community
Il manifesto politico degli Innovatori Europei
Innovatori Europei è una associazione radicata in numerose città italiane ed internazionali ed annovera nelle proprie file personaggi di spicco provenienti dalla società civile, dalle professioni, dall’imprenditoria, dal mondo intellettuale e politico.
Dal 2006 attiva in Italia e in Europa come centro studi e movimento politico, Innovatori Europei ambisce a diventare elemento di aggregazione di tante realtà innovative operanti nel vecchio continente.
Innovatori Europei vede in Europa e nel Mediterraneo il baricentro dello sviluppo europeo e mondiale dei prossimi decenni, nell’Italia il naturale attrattore di nuova ricchezza e nuovi saperi, ed in Roma la futura capitale culturale ed economica dell’area euro-mediterranea.
Altresì crede che nell’Europa rinnovata una ridistribuzione della ricchezza, a mezzo di una nuova fiscalità partecipata e di una revisione mirata della spesa pubblica, sia urgente e necessaria.
Infine ritiene l’innovazione quale metodo guida nello studio e nella comunicazione politica.
– Europa
L’Unione Europea, come si è configurata attraverso gli anni, è un organismo politico internazionale che necessita di modifiche e miglioramenti.
Appare ormai indispensabile: coordinare, ma non imporre, le politiche europee attraverso istituzioni comuni, specialmente per le politiche economiche e fiscali; semplificare i processi decisionali con l’approvazione a maggioranza qualificata; ampliare le competenze del Parlamento europeo; attivare strumenti finanziari comunitari con cui avviare cantieri di sviluppo nell’area euro-mediterraneo.
Questi i principali elementi di aggregazione dei popoli europei, in una strada accidentata e difficile, che conduce verso due mete esaltanti, la federazione europea prima e gli Stati Uniti d’Europa poi.
– Italia
L’Italia è in un momento decisivo. Finita la prima fase della globalizzazione, a cui ha partecipato non da protagonista, oggi il nostro Paese si trova a pagarne le conseguenze, principalmente in termini di mancata competitività.
Per sanare tali ritardi, è fondamentale partire da due semplici obiettivi – crescita e lavoro – da raggiungere a partire dall’avvio di cantieri nazionali ed europei per la crescita.
Il sistema fiscale italiano è freno alla nostra competitività, in quanto rende oggi impossibile la creazione di nuova ricchezza mentre facilita la conservazione di rendite e vantaggi competitivi, e non riesce a combattere l’enorme fenomeno della evasione, a scapito del ceto medio-basso. Esso è altresì collegato ad una spesa pubblica, molte volte inefficiente ed inefficace, che va rivista in maniera intelligente.
E proprio con le risorse liberate, da un sistema di fiscalità realmente progressivo e partecipato e da una spesa pubblica divenuta efficace ed efficiente, il Paese deve urgentemente investire nei settori legali alla sostenibilità del nostro sviluppo, creando lavoro qualificato.
Da Dove Siamo Partiti, Dove Siamo Arrivati e Dove Stiamo Andando: Votando(li) e non
di Fabio Agostini
1992-1994 e’ il biennio in cui, una crisi finanziaria dovuta a malgoverno ed eccessi della classe politica, vede l’Italia fuori dallo SME e svalutare la lira. Gli italiani credono che muoia la Prima Repubblica e l’Italia volti finalmente pagina: Mani Pulite, la scomparsa della DC, del PSI, nuovi partiti e nuova legge elettorale, il Mattarellum.
- Lega-Berlusconi (o prestanome): addossano le colpe dello stato di cose all’Euro e alla Germania. Soluzione? Uscire dall’Euro
- Monti: appoggiato dai nonni della politica, Fini Casini, insieme 60 anni da parlamentari, addossa le colpe dello stato di cose alla mala-gestione politica, quasi un je m’accuse, visto che loro con Berlusconi ci hanno governato. Soluzione? Quella precedentemente applicata: false liberalizzazioni, false riforme, tasse.
- PD: con l’aurea vagamente di sinistra addossa le colpe dello stato di cose alla mala-gestione politica e finanza. Soluzione? Si differenzia da Monti perché non vuole liberalizzazioni anche se false, ma vuole false riforme e tasse. La finanza andrebbe cancellata (Boccia-Fassina) perché’ quello che non capisci va eliminato
- Sinistra: la più’ frammentata, accozzaglie di partiti e partitini che proclama la necessita’ di esistere perché rappresentano una categoria, la cui numerosità’ e’ irrilevante, che addossa le colpe dello stato di cose all’Euro e alla finanza. Soluzione? Uscire dall’Euro, default
- Grillo: sostiene che lui non conta, ma ha formato una classe di politici che lo ascolta e concorda su quanto dice. Addossa le colpe dello stato di cose all’Euro e alla mala-gestione politica. Soluzione? Uscire dall’Euro, default, statalizzazione con ritorno forse al modello IRI che ha poi partorito Prodi (collegamento Prima-Seconda Repubblica)
Insieme sì, ma per innovare la politica
di Massimo Preziuso
L’appello che il movimento FARE per Fermare il declino ha rivolto ad Innovatori Europei ci onora. Lo consideriamo un autorevole riconoscimento dei caratteri laici e progressisti della nostra Associazione.
La prospettiva di avviare un percorso di ricerca e di azioni comuni, efficaci per innovare profondamente la politica, le istituzioni e l’economia è nella stessa ragion d’essere di Innovatori Europei. Siamo convinti che all’Italia serva una innovazione più veloce e radicale di quella che possono produrre, da sole, le forze politiche in campo.
E crediamo nella funzione propulsiva che potrà avere un’alleanza tra i diversi innovatori negli scenari politici che si profilano nell’immediato futuro. In tal senso siamo ben lieti di poter stabilire un rapporto privilegiato con il movimento FARE.
Ma il futuro è ancora in divenire, insidiato da vecchie dinamiche politiche fondate sulla interdizione e sulla contrattazione di potere, antichi vizi della politica italiana che hanno bloccato ogni prospettiva di ammodernamento del nostro sistema politico-istituzionale. Anche la cultura politica necessita di innovazione.
Per vincere queste anomalie occorre una forza politica più forte e radicata, aperta alla società italiana, in grado di costruire un sistema democratico più avanzato, diffuso ed efficiente.
Per queste ragioni Innovatori Europei ha sostenuto da tempo lo sforzo di innovazione del Centrosinistra, che si propone oggi come un credibile punto di inizio per il cambiamento, anche se ancora molta strada si deve percorrere affinché esso assuma caratteri di dinamismo in sintonia con i bisogni più profondi di innovazione sociale ed economica che il paese richiede da tempo.
E una transizione troppo lenta rischia di non essere adeguata.
Per cambiare l’Italia, infatti, non basterà un riformismo di maniera. Occorrerà fare scelte coerenti, radicali e tempestive, e mettere in campo forza politica, competenze e autorevolezza per attuarle.
Innovatori Europei proseguirà la sua battaglia ideale e politica su questo fronte, al di là di schematismi rigidi.Il patrimonio di cultura e di esperienza accumulato in questi anni vuol essere parte attiva in un progetto di largo e lungo respiro di coesione tra gli innovatori.
Per questa finalità, riconosciamo in FARE per Fermare il declino un’iniziativa coraggiosa e, dunque, rispondiamo positivamente all’appello, avviando una collaborazione intellettuale.
Roma, 12 Gennaio 2013
Appello a Innovatori Europei

Vogliamo listini composti in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”
(Pubblicato su Innovatori Europei e L’Unità)
Al Segretario Nazionale del PD, Pierluigi Bersani
Ai Segretari del PD delle diverse regioni d’Italia
Abbiamo apprezzato molto la decisione del nostro partito di effettuare le Primarie per le candidature per il Parlamento: prova di partecipazione e di democrazia indispensabile per le prossime scadenze elettorali, che vedranno i cittadini italiani scegliere i componenti del Parlamento col famigerato “Porcellum”.
Le primarie del 29 e 30 dicembre hanno registrato un grande successo di partecipazione, considerando anche che si sono svolte nel pieno delle festività natalizie, ed hanno determinato in particolare l’affermazione di donne e di giovani, costituendo motivo di ottimismo e di grande orgoglio per il Partito Democratico.
Il partito si è riservato una quota di candidati da inserire nelle liste, in posizioni sicure: riteniamo che questa scelta risulterà comprensibile ed accettabile – a cominciare da chi ha rinunciato a rendite di posizione sottoponendosi alla prova delle Primarie – soltanto se sarà effettuata in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”, così come previsto dal Regolamento del PD nazionale per le candidature al Parlamento.
Da alcuni giorni, invece – mentre Pierluigi Bersani ha annunciato la presenza di alcune personalità di indubbio prestigio nazionale e internazionale – nella composizione complessiva dei listini sembrerebbero largamente prevalenti esponenti di partito che si sono sottratti alle Primarie.
Se ciò avvenisse il rischio è che almeno in alcune realtà territoriali si delegittimi il buon risultato realizzato con le recenti Primarie: consegnare al Partito Democratico la responsabilità di dare un nuovo slancio al Paese riavvicinando i partiti e la politica ai cittadini, anche attraverso la scelta dei propri rappresentanti.
Dover spiegare equilibri e tatticismi renderebbe più difficile il lavoro di chi, come tutti noi, nelle prossime settimane sarà impegnato nella campagna elettorale.
Se invece saremo più aperti e coraggiosi, conquisteremo un più largo consenso soprattutto tra i giovani e tra i tanti cittadini incerti. Il segnale deve essere inequivocabile!
Pietro Aceto, Bologna
Rosalba Bonacchi, Pistoia
Giuseppina Bonaviri, Frosinone
Sara Bosi, Sesto Fiorentino
Leonardo Brunetti, Firenze
Osvaldo Cammarota, Napoli
Paolo Di Battista, Roma
Deo Fogliazza, Cremona
Marco Frediani, Pistoia
Giuseppe Matulli, Sesto Fiorentino
Marco Mayer, Impruneta
Elena Papi, Calenzano
Massimo Preziuso, Roma
Francesco Puggelli, Poggio a Caiano
Camilla Sanquerin, Sesto Fiorentino
Luca Soldi, Prato
Salvatore Viglia, Roma
Se sei d’accordo con questo testo, inserisci la tua firma e spedisci a segr.bersani@
E, se ti va, iscriviti alla Pagina Facebook
In Toscana vogliamo un listino composto in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”
Riceviamo dagli amici toscani e condividiamo:
Al Segretario Nazionale del PD, Pierluigi Bersani
Al Segretario del PD della Toscana, Andrea Manciulli
Al Segretario del PD Metropolitano di Firenze, Patrizio Mecacci
Abbiamo apprezzato molto la decisione del nostro partito di effettuare le primarie per le candidature per il parlamento: prova di partecipazione e di democrazia indispensabile per le prossime scadenze elettorali, che vedranno i cittadini italiani scegliere i componenti del parlamento col famigerato “Porcellum”.
Le primarie del 30 dicembre hanno registrato un grande successo di partecipazione, considerando anche che si sono svolte nel pieno delle festività natalizie, ed hanno determinato in particolare l’affermazione di donne e di giovani, costituendo motivo di ottimismo e di grande orgoglio per il Partito Democratico.
Tuttavia, il partito si è riservato una quota di candidati da inserire nelle liste, in posizioni “sicure”.
Riteniamo che questa scelta risulterà comprensibile ed accettabile da parte di tutti – a cominciare da chi ha rinunciato a rendite di posizione sottoponendosi alla prova delle primarie – soltanto se sarà effettuata in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”, così come previsto dal Regolamento del PD nazionale per le candidature al Parlamento.
Da alcuni giorni, invece, arrivano notizie secondo le quali i listini verrebbero composti solo in piccola parte da personalità provenienti dalla società civile, mentre risulterebbero prevalenti nomi di esponenti del partito. Ed anche in Toscana sembra affermarsi questo indirizzo.
Se ciò avvenisse, sarebbe un brutto esempio che delegittimerebbe il buon risultato realizzato con le recenti primarie.
Ci rivolgiamo quindi alla direzione regionale e nazionale: le primarie consegnano al Partito Democratico la responsabilità di dare un nuovo slancio al Paese riavvicinando i partiti e la politica ai cittadini, anche attraverso la scelta dei nostri rappresentanti. Dover spiegare equilibri e tatticismi renderebbe più difficile il lavoro di chi, come tutti noi, nelle prossime settimane sarà impegnato nella campagna elettorale per arrivare al governo del Paese.
Se invece saremo aperti e coraggiosi, i cittadini continueranno a fidarsi di noi!
Bosi Sara e Sanquerin Camilla
Baldi Alessandro
Boreaniz Luciano
Bosi Anna
Bosi Manuela
Canzani Arrigo
Cella teresa
Ciullini Lorenzo
Ciullini Leonardo
Conti Gloria
Costantini Edoardo
Dalidi Marisa
Daly Alessandra
D’Aguì Angelo
Falorni Massimo
Guarducci Andrea
Labanca Massimo
Lenzi Gloria
Mannini Antonella
Margheri Andrea
Matulli Giuseppe
Mayer Marco
Melani Carlo
Neri Giuliano
Ossadi Giacomo
Papi Elena
Puggelli Francesco
Quercioli Maria
Soldi Luca
Soldi Martina
Surace Marco
Toccafondi Maurizio
Tucci Massimo
Vanni Gianfranco
Zecchi Stefano
Mali e Monti
…improvvisamente ci troviamo al cospetto di Monti-Diabolik senza la maschera del burocrate integerrimo.
Allora, mettiamo un po’ in ordine i fatti adottando il criterio deduttivo: il paese, da buffone e bananaro è divenuto serio ed integerrimo; da irresponsabile è divenuto responsabile.
Tutto ciò perché il governo presieduto dal prof. Monti è entrato come fa un aspirapolvere in una stanza sporca di farina. Chiunque avrebbe potuto, usando una maschera ben congegnata, aspirare quella farina dando subito la sensazione della pulizia.
Accigliato, triste, impermeabile ad ogni smitizzazione od enfasi, il prof. Monti ha afflitto gli italiani con il suo eloquio mortale per un anno e passa nelle vesti di Presidente del consiglio.
Oggi, che le sue dimissioni lo rendono “libero”, sorride spesso, cammina spedito, si ferma a battibeccare con i giornalisti, si concede qualche lusso.
Il prof. Monti ha tolto la maschera e con le labbra ancora sporche di melassa corre a comprarne barattoli e barattoli. Sorride il professore finalmente a mo’ di “ghiglia” come diceva Totò preferendola al ghigno.
Egli conosce la soluzione delle soluzioni: per favore toglietevi dai piedi e lasciatemi lavorare riferendosi ai partiti.
In un colpo solo, mister professore, offende la storia di tutti giusta o sbagliata che fosse e se ne crea una sua, tutta sua, improvvisamente.
La competizione elettorale personalizzata
Spero che non si pensi di commettere lo stesso errore fatto in passato, quello di concentrare l’attenzione sulla competizione personalizzata, prima con Berlusconi, ora con Monti, sarebbe grave, sbagliare può essere umano ma perseverare credo veramente sia da “incapaci politici”.
Temo però che stia fatalmente accadendo, accodandoci passivamente alle esigenze delle trasmissioni televisive e radiofoniche delle reti Mediaset e Rai che, notoriamente devono parteggiare per il possibile vincitore per ottenerne dei vantaggi successivi, e alle esigenze giornalistiche che hanno interesse a alimentare commenti da gossip per vendere qualche copia in più piuttosto che gestire correttamente la condizione politica e il futuro economico, ma ancor di più quello sociale di questo, sempre più sgangherato, paese.
La verità è che non stiamo parlando ai cittadini del progetto futuro per l’Italia, di chi ad esempio indichiamo per la poltrona del Quirinale, per dare continuità alla Presidenza attuale di Napoletano, non stiamo parlando di come si intende uscire dalla situazione di disoccupazione sempre più pericolosa per la contrapposizione e conflitto sociale che rischia il paese, non stiamo parlando ai ceti sociali una volta considerati il “ceto medio” ipotizzando ad esempio le possibili soluzioni per ritornare ai piccoli esercizi commerciali evitando i grandi centri commerciali che, come si è visto sono gestiti spesso dalla malavita che dispone di ingenti somme economiche e che attraverso questi centri può disporre di ulteriori economie cash, non si capisce cosa stiamo proponendo per i piccoli artigiani che subiscono sempre più le condizioni capestro degli istituti di credito e sono costretti a pagare, per conservare il lavoro ad affermare che “senza il nero” non si sopravvive giustificando in questo modo l’evasione fiscale, non comprendendo che proprio questo è l’obiettivo dei poteri forti, ovvero, costringere tutti ad essere evasori per giustificare le proprie responsabilità.
Non capisco ad esempio perché nessuno apre bocca sull’unica capacità industriale del nostro paese di uscire dalla crisi mettendo a disposizione della cultura e del turismo somme di investimento che possano garantire al paese incassi di valuta estera proponendo soluzioni di intrattenimento ben programmate e di effetto nei nostri centri storici e nelle città d’arte che, nel nostro paese certamente non mancano.
E’ di destra questo ragionamento?
Forse, ma se questo discorso è di destra che si dica almeno qualcosa di sinistra, ovvero alla “classe operaia” come promettiamo di rilanciare il mercato dell’auto?
Di sostenere Marchionne e la famiglia Agnelli per investimenti in America o in Russia?
I russi nuovi ricchi stanno comprando il nostro paese come i cinesi stanno acquistando tutti i piccoli esercizi commerciali nelle nostre città, lungi da me il pensiero razzista, ben vengano investimenti stranieri in Italia, ma anche questo deve essere oggetto di programmazione e di organizzazione delle nostre città, altrimenti corriamo il rischio di veder espatriare i vecchi proprietari con i pochi fondi ricavati dalle cessioni degli esercizi stessi.
Un dibattito su queste questioni credo indispensabile ad evitare di contribuire alla pubblicità di Berlusconi e di Monti, errori del passato ma sempre a rischio presente.
Un’agenda per il Sud
di Francesco Grillo (pubblicato su Il Mattino)
È verissimo che il Mezzogiorno è quasi scomparso dal confronto sugli “impegni per il governo del Paese”, come ha lamentato nel suo ultimo discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica. È, tuttavia, altrettanto vero che, come dice lo stesso Napolitano, vale per un’Agenda per il Sud – ancora di più che per un programma di sviluppo dell’intero Paese – un presupposto di ordine non solo economico ma morale: la rinuncia a quel “assistenzialismo”, a quella dipendenza dal sussidio e dalla spesa pubblica che è la ragione ultima del sotto sviluppo civile, prima ancora che economico di una parte così grande del Paese.
Del resto, nella stessa agenda Monti manca una riflessione specifica sulle caratteristiche che fanno delle Regioni meridionali quelle che maggiormente stanno soffrendo la crisi ma anche quelle che, paradossalmente, proprio per questa ragione, potrebbero maggiormente contribuire a portare l’Italia fuori dalla recessione. E manca ancora all’”Agenda”, una strategia che dia una soluzione al puzzle – concretissimo, urgente – che chiunque voglia provare a governare l’Italia, si troverà a dover affrontare.
Come faccio nei prossimi sette anni a spendere ventidue miliardi di euro (dei trentacinque che la Commissione Europea alloca all’Italia) in progetti di innovazione tecnologica, risparmio energetico e ricerca in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria? Se ogni anno queste quattro Regioni – le ultime quattro per tasso di occupazione tra le duecentocinquanta regioni dei ventisette Stati dell’Unione Europea – perdono, come avverte ISTAT – centomila persone quasi tutte giovani, laureate o laureande? Come posso spendere così tanti soldi – praticamente quasi tutti quelli che Bersani e Monti invocano per innescare un processo di crescita Keynesiano, se ho il vincolo di doverli usare in territori che risultano desertificati da un’erosione del talento e dell’entusiasmo che sono il presupposto di qualsiasi scommessa imprenditoriale? L’aritmetica suggerisce che la risposta al paradosso può essere solo di due tipi: o provo a spostare le risorse per investimenti strutturali che spetterebbero al Mezzogiorno al Nord, dove ci sono imprese e lavoratori qualificati; oppure sposto invece al Sud capitale umano che possa assorbire gli investimenti. La prima strada è apparsa, spesso, l’unica, estrema possibilità da perseguire attraverso complessi negoziati con la Commissione per non perdere i finanziamenti; la seconda richiede, appunto, un’innovazione fortissima nelle scelte di governo e di politica economica di cui nei programmi elettorali non c’è traccia.
Invertire l’esodo di giovani che fa del Sud una sorta di clessidra anagrafica – con molti vecchi, tanti bambini e sempre meno persone in età di lavoro – comporta infatti scelte drastiche. Indubbiamente, può essere interessante la proposta – già avanzata da deputati appartenenti a diversi gruppi – di utilizzare l’arma dell’incentivo fiscale: una riduzione del livello di imposizione nazionale o locale per chi – lavoratori o imprese – decida di trasferirsi al Sud. Tuttavia, ancora più importante è che le Regioni del Sud facciano nei prossimi mesi scelte in termini di un numero limitato di settori produttivi, territori, ambiti accademici nei quali sia possibile sviluppare propri vantaggi competitivi difendibili a livello internazionale: aree specifiche nelle quali offrire opportunità mirate di inserimento e di valorizzazione del proprio patrimonio di conoscenza per giovani da attrarre da altre Regioni, ma anche per imprese, università del Nord (e di altri Paesi) che possano trovare nel Sud la convenienza ad investire e radicare tecnologie in territori meno congestionati.
Tali scelte dovranno essere estremamente focalizzate per avere qualche possibilità di essere prese in considerazione da chi ha il mondo come suo punto di riferimento. Ma potranno andare oltre i settori industriali che spesso associamo all’idea stessa di investimento tecnologico. Il turismo, ma anche il presidio del territorio per aumentarne la sicurezza, la sanità e la mobilità nelle città sono tutti ambiti nelle quali il Mezzogiorno potrebbe sperimentare innovazioni più avanzate in grado di cogliere opportunità di maggiori dimensioni e di affrontare problemi particolarmente gravi.
Il ruolo del Governo dovrà essere quello di assicurare due condizioni. Innanzitutto, regole stringenti – a partire dalla competizione tra amministrazioni di diverso livello per la titolarità delle risorse, nonché da un forte favore per chi riesca a coinvolgere i privati nel finanziamento e nella selezione dei progetti – che diano un forte peso ai risultati, assumendosi, se possibile un ruolo da protagonista nella definizione dei nuovi regolamenti comunitari; in secondo luogo le condizioni di contesto – a cominciare da quelle relative alla legalità e al funzionamento dei mercati – che sono indispensabili per la sostenibilità di un qualsiasi investimento in innovazione.
In questo senso, il Sud potrebbe, anzi, funzionare da piattaforma per sperimentare le riforme da molti invocate, prima che esse siano estese al resto del Paese. Sul fronte della legalità, nel Mezzogiorno andrebbero, ad esempio, anticipate modifiche nei meccanismi di confisca e valorizzazione dei beni sequestrati alla Mafia; ma anche forme di responsabilizzazione dei tribunali rispetto al servizio erogato ai cittadini e ai tempi dei processi, e innovazioni dell’organizzazione e della distribuzione sul territorio delle stesse forze dell’ordine e dell’esercito.
E lo stesso vale per modifiche – minori adempimenti burocratici per la valorizzazione di beni culturali, ad esempio; modifiche nelle regole del mercato del lavoro; semplificazioni nei meccanismi di determinazione delle imposte e di contrasto all’evasione fiscale – che possano dare agli innovatori la possibilità di concentrarsi sul proprio progetto nei territori nei quali le Regioni del Sud decidessero di concentrare gli investimenti.
Se è vero che è da Napoli, da Palermo, da Bari, dalla Calabria sono partite le scosse telluriche che hanno messo progressivamente in ginocchio l’intero sistema Italia, è altrettanto vero che è dal Sud che deve cominciare una strategia che riesca a smentire chi continua a pensare che rigore, crescita ed eguaglianza sono termini di un’equazione che costringe chi governa a fare scelte dolorose e, inevitabilmente, impopolari.
Del resto è in un Mezzogiorno – nel quale si è liquefatto (come hanno dimostrato le elezioni in Sicilia) il “voto di scambio” per esaurimento di risorse con le quali scambiare, appunto , consenso – che si gioca buona parte dell’esito della prossima campagna elettorale.
2006->2013: giovani e donne nel Partito Democratico
di Massimo Preziuso (su L’Unità)
Nel 2006, con alcuni amici romani fondammo un gruppo che si chiamava Giovani e donne per il Partito Democratico .
Ci battemmo, a cominciare dalle reti civiche uliviste romane, poi in tutta Italia, per il coinvolgimento di tanti giovani e donne in quello che sarebbe poi divenuto il più grande partito politico italiano.
Questo perché già da allora sapevamo che, senza giovani e senza donne, il PD non avrebbe mai potuto diventare quello che oggi sta per risultare: uno straordinario luogo di innovazione politica.
A giugno 2006, entrati da protagonisti nelle Associazioni per il Partito Democratico (APD), portammo il tema della partecipazione femminile e del coinvolgimento di giovani al primo incontro fondativo ufficiale del Partito Democratico, che si tenne all’hotel Radisson di Roma.
Ad ottobre 2006, avviato il coordinamento nazionale dei gruppi “giovani e donne” delle APD, che divenne poi la base per la nascita della associazione Innovatori Europei, scrivemmo un documento dal titolo “perché giovani, perché donne“, in cui spiegavamo il perché di quella scelta di voler rappresentare quelle che allora erano forti “minoranze”.
Da allora tante iniziative sono partite e finalmente, tra qualche mese, grazie a queste primarie, tanti giovani e donne entreranno nel Partito Democratico.
Sembrava un’utopia, rischia di diventare realtà.
Complimenti a tutti noi per questa volontà di rinnovamento.
Buon 2013.