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INSIEME, IL LIBRO DI ROMANO PRODI
Recensione al libro di Flavia e Romano Prodi, INSIEME, edizioni San Paolo 2005
di Laura Tussi
Un libro scritto a due mani attraverso l’impegno politico, culturale ed intellettuale che caratterizza l’esistenza del Professore e l’insostituibile riflessione al femminile di Flavia che rievoca situazioni, circostanze, eventi memorabili, ossia custodibili fra i ricordi di un intimo pensiero o di un altisonante periodo, sia a livello istituzionale che familiare, tramite il racconto autobiografico, la sommessa e accorata narrazione di sé quale sentire intellettuale che rivela l’auspicio positivo nelle sorti dell’impegno nei confronti della politica, della società, del Paese.
Flavia racconta se stessa, la propria vita al fianco del Professore, in tanti modi di stare insieme, nell’ideale di famiglia e di ruoli rivolti all’impegno femminile che prende vita dalla narrazione di sé, dall’intima rielaborazione degli eventi in accezione femminile ancor prima che femminista, nel segreto della simbiosi con l’universo maschile portatore di una condivisione, di un legame non solo affettivo, ma anche intellettuale, culturale e politico, soprattutto e imprescindibilmente insieme non solo fra le mura domestiche e in ambiente famigliare, ma insieme nella condivisione della certezza inoppugnabile del valore dell’impegno politico ed intellettuale nella società, al fine di gettare le basi per un profondo rinnovamento del sistema politico italiano. Questo libro riporta due distinte personalità. Tramite lo scritto di Flavia si rivela un’impronta autobiografica e narrativa. Il Professore riflette una posizione in prima linea nelle vicende istituzionali e politiche più attuali, avendo potuto misurare la ricaduta politica delle personali decisioni valoriali e degli orientamenti culturali, etici, intellettuali in ambito istituzionale e governativo.
D’altra parte viene elaborata la ricostruzione di vicende famigliari nella riflessione di una donna che ha condiviso le pagine di tale Storia, molto da vicino, pur osservando dall’esterno.
In queste pagine non traspare la vicenda biografica degli autori, né vi si esaurisce quella intellettuale o politica, ma nelle cose di cui si parla trapela sempre sincerità. L’ambizione si rivela nel raccontare in modo semplice due vite e il loro rapporto con scelte ed orientamenti pubblici. Subentra l’inclinazione che più di ogni altra peculiarità caratterizza gli autori, ossia il desiderio di tenere insieme le tradizioni e il nuovo, la curiosità di capire e la volontà di costruire, di lavorare con gli altri, di unire le culture e di condividere.
SCHIAVI MODERNI: LIBRO ONLINE
E’ uscito il Libro di Beppe Grillo, intitolato SCHIAVI MODERNI.
Parla un po’ di tutti quelli della mia generazione, diciamo tra i 25 e i 35-40 anni.
Esiste la versione Online, che si SCARICA GRATUITAMENTE.
Buona lettura.
LACORAZZA: PD, GRANDE SFIDA
Intervista di Canio Smaldone
Il giovanissimo segretario dei Democratici di sinistra di Basilicata, Piero Lacorazza, 30 anni appena, ci parla della “grande e straordinaria sfida” rappresentata dal Partito democratico, la cui realizzazione considera strategica per un generale rinnovamento della politica.
Segretario Lacorazza, innanzitutto, perchè il Partito democratico?
Basta guardare la politica italiana per rendersi conto della sua assoluta necessità. Entrambe le coalizioni appaiono divise e frammentate al loro interno. Occorre una profonda riorganizzazione dell’intero sistema politico perché il paese ha bisogno di una politica forte e autorevole. Il Pd rappresenta una grande e straordinaria sfida, ma da solo certo non basta: occorre modificare una legge elettorale che non assicura governabilità e impedisce ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, e poi bisogna avviare una serie di riforme istituzionali. Partito democratico, legge elettorale, riforme istituzionali: sono queste le risposte da dare alla frammentazione del sistema politico. In questo senso va il mio personale sostegno al referendum elettorale, pur sperando in un accordo in parlamento. E’ un fatto di coerenza, altrimenti la costruzione del Pd e la riforma della politica sarebbero più difficili.
Come immagini la fase costituente che porterà all’appuntamento del 14 ottobre, data scelta per eleggere l’Assemblea costituente del Pd?
Penso a una costituente delle persone e dei territori. Quando dico “costituente delle persone” intendo la possibilità per ognuno di stare nel Pd per la storia che rappresenta: socialista, comunista, socialdemocratica, cattolico-democratica, ma anche ambientalista. Il Pd deve promuovere e salvaguardare il pluralismo nella fase costituente, solo così ognuno avrà cittadinanza politica al suo interno. Per “costituente dei territori”, invece, penso a un partito federale in cui i territori pesino e contino anche nelle scelte di carattere generale. Dobbiamo dare spazio e forza ai tanti amministratori locali che sono quotidianamente a contatto con i cittadini, così il processo non solo avrà più capacità di coinvolgimento, ma eviterà di essere la salvaguardia di equilibri esistenti.
Una testa un voto, quindi. Senza quote riservate ai partiti?
Il principio ”una testa un voto” va bene. E’ necessario, però, costruire un equilibrio tra la libera scelta dei cittadini e la funzione dei partiti. Questo principio serve per far contare di più i cittadini, non deve essere un modo per considerare i partiti inutili orpelli. Questi vanno certamente riformati, vanno aiutati ad aprirsi, ma senza circoli, sezioni e solo con i gazebo avremmo il rischio di favorire l’ascesa del notabile di turno, forte sul territorio, magari non per nobili motivi. I partiti, invece, con i loro difetti, rimangono ancora il luogo della composizione degli interessi e della mediazione tra le idee, le persone, i territori. I partiti, quindi, vanno riformati ma non possono essere cancellati per decreto. Tra questi due estremi va bene il principio “una testa un voto”.
Quale sarà l’identità del Partito democratico?
Il Pd dovrà essere un partito plurale che deve costruire la sua identità “in divenire”. Non è possibile costruire oggi un partito con le stesse categorie del Novecento: il capitale si è trasformato, il mondo del lavoro è cambiato, la globalizzazione mette a rischio la tenuta degli Stati-nazione. Libertà e solidarietà sono i valori che nutriranno l’identità, che si sedimenterà nel tempo alimentandosi dal pluralismo delle idee a cui accennavo prima. La forma organizzata del Pd, inoltre, deve coniugare tradizione e innovazione, ovvero far incontrare le sezioni e i circoli con gli strumenti e i linguaggi delle nuove tecnologie. La politica non può più pensare di incontrare persone, giovani soprattutto, solo con i canali di partecipazione tradizionali.
Si teme che in periferia il processo di costruzione del Pd sarà più difficile, per via dei personalismi locali. Per quanto riguarda la Basilicata, sei ottimista?
Si, sono ottimista. Le lotte politiche nei comuni hanno spesso prodotto spaccature, rotture. Andrebbero evitate, quindi, inutili forzature e aspettare che il processo politico arrivi a maturazione. La soluzione sta nello stabilire una direzione di marcia, pensare a quale Basilicata vogliamo e metterci in cammino, insieme. In questo modo riusciremo a costruire gli equilibri necessari.
PD: NATO IL COMITATO PROMOTORE
Ecco i nomi dei componenti del comitato 14 ottobre (incredibilmente senza un Under 40):
Giuliano Amato; Mario Barbi; Antonio Bassolino; Pierluigi Bersani; Rosi Bindi; Paola Caporossi; Sergio Cofferati; Massimo D’Alema; Marcello De Cecco; Letizia De Torre; Ottaviano Del Turco; Lamberto Dini; Leonardo Domenici; Vasco Errani; Piero Fassino; Anna Finocchiaro; Giuseppe Fioroni; Marco Follini; Dario Franceschini; Vittoria Franco; Paolo Gentiloni; Donata Gottardi; Rosa Iervolino; Linda Lanzillotta; Gad Lerner; Enrico Letta; Agazio Loiero; Marina Magistrelli; Lella Massari; Wilma Mazzocco; Maurizio Migliavacca; Enrico Morando; Arturo Parisi; Carlo Petrini; Barbara Pollastrini; Romano Prodi; Angelo Rovati; Francesco Rutelli; Luciana Sbarbati; marina Sereni; Antonello Soro; Renato Soru; Patrizia Toia; Walter Veltroni; Tullia Zevi.
INTERVISTA ALL’ ON. FALOMI
Intervista all’ononorevole Antonello Falomi (Rif. Comunista Sinistra europea)
di Salvatore Viglia
Sul Partito Democratico, le risposte dell’on. Falomi esponente di spicco di Rifondazione comunista Sinistra europea membro della XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea.
Che cosa è il Partito Democratico?
Questo bisognerebbe chiederlo a quelli che lo vogliono fare.
Lei è un soggetto a rischio. Potrebbe rischiare, per esempio, di avere la stessa evoluzione-involuzione dei suoi ex compagni, ex comunisti che si sono appena imparentati con la DC di una volta.
Da quello che si è visto, la questione potrebbe trovare una spiegazione nel tentativo di mettere in piedi una forza politica consistente che arrivi almeno al 30% dell’elettorato. Però, francamente, un partito non nasce per raggiungere un obiettivo di consenso. Nasce perché esprime degli interessi, delle esigenze, un suo progetto di cambiamento e così via. Non nasce per un numero astratto di una percentuale.
Ma il consenso elettorale, oggi più che mai, non crede sia quasi l’unico obiettivo dei partiti?
Certo, in democrazia il consenso è importante. Ma è anche importante capire in nome di che cosa lo si voglia conquistare. Quest’ultimo aspetto, dal congresso DS appena conclusosi, non emerge in modo chiaro. Francamente, non riesco ancora a trovare argomenti convincenti che possano spiegare per quale motivo, un partito come i DS da un lato e la Margherita dall’altro, si mettano insieme.
Se ho capito bene, lei contesta il fatto che il Partito Democratico non avrebbe un progetto iniziale sul quale fare leva per poi approdare ad un numero. In realtà comincerebbe la sua formazione partendo dalla fine?
Sì, esatto. Per ora, appunto, le spiegazioni che sono state sentite sono queste… C’è poca attenzione ai problemi della società italiana in un mondo globalizzato ed alle risposte che a questi problemi bisogna dare ed in che modo, quell’aggregato, darà le risposte. A me sembra una operazione di carattere puramente elettorale e di consenso.
Ma gli uomini di sinistra che vanno ad imparentarsi con la Margherita, sono ancora uomini di sinistra oppure no?
E’ una delle ragioni per cui tre anni fa sono andato via dai DS dopo oltre 40 anni di militanza prima col PCI, poi con il PDS. Penso che, in realtà, già esiste una cultura politica comune tra il gruppo dirigente dei DS e quello della Margherita. Un cultura politica che è una cultura, sostanzialmente impegnata, semplificando un po’, a perseguire una linea che serva a ridurre il danno rispetto allo sviluppo ed alla globalizzazione. Si cercano di contenere i danni ma non di mettere in discussione i paradigmi di fondo di questa globalizzazione. In verità, questa cultura esiste già da tempo. Gli unici punti seri che permangono, sono le questioni della laicità dello Stato; le questioni eticamente sensibili, dove lì, ancora pesa enormemente il percorso, la storia che i due partiti hanno alle spalle.
Se fosse un conflitto tra ideologie, sarebbe impossibile questo sodalizio.
Però, su questi temi che ho appena citato, sulla laicità dello Stato, il conflitto è abbastanza consistente. C’è l’idea comunque, di mettere insieme un aggregato dove c’è tutto ed il contrario di tutto. Anche l’esempio del Partito democratico americano, è l’esempio di una forza dove c’è tutto ed il contrario di tutto, dove si parte da posizioni che, addirittura, sconfinano nelle posizioni di destra reazionaria sino alle posizioni di estreme sinistra. Però, intanto, quello, è un meccanismo legato ad un particolare istituzionale e cioè un sistema istituzionale presidenziale. E poi, la verità vera è che, in questi tipi di formazioni fatte in questo modo, l’egemonia reale finisce per averla la componente più moderata. Cioè quella che, alla fine, poi domina e governa il paese. Non mi pare, per la sinistra, una grande prospettiva.
Quali delle due componenti, Ds e Margherita, ha da perdere di più dalla fusione nel Partito Democratico?
Secondo me, i DS, hanno molto, molto da perdere. E’ un vero e proprio strappo forte nella storia che essi hanno alle spalle, nell’insediamento sociale, negli interessi, nei valori che, comunque, la sinistra ha rappresentato nel nostro paese.
Secondo lei, Piero Fassino è ancora un uomo di sinistra?
Fassino, diciamo così, è un, come si potrebbe definire? Un liberal-sociale. Di quelli che pensano che, tutto sommato, l’assetto della società va bene così com’è e che si tratterebbe solo di temperare, di smussare, le punte più aspre che lo sviluppo economico sociale attuale, determina. E’ l’espressione anche di una parte della sinistra europea che, però, io vedo molto in crisi. La sinistra europea che la pensa come Fassino, è la sinistra di Schroeder che non è più al governo, della sinistra di Blair. Una sinistra abbastanza ammaccata, una sinistra che ha fatto anche il suo tempo. Era la sinistra che si era illusa che fosse possibile governare i processi di globalizzazione e tutte le ingiustizie, le disuguaglianze ed i conflitti da questa conseguenti, senza cambiarne, sostanzialmente, la direzione di marcia. Questa linea qui, è una linea che io personalmente vedo molto in crisi.
I DS perderanno propri pezzi per strada, Mussi, si è già fermato ed Angius forse seguirà a ruota, ciò avvantaggerà un ricompattamento a sinistra?
Sicuramente i DS perderanno pezzi significativi dei loro gruppi dirigenti ed io aggiungo anche dell’elettorato. Il problema è che la sinistra, nella sua attuale configurazione, è una sinistra ancora troppo divisa e troppo frammentata in diverse formazioni politiche. Quindi, penso ed auspico che questo processo che si mette in moto attorno alla sinistra, riporti ad una ricomposizione, ad una formazione di questo insieme di forze che potrebbero avere un peso importante nella politica italiana.
IL VENTO DEL NORD
di Andrea Benedetto Fra i temi affrontati da questi Community vi troviamo l’Europa e l’innovazione, anche intesa come cambiamento. Per questo ho ritenuto adatto occuparmi, in breve, in quest’articolo del neo governo francese, definito snello, giovane e rosa, dalle diverse testate giornalistiche. Il neo presidente della Francia Nicolas Sarkozy, mantenendo fede alla promessa elettorale, ha nominato 15 ministri, fra cui 7 donne, oltre a 4 segretari di stato e un commissario. Ha, inoltre, rispettato l’impegno all’apertura verso altre forze politiche, nonostante non sia stato necessario un governo di unità nazionale come nelle recenti elezioni politiche tedesche. Oltre al centrista Hervè Morin, nominato alla Difesa, Fillon, nuovo primo ministro, ha nominato agli Esteri, il socialista Kouchner, co-fondatore di “Medecins sans frontières” e di “Medecins du monde”. Ulteriore caratteristica di questo governo è l’ età media del nuovo esecutivo, circa 49 anni. La più giovane è Valerie Pecresse, 39 anni, al Ministero dell’Università e Ricerca. Sembra il governo ideale, al di là dell’idea politica che esso esprimerà. Non una macchina sperpera soldi (a questo riguardo interessantissimo è il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, “La Casta” che svela le cifre allucinanti della politica italiana) ma ministri giovani, certamente competenti, un maggior numero di donne al potere, apertura concreta verso altre forza politiche. Corre l’obbligo di un confronto, triste per l’ennesima volta, con l’Italia. In Italia l’età media dei membri del consiglio dei ministri, contando anche il presidente Romano Prodi, è 57 anni e mezzo, con il premier che ad agosto farà 68 anni. Il ministro più giovane è Giovanna Melandri, 45 anni, cui è affidato il Ministero per le Politiche giovanili e le attività sportive, ministero, si precisa, senza portafoglio. Nessun ministro ha un età fra i 30 e i 40 anni. Il più anziano è Giuliano Amato, ministro dell’Interno, 69enne. 6 appena sono le donne, di cui una sola con portafoglio, ovvero il 24% dei 25 ministeri, rispetto al 46% del governo francese. Inutile dire che le diverse poltrone hanno tutte un colore politico. Insomma, nessun strappo dal precedente governo Berlusconi, con i suoi 24 ministeri, l’età media alta, e solo 2 donne. Il vento (nordico, basta osservare il governo finlandese con i suoi 13 ministeri oppure quello svedese che annovera un ministro di 34 anni) del cambiamento e di giovinezza “politica”, si è fermato, ahinoi, alle Alpi. PS: Visitando, per scrivere l’articolo, i siti web governativi degli Stati su nominati (Francia, Italia, Svezia, Finlandia), indovinate quali di questi non ha una corrispondente versione inglese?
INNOVATORI EUROPEI E IL THINK TANK DI ASSOCIAZIONE PER IL PARTITO DEMOCRATICO
Si stringe il rapporto tra INNOVATORI EUROPEI e il THINK TANK APD 11 FEBBRAIO.
Molti di noi Innovatori Europei eletti, ieri, consiglieri direttivi di APD 11 Febbraio, che si trasforma in Think Tank politico-culturale:
– Giuseppina Bonaviri
– Stefano Casati
– Alessandro Chiozzi
– Luca Lauro
– Massimo Preziuso
– Luigi Restaino
In più, Massimo Preziuso diventa Responsabile Organizzativo e Luigi Restaino Responsabile del Sito.
Una giornata importante per Innovatori Europei, nell’ottica della partecipazione alla costruzione del Partito Democratico.
IL POPOLO DELL’INNOVAZIONE
Viaggio tra proposte di ripresa del conflitto di classe e iniziative in direzione del socialismo.
di LAURA TUSSI
Attualmente, nel mondo occidentale, si assiste ad un ritorno prepotente delle politiche e dei partiti conservatori, dall’America, alla Spagna, dall’Italia, all’Inghilterra, per non parlare delle correnti xenofobe e neonaziste dell’Austria. Nel mondo intero si è assistito ad un movimento di protesta contro lo status quo, dissenso e opposizione e ad una presa di coscienza valoriale senza paragoni nella storia passata: dalle correnti pacifiste, ai nuovi globalizzatori. Queste innovative realtà comprendono tutte le frange più irrequiete, i partiti riformisti, le fazioni di dissenso, gli estremismi più propositivi, tutte le categorie più innovative, progressiste e propositrici di qualcosa da portare avanti, da proporre, da perseguire nonostante il conflitto di classe, la protesta nelle piazze, per il cambiamento generale dello status quo di un sistema neoreazionario, con proposte costruttive di azione, per agire, per risolvere i gravi problemi dell’umanità intera, dal disastroso degrado ambientale a livello planetario, di cui stiamo pagando le scottanti conseguenze, alla povertà, al regresso, alla fame nel mondo, la mancanza di occupazione, le guerre, i conflitti interreligiosi.
Il nuovo socialismo ancora e di nuovo, in base a corsi e ricorsi storici sempre attuali, ripropone antichi valori e sempre attuali, quali l’equità sociale ed il pluralismo in materia decisionale delle scelte più drastiche e drammatiche, come l’interventismo bellico, per esempio.
Anche in Italia, quindi a livello più locale, molti intellettuali si sono mobilitati contro il revanchismo delle destre sulle più disparate questioni sociali, coinvolgendo ampie sacche di popolazione, proprio quel popolo portatore di idee di innovazione e progresso, di novità e trasformazione positiva in materia sociale, giuridico legale, sanitaria, economica, fiscale ecc…
Sullo sfondo di tali imprescindibili questioni si stagliano i problemi cruciali del mondo contemporaneo che interessano il processo di globalizzazione, il razzismo scientifico, lo sviluppo delle biotecnologie, la bioetica, la sostanziale e fondamentale relazione uomo-ambiente.
Gli Stati Uniti si sono rifiutati di aderire al protocollo di intesa di Kyoto e non per volontà del popolo americano, quindi non per decisione di una scelta democratica e pluralista che comprendesse le più differenti frange e classi del tessuto sociale americano, che peraltro ha manifestato, in buona parte il dissenso, ma per l’effetto di un capitalismo degenerato, di un sistema votato a una logica di dominio nazionalista, scaduta in assolutismo dispotico.
L’esigenza di socialismo si ripete a intervalli nella storia, risorgendo ogni volta al fine di portare la pace e la realizzazione e concretizzazione delle utopie, ossia di valori, ideali e conquiste sul piano dei diritti del popolo, della società tutta, che il capitalismo esasperato, o peggio la degenerazione irrazionale di quest’ultimo, annienta, vilipende, schiaccia, provocando conflitto tra le classi sociali, per evidenti sperequazioni: un conflitto epocale, millenario, dalle prime forme di vita associata dell’umanità.
Anche la magistratura è stata costretta a reclamare il proprio diritto d’autonomia, a rifiutare le ingerenze da parte di altri poteri statali. In questo modo si è sovvertito il principio basilare di un paese libero, elaborato dall’illuminismo e da Montesquieu relativamente alla tripartizione delle mansioni principali dello Stato e l’inalienabilità dell’autonomia dei tre poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario, così da evitare la degenerazione del sistema politico in anarchia o peggio in dittatura assolutista.
Il socialismo si è sempre posto l’obiettivo di promuovere programmi di riforme graduali, tese a migliorare le condizioni di vita della classe operaia e delle masse lavoratrici nel quadro degli spazi democratici, concessi dallo stato borghese.
Nel dopoguerra i partiti socialdemocratici dei paesi dell’Europa occidentale fondarono nel 1951 l’internazionale socialista. Dopo i fatti d’Ungheria anche i partiti socialisti, come quello italiano, che avevano privilegiato l’unità d’azione con i comunisti, si spostarono su posizioni riformiste. La revisione ideologica e il rifiuto del ruolo guida dell’URSS toccarono anche i partiti comunisti a partire dagli anni’60 che si orientarono verso posizioni socialdemocratiche, affermatesi in tutti i partiti socialisti europei.
I movimenti del popolo, attualmente, rilanciano le idee di un neoilluminismo, di un nuovo socialismo che ovviamente contesta la globalizzazione del mercato unico, ma soprattutto del pensiero unico neonazionalista che riconferma politiche volte a instaurare e riassestare economie radicalmente capitalistiche.
Il socialismo del popolo di Seattle sostiene l’eguaglianza dei diritti sociali ed umani, la solidarietà, il bene comune, la tolleranza dell’”altro”, del diverso contro le esproprianti politiche xenofobe e razziste, per l’eliminazione del privilegio di classe, del classismo, e soprattutto il diritto delle masse meno abbienti a manifestare ed a protestare, senza essere perseguitate, contro le scelte ritenute errate e capitaliste del sistema, dei governi restauratori di un atavico, obsoleto e stanco modo di fare politica.
INTERVISTA ON. MIGLIORE SUL PD
Intervista all’on Gennaro Migliore sul Partito Democratico
di Salvatore Viglia
L’on. Migliore è capogruppo parlamentare di Rifondazione comunista-Sinistra europea. E’ componente della II Commissione Giustizia, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, della Conferenza dei capi gruppo.
Il Partito Democratico è una malattia che deve fare il suo corso, un processo degenerativo, una conseguenza ineluttabile delle forze di sinistra, un giorno, anche lei passerà attraverso questo processo?
Il Partito Democratico, non è un partito di sinistra. E’, per sua stessa decisione, un partito che coinvolge le forze che in questo momento, e neanche tutte, si identificano come riformisti. La divisione che si è verificata all’interno dei DS con il distacco di Mussi ed ora di Angius, è consistente. Una parte della sinistra che non ha una collocazione internazionale.
Personalmente, credo invece che ci sia bisogno di sinistra in questo paese. Non c’è, quindi, nessuna contiguità tra i processi che si sono avviati tempo fa nel cantiere della Rifondazione ed oggi Sinistra europea con un processo
di formazione e di unificazione del PD, di gruppi dirigenti di partito che si sono già misurati alle elezioni con liste comuni.
Allora, questa è una necessità politica o una evoluzione di carattere ideologico? Fassino è stato comunista, uomo di sinistra ed ancora oggi si definisce tale, però, è l’artefice della formazione di un partito che lei definisce non di sinistra.
A me sembra che sia lo stesso partito democratico a non definirsi di sinistra. Per quanto mi riguarda, lo decideranno loro che cosa è. Io non credo che sia un percorso legittimo che viene scelto politicamente. Non è né un obbligo, né l’ultima spiaggia, è una scelta politica che fanno i gruppi dirigenti di Margherita e DS che, in questo momento, probabilmente, leggono la fase politica italiana, con questi occhi. In ogni caso, è sembrato chiaro che il processo sia stato molto difficoltoso. Gli stessi propugnatori, in fase d’avvio di questo partito, di questa idea, i Parisi, i prodiani in genere, erano in grande fermento. In alcune fasi, la polemica è stata anche molto vivace. A me sembra piuttosto che la preoccupazione sia stata soprattutto quella di confezionare il contenitore prima ancora dei contenuti.
In questo sodalizio, chi sarà penalizzato maggiormente dal punto di vista ideologico?
Non lo so, sinceramente. Non mi pare che questa unione sia stata impostata su base ideologica. E’ un partito molto pragmatico, non mi pare neanche che il carattere del manifesto che lo istituisce entusiasmasse granché gli stessi sostenitori, per cui sinceramente non so.
Da questo ulteriore frazionamento che i DS dovranno sopportare, lei auspica un ricompattamento a sinistra?
Credo che sia in campo una possibilità di ricomposizione importante del processo politico di sinistra in questo paese e che tutte le forze, da Rifondazione comunista a quelle della sinistra dei DS, si devono proporre questa ambizione, cioè quella di costruire una nuova soggettività politica.
Gli unici ad avere un vero vantaggio, sarà la sinistra?
La sinistra che aspetta da molto tempo un soggetto più ampio in cui vedere realmente rappresentata la sua ragion d’essere.
CONVEGNO SU CONGESTION CHARGE
Congestion charge e Tecnologie ICT: automobili e infrastrutture intelligenti per città senza traffico
25 Maggio 2007 ore 9.30
FORUM PA Roma
Il seminario si presenta come un follow-up del progetto “Beyond e-government” presentato insieme alla London School of Economics nel maggio 2006 e della ricerca di Vision, condotta nel 2004-2005, sull’impatto delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione sull’automobile e sul sistema dei trasporti.
Il progetto condotto in collaborazione con il Forum PA affronta una questione di grandi proporzioni per almeno due motivi:
1. la congestione urbana sta diventando sempre di più un problema con il quale i cittadini sembrano non più disposti a convivere: i cambiamenti climatici, il pericolo concreto del picco nelle riserve, la crescita del valore che attribuiamo al tempo e l’insopportabilità di sprechi così estesi rendono sempre più vicino il punto di rottura “politico”, di consenso rispetto ad un problema spesso ritenuto irrisolvibile;
2. l’aumento delle informazioni a disposizione dell’automobilista (o del passeggero nel caso del trasporto pubblico) e del sistema di gestione della mobilità urbana è, per diverse ragioni industriali e tecnologiche, la nuova frontiera di quella rivoluzione tecnologica che stenta ancora a trovare proposte di creazione di valore di grande interesse e continuità.
I principali obiettivi del seminario sono:
1. presentare una misurazione del problema da affrontare e l’evoluzione nel tempo delle varie categorie di costo (tempo perso, danni ambientali e contributo al cambiamento climatico, sicurezza, infrastrutture) che sono associate alla congestione;
2. ricostruire il quadro delle iniziative internazionali e legislative che sempre di più rendono irrimandabile un intervento;
3. misurare l’efficacia delle soluzioni tradizionali ed, in particolare, delle strategie di ampliamento della infrastruttura stradale e di spostamento di quote di trasporto dal mezzo privato a quello pubblico;
4. identificare l’impatto e le caratteristiche di una strategia innovativa che punti all’aumento dell’informazione disponibile sia agli individui (automobilisti, fruitori del servizio pubblico) che a chi governa il sistema complessivo (centrali del traffico, centrali di gestione del servizio pubblico) per assumere decisioni sia nel breve (risposte ad emergenze, itinerari) che nel medio e nel lungo termine (fino alla scelta delle opzioni ottimali in termini di costruzione di nuove infrastrutture); verranno, a questo proposito valutate strategie di interazione tra individui e sistemi che abbiano come finalità quella di gestire la domanda di mobilità attraverso consigli, incentivi, pagamenti di prezzi per l’ingresso in determinate aree della città;
5. descrivere le problematiche tecnologiche che esistono per realizzare diverse politiche (tecnologie di rilevazione dei volumi del traffico, sistemi per governare – knowledge management system – le informazioni disponibili e trarne suggerimenti operativi, strumenti per effettuare il pagamento di biglietti per l’ingresso nelle città, diversi approcci al controllo delle automobili nel caso di divieti e zone a tariffazione, prenotazioni e pagamento di parcheggi), le soluzioni esistenti e le necessità in termini di integrazione di sistemi;
6. valutare la complessità politica, di consenso per le amministrazioni locali di operazioni di questo genere e chiarire i criteri con i quali in altri ambienti (Londra, ad esempio), attraverso un’azione di coinvolgimento, di comunicazione e di leadership sono state superate le resistenze più difficili;
7. definire le opzioni di finanziamento (anche privato) di queste ipotesi e alcune progettualità da sperimentare nell’ambito dei programmi destinati all’innovazione e governati dall’Unione Europea e dalle Regioni e enti locali italiani.
Il seminario indica una serie di soluzioni (rispetto alle quali è stato misurato il gradimento da parte di segmenti di cittadini) e propone sulla base di quest’ultime un confronto tra i protagonisti (le amministrazioni delle grandi città, i produttori di automobili, i produttori delle tecnologie ICT che stanno trasformando la natura della stessa automobile) coinvolti, a vario livello, nei diversi progetti sul traffico.
L’obiettivo finale è identificare una serie di progettualità, da meglio calibrare nel corso del seminario e rispetto alle quali sviluppare applicazioni in grado di produrre dei vantaggi concreti per tutti.