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PD – Matteo Renzi: largo a generazioni Google

CANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA PROVINCIA DI FIRENZE PER IL CENTROSINISTRAdi Matteo Renzi (da Repubblica)

ROMA. Giovani e politica, un ossimoro, una contraddizione in termini?
Oppure un auspicio, un tema da convegno (noioso), un problema da affrontare e mai risolvere. I giovani, si dice ed è anche vero, la politica non la amano, non la capiscono, non la seguono. Ma ci sono anche quelli che la politica la fanno, ventenni, trentenni o poco più.
E la fanno a tempo pieno come Matteo Renzi, nato nel 1975, professione civile dirigente d’azienda, professione politica presidente della Provincia di Firenze, militante della Margherita, «rutelliano», finito anche su Time che in aprile dedicò la copertina e un lungo servizio proprio ai giovani in politica. Renzi fa politica ma non solo, o meglio la fa guardando davanti e non indietro. Tanto che uno dei suoi libri si intitola «Tra De Gasperi e gli U2», titolo che fece sobbalzare Prodi sulla sedia. Che infatti, quando lo incontrò, gli fece: «Ma che casso c’entra De Gasperi con gli U2?». «Io gli risposi che non c’entra appunto un casso, perché oggi per un giovane è molto più formativo, politicamente parlando, un testo di Bono che non un saggio di De Gasperi. Purtroppo molti ragazzi non sanno nemmeno chi fosse l’ex leader della Dc, così come alcuni rispondono che Berlinguer era un ministro francese». Felici e ignoranti, dunque, i giovani di oggi? «Ignoranti sulla storia politica del passato abbastanza, e non è che questo sia una nota di merito. Ma forse bisognerebbe chiedersi se i messaggi di una volta, le ideologie del novecento abbiamo ancora un senso nella realtà. Ecco, io penso di no: penso che la mia generazione e quelle che seguono siano le “generazioni Google”. Che non è solo un motore di ricerca ma un metodo, una rivoluzione della società, della cultura, della didattica. Sarebbe ora che lo fosse anche per la politica».

Lei parla di Google proprio oggi che il suo partito si divide in teodem, teopop, con manifesti politici che affermano la straordinaria attualità dei valori della Dc che scomparve quando lei aveva meno di vent’anni… «Oddio, e pensare che per me la Dc è morta e sepolta, e lo dico con tutto il rispetto per quella storia ma senza nemmeno nascondermi i problemini che quel partito ha avuto e ha creato. Io poi sono figlio di un democristiano, ho cominciato a far politica con i Comitati Prodi e nel Partito popolare di Martinazzoli, il mio soprannome è Zac in omaggio a Benigno ma anche a Zaccheo, personaggio biblico che definisco l’anti-ideologico. Faceva l’esattore delle tasse e rubava pure, poi incontra Cristo e diventa cristiano ma continua a fare il suo lavoro. Solo che smette di rubare». Cos’è,
una metafora dedicata ai democristiani? «No, no, è che io sono stanco di tutti questi riferimenti al passato, chi verso la Dc e chi verso il Socialismo. Trovo queste nuove correnti, teodem, teopop e via dicendo, un po’ ridicole, diciamo ideologiche e nostalgiche. Negli ultimi dieci anni la società italiana è cambiata, tutto è cambiato tranne le facce di quelli che stanno al governo. Dieci anni fa i due ministri più giovani erano Giovanna Melandri e Enrico Letta e oggi sono Enrico Letta e Giovanna Melandri. Solo che sono passati dieci anni e la nuova generazione è rimasta indietro».

Lui no, ha solo 31 anni e un grande avvenire davanti a sé. Ma gli altri? «Molti stentano, perdono tempo a lamentarsi perché i più vecchi non gli lasciano spazio, sembrano un po’ dei replicanti. Invece dovrebbero prendere qualche iniziativa, smettere di piagnucolare e farsi avanti. Io faccio parte di un gruppetto di dieci amici che dopo la sconfitta alle europee del 99 (col Ppi di Marini ridotto a meno del 5%), prendemmo in mano il Partito di Firenze. Avevamo venticinque anni… qualcosa insomma si può fare anche senza aspettare la grazia ricevuta dai nostri zii. Si impara di più a far la politica dell’oggi usando la Rete che non a sbattersi per un posticino qui o lì nel sottobosco della politica».

I vecchi o gli zii di cui parla Renzi, tanto vecchi non sono. Fatta eccezione per i settanta-ottantenni che occupano le cariche istituzionali, gli altri si chiamano D’Alema, Fassino, Veltroni, Rutelli, gente che sta tra i cinquanta e i sessant’anni. Sono loro che non fanno spazio ai giovani? «In un certo senso sì, ma è perché non riescono a fare spazio a se stessi. In altri paesi a quell’età si chiude la carriera, vedi Tony Blair. Da noi invece stiamo ancora aspettando che un cinquantenne faccia il candidato premier». E a meno di sorprese, aspetteremo fino al 2011: lei chi aspetta? «Veltroni o Rutelli».

Senta Renzi, un anno fa le primarie: le sono piaciute? «Senza dubbio, speriamo di rifarle. Magari più vere, io ho votato per Prodi ma non avevo molte alternative. Mi piacerebbe in futuro non dover votare per un leader già predeterminato. Mentre non mi piace affatto tutta questa santificazione delle primarie, qui va a finire che sul calendario scriviamo San Primario il 16 ottobre». Ormai però si parla delle primarie addirittura come metodo per costruire il Partito democratico, i gazebo contro gli apparati: lei con chi sta? «Io sono un pasdaran del Partito democratico, ma tra l’idea di Parisi e quella di D’Alema scelgo D’Alema. I partiti non sono il luogo della società incivile, e tutti questi professori che vengono a spiegarci che bisogna buttarli a mare francamente non li sopporto. Dopo di che, figuriamoci, oggi sono troppo ceto politico, bisogna che cambino. Ma non che scompaiano». Il Presidente della Google generation è comunque soddisfatto che il Partito dei suoi sogni sia partito, «anche se potevamo evitare di farlo partire con un dibattito così palloso».

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