Significativamente Oltre

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QUANDO VINCE IL FATTORE MO

di Giuseppina Bonaviri

Thomas Mann, professore del Brooking Institute di Washington ritiene che le donne abbiamo un approccio alla politica opposto a quelo degli uomini:” Lo chiamo fattore MO=Modus Operandi”.

Se la percezione positiva di questo atteggiamento attecchisse, nei paesi si potrebbe andare incontro a grosse sorprese.
Infatti, secondo Mann le donne sono piu’ capici di negoziare e mediare con l’opposizione e sono piu’ oneste, sono grandi imprenditrici e ottime diplomatiche.

Presso l’Università di Harvard all’ Instituto di Politica -dove ci si occupa di indagini e sondaggi- guardano al fenomeno con attenzione. Jeanne Shaheen spiega:”Le donne non devono mostrare i muscoli ogni volta. Le donne hanno un seguito piu’ ampio perchè non hanno la frenesia di prendersi i meriti. Soni piu’ capaci di ascoltare e lo fanno indistintamente. Sono concrete ed oneste”.

Aggiungo, che noi donne siamo anche tutto questo perchè prive di un Ego ingombrante.

TEO & TEO

Di Enrico Neiretti

Con l’approdo di Giovanni Lindo Ferretti, ex leader del gruppo musicale CCCP, all’universo dei devoti, il prefisso “Teo” ormai variamente abbinato, incontra un nuovo suffisso, dando così vita aduna ennesima corrente, quella dei Teo-punk, che va ad affiancarsi alle altre sigle più o meno note che costellano il firmamento “Teo”.
Temiamo che ormai, visto il loro proliferare, sia difficile orientarsi tra le migliaia di declinazioni del concetto di organizzazione “Teo”, e visto che si stanno verificando alcune liti sulle proprietà dei marchi, cercheremo di fare un po’ di chiarezza elencando le più note organizzazioni e i soggetti che, in alcuni casi si contendono la titolarità del logo.
-Teo-con: Antesignana delle organizzazioni “Teo” è in realtà un format importato dagli Stati Uniti.
Nata dal ribaltamento del concetto di pentimento, la dottrina alla base del movimento teorizza che, per evitare di doversi pentire di qualsiasi bieca azione, basta rivestirla preventivamente di un’aura di religiosità che la rende immediatamente limpida e specchiata, e che getta un’ombra di infamante collusione con il maligno contro tutti i detrattori.
Noti e numerosi gli adepti italiani che hanno dato il via alla moda “Teo”, grande fenomeno sociologico di portata non ancora pienamente compresa dagli studiosi.

-Teo-dem: Politicamente in opposizione ai “Teo-con” è un’organizzazione dalla vita difficile e tormentata: sta sulle scatole a tutti. Dalla destra religiosa che l’accusa per i suoi rapporti con la sinistra miscredente, ai laici di ogni ispirazione che la rimproverano per la posizione succube alla chiesa; la vita per i Teo-dem si è fatta ancora più difficile da quando anche il loro nome è diventato oggetto di contesa. Una cover-band di Elio e le storie tese, chiamata Aldo e le mani giunte, nota per il connubio rock demenziale – fervente religiosità, ha rivendicato il possesso del
logo che a suo dire identificherebbe il suo genere musicale.
La contesa si è fatta ancora più aspra, quando un geometra di Trofarello, Teodoro Demartini, che aveva per caso usato la formula come contrazione del suo nome nell’indirizzo e-mail Teodem@libero.it, e si è trovato la casella di posta intasata, e ha diffidato gli altri soggetti dall’usare la formula.

-Teo-pop: Amici rivali dei “Teo-dem”, i popolari in salsa Teo, non hanno ancora fatto in tempo a prendere alcuna iniziativa, ma hanno già, per equivoco, provocato la nascita di altre correnti, quelle dei “Teo-folk”, dei “Teo-rock”, e dei già citati “Teo-punk”.

-Teo-com: Da non confondersi come spesso accade con i “Teo-con”, è una sigla che raggruppa i comunisti clericali. Sparuta la rappresentanza composta anche da una zia suora di Marco Ferrando in precedenza vicina alla teologia della liberazione, e dalla perpetua del cardinale Ruini, ammiratrice di Oliviero Diliberto, che per non dispiacere a nessuno ha scelto la via “Teo-com”.

-Teo-rad: Organizzazione fondata da un disturbato mentale uscito dal partito radicale, che si propone di fare entrare l’eutanasia tra i comandamenti e di sostituire l’incenso nelle celebrazioni ecclesiastiche con la marijuana.

Teo-contro: Non si tratta come molti pensano di un’organizzazione antireligiosa, ma della sigla di un gruppo di autonomi ferventi cattolici.
Fondata da Luciano Casaron, portavoce della rete no-global Kanonika, e avversario storico del quasi omonimo Luca Casarin, la formazione si distingue per alcune trovate originali nell’attività di guerriglia urbana, come l’uso del turibolo per sfasciare le vetrine e la benedizione degli occhi dei poliziotti con l’aspersorio pieno di acquaragia, fino alla cerimonia delle ceneri fatta con i residui delle auto bruciate.

PERCHE’ IL PARTITO DEMOCRATICO?

Enrico Neiretti

Tradurre un’idea, un’intuizione, una sensibilità in un progetto, è sempre impresa dura e faticosa, in cui occorre definire in modo ordinato le premesse, analizzare attentamente la situazione in cui si opera, stabilire una connessione logica tra parti ed elementi diversi; è necessario poi, una volta definito questo impianto, metterlo a confronto con gli strumenti di cui si dispone per trasformarlo in un’opera reale.
Un lavoro gravoso che coinvolge differenti abilità, interessa vari protagonisti, si snoda in tempi distinti.
Affrontare questo impegno in politica è compito ancora più difficile essendo, quello politico, un campo per sua natura plurale, in cui, anche nella condivisione di una sensibilità di fondo, si intrecciano mille differenti sue coniugazioni.

Penso perciò sia importante, ora che il tavolo di lavoro deve essere impostato, partire dalla prima fase del progetto, riflettendo sulle ragioni che sono alla sua base ed analizzando quali strumenti abbiamo a disposizione per svolgere il nostro lavoro.
Mi si dirà che questa fase propedeutica dovrebbe già essere superata, c’è da costruire il Partito democratico e urge definire le strategie!
Eppure io penso che, proprio per definire le strategie, occorra fare un passo indietro e chiedersi: “perché fare il Partito democratico?”
Credo che tutte le ragioni relative al riformismo forte, alla semplificazione del panorama politico, alla naturale convergenza “storica” dei partiti di centrosinistra, siano condizioni, come direbbe un manuale di matematica di scuola media, “necessarie ma non sufficienti”; la motivazione che si aggiunge a queste, e che le traduce nell’identikit del Partito democratico, va, secondo me, ricercata nella nostra società.

Si denuncia spesso l’ormai generale tendenza della politica a trasformarsi nell’espressione dei privilegi di un’oligarchia che ha perso il contatto con la realtà.
Parallelamente, il profilo pubblico dei cittadini diventa sempre più indefinito sino a dissolversi in una dimensione puramente privata, in cui le domande che la società pone alla politica si riducono alla tutela di interessi e privilegi.
E queste corrispondenti degenerazioni producono fatalmente i tarli dell’antipolitica e del populismo, due facce della stessa medaglia, che corrodono la nozione di convivenza civile e il concetto stesso di democrazia.
Una forza politica che ambisce, sin dal suo nome, a tutelare la democrazia, deve quindi necessariamente ristabilire il rapporto politica-società, invertendo i processi di involuzione oligarchica e populistica in atto, con la valorizzazione della dimensione sociale della cittadinanza e della partecipazione attiva.
E il ruolo delle associazioni e dei movimenti si esprime, a mio parere, proprio in questa direzione.
Trovare gli strumenti e gli argomenti per risvegliare il senso di cittadinanza laddove si è assopito, e soprattutto dare reali prospettive di partecipazione a quei cittadini che non si rassegnano alla degenerazione della democrazia, diventa il contributo determinante che un’associazione può portare all’ambizioso progetto di costruzione del Partito democratico.

Le spesso incaute riflessioni dei non addetti ai lavori, come il sottoscritto, che ahimé non sono neppure sostenute dal possesso di qualche nozione di scienza della politica, ma sono solo supportate da passione ed intimo sentire, hanno il vizio d’origine di essere visioni soggettive proiettate impudicamente in un ambito generale, che imporrebbe invece il massimo dell’oggettività.
Ma in questo caso specifico della stretta connessione Partito democratico – partecipazione, non sono certamente voci fuori dal coro.
Credo quindi che valga la pena seguire queste “ragioni del cuore”.
Se poi si tratterà di un’illusione e non si riuscirà a fare emergere una massiccia domanda di partecipazione alla politica, vorrà dire che avremo peccato di generosità.
Sarà in quel caso una sconfitta politica, perché in politica vincono i numeri, ma comunque una vittoria della democrazia.

 

UN PAESE IMPAZZITO

Di Franco D’Antonio

Cimoli guadagna 12.000 euro al giorno (e Alitalia intanto fallisce). L’Alitalia – ha detto Prodi – forse fallirà. Perché?
Perché è stata amministrata male. Male in che senso? Troppi sprechi.

Chi è l’amministratore delegato dell’Alitalia? Si chiama Giancarlo Cimoli. E’ un tipo in gamba? Beh, a giudicare dai risultati forse c’è di meglio in giro. Quanto guadagna questo Cimoli, ha un buono stipendio?

Ha uno stipendio di 2 milioni e settecentomila euro all’anno. Più i benefit. Scusi, come ha detto? Sì, due milioni e settecentomila, quasi tre milioni. Per capirci meglio, circa 225 mila euro al mese, e cioè, grosso modo, 10-15 mila euro per ogni giorno lavorato (a seconda di come si calcolano i week end e le ferie). 10-15 mila euro corrispondono all’ammontare dello stipendio annuo di un precario tanto per orientarsi, cioè 365 volte meno.

Vogliamo anche fare i conti di quanto spetterà a Cimoli di liquidazione quando si decideranno a mandarlo via? Lasciamo stare, sennò ci gira la testa (pare più di otto milioni).
Riprendendo una vecchia idea di Bertinotti forse è ora che si ponga un tetto agli stipendi pubblici e al di sopra di quel tetto si studi anche un sistema di tasse micidiali per i dipendenti privati.
La proposta è che il tetto possa essere agganciato in percentuale allo stipendio del più povero tra i dipendenti pubblici, moltiplicato per 10 o per 15 o per 20 così da evitare appiattimenti o blocchi.

Il massimo quotidiano nazionale ieri ha ripreso la proposta ed è andato a chiedere il parere a vari personaggi politici. Qualcuno si è un po’ spaventato, qualcuno si è pronunciato contro (“contro l’appiattimento salariale”: ha detto così: appiattimento…), qualcuno, per fortuna, si è detto a favore.
Qualcuno ha citato il caso degli aumenti ai parlamentari passati sotto silenzio.

C’è chi ha fatto questa osservazione: attenzione, se li paghiamo poco i migliori scappano all’estero.

Allora faccio questa domanda: perché un primario, un cardiochirurgo di fama internazionale, capace di salvare vite su vite con la sua sapienza e abilità, viene stipendiato dallo Stato circa 5 o 6000 euro al mese (mezza giornata di lavoro di Giancarlo Cimoli…) eppure non scappa all’estero?

Perché alcuni nostri giovani geniali ricercatori – che gli svizzeri e gli americani ci invidiano – guadagnano nemmeno 1000 euro al mese (20 minuti di lavoro di Cimoli) e nessuno se ne preoccupa?
Perché i presidenti di Air France e Lufthansa che guadagnano un terzo (si avete letto bene un terzo) di Cimoli e portano i bilanci in mostruoso attivo non vengono a lavorare in Italia dove si arricchirebbero?
Oltretutto, state sicuri: né gli svizzeri né gli americani ci invidiano Cimoli…

Però noi chiuderemo la compagnia di bandiera con un danno economico incalcolabile quasi come gli investimenti in Iraq e Afghanistan.

Ho paura anche io che il paese sia impazzito, nessuno escluso però.

P.S. ho preso ad esempio una realtà che conosco bene, ma credo che molti di voi possono avanzare esempi simili e se non bastasse basta farsi del male e seguire le trasmissioni di Report

IL PAESE NON PENSA AL FUTURO

Prodi: “Paese è impazzito non pensa più al futuro”

ROMA – Difende la manovra e scaccia le ombre di una crisi del suo governo. E’ un Romano Prodi grintoso quello che commenta le polemiche che, quotidianamente, si abbattono sul suo governo. “Qui ormai siamo in un Paese impazzito – dice Prodi – che non pensa più al domani. Io ho fatto una Finanziaria che pensa allo sviluppo domani, dopodomani e nei prossimi anni, che pensa a ricostruire il Paese. Con una Finanziaria del genere si fanno molti scontenti. Ma questo non mi fa paura perché non ci sono elezioni imminenti e perché è ora che i politici governino anche scontentando, ma per il bene di tutti. Lo ripeto: scontentare a volte significa fare il bene di tutti”.

Io condivido.

Massimo

DONNE E PARTITO DEMOCRATICO

DONNE PER IL PARTITO DEMOCRATICO: AL VIA IL PROGETTO PROMOSSO DA DONNE DELL’ULIVO, ESPONENTI DEI PARTITI E DELLA SOCIETA’

“Vogliamo un partito nuovo, che sappia guardare al futuro con i nostri occhi valorizzando le nostre storie, le nostre culture. Un partito capace di valorizzare il meglio della storia della nostra democrazia ma anche di costruire una storia nuova, liberando le risorse inespresse di un paese che deve innovare per vincere le sfide che il nuovo secolo ci impone di affrontare”. E’ quanto si legge in “Donne per il partito democratico”, manifesto sottoscritto da esponenti dell’Ulivo e da numerose donne impegnate in vari ambiti, nell’impresa, nelle professioni, nelle amministrazioni pubbliche, nelle associazioni, e negli altri segmenti della società civile che vedono nella costruzione del Partito Democratico uno strumento per innovare la politica attraverso un maggiore coinvolgimento delle donne.
Prime firmatarie del progetto, Linda Lanzillotta (Margherita), Giovanna Melandri (Ds), Anna Finocchiaro (Ds), Anna Maria Carloni (Ds- Associazione Emily), Teresa Armato (Assessore Regione Campania), Cristina De Luca (Margherita), Fiorella Farinelli (Margherita), Silvia Costa (Assessore Regione Lazio), Rosy Barretta (Imprenditrice), Ludina Barzini (Giornalista), Marida Dentamaro (Professore universitario), Fiorella Kostoris (Professore universitario).
L’intento è quello di rendere le donne sempre più protagoniste dei cambiamenti che la società può raggiungere anche grazie alla loro partecipazione, alla condivisione di idee e all’apporto di competenze che ogni ambito e ogni professione possono a dare alla politica.
“Nelle università e nei centri di ricerca, nelle scuole e nell’industria, nella finanza e nella comunicazione, in tutti i settori della vita civile ed economica – si legge nel documento – le competenze femminili possono essere la chiave decisiva per aprire le porte del nuovo e liberarsi di vecchi pesi e antiche barriere, che spesso servono solo a mantenere rendite di posizione e privilegi a danno delle donne . Vogliamo che questo succeda anche nella politica, con una presenza effettiva ed efficace delle donne nel partito democratico e nella vita politica del nostro paese. Per il bene, e per il benessere, dell’Italia”.

Per aderire al progetto, scrivete all’indirizzo: donneperilpartitodemocratico@libero.it

HANNO GIA’ ADERITO:

Anna Muscardin
Argia Albanese, Insegnante, membro della direzione nazionale della Margherita
Rosanna Romano, Dir. Caritas, dirigente settore fasce deboli della Regione Campania
Eleonora Cavallaio, Presidente ACLI Napoli
Fiorella Giraci, Presidente Commissione Regionale P.O.
Alessandra Bocchino, Imprenditrice settore informatico
Antonella Nori
Stefania Martorelli, giornalista
Annamaria Granatello, Roma Europa Festival
Franca D’Urbano, dirigente PCM
Luciana D’Ambrosio
Cristina Dell’Aquila, ricercatrice
Sonia Levstik, dirigente statale
Raffaella Alibrandi, imprenditrice
Monique Veaute, direttrice Roma Europa Festival
Barbara Federici
Bernadette Carranza, produttrice cinematografica
Giulia Danieli
Daniela Mauri, ricercatrice
Marina Viro, attrice
Gerini Claudia, attrice
Laurence Martini
Chiara Clementi
Domenica Mazza
M. Concetta Olivieri
Anna Boccaccio
Antonella Sabrina Florio, imprenditrice
Giovanna Talocci, designer
Samantha Denning,
Paola Andreozzi, Microsoft Italia
Roberta Cocco, Microsoft Italia
Paola Zampini, giornalista
Sabrina Belmonte,
Marinella Di Tommaso
Irene Fiore
Mirella Serri, giornalista e professore universitario
Antonella Di Martino
Anna Riannetti
Flavia Weisghizzi
Stefania De Matteo
Alari Lyda
Federica Pintaldi
M.Teresa Pizzetti
Barbieri Alessandra
Martin Laurence
Cynthia Orlandi
Belli Laura
Bruno Terry
Bruscolini Elisabetta
Mariolina Bulleri Palma
Francesca Calissoni
Cristina Corazza
Laura Cortese
Nicoletta Ercole
Donatella Francucci
Maria Cristina Mancini
Barbara Manto
Raffaella Ottaviani
Micaela Pallini
Teresa Purificato
Silvana Rizzo
Marlene Schlett
Elena Sciliberto
Ilene Steingut
Silvana Suppa
M.Teresa Telara
Daniela Valentini
Grazia Volpi
Valeria Termini, professore universitario

LA VITTORIA DEI DEMOCRATS USA

E’ passato qualche giorno dalla vittoria dei democratici nelle elezioni del tempo medio negli USA.
Non poteva andare meglio di così dal momento che sia la camera che il senato sono stati sottratti ai repubblicani.
La cosa era attesa.
Per lavoro, seguo molte comunità hacker negli USA che sviluppano programmi Open Source usando quella che chiamo “l’intelligenza collettiva e diffusa” che usa gruppi, wiki, ambienti come questo che stiamo usando noi ma finalizzati alla produzione di software.
Bene questa gente non è direttamente interessata alla politica, tranne qualcuno come sempre, ma questa volta la ho vista mobilitata, profondamente impegnata a cambiare le cose, o meglio a cominciare a cambiare le cose.
Ve ne cito uno di questi hacker Joe Gregorio che gestisce un sito notevole www.bitworking.org 
Bene, circa 10 giorni prima delle elezioni ha pubblicato nel suo blog un pezzo di un violentissimo articolo pubblicato da Matt Taibbi su Rolling Stone.
Vi metto il link perchè aiuta non poco a capire perchè i repubblicano hanno perso.
http://www.rollingstone.com/politics/story/12055360/cover_story_time_
Ma, per sintetizzare per chi non ha voglia di leggere un lungo articolo riporto un giudizio lapidario tratto dall’articolo:
“””These past six years were more than just the most shameful, corrupt and incompetent period in the history of the American legislative branch. These were the years when the U.S. parliament became a historical punch line, a political obscenity on par with the court of Nero or Caligula — a stable of thieves and perverts who committed crimes rolling out of bed in the morning and did their very best to turn the mighty American empire into a debt-laden, despotic backwater, a Burkina Faso with cable.”””
Questi ultimi sei anni sono stati molto di più che il più biaimevole, corrotto ed incompetente periodo nella storia della legislazione americana. Questi sono stati gli anni nei quali il parlamento U.S. è diventato una storico cantina di puzzoni, un’oscenità politica che non ha pari se non nella corte di Nerone o Caligola. Una stalla di ladri e pervertiti che commisero crimini cascando la mattina dal letto e trasformando il potente impero americano in un cesso pieno di debiti, dispotico, un Burkina Faso cablato.
Non so se la mia povera traduzione ha reso la forza e l’indignazione di Matt Taibbi tuttavia chiunque può vedere che si tratta di parole grosse, di giudizi pesanti, inusuali in un paese dove le divisioni tradizionalmente non superano il 20% dei problemi.
Questo, comunque, è solo un esempio si sono mobilitati veramente questa volta tutti gli oppositori dei democratici perchè una cosa ha indignato profondamente gli americani.
Noi europei spesso non capiamo bene come ragionano gli americani. D’Alema, ad esempio, ha fatto delle dichiarazioni dalle quali sembrava che gli americani fossro diventati dei diessini.
Niente di più lontano dalla realtà.
Bush ha commesso il più grave reato che un americano possa pensare sia fatto.
Ha impegnato l’enorme forza di cui dispone come presidente ma non ha vinto.
Non c’è peccato più grande.
Gli USA, tradizionalmente, tendono a condividere i processi legislativi, le istituzioni molto più di noi ma i repubblicani, grazie
alla forza avuta in questi ultimi 8-10 anni si sono presi tutto, assumendo ogni responsabilità, possibile ed immaginabile.
Quindi la mancata vittoria in Iraq ha incollato su Bush il peggiore dei nomignoli per un americano, the looser, il perdente.
Guai ai perdenti in una società nella quale la sconfitta si esorcizza e non esiste come valore.
Ma come hai impegnato il nostro potente esercito e non hai vinto? Sei un incapace ed un buono a nulla.
Questa è la chiave della sconfitta di Bush e dei repubblicani.
Vedremo come evolverà il quadro degli eventi futuri e cosa faranno i democratici, tuttavia se noi europei vogliamo contare di più ed influenzare maggiormento il quadro internazionale capire gli americani, come sono davvero, è una cosa importante.

Lavoro e Flessibilità

Credo possa essere interessante, come suggerito anche da Massimo, cominicare un forum di discussione sull’argomento LAVORO e FLESSIBILITA’.

Si tratta di un tema molto attuale, forse un po’ “inflazionato”, ma estremamente importante, dove tutti possono dare il loro contributo con idee e commenti.

Personalmente, ritengo sia importante favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, ma contemporaneamente sia fondamentale sviluppare un sitema di flessibilità “sana”, che sia il propulsore di nuova occupazione e la linfa vitale per le imprese italiane. Ritengo infatti che trascurare o addirittura demonizzare tutto ciò che è “flessibilità” perché sinonimo di “precarietà” sarebbe un suicidio politico.

A mio avviso, dunque, è fondamentale perseguire un obbiettivo e un messaggio politico duplice:

–  Creazione flessibilità “sana”.
–  Stabilizzazione dei rapporti di lavoro flessibili.
Non si tratta di una contraddizione in termini, ma di un’impostazione concreta su due elementi che vanno di pari passo

Per sistema di flessibilità sana intendo un mercato del lavoro che superi l’attuale situazione di lavoratori di serie A (tipici) e serie B (atipici), creando maggiori opportunità di scelta, di mobilità, maggiore stabilità economica e affidabilità finanziaria, per quei lavoratori senza un contratto di lavoro stabile.

Mi piacerebbe dunque conoscere, anche sulla base delle esperienze personali, le vostre opinioni.

Grazie e un saluto a tutti,

Alessandro Chiozzi

TERNI SUL PARTITO DEMOCRATICO, 27 OTTOBRE

di Flavia Baldassarri

Segnalo a tutti l’Assemblea pubblica promossa da Rete dei Cittadini per l’Ulivo e Comitato “Articolo21-Terni”
“Dalle Primarie al Partito Democratico”

venerdì 27 ottobre 2006, ore 17.30 Terni, Hotel Michelangelo, v.le della Stazione, 63

Interverranno:

Franco Passuello
Esecutivo nazionale Cristiano Sociali
Maria Prodi
Direttivo regionale Margherita

Sono stati invitati esponenti politici, locali e regionali, dei partiti: DS, Margherita, SDI, IdV e MRE

PD – Matteo Renzi: largo a generazioni Google

CANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA PROVINCIA DI FIRENZE PER IL CENTROSINISTRAdi Matteo Renzi (da Repubblica)

ROMA. Giovani e politica, un ossimoro, una contraddizione in termini?
Oppure un auspicio, un tema da convegno (noioso), un problema da affrontare e mai risolvere. I giovani, si dice ed è anche vero, la politica non la amano, non la capiscono, non la seguono. Ma ci sono anche quelli che la politica la fanno, ventenni, trentenni o poco più.
E la fanno a tempo pieno come Matteo Renzi, nato nel 1975, professione civile dirigente d’azienda, professione politica presidente della Provincia di Firenze, militante della Margherita, «rutelliano», finito anche su Time che in aprile dedicò la copertina e un lungo servizio proprio ai giovani in politica. Renzi fa politica ma non solo, o meglio la fa guardando davanti e non indietro. Tanto che uno dei suoi libri si intitola «Tra De Gasperi e gli U2», titolo che fece sobbalzare Prodi sulla sedia. Che infatti, quando lo incontrò, gli fece: «Ma che casso c’entra De Gasperi con gli U2?». «Io gli risposi che non c’entra appunto un casso, perché oggi per un giovane è molto più formativo, politicamente parlando, un testo di Bono che non un saggio di De Gasperi. Purtroppo molti ragazzi non sanno nemmeno chi fosse l’ex leader della Dc, così come alcuni rispondono che Berlinguer era un ministro francese». Felici e ignoranti, dunque, i giovani di oggi? «Ignoranti sulla storia politica del passato abbastanza, e non è che questo sia una nota di merito. Ma forse bisognerebbe chiedersi se i messaggi di una volta, le ideologie del novecento abbiamo ancora un senso nella realtà. Ecco, io penso di no: penso che la mia generazione e quelle che seguono siano le “generazioni Google”. Che non è solo un motore di ricerca ma un metodo, una rivoluzione della società, della cultura, della didattica. Sarebbe ora che lo fosse anche per la politica».

Lei parla di Google proprio oggi che il suo partito si divide in teodem, teopop, con manifesti politici che affermano la straordinaria attualità dei valori della Dc che scomparve quando lei aveva meno di vent’anni… «Oddio, e pensare che per me la Dc è morta e sepolta, e lo dico con tutto il rispetto per quella storia ma senza nemmeno nascondermi i problemini che quel partito ha avuto e ha creato. Io poi sono figlio di un democristiano, ho cominciato a far politica con i Comitati Prodi e nel Partito popolare di Martinazzoli, il mio soprannome è Zac in omaggio a Benigno ma anche a Zaccheo, personaggio biblico che definisco l’anti-ideologico. Faceva l’esattore delle tasse e rubava pure, poi incontra Cristo e diventa cristiano ma continua a fare il suo lavoro. Solo che smette di rubare». Cos’è,
una metafora dedicata ai democristiani? «No, no, è che io sono stanco di tutti questi riferimenti al passato, chi verso la Dc e chi verso il Socialismo. Trovo queste nuove correnti, teodem, teopop e via dicendo, un po’ ridicole, diciamo ideologiche e nostalgiche. Negli ultimi dieci anni la società italiana è cambiata, tutto è cambiato tranne le facce di quelli che stanno al governo. Dieci anni fa i due ministri più giovani erano Giovanna Melandri e Enrico Letta e oggi sono Enrico Letta e Giovanna Melandri. Solo che sono passati dieci anni e la nuova generazione è rimasta indietro».

Lui no, ha solo 31 anni e un grande avvenire davanti a sé. Ma gli altri? «Molti stentano, perdono tempo a lamentarsi perché i più vecchi non gli lasciano spazio, sembrano un po’ dei replicanti. Invece dovrebbero prendere qualche iniziativa, smettere di piagnucolare e farsi avanti. Io faccio parte di un gruppetto di dieci amici che dopo la sconfitta alle europee del 99 (col Ppi di Marini ridotto a meno del 5%), prendemmo in mano il Partito di Firenze. Avevamo venticinque anni… qualcosa insomma si può fare anche senza aspettare la grazia ricevuta dai nostri zii. Si impara di più a far la politica dell’oggi usando la Rete che non a sbattersi per un posticino qui o lì nel sottobosco della politica».

I vecchi o gli zii di cui parla Renzi, tanto vecchi non sono. Fatta eccezione per i settanta-ottantenni che occupano le cariche istituzionali, gli altri si chiamano D’Alema, Fassino, Veltroni, Rutelli, gente che sta tra i cinquanta e i sessant’anni. Sono loro che non fanno spazio ai giovani? «In un certo senso sì, ma è perché non riescono a fare spazio a se stessi. In altri paesi a quell’età si chiude la carriera, vedi Tony Blair. Da noi invece stiamo ancora aspettando che un cinquantenne faccia il candidato premier». E a meno di sorprese, aspetteremo fino al 2011: lei chi aspetta? «Veltroni o Rutelli».

Senta Renzi, un anno fa le primarie: le sono piaciute? «Senza dubbio, speriamo di rifarle. Magari più vere, io ho votato per Prodi ma non avevo molte alternative. Mi piacerebbe in futuro non dover votare per un leader già predeterminato. Mentre non mi piace affatto tutta questa santificazione delle primarie, qui va a finire che sul calendario scriviamo San Primario il 16 ottobre». Ormai però si parla delle primarie addirittura come metodo per costruire il Partito democratico, i gazebo contro gli apparati: lei con chi sta? «Io sono un pasdaran del Partito democratico, ma tra l’idea di Parisi e quella di D’Alema scelgo D’Alema. I partiti non sono il luogo della società incivile, e tutti questi professori che vengono a spiegarci che bisogna buttarli a mare francamente non li sopporto. Dopo di che, figuriamoci, oggi sono troppo ceto politico, bisogna che cambino. Ma non che scompaiano». Il Presidente della Google generation è comunque soddisfatto che il Partito dei suoi sogni sia partito, «anche se potevamo evitare di farlo partire con un dibattito così palloso».

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