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DA MAASTRICHT A UE DEI POPOLI

di Riccardo Sani

Già nel primo dopoguerra si era manifestata una grossa divaricazione fra chi , pur guardando egualmente alla costruzione europea, la voleva rapidamente e fermamente attraverso un processo istituzionale da proporre ai cittadini europei con una procedura costituente, come fu per gli Stati Uniti df’America a Filadelfia nel 1787, e chi, con una sorte di reticenza e dubbi vari che del resto ha sempre permeato soprattutto le forze politiche e molto meno la gente, lavorava nella convinzione che i piccoli passi fossero più producenti e comunque non contrari ad evoluzioni successive possibili.

I “primi” rappresentavano i “Federalisti veri e propri” e volevano assegnare in base ad una corretta applicazione all’interno ed all’esterno degli stati nazionali, le varie competenze al livello istituzionale (Comuni-Regioni-Stati-Parlamento Europeo) sulla base di una realtà oggettiva in cui si pongono le possibilità di risolvere i problemi.

I “secondi” rappresentavano i cosidetti “Europeisti” che volevano agire attraverso l’organizzazione a cascata di varie istituzioni come la Comunità del carbone e dell’acciaio-del Mercato comune e cosi via.

“Vinsero i secondi” ! Con “i secondi” possiamo affermare che, se vi è stato un modo di ottenere un basso profilo di spirito europeo fra la gente, è stato quello perseguito in tanti anni dopo la fine dell’ultima guerra e dopo la scomparsa dei vari Monnet- Schumann-Einaudi-Degasperi-Adenauer-Spinelli ecc., da parte della classe politica di quasi tutti i partiti europei (con l’eccezione di Khol). Costoro di fatto hanno spento l’entusiamo della gente, massicciamente presente nel primo dopoguerra.

Troppi anni in cui si è frenata una evoluzione umana -cosmopolita–sociale-politica-economica che doverosamente si sarebbe maggiormente dovuto assecondare in un mondo che veniva progressivamente dominato da giganti continentali in cui gli europei figuravano e tutt’ora figurano dei nani politici.
Occorreva ed occorre accogliere concettualmente quello che nella realtà si era già avverato : il crollo del nazionalismo e delle sue organizzazioni istituzionali. Tutto ciò ha prodotto dopo Maastricht una certa disaffezione popolare sfociata più recentemente nella bocciatura di Francia ed Olanda al progetto della cosidetta Costituzione europea lanciata da Giscard d’Estaing fra i primi 25 paesi. Delusione-sfiducia nella politica – distacco da essa nonché rassegnazione hanno avuto ultimamente il sopravvento.

Questi “secondi”, ancora oggi, non hanno compreso che il grado di sviluppo delle forze produttive non coincide più con l’attuale quadro istituzionale europeo , insomma non ha più sede in una organizzazione di piccoli stati velleitari e ridicoli in un mondo di giganti. Tutto ciò condanna al fallimento di qualsiasi ipotesi sia liberale o socialista ! Tralascio quella comunista essendo evidentemente un reperto archeologico già condannato dalla storia.

Comunque , dopo un processo troppo lento e caratterizzato da continui ostacoli posti da lobbies e nazionalismi, si era raggiunto con Maastricht un punto pressochè irreversibile nel processo di integrazione che ebbe il suo massimo al primo gennaio 2002 con l’avvento della moneta EURO in alcuni stati.
Dopo tale avvento, unico effettivamente contenente principi e basi sovranazionali, senza considerare la Corte di Giustizia, sostanziato istituzionalmente dalla Banca Centrale europea, era chiaro che non rimaneva che realizzare una vera integrazione politica (cioè una Federazione Europea) per il semplice motivo che in altro modo non si potrà più sostenere un processo di fatto divenuto democratico.
Per forza di cose si doveva scongelare il Parlamento Europeo, ancora oggi in buona parte ibernato, da chi non vuole cedere fette di potere temporale dandogli ciò che gli spetta democraticamente in quanto rappresentante dei popoli europei e cioè competenze legislative. Purtroppo di questa situazione ne sono responsabili anche i parlamentari europei stessi che si sono succeduti , incapaci di sostenere e rivendicare con forza il loro ruolo (unico fu Spinelli) e ridotti a scegliere “le misure dei pomodori”!

Per la verità e senza censure possiamo affermare che il progetto di costituzione in discussione costituisce l’ennesimo tentativo di mantenere il potere ai governi ed ai primi ministri nazionali (chiamato Consiglio dei ministri europei) creando una specie di confederazione ovverosia un altro Trattato di collaborazione multilaterale rafforzato , che, onestamente, sappiamo quale fine potrà fare e sta già facendo, come tutti i tipi di organizzazioni di questo tipo quando sopravvengono difficoltà consistenti .
Soprattutto quando si vuole mantenere il principo dell’unanimità per decidere . (Ricordiamo per esempio la vecchia Società delle Nazioni). Ancora una volta è mancato il salto di qualità ! In quale situazione ci troviamo ora ?
Come era prevedibile con un procedimento di questo tipo, siamo in una fase di stallo che si sta prolungando e dopo l’incontro recente a Berlino del Consiglio dei ministri europei, malgrado la buona volontà della signora Merkel (primo ministro tedesco) , si sono infittite le richieste di ridefinizione del trattato in senso riduttivo, soprattutto da parte del premier francese che ha minato il campo principale su cui si regge il vantaggio economico e lo sviluppo europeo con la modifica consistente in una ”diminuizio” della concorrenza intraeuropea !!! Cosa folle perché così cadrebbe qualsiasi possibilità coordinata di concorrenza alla Cina , America, India e così via . In un mondo di grandi potenzialità confrontarsi con in mano una capacità finanziaria e produttiva invischiata in piccoli ed impotenti staterelli sarebbe il fallimento assicurato. Altra proposta oscena quella della Polonia che vuole sempre e comunque decisioni all’unanimità. Peggio che peggio la posizione inglese che da sempre cerca in tuti i modo di tranciare inziative che possano fare sorgere una volontà diretta verso una vera federazione europea e costituisce così una mina vagante distruttrice di qualsiasi speranza di integrazione reale.
Occorre fare molta attenzione inoltre alla proposta costituzione europea in stallo, che somiglia più che altro ad un ulteriore trattato per una specie di confederazione e non affatto ad una federazione , essa è formata (ciò denuncia la sua farraginosità ed il suo fallimento) da ben 342 articoli !!! Pensate che la costituzione italiana è formata da soli 139 articoli e quella americana da 7 (dico sette) articoli e 27 emendamenti !

Finora è stata approvata da 18 stati – è stata rinviata da 7 stati (fra i quali la solita Inghilterra nemico numero uno di una Europa federata) – è stata respinta da 2 (Olanda e Francia (soprattutto per opera di buona parte della sinistra socialista e comunista).

Qualcosa ora si muove per volontà della Merkel (primo ministro tedesco) e di Prodi (primo ministro italiano). Tenuto conto che la costituzione proposta per entrare in vigore deve essere ratificata assurdamente (e questo la dice lunga sulla volontà reale di alcuni primi ministri e governi europei) all’unanimità e non a maggioranza come democrazia vorrebbe, le possibilità in campo sono sinteticamente queste:

1) riprendere il cammino sulla base di un trattato ridotto e dimagrito. Ciò vuol dire rinviare una Europa integrata ad un futuro indefinito fra chissà quanti anni ! Oppure ad una sua liquidazione definitiva.

2) riprendere il cammino dell’integrazione fra coloro che hanno approvato ed abbandonare al loro destino gli altri. Ciò significa di fatto creare una Europa a due velocità ma soprattutto essere realisti , avere un minimo di capacità decisionale e salvare concrete speranze per un futuro integrato realmente .

3) riprendere il cammino fra coloro che sono già stati definiti (dall’allora primo ministro Khol- sua era la proposta), “ il nucleo duro” che è disposto a realizzare una autentica Federazione Europea senza ulteriori ripensamenti e slittamenti ! Aperto comunque ad ulteriori adesioni in futuro. Ciò somiglia a quanto è stato praticato nella realizzazione degli Stati Uniti d’America. Questo sarebbe il vero ed onesto modo di rappresentare la volontà e gli interessi degli Europei e non quello di una quasi fallita generazione di politici ancora attaccati al poterino nazionale ed alla propria poltroncina , facendo tanti danni e plagiando purtroppo anche molti giovani. Che rischiano così di ricadere nel passato o continuare in eterne discussioni in un ambito geografico, economico, finanziario ormai superatissimo.

Preciso che Romano Prodi ondeggia fra il numero 2) ed il numero 3).

N.B. preciso ancora che tale relazione è una esposizione necessariamente succinta e ridotta al minimo.
Credo pure che la formazione del Partito Democratico è un’occasione eccezionale per collocare la nostra società in un alveo geografico che per noi è imprescindibilmente quello europeo e per promuovere un aggiornamento culturale assolutamente necessario! Se non si realizza l’Europa (quella vera istituzionalizzata da una federazione a somiglianza di quella americana) i nostri giovani non avranno che da accomodarsi all’estero perché saranno destinati ad un becero ritorno al deleterio nazionalismo che ha già lasciato dietro di sè troppo sangue , troppa miseria e troppa inflazione….
Se perdiamo tale occasione, anche di rivolta (intesa in senso democratico) e condanna contro tali comportamenti della attuale classe politica che continua cocciutamente ad ibernare possibili avanzamenti e prese di coscienza della realtà, costringendo a discutere entro e solo confini provincialotti dove una realistica risoluzione dei problemi è ormai impossibile, saremo perduti per ancora tanti decenni. Non resta che sperare soprattutto in un ricambio generazionale . Auguri a tutti comunque.

STATISTICA:I POLLI DI TRILUSSA

di Luigi Restaino

Se andassimo a guardarci il PIL pro capite del nostro Paese (Prodotto Interno Lordo ovvero i PoLLI di Trilussa a disposizione per ogni cittadino italiano) vedremmo che in una classifica mondiale saremmo quattordicesimi (14): davvero un buon risultato. Polli per tutti!

Se volessimo poi sapere chi questi polli se li mangia davvero, facendo un’analisi che vada al di là della famosa media (come ha fatto il Centro Europeo di Ricerche: Cer) considerando in senso ampio il livello di benessere della popolazione, scopriremmo che su 24 Paesi l’Italia è ben ventitreesima, cioè quasi ultima: un risultato che non si sbaglierebbe molto a definire pessimo!

Dall’indagine del CER emerge un alto tasso di sperequazione nella distribuzione del reddito: la media del reddito delle famiglie più ricche è infatti otto volte superiore a quello delle famiglie più povere.
Per capirci una famiglia ricca mangia otto polli ed una famiglia povera un solo macilento povero pollo.

Se a questo si aggiunge che il dieci (10%) per cento della popolazione italiana è proprietaria della maggioranza (>50%) della ricchezza del nostro Paese, e che questo accentramento della ricchezza si è accentuato nel corso degli ultimi sei anni grazie alle politiche neoliberiste del nostro spensierato centrodestra, si capisce che il benessere nel nostro Paese non solo non è diffuso, ma anzi negli ultimi anni si è ridotto fortemente concentrandosi nelle fasce più ricche.

Dato il fatto che per tutta l’era Berlusconi la ricchezza del nostro Paese (e qui ritorna il PIL) in pratica non è cresciuta di un punto, se ne deduce (la matematica non è un’opinione) che i ricchi si sono presi una fetta più ampia della stessa torta a danno dei ceti medi e poveri: Robin Hood che ruba ai poveri per dare ai ricchi (ovvero ruba al povero per donare al signore).

Ora, per una seria politica economica e sociale, è fondamentale superare il principio del PIL come unico indice di riferimento e guardare agli “indicatori di benessere” che si possono inquadrare nella”dimensione della spesa pubblica per interventi in campo sociale”, ed ai quali si possono affiancare vari parametri legati alla diffusione della cultura eD all’utilizzo delle nuove tecnologie giacchè in una società equilibrata ricchezza, benessere e cultura si codeterminano.
In genere laddove più elevata è la spesa sociale, più equilibrata è la distribuzione del reddito, inoltre dove più rapidamente ha avuto inizio l’utilizzo di nuove tecnologie si ha maggiore attenzione alle politiche sociali.

Questi sono punti che tutte le forze politiche, ma soprattutto quelle che nei loro principi più si ispirano al progresso ed al benessere sociale (vedi il neonascituro PD) devono assumere come centrali nel loro programma.

E ORA CONTAMINIAMOCI!!

di Massimo Preziuso

Nell’ultimo mese il Partito Democratico ha subito una forte accelerazione.

Con le regole uscite dal Comitato PD, e la elezione del Segretario contestuale al voto espresso dall’elettore, si è fatto di sicuro un primo passo avanti nel segno della voglia di Innovare.

Qualche giorno dopo, con la uscita di Valter Veltroni, quale designato futuro Segretario del PD, un ulteriore segno di innovazione si è dato: forse il più moderno politico sulla piazza in Italia, guiderà questo Partito Nuovo (o nuovo Partito?).

Adesso, vi è un ultimo ma importantissimo passaggio da percorrere, prima di potersi dire, tutti noi, chi di più chi di meno, “HO FATTO QUELLO CHE POTEVO”:

BISOGNA PROVARE A CONTAMINARSI GLI UNI CON GLI ALTRI, E PARTECIPARE UNITI ALLE ELEZIONI DI OTTOBRE

per dare la possibilità ai tanti cittadini che vogliono vedere assolute novità nel panorama politico italiano, di poter scegliere facce nuove, idee nuove, che più che da altri posti possono venire solamente dalla SOCIETA’ CIVILE.

Allora, il mio piccolo APPELLO:

– mettiamocela tutta e proviamo a contaminarci, e a realizzare una proposta UNICA E FORTE per le elezioni di Ottobre, ancorata ad un candidato segretario (quale?).

– mettiamo in campo tanti GIOVANI e tante DONNE che, lo ripeto da tempo, sono I VERI MOTORI DEL CAMBIAMENTO DELLA SOCIETA’.

Ci tocca almeno provarci, non credete?

Come Innovatori Europei, nel nostro piccolo, vogliamo provare a contribuire a che questo avvenga!

GENERAZIONE DI FENOMENI

PISA, 30 giugno 2007 – Stazione Leopolda (Leocaffè) – ORE 17,00

Lo strano caso di un Paese che ha dimenticato i suoi giovani e sta generando una generazione di precari e di esuli.

Tavola rotonda con

Giancarlo Bruno – Head, Banking and Capital Markets World Economic Forum – New York

Giuseppe Forte – Capogruppo Ulivo del Comune di Pisa

Paolo Gallo – Director of Human Resources Bers – Londra

Alessio Misuri – Responsabile Innovazione Dintec – Roma

Sandra Savaglio – Astrofisica, Istituto Max-Plank – Monaco

Ivan Scalfarotto – Human Resources Director, Russia & CIS – Citi – Mosca

Scarica il volantino dell’iniziativa, e visita il sito www.pdpedia.eu per altre informazioni.

NASCE WWW.DONNEINRETE.COM

Nasce www.donneinrete.com

Una iniziativa strutturata ed interessante che nasce dalla Società civile, a supporto delle donne, future protagoniste della politica italiana.

In bocca al lupo da parte nostra!

Massimo

POLITICA E ANTIPOLITICA

di Salvatore Viglia

L’antipolitica è un po’ come l’antimateria. E’ composta da anti-tesi corrispondenti alle tesi della politica ordinaria. Per la materia, quando una delle sue particelle viene a contatto con una antiparticella, ambedue si annichiliscono ed emettono radiazioni elettromagnatiche. In politica, avviene qualcosa di simile quando le anti-tesi dell’antipolitica si scontrano con quelle della politica. Si annichiliscono a vicenda ed anch’esse emettono “radiazioni”: una qualunquista, l’altra finta-responsabile. Con la prima subentra la rassegnazione, la superficialità caratterizzata dallo sfiancamento della delusione tra la gente. Si arriva persino a stigmatizzare la banalità. I partiti sono la causa dei mali, delle indigenze, delle ruberie di questo mondo. Cosa aspetteremmo da un partito come Alleanza Nazionale la cui sede è in via della Scrofa? Oppure l’Udc in via dei Due Macelli? Rifondazione Comunista che è passata all’Ocurità delle Botteghe a viale del Policlinico? E che la sede di Forza Italia il cui leader soffre di un forte complesso di superiorità (parole sue) si trovi a via dell’Umiltà?

Il qualunquismo, diviene ragione di protesta. Si evolve in una esagerazione insipida che non ha neanche la forza necessaria di distruggere. Diciamo che danneggia bene e gravemente.

Con la seconda “radiazione”, finta-responsabile, si muovono i moniti severi delle istituzioni più autorevoli. Si cerca di ritrovare il rispetto perduto e la credibilità richiesta per ricominciare a fare politica. Questa volta, onesta ed efficiente. E’ questo l’aspetto più sopraffino dell’antipolitica. Convincere, reclutare, recuperare la fiducia della gente ed il suo consenso, è oggetto di discussione, di analisi, di progetto. Insomma, il “non si può andare avanti così” assurge ad inno sino a divenire esagerato e per questo anche inefficace. Finta-responsabile, perché predica solo ma non intende, in realtà, perseguire affatto le correzioni del sistema distorto nel quale la politica è caduta.

Il tentativo dell’antipolitica, la sua naturale propensione, sarebbe quella di essere antinomica alla politica per avere conferma della sua validità.

Fortunatamente, sia il qualunquismo che la “reazione” finta-responsabile, essendo frutto dell’annichilamento tra tesi ed anti-tesi, non ha energia fattuale sufficiente ad imporre il primato dell’antipolitica nella contrapposizione con la politica. Si tratta di energia potenziale, negativa ma per la maggior parte, potenziale.

Allora, se così stanno le cose, il singulto necessario per porre rimedio al proliferare dell’antipolitica, deve provenire solamente da “tesi” nuove. Tesi che non hanno e non avranno per molti anni, il loro corrispettivo in anti-tesi. Non sembra ci sia niente altro da fare e niente di male che affidare ai giovani, alla freschezza ed alla novità delle azioni, un nuovo programma sul quale ricostruire il primato della politica.

ATTIVISMO E DIRITTI UMANI

AMNESTY INTERNATIONAL PER I DIRITTI UMANI
L’attivismo contro la pena di morte
di LAURA TUSSI
L’approccio attivista contro la pena di morte da parte della legislazione internazionale, ma anche delle associazioni e organizzazioni che la contrastano, durante questi ultimi cinquanta anni, ha reso noto ed ha manifestato il concetto base per cui ci si oppone alla pena di morte.
Risulta molto chiara la posizione di Amnesty International quale questione di principio contro la pena di morte, non degna di paesi civili.
Amnesty è un’associazione nata quarantatre anni fa per tutelare e difendere i diritti umani e da parecchio tempo lavora su tali tematiche, alla base dello statuto della Dichiarazione Universale dei diritti umani. Amnesty sul piano operativo ha introdotto tecniche particolari all’interno dell’attivismo di opposizione alla pena di morte, e nel suo operato, in concreto, cerca di salvare il numero maggiore possibile di vite umane condannate a morte e questo è un lavoro svolto dagli attivisti che operano nell’ambito dei gruppi, delle strutture e delle articolazioni territoriali di Amnesty. Tutte queste attività si concretizzano con l’invio di petizioni, di lettere, di appelli, di raccolta di firme indirizzate alle autorità che detengono o che hanno condannato queste persone. In Lombardia esistono parecchi gruppi di operatori attivisti di cui la metà svolge azione specifica contro la condanna alla pena di morte e si occupa di alcuni di questi casi o svolge azioni urgenti relativamente a persone detenute e a rischio di morte.
Educazione ai diritti umani
Il problema della pena di morte costituisce per Amnesty International una questione fondamentale, quale violazione terribile e barbara dei diritti fondamentali della persona e l’impegno contro l’abolizione della pena di morte significa anche mobilitarsi per la diffusione e la promozione di una cultura dei diritti umani: solo questo afferma quanto è rilevante il tema della tutela dei diritti inalienabili dell’uomo, anche per le attività di educazione ai diritti dell’individuo umano, impegno che presso l’Associazione sta acquistando un’importanza ed un significato sempre maggiori. Gli obiettivi principali dell’impegno e dell’attività di Amnesty si evincono dal considerare la pena di morte una terribile vendetta di Stato, che non ha a che fare con la giustizia, ma è veramente una sorta di omicidio amministrativo che non risolve certo il problema della ferita al corpo sociale, inferta dall’atto delittuoso, vale a dire l’offesa che il crimine porta alla società, viene da questa forma di omicidio supplementare in realtà ancora approfondita e ulteriormente acutizzata.
Amnesty International contro la pena di morte conduce una campagna permanente che ha sia l’aspetto dell’impegno assiduo e quotidiano per salvare vite umane e quindi di evitare il maggior numero possibile di esecuzioni, ma anche poi l’altro aspetto consiste nel lavoro all’interno della tutela internazionale dei diritti umani, ossia di quelle norme che gli stati reciprocamente si danno per difendere i diritti basilari ed inalienabili di donne, bambini, uomini. E’ proprio una caratteristica essenziale della strategia abolizionista quella di rendere la questione della pena di morte un affare internazionale, ossia una questione con una rilevanza che oltrepassa l’ambito d’azione e quello della sovranità esclusiva dei singoli stati
I tre livelli dell’impegno umanitario
Sussistono più livelli nella strategia abolizionista di Amnesty e delle altre organizzazioni che si battono contro la pena di morte. Il primo livello d’azione è quello delle vite da salvare. Il secondo livello d’azione consiste nel cambiare quelle regole che permettono agli Stati che mantengono la pena di morte di continuare ad applicarle e di eseguire le sentenze.
Il terzo livello consiste nel costruire una cultura ed un’educazione ai diritti umani, in cui non vi sia spazio anche solo di ingiusta prevaricazione e volontà di annientamento della dignità dell’individuo.
L’ultimo livello forse consente di raggiungere traguardi definitivi perché quando le opinioni pubbliche divengono, a larga maggioranza, profondamente contrarie alla pena di morte, a quel punto, in genere, neppure i governi insistono nel mantenere in vigore quelle norme, regole e leggi che consentono di eliminare fisicamente una persona a seguito della decisione di un organo dello Stato.
Laura Tussi

VELTRONI SI, MA….

di Fernando Cancedda
Conosco personalmente e apprezzo Walter Veltroni da quando era solo un giovane e intelligente funzionario addetto alle comunicazioni del PCI.
Non dubito che sarebbe una guida eccellente per il PD.
Non mi piace però il modo confuso e plebiscitario in cui si sta progettando e preparando la sua elezione, prima che il sindaco di Roma abbia chiarito e precisato agli elettori della Costituente quale cammino propone, tra le diverse strade possibili per un soggetto politico plurale come quello che sta per nascere.
Mi pare – questo modo di procedere, non ovviamente Veltroni – un altro pericoloso passo avanti verso una sorta di “democrazia demoscopica” in cui le urne servono solo a ratificare quello che in alto è già stato deciso in base all’indice di popolarità di questo o quel concorrente.
La personalità e l’affidabilità dei candidati non può non contare, ma la partecipazione democratica non può esaurirsi in un feeling, che oggi c’è e domani chissà. Anche il giudizio sul passato politico è importante, ma non è sufficiente, perché mutano i tempi e le circostanze.
Scegliere tra politiche chiare e alternative, meglio se abbastanza precise da non riscuotere il consenso universale: questa è la NUOVA POSSIBILITA’ che iscritti ed elettori del futuro Partito democratico vorrebbero darsi. Se tale possibilità non ci fosse, diciamolo chiaro, non avremmo dato vita a un partito “nuovo”.
Walter Veltroni, già segretario diessino, sarebbe plebiscitato a ottobre segretario di un partito di centro sinistra che ha sbarcato la cosidetta sinistra radicale e imbarcato la Margherita. Questo è tutto.
Se non è questo che si vuole, almeno da parte nostra, smettiamo per un po’ di parlare di candidati e mettiamoci con i candidati a parlare concretamente di contenuti politici, prescindendo sentimentalmente da chi li propone.
Parliamo dunque di come attuare concretamente la riforma del potere e della politica, la nuova legge elettorale, nuove regole per il mercato del lavoro e la previdenza, la politica dell’energia e dei consumi in un nuovo modello di sviluppo, la sicurezza e la giustizia, la laicità dello Stato, la politica estera delle alleanze e la messa al bando di tutte le armi di distruzione di massa, il sostegno alla famiglia e ai soggetti più deboli, i rapporti tra scuola pubblica e scuola privata, tra la sanità pubblica e quella privata, lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, ecc.
Invitiamo i candidati che si proporranno nelle circoscrizioni locali a esporsi, senza ambiguità e demagogia, su questi temi o su alcuni di essi, in modo che almeno localmente sia possibile, da parte nostra, una partecipazione reale. Potrà essere un utile esercizio anche per le primarie che verranno negli anni futuri.
Visita il Sito Nandocan.it

LA SINDROME DEL PLEBISCITO

di EDMONDO BERSELLI
Succede talvolta che la politica subisca un’accelerazione impensata. È stato sufficiente l’annuncio che l’elezione del leader del Partito democratico avverrà in modo diretto, attraverso la sovranità popolare, e tutto ciò che si diceva della nascita del Pd, che era un incontro di oligarchie, che si trattava di una fusione fredda, che era gestita esclusivamente dai corridoi di partito, è stato superato.
C’è voluto un atto di coraggio di Romano Prodi, o forse di rassegnazione: ma in ogni caso si è innescata una miccia che farà brillare l’ordigno sclerotizzato della politica italiana: si comincia a intravedere l’opportunità di un processo di democratizzazione radicale i cui risultati potrebbero risultare decisivi per un recupero di credibilità dell’intero sistema politico.
Ci sarà tempo per osservare gli effetti di questa decisione, un’onda d’urto che dovrebbe investire anche il centrodestra: perché non è pensabile il perdurare di un’asimmetria che veda da un lato un partito di mobilitazione, all’americana, e dall’altro un partito proprietario, gestito dal suo titolare. Ma nello stesso tempo occorre chiarire subito che il Big Bang del Partito democratico, perché di questo si tratta, non può e non deve essere neutralizzato da manovre preventive di composizione, di negoziato interno, di smussamento dei contrasti: l’elezione del leader è un’eccezionale occasione perché si manifestino, e si mescolino, appartenenze, idealità, valori, culture.
E quindi la ricchezza potenziale di questo confronto non può essere sprecato in vista di un plebiscito. Vanno guardate con preoccupazione, se non con sospetto, le esitazioni e i surplace che stanno accogliendo la svolta “democratica”: mentre si fanno più intense le pressioni perché Walter Veltroni si assuma la responsabilità politica e civile dell’ingresso in campo, al punto che gli sarà praticamente impossibile sottrarsi alla chiamata, cominciano invece a manifestarsi le perplessità dei suoi competitori. Ad esempio sembra che Francesco Rutelli sia intenzionato a sottrarsi al rischio di un confronto; e il suo esempio potrebbe indurre altri possibili protagonisti a uscire dall’arena.
Conviene ripeterlo. Un prodotto politico come il Partito democratico non può nascere in provetta. Non si può immaginare che due congressi di partito, lo scioglimento di Ds e Margherita e l’assemblea costituente del 14 ottobre conducano a un risultato preconfezionato e a una leadership predefinita. Anzi, in questo momento è urgente che le migliori personalità dell’area “democratica” entrino in campo e giochino la loro partita. Non per una questione di personalismo: ma perché intorno alle figure di Rutelli, di Bersani, della Finocchiaro, e di chiunque volesse giocarsi con la necessaria spregiudicatezza un futuro politico di primo piano, ruotano anche culture, sensibilità politiche, memorie e proiezioni verso un’idea di società desiderabile.
Tutto questo non può essere lasciato al patteggiamento fra correnti, partiti o leader. L’opinione pubblica apprezzerà un confronto leale sui temi in gioco. Molti hanno notato che la spiazzante mossa d’apertura di Dario Franceschini, che ha dichiarato con chiarezza il proprio voto per Veltroni, è stato una carta pesante giocata sul tavolo politico: che un leader della Margherita spinga la candidatura di un leader diessino rappresenta un modo spettacolare per fare respirare il confronto politico, fuori da condizionamenti e logiche di clan.
Una volta tanto, c’è spazio per il coraggio più che per le mediazioni. I leader del centrosinistra dovrebbero riflettere sul fatto che è possibile che la casella numero uno sia già stata assegnata, dall’umore popolare e dalle sensazioni che si respirano in politica. Ma in primo luogo questa eventualità non è una necessità deterministica. E secondariamente le primarie dei democratici non sono soltanto l’evento che fonda il partito; sono anche lo strumento per scremare la sua classe dirigente, definendo la forza relativa di ogni protagonista e la sua credibilità pubblica. È un gioco, per certi aspetti; ma richiede dai giocatori un impegno senza veli. Altrimenti, i cittadini, gli elettori, avrebbero ragione di pensare che chi si sottrae adesso, nel momento del gioco duro, chi fa calcoli troppo prudenti, chi valuta in modo troppo certosino il proprio interesse personale, non avrà titoli di merito per rientrare più avanti, quando il gioco sarà più facile.

INTERVISTA: ON. MIGLIAVACCA

Intervista all’on. Maurizio Migliavacca dell’Ulivo, Membro della IV Commissione Difesa e componente autorevole del Comitato dei 45 per il Partito Democratico

di Salvatore Viglia

Lei è uno dei 45 del Comitato per il Partito Democratico. Non sembra essere in compagnia di giovani quarantenni. E’ un problema.

Noi facciamo un partito nuovo anche per favorire un ricambio delle classi dirigenti e le regole che abbiamo sostanzialmente definito nella riunione di lunedì 18, vanno in questa direzione.
Primo, potranno votare i sedicenni. Quindi, ci sarà una quota di giovani elettori significativa, di ragazzi e ragazze che potranno pesare nel voto. Secondo, potranno essere candidati i sedicenni ciò significa che si avrà la possibilità di avere l’immissione di energie fresche. Terzo, lo stesso metodo elettorale che abbiamo adottato, cioè il meccanismo delle liste plurinominali, cioè 5 nomi per fare una lista da presentare in ogni collegio con una raccolta di firme piuttosto bassa, cento, è un meccanismo assolutamente favorevole ai giovani, alle donne, alle forze nuove. Come l’esperienza ci insegna, semmai, è la preferenza quella che consolida le figure radicate già portatrici appunto di consensi consolidati.
Mi pare che siamo sulla strada per dare il giusto spazio ai giovani per fare del 14 ottobre prossimo, una occasione di rinnovamento della politica.

Non eluda la domanda, faccia un nome che l’aggrada alla guida del PD.

Capisco la sua curiosità ma non sono in grado di dirle un nome per la semplice ragione che stiamo ancora definendo le regole e le candidature. Sarà questione delle prossime settimane, abbia un po’ di pazienza. Mi impegno a farglielo sapere quando appunto ci saranno le condizioni per farlo.

Romano Prodi parla di un nome forte. Cosa intende con questo?

Sicuramente deve essere un segretario autorevole, riconoscibile nel paese quindi dotato di prestigio e con capacità politiche di governo, che sappia dare voce al nuovo partito che nasce e che sappia trasmettere anche agli italiani le idee forti, le idee guida di questo nuovo partito. Deve essere una personalità di primo piano. Credo che le primarie saranno l’occasione per poter scegliere tra più personalità di primo piano.

La questione del sodalizio tra DS e Margherita sta tutta nella concezione di uno Stato laico, è possibile adoperare una sintesi, non è che il problema si presenterà all’improvviso in tutta la sua portata?

Credo che ci siano le condizioni perché il partito nuovo, sia un partito assolutamente laico. Siamo laici. I DS su posizioni di autonomia ed anche la stragrande maggioranza dei componenti della Margherita che, non a caso sui DICO, hanno dato una prova di indipendenza. Ci sono tutte le condizioni perché sia un partito laico. Poi, non mi nascondo che su questo o su quell’altro tema etico, su questo o su quell’altro tema che riguarda i diritti civili ci potranno essere dei distinguo, potranno emergere posizioni, sfumature diverse,
ma a quel punto, saranno le regole della democrazia a decidere. E’ un partito democratico, quindi, saranno i militanti, saranno gli organismi democratici a decidere dentro una ispirazione laica a stabilire nel merito e per le soluzioni da adottare.

In Europa siederete nei banchi del PSE?

Penso di sì. Penso che la forza delle cose spinga questo partito ad avere un rapporto organico con i socialisti. In Europa c’è un bipolarismo, una forza di centrodestra rappresentata dal partito popolare e una forza di centrosinistra rappresentata dal partito socialista. Esistono poi alcune forze intermedie ma che non hanno assolutamente né la massa critica, né le caratteristiche per rappresentare un terzo polo. In definitiva, il PD, nelle forme che si decideranno, starà dove stanno i progressisti in Europa.

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