Significativamente Oltre

Politica

Italia 2018: gli Innovatori Europei nella “Terza Repubblica”

di Massimo Preziuso

Torniamo “live” dopo un paio di mesi, a causa di un brutto attacco informatico.

Anche se era già da gennaio scorso e il mio post su La brevissima campagna elettorale e l’importanza di progetti, programmi e visioni politiche che ci eravamo fermati, dopo aver verificato che niente di quello che auspicavamo era successo. Abbiamo così approfittato per una pausa di riflessione abbastanza lunga. Ci risvegliamo in questo maggio 2018, in un’Italia evidentemente cambiata, all’alba di una possibile e auspicabile Terza Repubblica.

Il Partito Democratico – per cui ci siamo spesi per un decennio almeno, fino alla triste esperienza della Commissione nazionale sulla Forma Partito (2014 – 2016), in cui provammo a portare le nostre idee sulla necessità di un Dipartimento Progetti e di un “filiera progettuale” (idea condivisa con il forte Fabrizio Barca, che ha coniato il termine) – si è resettato a marzo. E, cosa incredibile, continua a testare minimi assoluti, con una leadership ormai annullata, che continua a pretendere protagonismo assoluto.

Siamo nell’Italia del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord. E in questo week end potrebbe nascere un governo, abbastanza strano e originale (per le differenze di elettorato e di programmi), tra i due protagonisti della scena politica italiana. Un tentativo rischioso, che però è giusto tentare di avviare, per provare poi a rompere gli schemi, in Italia ed in Europa. In ogni caso, speriamo davvero che tutti gli altri Partiti, a cominciare dal PD, colgano questa crisi / opportunità per riformarsi e cambiare drammaticamente.

Tornando a noi, Innovatori Europei ha lavorato per più di un decennio per provare a portare un contributo di riforma e di innovazione al sistema politico italiano ed europeo.

In alcuni casi il cambiamento è poi arrivato, in molti altri no. Soprattutto, questo ci rammarica, dieci anni dopo non vediamo alcuna sostanziale innovazione nella forma organizzativa e nella modalità di selezione di classe dirigente politica.

Unico esempio che abbiamo visto all’opera è quello di M5S, con le prime forme di E Democracy. Il Movimento ha così dato opportunità a tantissimi comuni cittadini di provare a cimentarsi nella Politica, senza intermediazioni, anche se ha così prodotto una classe dirigente di qualità a volte non eccezionale.

Negli ultimi anni, la nostra iniziativa da indipendenti si è connotata sempre meno in termini di partecipazione alle elezioni (come abbiamo fatto nel passato in varie realtà, supportando nostri candidati) e sempre più nello sviluppo di progetti complessi, regionali e nazionali. Ed è’ su questa linea che vogliamo continuare. Perché fin dai tempi dell’impegno nelle Associazioni per il Partito Democratico (2006-7) crediamo che una seria progettualità sviluppata in maniera libera da appartenenze sia la principale motrice del cambiamento innovativo.

Continuiamo altresì a sperare nella nascita dei Dipartimenti Progetto in tutte le organizzazioni politiche, che diano il via a quella “cultura di progetto”, che in tanti della mia generazione hanno studiato sui libri, che tarda fortemente ad arrivare nel Paese.

Vogliamo prima di tutto indagare meglio sugli impatti (culturali, economici e politici) delle innovazioni tecnologiche sullo sviluppo sostenibile delle società moderne. Anche perché, fin dal 2009 (quando ci rivolgemmo al candidato segretario del PD Pierluigi Bersani, che nel 2013 avrebbe voluto realizzarlo al governo ), continuiamo a sperare nella nascita di un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile che divenga protagonista di una nuova fase di sviluppo per il Paese.

In questa nuova fase contiamo sicuramente sul supporto delle centinaia di Innovatori Europei presenti in tutta Italia e all’Estero, ma speriamo anche nell’apporto di nuove competenze e talenti. Per costruire nuovi progetti e benessere condiviso, in collaborazione con organizzazioni politiche ed istituzioni. Vi aspettiamo.

Convegno 10 luglio, Talent Garden, Milano : Quale politica economica per l’Europa?

Europa XXI secolo e Tortuga sono liete di invitarvi all’incontro:

Quale politica economica per l’Europa?
10 luglio 2017 – 18:30-20* Talent Garden Calabiana Via Arcivescovo Calabiana 6, Milano

Programma
Presentazione di “Europe’s Political Spring: Fixing the Eurozone and Beyond” (a cura di Agnès Bénassy-Quéré e Francesco Giavazzi, con un capitolo di Guido Tabellini)

Introduzione a cura del Gruppo Tortuga

Ne discutono:  Francesco Giavazzi  Tommaso Nannicini  Guido Tabellini  Irene Tinagli

Modera:  Francesco Cancellato (Direttore Linkiesta)

* L’evento sarà l’occasione per presentare al pubblico l’associazione Europa XXI secolo. Trattandosi di una associazione non solo europeista ma anche europea, la discussione inizierà alle 18:30 in punto come da invito. Seguirà rinfresco.

Aggressione ieri a Frosinone alla nostra Giuseppina Bonaviri, unica candidata Donna Sindaca della città – Firma l’appello

Bonaviri

 

 

 

 

 

 

 

Rimaniamo senza parole.

Ieri, in pieno giorno, Giuseppina Bonaviri è stata aggredita durante un comizio della sua campagna elettorale di unica donna candidata Sindaca della città capoluogo ciociaro, Frosinone.

Se davvero il Paese vuole diventare moderno rinnovandosi, le istituzioni nazionali e regionali politiche intervengano con un atto concreto di solidarietà in suo sostegno. Noi Innovatori Europei chiediamo che in Italia si creino reali condizioni per una politica di genere dove atti di aggressioni e di discriminazione non trovino più spazio alcuno.

Firmate questo appello (a infoinnovatorieuropei@gmail.com) .

Ne va del futuro del Paese.

Roma, 29 Maggio 2017

Massimo Preziuso

Marco Frediani

Osvaldo Cammarota

Francesca Properzi

Marianna Rossi

Luca Lauro

Avanti, Europa (di Tommaso Nannicini)

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini durante la Conferenza Ispi su "Le sfide economiche e politiche per  l'Europa", Roma, 20 giugno 2016. ANSA/FABIO CAMPANA

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini durante la Conferenza Ispi su “Le sfide economiche e politiche per l’Europa”, Roma, 20 giugno 2016.
ANSA/FABIO CAMPANA

di Tommaso Nannicini su Medium

Emmanuel Macron ha compiuto un capolavoro politico. Ha creato dal nulla una forza politica liberal-europeista, in un Paese fortemente nazionalista dove il termine “liberalismo” è quasi una parolaccia. E, al secondo turno, ha vinto le elezioni, diventando il Presidente di tutti i francesi. Ci è riuscito perché è bravo, perché ha una visione forte sul futuro della Francia e dell’Europa e perché si è circondato di persone competenti che quella visione sanno farla propria per naturale inclinazione e non per mero tatticismo. Sapere dove andare e circondarsi di persone in grado di portartici vale il 50 percento del successo politico. L’altro 50 lo fa la fortuna, per dirla con Machiavelli.

Virtù, fortuna e doppio turno

Ma non c’è dubbio che, al di là del tradizionale binomio virtù-fortuna, Macron ha avuto dalla sua un altro potentissimo alleato: il combinato disposto rappresentato dal doppio turno e dal sistema semipresidenziale. In un sistema parlamentare con legge elettorale proporzionale, con ogni probabilità, il suo partito si sarebbe fermato sotto il 20 percento. Dopodiché, il nostro eroe avrebbe dovuto sedersi al tavolo con gli altri segretari di partito e difficilmente sarebbe riuscito ad assicurarsi le portate migliori.

Secondo un sondaggio Ipsos, il 43 percento di chi ha votato Macron al secondo turno dichiara di averlo fatto in chiave anti-Le Pen, il 33 perché vede in lui una speranza di rinnovamento e solo il 16 perché condivide il suo programma socio-economico. Se quel programma riuscirà a realizzarlo dipenderà, di nuovo, dalla sua bravura e da quella della classe dirigente di cui saprà circondarsi. Più nello specifico, dipenderà dall’esito delle elezioni legislative e, in seguito, dalla sua capacità di dar vita a una coalizione che convinca i francesi della bontà delle riforme. Colpisce come il nuovo governo, rispetto al nucleo forte dei promotori di En Marche, sia composto da persone un po’ più in là con gli anni e con esperienze sbilanciate verso la politique politicienne. Sarà importante capire come il neo presidente gestirà gli equilibri tra energie fresche e vecchie volpi all’interno di un quadro unitario.

 

Parigi, Italia

Cambiare la Francia per cambiare l’Europa, dunque. Per riuscirci, Macron avrà bisogno anche della collaborazione di tutte le forze politiche europeiste al di fuori della Francia, Pd in testa. L’obiettivo è fattibile, a patto che queste forze sappiano costruire un disegno politico che non sia solo francese, italiano, tedesco o via snocciolando, ma in primo luogo europeo.

Sui social si aggira un personaggio le cui frustrazioni politiche hanno trasformato in troll: dopo il voto francese, ha pensato bene di scagliarsi contro i “renzini” contenti per la vittoria di Macron. Rei, a suo dire, di paragonare impropriamente i due leader, mentre il renzismo è culturalmente più affine al lepenismo del Front National (?!?). Fermo restando che i paragoni tra leader diversi in paesi diversi non hanno granché senso, è stato lo stesso Macron a rivendicare la vicinanza politico-culturale al Pd di Matteo Renzi. E viceversa. Solo il nostro provincialismo e la propensione a buttare tutto in una caciara tra guelfi e ghibellini, ci possono far negare l’affinità tra i due progetti politici. Basta leggere l’intervista rilasciata da Macron al bravo Mauro Zanon per il Foglio: riduzione del carico fiscale e sostegno alle imprese 4.0; un euro in sicurezza e un euro in cultura (bonus 18enni incluso); riforme del welfare e del lavoro incentrate su meccanismi di attivazione, formazione e responsabilizzazione delle scelte individuali. Volendo guardare alle differenze, invece, ci sono due punti sui quali Macron batte molto: la riorganizzazione della macchina burocratica (con il contestuale ripensamento del perimetro pubblico) e il contrasto al dumping sociale (senza rinnegare i principi del libero commercio). Due punti su cui dovremmo riflettere di più anche in Italia.

Cambiare l’Europa, insieme

I punti di contatto addirittura aumentano quando si guardano le proposte sull’Europa. Da noi, Renzi è spesso dipinto come un leader che insegue i populisti sul loro terreno in chiave anti-europeista, mentre Macron è un paladino dell’Unione Europea senza macchia e senza paura. La verità è che, al di là dei diversi stili comunicativi, entrambi hanno sempre affermato la centralità dell’Europa, che per una nuova generazione che si affaccia al protagonismo politico è vissuta come la propria casa, come un orizzonte culturale ancor prima che politico. Le polemiche verso certi eccessi di rigidità tecnocratica nascono casomai da quella severità di giudizio che è sempre più acuminata verso le cose che ci sono più care. Così come la critica a certe liturgie ormai vuote non vuol dire rottamare il sogno europeo ma casomai rilanciarlo.

Più Europa e, soprattutto, più politica in Europa: è questa l’architrave della mozione congressuale sulla cui base Matteo Renzi è stato rieletto segretario del Pd. A partire dall’esigenza di una nuova architettura istituzionale che abbracci la lucida piattaforma di Sergio Fabbrini: un unione federale il cui Presidente sia eletto direttamente dai cittadini e in cui un nucleo duro di politiche pubbliche sia messo in comune. Pur sapendo che non tutti sono pronti per questo passaggio. Lo dice con chiarezza Macron nell’intervista a Zanon: “gli stati che non vogliono andare avanti non impediranno agli altri di avanzare”.

La mozione Renzi-Martina (e lo stesso vale per il programma di Macron o quelli di forze europeiste in altri paesi) non si limita alle proposte istituzionali, ma scommette subito su un’accelerazione che metta in comune alcune politiche pubbliche: da una Schengen della difesa a un’assicurazione europea contro la disoccupazione, fino alla proposta innovativa di Children Union. Per carità, su tutti questi punti, sia Macron sia Renzi, devono passare dall’enunciazione all’elaborazione, dalle felici intuizioni elettorali a concrete proposte di governo, che non naufraghino sugli scogli dell’implementazione economica o amministrativa. E devono costruire alleanze politiche per realizzare queste proposte. Sarebbe bello se En Marche e Pd iniziassero a farlo insieme, creando gruppi di lavoro congiunti aperti a tutte le forze riformiste in Europa, dentro e fuori del Pse.

Non c’è dubbio, in ogni caso, che con la vittoria di Macron si apra uno spazio fino a poco tempo fa inimmaginabile per rilanciare il progetto europeo. Ma gioire per la vittoria del candidato di En Marche (come si era già fatto cinque anni fa per quella di Hollande), o peggio mettersi a cercare il suo sosia italiano, serve a poco: dobbiamo, invece, sentire appieno tutto il peso della responsabilità di questo passaggio. Perché ogni opportunità comporta una responsabilità: se non saremo in grado di cogliere questa chance di cambiamento dell’Europa, potremmo non averne molte altre in futuro. Dipende anche da noi. Se l’Italia dovesse scegliere di stare alla finestra a guardare, il volume di Michele Salvati sulle “occasioni perdute” dal nostro Paese si arricchirebbe di un altro capitolo, l’ennesimo. Un capitolo, ahinoi, che avrebbe effetti rovinosi per le future generazioni di italiani e di europei.

#FormaPartito – Il Pd dopo la tempesta di dicembre. Un’occasione che non tornerà (di Fabrizio Barca)

Fabrizio Barca durante una lezione al polo scentifico di Novoli a Firenze, 6 Maggio 2013. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

Fabrizio Barca durante una lezione al polo scentifico di Novoli a Firenze, 6 Maggio 2013. ANSA/MAURIZIO DEGL’INNOCENTI

di Fabrizio Barca su Huffington Post

Mentre nel Partito Democratico i Comitati del Si e del No si moltiplicano e si armano per una battaglia che riguarda anche – quando non soprattutto – il controllo del partito, e mentre in cielo volano i fuochi d’artificio della “Finanziaria dell’anno referendario”, un documento ufficiale diramato da Roma gira in silenzio nelle fila del PD. Si tratta delle conclusioni della Commissione “Forma-partito” costituita 24 mesi or sono per “rimettere in connessione la forma partito con la vita concreta e quotidiana dei cittadini”, come recita il documento, per adattare l’organizzazione del PD alla “nuova domanda che i cittadini rivolgono alla politica”, alla profonda distanza che essi sentono dai partiti. Il documento viene sottoposto alla “discussione dei Circoli e degli organismi dirigenti territoriali”, per ricavarne reazioni e idee che “si trasformeranno in proposte di modifiche statutarie” da portare alle decisioni dell’Assemblea nazionale.

Si potrebbe dire che è tardi. Che l’inadeguatezza di quello che è pur sempre l’unico “partito” italiano e della sua organizzazione è evidente da molti anni. Che da tempo sono sul tavolo proposte di rinnovamento – una l’abbiamo testata noi di Luoghi Ideali, iscritti del PD e non, in un anno di sperimentazioni e poi l’abbiamo avanzata ai vertici del partito nel giugno 2005 (http://www.luoghideali.it/tre-proposte-per-il-pd-fabrizio-barca/). Che il documento era sostanzialmente pronto dalla primavera – il ritardo del suo rilascio mi ha indotto a inizio luglio a dimettermi dalla Commissione. Che è scritto con un linguaggio timido, timidissimo, in alcuni casi solo allusivo, inadeguato di fronte alla durezza del confronto in atto. Che potrà essere facilmente fagocitato dalla logica dominante dei Comitati. Che il Segretario del PD non risulta averne fatto menzione e che il silenzio attorno al documento è finora assordante. Si potrebbe dire tutto questo. E infatti lo sto scrivendo. Ma sarebbe sbagliato fermarsi qui. Non solo perché sarebbe ingeneroso verso il vice-Segretario Lorenzo Guerini e il Presidente Matteo Orfini, che alla fine hanno sentito la responsabilità politica di dare voce al lavoro che avevano diretto. Ma perché sarebbe politicamente sciocco.

Pure con una cautela che riflette peraltro la straordinaria incomunicabilità maturata in questi anni all’interno del gruppo dirigente del PD, e forse la lontananza da questi temi da parte del Segretario del partito, nel documento vengono infatti messe sul tavolo considerazioni e ipotesi concrete di rinnovamento che, se raccolte, possono introdurre nel PD germi positivi. Esse colgono il sentire di moltissimi iscritti, manifestatosi anche in questi tempi difficili, e di cui le sperimentazioni che ho seguito da vicino sono solo una delle manifestazioni.

Richiamo sei di queste ipotesi di rinnovamento (sollevando solo in minima parte il manto di timidezza che le avvolge e virgolettando le citazioni letterali):
1. Elezione dei Segretari regionali (e relativi Organi dirigenti) da parte dei soli iscritti, stante il loro ruolo esclusivo di direzione del partito, un requisito essenziale per ogni organizzazione.

2. Fare precedere le primarie per la selezione dei candidati alla guida di Comuni e Regioni da una “elaborazione e condivisione da parte dei candidati stessi di un’agenda essenziale di riferimento”. Passo indispensabile, aggiungo, per evitare che le derive personalistiche prevalgano sulla visione collettiva elaborata dal partito territoriale sul futuro possibile di quel Comune o di quella Regione.

3. Sia per l’Assemblea nazionale, sia per la Direzione nazionale, oggi composte rispettivamente da oltre 1000 e oltre 120 membri, “si impone una riflessione … a partire dal numero dei componenti previsto dall’attuale Statuto” che determina “difficoltà nello svolgere con … pienezza il proprio ruolo”. Parole assai caute ma non equivocabili, per segnalare l’assoluta anomalia – a mio parere soprattutto per la Direzione – di un organo di indirizzo che per la sua dimensione non può in alcun modo essere luogo di confronto acceso non fra posizioni incrollabili (di maggioranza e minoranza), magari declamate pubblicamente ai propri partigiani, ma fra posizioni che cercano il convincimento reciproco, la verifica, la possibile trasformazione in nuove soluzioni.

4. Certificazione dell’Albo degli elettori, per promuoverne la partecipazione non solo al momento del voto.

5. Rinnovamento dei Circoli (anche per evitare che siano “utilizzati da alcuni come via per promuovere il proprio interesse particolare anche a discapito di quello generale”) che devono diventare “palestra di formazione politica per creare nuova classe dirigente” e per “sperimentare nuove forme organizzative che interagiscano con l’arcipelago delle militanze”. A tale scopo nei Circoli si dovrà “promuovere e sostenere progettualità … rivolte a raggiungere obiettivi chiari, misurabili e rilevanti per la qualità di vita dei cittadini” e promuovere “filiere di progettazione che coinvolgano gli elettori appartenenti all’Albo e tutti i cittadini interessati” per dare “un contributo concreto all’azione di governo del territorio … e mettere alla prova nuove leve dentro il partito”.

6. “La scelta dei confini di responsabilità di un circolo “non deve essere rigida – vincolata dall’obbligo statutario attuale di costituire un Circolo ogni 50mila abitanti – ma deve dipendere dalle caratteristiche del territorio. (Per questo concetto si veda ad esempio l’esercizio valutativo condotto da Luoghi Ideali su Roma – e recentemente replicato per Perugia -)

Si tratta di sei ipotesi di rinnovamento tutt’altro che di maniera. E che, se fossero attuate davvero – non una “riflessione” sulla dimensione della Direzione ma la drastica riduzione della sua dimensione, non solo la promozione di “filiere progettuali” nei circoli ma anche il loro finanziamento e il loro presidio tecnico da parte di una struttura nazionale di riferimento, ecc. – richiederebbero e comporterebbero una profonda trasformazione del modo di funzionamento del PD. Agli antipodi di quello che si manifesta in questi giorni nel “PD dei Comitati”.

Per uccidere queste ipotesi ci vuole poco. Basta che esse restino in silenzio. Che siano soverchiate dalle grida di queste ore. Il modo in cui sono state diffuse, il linguaggio usato, la timidezza non aiutano. E tuttavia per decine e decine di migliaia di iscritti che rivendicano un modo diverso di “fare partito”, questo documento offre un’opportunità significativa, che non tornerà. Se essi ci sono. Se ci credono davvero. Se preferiscono questo al partito dei Comitati. Si facciano sentire in questa consultazione chiedendo la traduzione di queste sei ipotesi in soluzioni operative e adeguatamente finanziate. Lo facciano circolo dopo circolo. Entro la fine di novembre. Con voce resa robusta dall’urgenza del momento. Senza schierarsi secondo le attuali correnti, né cercarne di nuove. Con votazioni formali. E mettendo alla prova su questa scelta i propri gruppi dirigenti territoriali, ossia condizionando a ciò il loro appoggio futuro. Se ciò avverrà in una misura significativa, il PD avrà un punto fermo da cui ripartire dopo la tempesta di dicembre.

Resoconto del Convegno “La Politica tra Riforme e Progetti”

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Resoconto del Convegno “La Politica tra Riforme e Progetti

Molti gli innovatori provenienti dal mondo accademico, delle professioni e dell’impresa a dibattere con esponenti politici nazionali ed europei al convegno di Innovatori Europei (IE) “La Politica tra Riforme e Progetti”, tenutosi presso la Sala delle Conferenze del Partito Democratico, durante tutta la mattinata dello scorso giovedì 6 ottobre.

Il fondatore di IE Massimo Preziuso ha introdotto i lavori riassumendo l’impegno ormai decennale di questo movimento ibrido tra idee e persone, luogo di elaborazione e di proposta politica e progettuale che porta a discutere quest’anno del fondamentale connubio tra Riforme e Progetti per costruire una Italia riformista ed europeista che progetti con visioni nette il proprio futuro, focalizzandosi in particolare sui talenti delle sue Donne e dei suoi Giovani. “La Riforma Costituzionale (gli IE hanno costituito in Estate un Comitato nazionale #BastaUnSi) apre importanti spazi di cambiamento, principalmente semplificando la organizzazione dello Stato ed esprimendo una volontà di accelerare verso la modernità che da tanto ci attende”. Per Preziuso “Il Referendum del prossimo 4 dicembre è quindi una occasione di innovazione da supportare pienamente, per dare il via ad una nuova fase di crescita per il Paese. Anche perchè la riforma costituzionale si abbina naturalmente ad una rivisitazione della forma organizzativa dei partiti politici – su cui IE ha lavorato nella Commissione Forma Partito del PD – affinché essi vadano incontro alle nuove necessità dei cittadini ed elettori, dotandosi di nuove strutture e competenze che li mettano a contatto quotidiano con i cambiamenti che pervadano la società e l’economia, costruendo progetti condivisi per lo sviluppo sostenibile dei territori”.

I successivi interventi hanno visto alternarsi il racconto di importanti progetti di innovazione al commento di autorevoli esponenti politici del Partito Democratico sulla Riforma Costituzionale e la organizzazione del Partito Democratico in questa nuova fase.

Ha esordito Mariuccia Teroni, fondatrice e presidente della azienda innovativa FacilityLive che ricordando di “aver scelto di rimanere italiani in Europa, evitando di spostarsi in Silicon Valley, per onorare un senso di restituzione e perché orgogliosa di essere innovatrice ed europea” ha raccontato ai presenti della “importanza della costruzione di una piattaforma tecnologica europea per cui la sua azienda si sta spendendo da protagonista” mentre realizza importanti iniziative di sviluppo distrettuale in Italia, tra cui quella intorno a Matera, Capitale Europea della Cultura nel 2019 “perché vogliamo fare qualcosa di buono per il nostro Mezzogiorno”.

Ha proseguito poi Francesco Boccia, Presidente della Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati, che ha ribadito il fatto che la Riforma Costituzionale è un importante passo per la semplificazione della Organizzazione dello Stato ma dal 5 dicembre le organizzazioni politiche – per primo il Partito Democratico – dovranno nettamente orientare il dibattito e la proposta politica alla modernità. Ad esempio concentrandosi di più sul mondo dell’economia digitale che continua a costruire gigantesche ricchezze sottraendo importanti fette di gettito fiscale ai territori, riducendone il welfare. Quindi, è tempo di una politica che si concentri sullo sviluppo di progetti e iniziative che abbiano un occhio attento alla equità redistributiva su cui l’Italia ha fatto importanti passi indietro in questi ultimi vent’anni. Boccia ha concluso auspicando che, il giorno dopo il Referendum Costituzionale di dicembre, si avvii il dibattito sul Congresso che, a suo avviso, va fatto nella primavera del 2017, per avere poi il tempo per prepararsi alle elezioni politiche del 2018.

Ha preso dunque la parola il Vice Segretario del Partito Democratico, Lorenzo Guerini che – ricordando come il Partito Democratico negli ultimi mesi si stia confrontando, come mai nella sua storia, al suo interno e con organizzazioni esterne in maniera assidua e concreta – ha detto della importanza del Referendum Costituzionale e chiesto il supporto pieno ad Innovatori Europei e alle organizzazioni presenti in sala nelle prossime settimane, per dare con il SI l’avvio ad una nuova fase politica. Con la vittoria di #BastaUnSi sarà ad esempio naturale dedicarsi ancora di più alla Riforma del Partito Democratico, dotarlo di nuovi strumenti organizzativi, aprirsi alle realtà innovative, portando a termine il lavoro della Commissione Forma Partito – a cui IE ha contributo – portando le sue proposte alla approvazione della Assemblea nazionale del PD.

Dopo Guerini, è intervenuto il Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e Coordinatore della Rete dei Tecnici Italiani Armando Zambrano dicendo che “il Paese ha bisogno di tornare subito a “progettare, coinvolgendo i corpi intermedi, come quelli delle professioni, in un disegno nuovo del Paese. Un Paese che è fatto di migliaia di professionisti riconosciuti nel mondo per la loro bravura ma che oggi operano in molti casi con enormi ribassi (anche 80%) nella realizzazione di gare di appalto è un Paese da riformare in profondità”. Zambrano ha poi concluso ricordando che il tema della gestione del rischio sismico è un fondamentale elemento di attrattività di investimenti esteri nel nostro Paese perché oggi “un imprenditore non viene ad investire in Italia se sa che un capannone industriale, una fabbrica, rischia di crollare”.

Ha proseguito su questa linea Fernando Rizzo, Presidente della Rete per le Infrastrutture del Mezzogiorno, parlandoci di quanto spreco di potenzialità risiede nell’aver dimenticato – prima di tutto a livello infrastrutturale  – il Mezzogiorno ed in particolare le regioni periferiche della Sicilia, Calabria e Basilicata. Rizzo ha poi focalizzato l’attenzione sulla crucialità del Ponte sullo Stretto di Messina, ricordando alla platea e alla politica che oggi, integrato in un contesto infrastrutturale cambiato e migliorato, esso è un progetto economicamente fattibile che apre il Paese al Mediterraneo e il Mezzogiorno all’Europa. Rizzo ha concluso con un appello al Partito Democratico e al Vice Segretario Guerini ad un maggiore dialogo politico con la sua organizzazione per il Referendum Costituzionale e oltre.

La innovatrice europea Giuseppina Bonaviri è poi intervenuta per raccontare l’evoluzione del progetto di Circular Economy costruito a Frosinone Area Vasta Smart che, coinvolgendo decine di comuni e organizzazioni locali, è pronto per la fase di progettazione europea, per diventare una best practice di innovazione territoriale da replicare, insieme agli Innovatori Europei, in tutta Italia. Un progetto sul quale la Bonaviri ha chiesto e ottenuto la partecipazione delle altre realtà partecipanti al convegno.

Ha successivamente preso la parola il Presidente dei Giovani Democratici Michele Masulli che ha voluto rimarcare “l’importanza del lavoro svolto dagli Innovatori Europei in questi anni per il Partito Democratico e per la innovazione politica in Italia” e la “necessità di supportare sia il #BastaUnSi al Referendum che l’irrobustimento del Partito Democratico, sia sul lato della organizzazione e della filiera progettuale, ma anche da un punto di vista politico, andando a guardare attentamente all’esperienza fatta negli Stati Uniti o nella Gran Bretagna di Jeremy Corbin, rieletto segretario dei Labour principalmente con il supporto di movimenti a rete come Innovatori Europei”. Perché è di fondamentale importanza oggi aprirsi sempre più e contaminarsi sia con la rete che con i territori.

Last but not least, è stato trasmesso il messaggio del Presidente dei Socialisti e Democratici Gianni Pittella che – scusandosi per non essere quest’anno a Roma con gli Innovatori Europei per motivi istituzionali e complimentandosi per le tante iniziative politiche da essi organizzate con il PD e non solo – ha ricordato le tante ragioni valide per fare campagna elettorale per #BastaUnSi come “il superamento del Bicameralismo paritario, presente oggi solo in Italia e Romania, e la restituzione allo Stato di quelle competenze su trasporti, infrastrutture ed energia, che erano state trasferite ingiustamente alle Regioni. Lo immaginate” – ha aggiunto Pittella – “uno Stato nel quale la politica per l’Energia la fanno le Regioni? Se ad uno Stato togli politica energetica, gli togli anche la politica estera, non è più uno Stato”. E ha poi concluso ricordando che “non è corretto utilizzare il Referendum Costituzionale per una battaglia contro il Premier, in quanto per quella vi sarà il Congresso del Partito Democratico”.

E’ stato così facile avviare i lavori alla conclusione: Massimo Preziuso ha ringraziato gli intervenuti, invitandoli a continuare a seguire e a partecipare ai lavori di Innovatori Europei.

Dal dibattito emerge con chiarezza la necessità di un Partito Democratico che si faccia motore del cambiamento di un Paese che, con la approvazione del Referendum Costituzionale, non ha più scuse per avviare una profonda fase di cambiamento nelle istituzioni politiche, nella società e nell’economia, trainata dalla costruzione di progetti sostenibili, disegnati dai talenti e dalle competenze diffuse nei territori.

6 Ottobre, Roma: “La Politica tra Riforme e Progetti”

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Link alla pagina Facebook dell’iniziativa

Dopo lo scorso convegno di Settembre 2015 sul Mezzogiorno protagonista tra Europa e Mediterraneo, che ha contributo al Master Plan per il Sud, nell’ultimo anno gli Innovatori Europei si sono concentrati sul tema della Forma Partito, dentro e fuori la omonima Commissione istituita nel Partito Democratico, provando ad orientare il dibattito sull’importanza di un Partito – ma più in generale di partiti – aperto e scalabile attorno alla realizzazione di “Progetti” condivisi, veri collanti di un dialogo territori e istituzioni centrali, unici attrattori di sano consenso, in un periodo caratterizzato da così alta disaffezione per la politica.

Nel pieno del dibattito sul Referendum Costituzionale di autunno, che propone la approvazione di importanti modifiche al sistema istituzionale, che aprono il Paese ad una fase di nuova progettualità si è dunque scelto di dedicare il prossimo convegno annuale a “La Politica tra Riforme e Progetti“.

Il convegno è organizzato dal Comitato #BastaunSì di Innovatori Europei e si terrà il 6 ottobre 2016 dalle 9.30 alle 14 presso la Sala delle Conferenze del Partito Democratico, in Via Sant’Andrea delle Fratte a Roma –

Per partecipare: infoinnovatorieuropei@gmail.com

Link alla pagina Facebook dell’iniziativa

Link al Resoconto del Convegno La Politica tra Riforme e Progetti

 

La fine dell’Italia. Messico e nuvole.

di Alberto Forchielli, Mandarin Capital Partners

È come dice la famosa canzone: “Messico e nuvole, / la faccia triste dell’America / e il vento suona la sua armonica / che voglia di piangere ho…”

Ma non bisogna cedere allo sconforto, anche se non ci sono alternative, come ho detto a “Piazza Pulita” dello scorso 23 maggio. Tanti amici sui social si sono lamentati che i cinque minuti di intervista con il bravo Corrado Formigli sono troppo pochi. Ma datemi retta, per la mia poca pazienza è meglio un faccia a faccia di cinque minuti tra me e lui che due ore seduto accanto a un manipolo di politici “cioccapiatti” che si urlano in faccia le loro opinioni farneticanti.

Ribadisco quello che ho detto a Formigli sugli effetti della globalizzazione per il nostro Paese. Inevitabilmente in Italia avremo un grosso settore economico del tutto informale dove ritroveremo le filande con duemila emigrati che lavoreranno con l’imprenditore straniero. Ossia, l’Italia come il modello Messico. Da qui la famosa canzone “Messico e nuvole”.

Mi spiego. Nell’Italia del futuro ci sarà un settore moderno, fatto di eccellenze, come l’oleodinamica a Modena, le macchine impacchettatrici a Bologna, i vini della Franciacorta, eccetera, eccetera. Poi avremo una grossa area di “nero”, con grandi aziende al suo interno e con le forze dell’ordine che chiuderanno gli occhi per far sì che la gente non vada a delinquere. Infine ci sarà il terzo settore che sarà a fortissima criminalità. E l’unica possibilità che abbiamo dinanzi a questo scenario futuro sarà quello di cercare di tenere bilanciate queste tre macro-realtà. Il Messico di oggi funziona così. E questa, purtroppo, è l’Italia di domani. E non chiedetemi di essere ottimista.

Anche se questo quadro è a tinte fosche ed è inevitabile non dobbiamo però piangerci addosso. Dobbiamo invece cavalcarlo e cercare di bilanciarlo.

L’inevitabilità è legata al fatto che ormai non ce la facciamo più a tornare nel mondo che corre. Quello, per intenderci, dell’innovazione e dell’alto valore aggiunto. In questo ambito elitario si salva un pezzo di Germania. Si salvano i Paesi Scandinavi. Si salva l’Inghilterra perché è finanza. Si salvano in parte gli Stati Uniti d’America perché hanno questi grandi ecosistemi innovativi. Viene fuori l’Asia, anche sotto l’aspetto innovativo grazie a Singapore, Shenzhen e Pechino in Cina e al distretto indiano di Bangalore. La Francia non so se riuscirà a salvarsi ma il Sud Europa e i Balcani sono segnati perché non hanno più da tempo la capacità di innovare.

In sintesi, l’Europa è spaccata in due: il nord si salva e il sud affonda verso la Turchia. Con l’Italia che conterà qualche distretto d’eccellenza, isole felici, che però vivranno all’interno di parchi industriali controllati.

Mentre il governo fa quello che può, ma non può bastare, il problema Italia è più antropologico che politico. È come perdere una partita 7 a 0 e fare 2 gol a dieci minuti dalla fine. La partita è persa. Dobbiamo avere la consapevolezza che sopravvivremo soltanto se sapremo gestire questo enorme Paese a tre teste, tenendolo bilanciato. E l’ordine pubblico e la lotta alla criminalità grande e piccola, in tutto questo, avranno un ruolo fondamentale affinché l’Italia non venga travolta dalle diseguaglianze che la globalizzazione porterà sempre di più o divorata dalle mafie, perché la dittatura che veramente temo è quella del Capo Cosca. Il controllo del territorio è decisivo.

Quindi, in conclusione, dovremo tollerare e cavalcare un sistema informale dell’economia che diventerà sistemico e organizzato. Il mondo è disumano, gli interessi in ballo sono enormi, e noi siamo formiche. Insomma, Messico e nuvole. Con moltissime nuvole all’orizzonte.

Il voto 2.0 nell’era dei big data

 ANSA

Il buio androne della casa di Bruges del mercante fiammingo Van Der Burse, nella seconda metà del XV° secolo tenne a battesimo le prime contrattazioni finanziarie moderne e sopratutto cominciò a porsi la necessità di dare forma a una misura dei corsi finanziari. Qualche decennio dopo ad Anversa nacque la borsa moderna e fu elaborato il primo indice del trading.Ma la storia di un indicatore che desse una valutazione sintetica delle trattazioni economiche è molto più lunga. Per rimanere al mediterraneo ricordiamo il trapezita dell’antica Grecia e il curia mercatorum romano. Sempre all’origine di questi indici la necessità di misurare un nuovo linguaggio, un importante sistema di valori, che non aveva una propria codifica.

Il movimento del denaro, più della sua accumulazione, era il nuovo motore dell’economica. E bisognava dargli un sistema metrico. La stessa necessità emerge ogni volta che si afferma un sistema valoriale: il potere, il consenso, il calore, la velocità, la potenza, la luce, la gravità. E, ormai da vari anni, la creatività e la tecnologia. Il Nasdaq, il mercato dei titoli tecnologici, ha avuto la forza di staccarsi dall’Indice Dow Jonas di Wall Street proprio in virtù di una diversa natura qualitativa delle aziende che misura.

Ora si stanno mischiando le acque, e, a esempio, consenso, sapere, e comunicazione, convergendo, danno corpo a una nuova forma di relazione umana: la significanza di rete.

Si tratta di un indice che, a secondo di un diverso mix fra fattori e indicazioni di contatto e di attenzione in rete, mostra il peso, la rilevanza, l’influenza di un soggetto nella comunità on line proporzionalmente alla pervasività che la rete sta assumendo nella nostra vita, invadendone tutte le dimensioni- personali, economiche, famigliari, culturali, didattiche, politiche- i nostri click stanno diventando un alias della nostra identità.

Da tempo ormai a livello comunicazionale e commerciale, la pista che tracciamo con i nostri movimenti digitali, viene ripercorsa e scandagliata dai grandi sistemi di “profilazione”, che ci identificano, analizzano, e scompongono, in base alla metabolizzazione dei dati che è utile realizzare. Ma questo è solo un aspetto della nostra vita social. Sempre più la rete è quello che Stefano Rodotà, per rimanere in Italia, ha codificato come il nuovo spazio pubblico, come l’agorà dove la nostra vita sociale scorre e si manifesta. La rete è specchio delle nostre opinioni, dunque anche indice.

Forse il primo caso clamoroso dove la misurazione della presenza digitale dell’opinione pubblica coincise perfettamente con la manifestazione del consenso popolare furono le elezioni presidenziali americane del 2008, quelle che decretarono il trionfo dell’allora debuttante Barack Obama. Il grafico che vedete sotto, mostra il differenziale nelle presenze e significanze di rete fra i due contendenti- lo stesso Obama e il senatore repubblicano Mc Cain -il giorno prima del voto, 3 novembre. Il dato coincise impressionantemente con il voto popolare. Fu la certificazione che la rete è la vita.
Da allora molti voti sono passati nelle urne. E sempre più la forbice fra le due dimensioni -virtuale e reale- è oggi praticamente chiusa.

Se retroattivamente andiamo a misurare la significanza -ossia quel complesso indice che misura le dinamiche di rete in base a valori quali fiducia, prestigio, influenza, presenza e dinamismo -ci accorgiamo che praticamente nella sfera occidentale la rete registra e anticipa le urne, sempre. Nelle successive elezioni di medio termine americane e poi nelle presidenziali del 2012, e ancora in Europa in Francia e in Germania, i trend tendono ad assimilarsi.

Con la differenza che mentre sondaggi e risultati finali rimangono dati numerici assoluti ma non analitici, la rete si articola subito nelle diverse componenti dell’indice unitario, permettendo una comprensione del processo di formazione del dato.

L’Italia non fa eccezione. Tutt’altro. Da tempo seguo sulla comunità www.mediasenzamediatori.org le elaborazioni sulla significanza di rete che elabora Rocco Pellegrini sui principali personaggi politici italiani.

Ora dalla politica si passa ai fenomeni sociali: quanto contano i negozi di Roma? quanto pesano sul mercato globale i ristoranti di milano? le università italiane sono più o meno dinamiche di quelle spagnole? e i servizi di economy sharing tedeschi sono più usati di quelli inglesi?

Domande che determinano il nuovo valore aggiunto di un territorio, incrementando la così detta value placement di un brand geo referenziato.

Il big data ormai determina, costituisce e anticipa il trend socio economico di una città o di un intero paese. A questo punto la domanda è: può ancora rimanere una pratica esoterica da stregoni occulti? questi dati che ormai battono moneta possono ancora essere abbandonati alla discrezionalità di questo o quel software?

Veniamo alle prossime elezioni amministrative. I dati di rete sono impressionanti. A Roma Giacchetti non vale la metà della Meloni. A Napoli la Valente non riesce nemmeno a essere apprezzata dai sistemi digitali. A Milano la differenza fra Sala e Parisi è maggiore di quanto accreditato dai tradizionali sondaggi. Possiamo lasciare queste proiezioni a chi ci costruisce su proprie strategie professionali.
Il prestigioso istituto di rilevazioni Gallup, il padre di tutti i sondaggisti, da tempo ha chiuso la sua sezione delle rilevazioni statistiche, perchè ormai il mercato è invaso e superato dal big data.

È necessario che l’Authority delle comunicazioni si appropri di questa materia e la disciplini, rendendo intellegibili e trasparenti le elaborazioni e dando all’intero settore una rilevanza istituzionale. Il voto aumentato sta ormai contando non meno del voto reale. E la democrazia si deve organizzare.

Il lettone girevole ed i politici bulimici

Giuseppina Bonaviri

 

di Giuseppina Bonaviri

 

Emerge con chiarezza , dalle notizie che corrono e dalle tante voci sussurrate, che ormai tutto è convenuto per le prossime amministrative locali considerando che, tra l’altro, a breve scadrà il mandato per gli amministratori del capoluogo frusinate ed in attesa della nuova corsa alle regionali. Il dato è tratto!

Due i macro argomenti che si intrecciano: il primo riguarda la questione sempre emergente delle non-scelte nelle mani dei soliti noti, l’altro le sovrapposizioni tra i vari attori, partiti e correnti – il cosiddetto partito della nazione o cicli e ricicli storici?- Sembrerebbe più una catena di montaggio che il carattere collegiale di un processo democratico e decisionale da agire localmente e necessario al popolo ciociaro.

Questo scenario si scontra con il reale bisogno di indirizzi strategici operativi e di programma e con l’esigenza fortemente sentita di una solidità sociale quale fondo di garanzia alla crisi in atto. Appare chiara la carenza di una architettura, da parte di chi governa, a mettere le basi per soluzioni alternative. Il lettone girevole e a più piazze dove, in un’unica ed indistinta ammucchiata, si trovano distesi politici bulimici, amministratori miopi, eletti impotenti, buoni per tutte le stagioni è il simbolo della decadenza che vogliono imporci. Costoro, obbedendo solamente all’inesorabile principio del piacere narcisistico ed ignorando l’esistenza delle leggi della logica e della rappresentazione dei valori -che mai saranno svendibili- son divenuti atemporali ed apparentemente invulnerabili.

Chi coordina, fuori da ogni retorica, la partecipazione e l’impegno della base e della cittadinanza attiva? chi getta il cuore oltre l’ostacolo per difendere e proteggere la ricchezza di un popolo tanto martoriato? chi arresta il malcostume? chi ammonisce corrotti e corruttori se di tutt’una erba si fa un fascio? chi riconosce l’urgenza di sostenere programmi adeguati per le future generazioni tanto vulnerabili ed esposte? chi permette al dissenso di esprimersi senza ricattati? chi riconsegna autonomia morale ed autorevolezza all’entroterra provinciale? La marcia è lunga.

Il Maestro Sigmund Freud in uno dei suoi tanti capolavori “ Psicopatologia della vita quotidiana” parla dell’esistenza di “esseri perversi polimorfi” e di loro azioni ed atti mancati, di falsi ricordi e di dimenticanze, di deja vu e di lapsus, di disfunzioni mnestiche, di rimossi e negazioni riuscendo a rappresentare ed attualizzare la rozzezza- mollezza di una classe dirigente avvezza solitamente ad azzannare con le sue voraci fauci e a derubare con le sue lunghe ed affilate mani, nulla lasciando all’altro ed alla storia.

Ed ecco allora che la mission di chi come me, intellettuale ed innovatrice indipendente, impegnata da sempre in frontiera rimane per il bene comune, per la best practice, vicino alla gente comune. Sono consapevole che mai verranno meno coraggio, determinazione, etica , credo, onestà a supporto di libere idee, merito, talento. Continueremo a coniugare metodo e rigore in un percorso progettuale già in essere necessario al rilancio, alla competitività , alla rigenerazione del nostro territorio, a favore della discontinuità e del tanto auspicato e necessario cambiamento.

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