avevo fatto le telefonate di dovere. Prima a Marini, poi a D’Alema, che mi disse che certe candidature non si possono fare in modo così improvvisato. Fu allora che chiamai mia moglie Flavia in Italia, per dirle di andare pure alla sua riunione, tanto non sarebbe accaduto nulla. Poi telefonai a Monti, che mi avvisò che non mi avrebbe votato perché ero “divisivo”. Infine telefonai a Napolitano perché ormai era chiaro come sarebbe andata a finire. Anche se mi aspettavo 60 defezioni, non 120: perché furono più di 101».
È stato scritto che lei è in contatto con Grillo e Casaleggio. È vero? «Mai avuto rapporti politici di nessun tipo, salvo quello di spettatore divertito. Grillo venne a trovarmi nell’81 a Nomisma, per discutere gli aspetti economici dei suoi testi. Nel 2007 mi fece un’intervista strumentale a Palazzo Chigi: all’uscita disse che dormivo. Avevo invece risposto a tutte le sue domande, spesso con gli occhi chiusi, come faccio d’abitudine quando penso, e il filmato lo dimostra. Casaleggio è venuto una volta a salutarmi a un convegno pubblico a Milano. Stop».
Come valuta il successo dei Cinque Stelle? «È un movimento di protesta che si manifesta in varie forme in tutti i Paesi europei, tranne che in Germania. La Merkel è stata molto abile ad assorbire il populismo, riassicurando i tedeschi a scapito del resto d’Europa. Anche per questo Italia, Francia e Spagna dovrebbero reagire presentando un programma alternativo nei confronti della Germania. Noi abbiamo gli stessi interessi, ma ognuno pensa di essere più bravo degli altri. Dai consigli europei si esce con le stesse decisioni con cui si è entrati».
La sua immagine pubblica è legata alla bonomia, alla fiducia. È raro trovarla così pessimista. «Io sono pessimista per poter essere ottimista. Il passaggio dal pessimismo all’ottimismo si ha solo attraverso un’azione politica forte e coraggiosa. L’unico fatto positivo di questa crisi drammatica è che sta maturando la consapevolezza dell’emergenza, e della necessità di cambiare. Sempre più ci si rende conto che c’è troppa gente che soffre. Finora la sofferenza arrivava alla Caritas. Ora si è affacciata persino al Forum di Davos. Anche se la finanza ha ripreso a operare come prima».
C’è il rischio di un’altra bolla e di un altro crollo? «Non ci sono state riforme fondamentali nel sistema finanziario. C’è più paura e quindi più consapevolezza ma non ci sono veri strumenti nuovi».
Nella storia italiana recente, e quindi nel declino del Paese, anche lei ha avuto un ruolo. C’è qualche errore che non rifarebbe? «Questa è una domanda inutile. Ci sono sfide che si affrontano sapendo perfettamente che si incontrerà la resistenza e la reazione del sistema, e quindi con buone possibilità di fallimento; eppure sono sfide che affronterei di nuovo».
Faccia un esempio. «La privatizzazione dell’Alfa Romeo. Trattai con Ford perché ritenevo necessario che ci fosse concorrenza. Arrivammo ad un progetto di accordo di grande respiro, però avvertii i negoziatori: se si mette di mezzo la Fiat, salterà tutto, perché si muoveranno i sindacati, le autorità ecclesiastiche, gli enti locali, insomma il Paese. Fu proprio quello che accadde. È vero che la Fiat offrì qualche soldo in più ma, in ogni caso, non vi furono alternative. I negoziatori della Ford conclusero dicendo: “Ci spiace molto; lei però ci aveva detto la verità”».
Le chiedevo di farmi l’esempio di un errore. «È un errore sopravvalutare le proprie forze. Ma penso che oggi l’Italia abbia bisogno di essere messa di fronte alle sue sfide. Per questo parlo di “sortita”. Verrà il momento in cui le sfide non si potranno non affrontare. Se hai un disegno, devi anche rischiare. E io credo di aver rischiato sempre. Non a caso, sia il primo sia il secondo governo Prodi sono stati fatti saltare. Anche se tra le due cadute c’è una bella differenza».
Quale differenza? «Nel 2008 il mio governo è caduto a causa della frammentazione politica e dei personali interessi di alcuni suoi membri ma, in ogni caso, era un cammino faticoso. Nel 1998 il mio primo governo è caduto perché andava bene. Non solo hanno buttato giù un ottimo governo, con Ciampi all’Economia, Andreatta alla Difesa, Napolitano agli Interni, Bersani all’Industria e poi Flick e Treu… Peggio ancora: hanno distrutto l’entusiasmo. E ci vuole più di una vita per ricostruire l’entusiasmo».
Rifarebbe pure il Pd? «Il Pd è l’unico punto di solidità del Paese. Ma se fosse andato avanti l’Ulivo avremmo avuto il Pd già quindici anni fa, e l’Italia non sarebbe sprofondata in questa crisi politica».

Resoconto di Progetti per un’altra Italia in Europa, 30 novembre, Roma

massimo convegnoProgetti per un’altra Italia in Europa

30 novembre 2013, ore 10 – 14

Via Sant’Andrea delle Fratte 16, Roma – Sala delle Conferenze, Partito Democratico

Esperti nazionali ed internazionali provenienti dal mondo accademico, dalle istituzioni, dal mondo delle professioni e dell’impresa, molti giovani in una sala entusiasta ed interessata. Si parlava di progetti per un’altra Italia in Europa, quella che noi Innovatori Europei auspichiamo da anni.

Dopo i saluti istituzionali pervenuti dalla Ministra Bonino, dalla Presidente della Camera Boldrini, dal segretario del Partito Democratico Epifani, dal Vice Ministro Catricalà, dal Vice Presidente vicario del Parlamento Europeo Pittella e un comunicato di supporto e stima all’iniziativa da parte del Sindaco di Roma Marino, il video messaggio del capogruppo alla Camera dei Deputati Speranza ha aperto i lavori.

Massimo Preziuso, presidente IE, ha fatto un veloce excursus sul progetto che, nato nel 2006 quale luogo di elaborazione e di proposta politica progettuale indipendente, sostenendo l’idea della urgenza di fondare un nuovo soggetto politico riformista ed europeista, rimane oggi un movimento autonomo che spazia in Europa e nel mondo.

Gli interventi, grazie agli autorevoli relatori, hanno sottolineato – auspicando nuove direzioni di crescita politica ed economica per l’Italia in Europa e nel mondo in un contesto caratterizzato dalle difficoltà degli Stati Uniti, dalla complessità della crescita cinese ed indiana, delle nuove opportunità del sud est asiatico, e la naturale ma culturalmente difficile convergenza con realtà come la Turchia o il nord Africa – l’urgenza di un rafforzamento della strategia politica ed industriale.

E’ altresì apparso evidente come oggi l’Italia può essere leader nel software e nell’industria ad alto contenuto di intelligenza, e come il progetto IE, calatosi nel vivo della costruzione di reti di collaborazione per la valorizzazione della italianità nel mondo è linfa vitale per il rilancio di un progetto comune a supporto dell’Italia e italianità nel mondo.

E’ stato così facile avviare i lavori alla conclusione, ricordando come IE in alcuni comuni italiani ha già dato il via ad esperienze politiche indipendenti con programmi basati su un nuovo policy making rivolto alla trasformazione delle città intelligenti e della loro governance in ottica progressista. Dai lavori emerge con chiarezza la necessità di un Paese che produca e consumi ricchezza in maniera diffusa e metta in una nuova rete saperi e produzioni in cui città medie e grandi, attorno ad una Capitale intelligente, rimangano protagonisti.

La necessità di dare fiato ad un largo movimento europeo, condiviso con molti dei relatori presenti, in un percorso congiunto tra le diverse realtà europeiste sui temi caldi e più che attuali delle prossime elezioni europee (nel semestre di presidenza italiana in Europa sarà necessario l’avvio della costruzione di una comunità euromediterranea, che includa e renda protagonista il nostro mezzogiorno) ci vedrà protagonisti del rilancio italiano in Europa a partire dalla prossima campagna elettorale .

La costruzione in itinere di una leadership italiana in Europa e nel Mediterraneo passa proprio da una rinnovata capacità di elaborazione di progetti complessi e di lungo periodo. Questo continuerà ad essere il nostro intento ed il nostro impegno.

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