Significativamente Oltre

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QUOTE MARRONI

I “diversamente onesti”.

Nella scorsa legislatura, fra Camera, Senato e Parlamento europeo, i soli pregiudicati erano 25, senza contare i condannati in primo e/o secondo grado, gli imputati rinviati a giudizio, gli indagati e i miracolati da prescrizioni, amnistie e leggi salvaladri. Nella nuova
> legislatura, fra conferme, bocciature e new entry, abbiamo mantenuto la quota di 25 condannati definitivi, piú 57 esponenti delle altre categorie penali: totale 82, ai quali vanno aggiunti i politici che prendevano soldi da Parmalat e che ­ come vedremo ­ incredibilmente non sono stati chiamati a risponderne (salvo un paio di eccezioni). Il che significa che, su 900 e rotti parlamentari, una novantina ha seri problemi con la legge. Uno su dieci. E la percentuale del 10 per cento è decisamente eccessiva anche per le aree piú disagiate del paese.

Non esiste quartiere a rischio, o periferia metropolitana in cui un abitante su dieci sia stato condannato o sotto processo. In Parlamento sí, tant’è che forse varrebbe la pena dirottare i presunti “poliziotti di quartiere” lontano da quelle zone ingiustamente screditate, per impiegarli
piú utilmente al pattugliamento delle aule parlamentari, dove statisticamente si rileva la presenza piú massiccia di devianza criminale.
Un tempo i condannati si dedicavano a lavori socialmente utili, come intrecciare cestini di vimini, per reinserirsi nella società. In Italia, da un certo censo in su, i condannati entrano in Parlamento. Una condanna, provvisoria o meglio ancora definitiva, ma anche un rinvio a giudizio, e persino un avviso di garanzia, fanno curriculum. Il tutto in un paese dove chi ha un parente condannato non può fare il carabiniere. E chi è condannato in proprio non può fare il vigile urbano né il segretario comunale. Ma il parlamentare sí. Appena un facchino dell’aeroporto di Linate viene sospettato di metter le mani nei bagagli dei viaggiatori, o un dipendente dell’Anas finisce sotto inchiesta per qualche irregolarità, le rispettive società giustamente lo licenziano in tronco. Ma se sotto inchiesta o sotto processo ci finiscono i dirigenti delle società medesime, allora scatta il garantismo selettivo: presunzione d’innocenza fino alla sentenza di Cassazione, e poi di solito non accade nulla nemmeno quando questa arriva.
Ogni anno la Corte dei conti segnala la presenza, nelle amministrazioni dei vari ministeri, di centinaia di condannati (non solo per reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche per violenza sessuale e per pedofilia) e non c¹è verso di mandarli a casa. Idem per il Parlamento: chi corrompe i
> giudici o aiuta la mafia o incassa tangenti a tutto spiano e poi (ma anche prima) ha l¹accortezza di rifugiarsi in una delle due Camere, diventa intoccabile. Come i furfanti nelle chiese e nei conventi del Medioevo. La legge proibisce ai condannati a pene complessivamente superiori a 2 anni per delitti contro la Pubblica amministrazione di candidarsi nei consigli comunali, provinciali e regionali; e prevede la sospensione degli eletti nei tre enti locali in caso di condanna al primo grado, e la loro decadenza in caso di condanna passata in giudicato. La regola, però, non vale per i parlamentari, per i ministri, per i presidenti del Consiglio. Una strana dimenticanza che ha una sola spiegazione: le leggi non le fanno i consigli comunali, provinciali e regionali. Le fa il Parlamento. Cosí i condannati che non possono piú metter piede negli enti locali trasmigrano alla Camera, al Senato, al Governo e all’Europarlamento. Lí si può tutto. Non si butta via niente.

Spesso ci raccontano che “abbiamo la classe politica che ci meritiamo”.
Può darsi che sia cosí, anche se le elezioni dovrebbero servire a selezionare il meglio che c¹è in giro, non il peggio. Altrimenti i parlamentari, anziché eleggerli con gran dispendio di denaro e di energie, tanto varrebbe sorteggiarli. Cosí, in un paese che ha tre regioni e mezza controllate dalla criminalità organizzata, verrebbe garantita un¹adeguata rappresentanza anche alla mafia, alla camorra, alla ¹ndrangheta, alla Sacra corona unita. Senza contare altri fenomeni criminali di un certo peso: pedofilia, stupri, furti, scippi, rapine, traffici di droga, di armi, di carne umana, terrorismo e cosí via. Ma forse la democrazia non è questo. Non è neppure andare a votare a scadenze piú o meno regolari. Democrazia è votare sapendo tutto di chi ci chiede il voto. In Italia, per i noti fattori che inquinano l¹informazione, soprattutto televisiva, questo è impensabile.
E la nuova legge elettorale (proporzionale senza preferenza) ha di gran lunga peggiorato le cose, espropriando gli elettori del diritto di scelta. I cosiddetti “eletti” vengono in realtà nominati a tavolino dai segretari di partito, che decidono chi andrà in Parlamento e chi no a seconda dell¹ordine in cui i singoli candidati vengono inseriti nelle liste.
Il tutto ben prima che il presunto “popolo sovrano” si rechi alle urne: in quel momento ormai i giochi sono fatti, e all¹elettore non resta che vidimare con il suo voto una scelta fatta da altri, altrove, in precedenza, in base a criteri piú o meno imperscrutabili. Il candidato in pole position non ha alcun motivo per incontrare i suoi potenziali elettori e per convincerli a votarlo, visto che ha già la poltrona assicurata. Quello in mezzo o al fondo della lista, idem: ha la bocciatura assicurata. Cosí le liste diventano inutili crittogrammi che si possono tranquillamente dare per letti: l¹elettore infatti non ha alcuna possibilità di premiare il candidato meritevole e di punire il non meritevole. Si sceglie la lista, a scatola chiusa.

Nei paesi civili chi finisce sotto inchiesta abbandona la politica, o almeno la carica che ricopre, in attesa di chiarire la sua posizione dinanzi alla legge. Se poi la chiarisce, dopo essersi difeso con le nude mani, senza coinvolgere il partito o le istituzioni che rappresenta, ritorna in campo.
Altrimenti se ne resta a casa, o eventualmente in carcere. In Parlamento, meglio di no. Il Parlamento come alternativa all¹ora d¹aria non è un bello spettacolo. Non c¹è nulla di peggio che vedere le Camere messe all¹asta al miglior offerente (dal caso Parmalat al caso Fiorani-Fazio, dalle leggi-vergogna di Berlusconi & C. ai tanti scandali di Tangentopoli) per ottenere leggi su misura. Parafrasando una fortunata campagna della nettezza urbana a Milano, “il Parlamento è anche tuo: aiutaci a tenerlo pulito”.

QUOTE MARRONI

Dove sono

> Camera 49
> Senato 26
> Parlamento europeo 7

Categorie penali*

> Condannati definitivi (o patteggiamenti) 25
> Prescritti definitivi 10 Assolti per legge** 1
> Prosciolti per immunità*** 1
> Condannati in I grado 8
> Imputati in I grado 17
> Imputati in udienza preliminare 1
> Indagati in fase preliminare 19

> Totale 82

* Quando un parlamentare ha piú processi, abbiamo registrato quello in fase piú avanzata (la prescrizione prevale sulle indagini in corso, ma non sulle condanne anche provvisorie).
** Il dato non tiene conto dei casi Berlusconi, Previti, Brancher e altri, usciti dai loro processi in base a leggi da essi stessi votate, perché rientrano anche in altre categorie penali per altri processi.
*** Si tratta della insindacabilità che ha salvato il leghista Speroni da un processo per reati ritenuti compiuti nell¹esercizio delle funzioni parlamentari.

L’hit parade dei partiti

> Forza Italia 29
> Alleanza nazionale 14
> Udc 10
> Lega Nord 8
> Movimento per l¹autonomia 1
> Dc 1
> Psi 1
> Gruppo misto **** 1

> Totale Destra 65

> Margherita 6
> Ds 6
> Udeur 2
> Rifondazione comunista 2
> Rosa nel pugno 1

> Totale Sinistra 17

> La classifica dei reati*****

> Corruzione 18
> Finanziamento illecito 16
> Truffa 10
> Abuso d¹ufficio, falso 9
> Associazione mafiosa 8
> Bancarotta fraudolenta, turbativa d¹asta 7
> Associazione a delinquere, resistenza a pubblico ufficiale, falso in
> bilancio 6
> Attentato alla Costituzione, attentato all¹unità dello Stato, struttura
> paramilitare fuorilegge 5
> Favoreggiamento, concussione, frode fiscale 4
> Diffamazione, abuso edilizio, lesioni personali 3
> Banda armata, corruzione giudiziaria, peculato, estorsione, rivelazione di segreti 2
> Omicidio, associazione sovversiva, istigazione a delinquere, favoreggiamento mafioso, aggiotaggio, percosse, violenza a corpo politico, incendio aggravato, calunnia, falsa testimonianza, voto di scambio,
ppropriazione indebita, violazione della privacy, oltraggio, fabbricazione di esplosivi, violazione diritti d¹autore, frode in pubblico concorso, adulterazione di vini ecc.

Quando questa è la realtà della legalità fra virgolette, cosa possiamo aspettarci di meglio da una sinistra che continua a litigare e a frammentarsi senza rendersi conto che la gabbia in cui si è collocata è trasparente? Noi tutti vediamo, sappiamo e giudichiamo. Uno strumento però in mano lo abbiamo e ritengo sia molto forte se utilizzato nel modo giusto.
Sono note da ieri le varie candidature alle primarie : che ne dite se incominciassimo a chieder conto dell’onestà sociale e intellettuale dei candidati? A verificare la bontà delle loro promesse elettorali attraverso l’analisi del loro impegno civile precedente? E non solo, ma anche a promettere astensione nei comuni o nelle frazioni dove già si sa di alcuni apparentamenti poco chiari? Sappiamo che le prossime elezioni saranno IL test per questa sinistra ,noi lo sappiamo ma i politici pare di no, è questo il momento giusto, secondo me, di chiamare a raccolta tutti i nauseati da questo tipo di politica per operare con forza e se serve con il ricatto.
Speravo di vedere in qualche comune o provincia un rappresentante di una lista nuove il PD, speravo, illusa come sono, che ci fosse un laboratorio di sperimentazione, evidentemente non basta sembrare puliti per esserlo veramente, bisognerebbe volare troppo alti e in questo paese non è per il
momento ancora possibile. Ecco perchè il ricatto giustifica il fine.
Questo deve diventare il nostro slogan

INNOVATORIEUROPEI.COM

condivisione di Idee

Il Partito Democratico deve essere un partito di progetto e di programma.

Un soggetto politico che riconosca il pluralismo culturale e la possibilità di una pluralità che generi una riforma morale della politica,occorre in primo luogo il riconoscimento da parte del nostro
partito e delle altre forze politiche organizzate di fare uno sforzo responsabile di una convergenza verso la società civile che intende condividere questo percorso per contribuire ad un cambiamento culturale e sociale nel metodo di fare politica, un metodo che deve salvaguardare la competenza ,la meritocrazia acquisire la fiducia dell’elettorato attraverso la capacità amministrativa e non altre vie clientelari,tutto ciò, per generare nel cittadino una cultura civica e di rispetto pubblico.

Un pluralismo che generi le condizioni per un cambiamento culturale e sociale nella mentalità politica per colmare il solco tra politica e cittadini,un percorso che va fatto attraverso la partecipazione,la trasparenza, programmare obbiettivi politici condivisi nell’interesse di tutti. Anche se purtroppo politicamente a volte si è impotenti nel promuovere obbiettivi comuni per l’ingerenza del potere economico sul potere politico;temi questi sicuramente da trattare in futuro.

Un partito che mira ad essere una casa più grande ha bisogno di un pluralismo più ricco dentro una intelaiatura unitaria,determinata da libertà, uguaglianza, solidarietà e laicità dello stato, concetti
condivisibili da tutte le componenti politiche e sociali intelaiate nel progetto politico.

Naturalmente nella confederazione di correnti del partito monolitico ci deve essere lo spazio per un pluralismo che riconosca e garantisca il ruolo delle minoranze.
Il mondo è cambiato. Occorre una risposta nuova a problemi nuovi; non è possibile attardarsi su cose datate.

A mio avviso il ritardo politico nasce nel 1978 quando abbiamo subito attraverso la violenza e il terrorismo il blocco del rinnovamento. XI legislatura si è impegnata a promuovere norme di rinnovamento rimaste purtroppo tuttora incompiute. Anche per colpa della destra che attua una
forma di conservatorismo e cosa più grave destre che rifiutano regole democratiche di alternanza politica .

Noi dobbiamo colmare quel ritardo attraverso il senso di responsabilità di tutti gli attori in campo lasciando da parte gli interessi personali ,salvaguardando gli interessi pubblici nell’interesse di tutti

buon lavoro -Adriano Pacioni

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MANIFESTAZIONE RAGAZZI A LOCRI

Carissimi/e,

E’ trascorso più di un anno dalle grandi manifestazioni di Locri scaturite dalla rabbia per l’omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale Francesco Fortugno, ciliegina sulla torta dopo decine di delitti impuniti perpetrati nella Locride ed in tutta la Calabria.
Dopo un anno e mezzo in Calabria si continua a morire, a pagare la mazzetta, a sopravvivere soggiogati dalla ‘ndrangheta.

Locri, marcia della speranza 4 novembre 2005Dopo un anno e mezzo noi ragazzi siamo ancora qui a combattere per contrastare ogni forma di mafia, da quella di strada a quella dei Palazzi, e riprenderci la nostra terra.
L’impegno che abbiamo portato avanti, concretamente e con coscienza, per restituire alla Calabria ed ai calabresi la dignità di vivere in maniera normale nella propria regione, continua giorno dopo giorno, così come il nostro porci come massa critica per monitorare e denunciare quanto c’è di poco chiaro nelle nostre massime amministrazioni.

Spesso, proprio qui, abbiamo fatto fatica a farci comprendere, sentire e ad accreditarci, ma, nonostante questo, abbiamo scelto di non arrenderci.
Perché nelle nostre orecchie risuonano ancora gli spari del 16 ottobre del 2005, perché i nostri cuori sono rimasti trafitti dalle lacrime dei parenti dei tanti morti ammazzati nelle strade, perché le nostre coscienze non possono permettere che si continui ad uccidere rimanendo impuniti e le nostre voci non possono rimanere mute davanti agli innumerevoli casi di “lupara bianca“, di persone scomparse, di famiglie straziate.

Di certo nessuno ridarà alle madri, ai padri, ai fratelli ed i figli il sorriso dei propri cari uccisi, nessuno saprà spiegare ad un bambino perché il suo papà non farà più rientro a casa, ma, proprio per questo, sta a noi scuotere i cuori e le coscienze di chi, davanti a tutto questo, si gira dall’altra parte e
continua a sopravvivere.
Perché cose del genere non accadano più.
Molto spesso ci si sente immuni al problema ‘ndrangheta, finché non ci troviamo a doverne affrontare la prepotenza.

Ce ne accorgiamo al momento di aprire un’attività, quando “qualcuno” bussa alla tua porta chiedendo un “contributo” per lasciarti lavorare, poi il “contributo” diventerà un quarto, metà, tre quarti del guadagno dell’attività e sarai costretto o a scendere a compromessi o a chiudere ed andare via.
Tutto normale, preventivato, anche se completamente assurdo.
Tutto consumato in silenzio.
Come quando ammazzano qualcuno a te caro e sai chi è stato, ma quel nome è troppo pesante da dire, così come diventa troppo rischioso chiedere che sia fatta giustizia, perché certi nomi sono impronunciabili. E allora si ingoiano bocconi amari e si continua la solita vita.
In silenzio.

Oppure può succedere che un giorno un ragazzo si senta umiliare dai compagni perché non ha la maglia firmata e non l’avrà mai perché in famiglia si fanno i salti mortali per arrivare a fine mese e allora, per dare una mano, per sentirsi qualcuno e farsi rispettare eccolo rivolgersi al “capetto” di turno, eccolo ipotecare la sua vita, vendere la sua dignità per diventare “qualcuno“. Che importa se poi rischia di finire in carcere per spaccio o per aver ucciso un uomo? Che importa se avrà buttato nel fango la sua coscienza? Perché, sia chiaro, alla fine chi ci rimette è la povera gente, non
“lorsignori“. No, quelli guardano dall’alto delle loro ville al Nord, sicuri ed al calduccio! C’è chi paga per loro.
In Calabria è rimasta solo la spietata manovalanza, quella che si occupa di tenere sotto controllo il territorio e soggiogare, sostituendosi allo Stato, i calabresi. E’ quella a cui ci si rivolge per comprare i propri diritti, quella che alimentiamo con l’ignoranza e la paura.

Ed è proprio questo il senso della manifestazione che noi ragazzi del Movimento Ammazzateci tutti stiamo promuovendo per il prossimo 17 febbraio a Reggio Calabria.
Noi vogliamo mettere in pratica le parole del Giudice Borsellino: Perché se continueremo a rivolgerci al capobastone per ottenere i nostri diritti, se lasceremo che la ‘ndrangheta continui ad interferire nelle nostre vite con arroganza e prepotenza, se ci faremo ingannare dai suoi diabolici sorrisi, non riusciremo mai a liberarci dal suo giogo.
Dobbiamo essere noi i primi a volerlo, noi i primi a ripudiarla, noi i primi a capire che le alternative ci sono, anche se costano fatica, anche se si penserà di essere da soli a crederci.
Perché non è così. Noi stiamo combattendo per questo, ci crediamo e la speranza che voi siate con noi è la forza che anima le nostre scelte.

E’ la prima manifestazione auto-convocata che organizziamo a Reggio Calabria, la prima completamente auto-finanziata, anche se non nascondo che vorremmo fare appello a tutti i calabresi, commercianti, imprenditori, mamme e papà, perché ci aiutino anche economicamente nell?organizzazione della manifestazione, vorremmo infatti chiedere una sorta di “pizzo legalizzato“, ovvero un contributo economico con tanto di certificato di acquisizione da parte loro di una azione antimafia dal nostro virtuale pacchetto azionario.

Manifesteremo perché sappiamo che le persone oneste sono di più, i calabresi, gli italiani. NOI SIAMO DI PIU’, e siamo quelli che hanno l’obbligo morale di reagire. Perché sono le nostre vite ad essere messe in gioco, per il nostro presente ed il futuro che affronteremo.
La scelta sta a noi.
Vedete, è facile dire “no alla mafia“.
Il difficile è scegliere davvero da che parte stare, rinunciare a quella vita facile che “lorsignori” vendono al prezzo della dignità, sporcarsi le mani per la collettività senza avere nulla in cambio se non la consapevolezza di essere dalla parte del giusto.

Noi abbiamo già deciso quale sarà la nostra strada e la stiamo portando avanti caparbiamente non solo in Calabria, ma in tutto il Paese. Perché è da stupidi pensare che il problema mafie sia solo di noi calabresi.
Purtroppo, se qui viviamo a stretto contatto con la violenza della ‘ndrangheta, piangendo morti su morti e ricercando senza tregua la giustizia, nel resto d’Italia la malavita ha già messo le radici nei Palazzi ed ovunque girino i soldi, corrompendo, taglieggiando e minacciando gli imprenditori così come
avviene dalle nostre parti, solo che se succede a Locri, è scontato, se accade in provincia di Milano inizia a diventare assurdo quanto inquietante.

Le mafie non sono un problema solo del Sud, ma sono il cancro dell’Italia intera e, finché si continuerà a fare il loro gioco ignorando e girandosi dall’altra parte, non potremo mai estirpare questa malattia.
Per questo il nostro appello non vuole fermarsi solo ai calabresi, ma vuole essere un richiamo per TUTTI gli italiani onesti, perché c’è sempre, in ogni regione, qualcosa che prende il nome di “mafiosità di comportamento“. E’ il pensare di poter essere diversi rispetto agli altri, il pretendere di poter
comprare e vendere dei diritti, il curarsi esclusivamente del proprio bene anche scapito degli altri.

Ed è questo che dobbiamo combattere in primis, perché è di questo che si alimentano le mafie.
Abbiamo avuto grandi esempi non solo in Calabria, persone che sono morte per vivere nella legalità compiendo con coscienza il proprio dovere. Tanti, troppi nomi dimenticati.
E continuiamo ad aggiungere volti e nomi alla lunga lista dei giovani morti ammazzati o scomparsi.
E nella disgrazia, non mancano degli esempi eroici, come quello di Liliana Carbone, mamma simbolo della Locride, che con forza chiede giustizia per suo figlio Massimiliano, ucciso da mano mafiosa il 24 settembre del 2004. Ma non è la sola, c’è la moglie di Renato Vettrice, scomparso sempre nella Locride da quasi due anni, c’è il coraggioso esempio della mamma e del fratello di Francesco Aloi, scomparso in provincia di Vibo, morto a dire degli organi competenti, ma senza che se ne sia stato trovato il movente. Casi di “lupara bianca” come quello del giovane Valentino. Casi che devono spingerci ad unire le nostre voci a quelle disperate di queste donne che chiedono semplicemente che la giustizia e la verità non siano solo termini sul vocabolario.

Voci che non possono rimanere inascoltate e che devono spingerci a lottare, a gridare, a voler esprimere, concretamente, il nostro NO ALLE MAFIE.
Perchè tutto questo non è normale. Non dobbiamo permettere che lo sia o lo diventi.
Il 17 febbraio noi scenderemo per le strade di Reggio, saremo ragazzi, ma vorremmo che con noi ci fossero sia quella società civile che si dice indignata davanti a tutto questo, sia le Istituzioni che promettono di impegnarsi contro le mafie, ma che più delle volte, purtroppo, ci accompagnano solo ai
funerali dei nostri morti.
Vorremmo che ci fossero tutti quei giovani che ci hanno incoraggiati da tutta Italia, quelli che si sono arrabbiati con noi dopo l’omicidio Fortugno, quelli che credono che sia un diritto ed un dovere cambiare questa terra e questa mentalità, quelli che sentono nel cuore, davvero, di voler NEGARE IL
CONSENSO ALLE MAFIE.

A proposito : Abbiamo attivato anche un blog per la manifestazione, lì potrete trovare tutte le informazioni utili “work-in-progress” fino al 17 febbraio.
L’indirizzo è http://17febbraio.ammazzatecitutti.org.

FATE GIRARE LA VOCE, FATE GIRARE IL PIU’ POSSIBILE QUESTO APPELLO!

Vi aspettiamo in tantissimi a Reggio Calabria il 17 febbraio, per gridare tutti insieme “Mafiosi, siete una razza in via d’estinzione perchè d’ora in poi vi negheremo il consenso!“.

Dottorato da valorizzare

Il sottosegretario Luciano Modica ha elaborato, con l’ausilio di un gruppo di lavoro, un corposo documento sul dottorato che propone diverse linee di intervento. Il dottorato è un’innovazione recente nel nostro paese ed è quindi utile fare il punto dell’esperienza maturata e individuare i modi per raggiungere compiutamente gli standard internazionali.
Sono quindi preziosi i vostri suggerimenti in proposito. E’ molto positivo che il governo apra una consultazione sulla base di un documento di indirizzo prima di passare ad interventi normativi.
Questo metodo consente una consultazione più ricca ed efficace e spero possa essere seguito anche in futuro.

On.Walter Tocci
Per consigli e osservazioni potete scrivere a: tocci_w@camera.it

IL RICAMBIO GENERAZIONALE

di Tommaso Visone

Nell’Italia contemporanea un giovane che si accosta propositivamente alla vita pubblica e sociale deve necessariamente spendersi con tutto se stesso per apprendere e formarsi nella totale assenza di scuole di formazione politica e dirigenziale (non a caso i due nuovi presidenti delle camere sono ex sindacalisti, simbolo dell’importanza di una delle ultime scuole politiche italiane). Allo stesso tempo,
nell’interessarsi alla vita pubblica, il giovane è distratto e allontanato da una serie di comportamenti ed esempi che scoraggiano ogni sua residua velleità all’impegno e alla battaglia politico- sociale. Qualora questo giovane si interroghi sul funzionamento e le meccaniche presenti nella non più algida Esperia, noterà che dal mondo del calcio a quello della politica, il Paese è in mano a delle lobby,
le quali agendo anche al di fuori del sistema legale si prodigano nel mantenere lo status quo e nel bloccare tutte quelle riforme eventualmente rivolte a un ampliamento del (ridottissimo) pluralismo e del ricambio dirigenziale. Il che non incoraggerà l’incauto ed inesperto rampollo (circondato da una società che ha fatto del lassismo un modello) a dialogare e a confrontarsi con una realtà che nega a priori ogni forma di indipendenza e di responsabilità al neofita (spesso volenteroso e preparato, anche se inesperto) distante dal servilismo che accomuna i corifei dell’ attuale potere. Al suddetto, dunque, resteranno solo due scelte: emigrare (come molti tra i migliori oggi fanno) o adattarsi annullando il lato più incisivo della gioventù: l’idealismo (riformista o rivoluzionario che si voglia).
Sta, dunque, a coloro che si rendono consapevoli di questa perversa dinamica il non far cadere una problematica che è fondamentale per il futuro del Paese. Se i giovani non raggiungeranno (o se non pretenderanno) una maggiore responsabilizzazione, una maggior partecipazione e non troveranno miglior esempio, si resterà con un’Italia in declino, in perenne crisi, governata da “furbetti” e destinata alla perdita dei suoi caratteri migliori.
Si apre, e non da oggi, una improrogabile questione generazionale. E’ d’obbligo una risposta.

DI PIETRO SU YOUTUBE

ROMA – Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro racconta quello che avviene al Consiglio dei Ministri. Lo fa con un filmato sul YouTube a partire dalla seduta del 19 gennaio scorso.
Di Pietro appare comodamente seduto in poltrona e si rivolge ai cittadini con tono salottiero spiegando la sua iniziativa affinché ci sia “completa trasparenza sulle decisioni che sono state prese”.
Due. Che definisce “importanti”. Relative alle politiche agricole e all’attuazione della riforma costituzionale sul federalismo del 2001, ivi compresa quella del federalismo fiscale, “una riforma copernicana” spiega perché “prevede che a decidere sia un solo centro decisionale:
quello direttamente responsabile dell’intervento di cui si dispone”.
Il leader dell’Italia dei Valori dunque conclude il suo intervento con una nota politica: “Come vedete il Cdm non è luogo solo di rissa come viene descritto e di incomprensione, ma un luogo di lavoro dove le persone cercano di fare il loro dovere con tutta la buona fede possibile. E’ con questo spirito che ho partecipato anche oggi”.

MERITORIETA’

di Cesare Squitti

Credo che il termine meritocrazia sia superato e sia molto più idoneo il termine Meritorietà.

Per quanto riguarda l’ottima iniziativa del Ministro Nicolais credo in piena umiltà che ci sia bisogno di grande preparazione e approfondimento.
Più volte ho pensato ad un Master Universitario interfacoltà post- Laurea (ad es. Giurisprudenza, Sociologia, Economia, specifica in Architettura\Ingegneria) per formare personale specializzato atto a redigere, con mandato Governativo, un piano di produttività di un Ministero, previo un periodo di studio all’interno dello stesso Ministero (ad es. Infrastrutture se la specifica è Architettura\Ingegneria), ed un confronto reale con dirigenza e parti sociali.
Un piano apparentemente complesso ma mai quanto il quadro del Pubblico Impiego attuale.
Un caro saluto e un Augurio di Buon Lavoro

Saluto da Giovani Apd Campania

Cari Innovatori Europei,
mi chiamo Marco Giordano e sono il responsabile giovani
dell’ Associazione per il Partito Democratico della Campania.
Ho letto il vostro documento del 4 gennaio, e devo dire che ne
condivido pienamente lo spirito.
Anche noi dell’APD Campania sentiamo fortemente la necessità di
concorrere al cambiamento e all’ammodernamento del Paese in modo
condiviso e partecipato.

In questo senso noi riteniamo che la nascita del Partito Democratico
costituisca un’occasione irrinunciabile (probabilmente l’ultimo treno
possibile) per modernizzare il sistema politico italiano e per il
consolidare un bipolarismo effettivo e democratico, al passo con i
modelli di democrazia liberale radicati in tutto l’Occidente.

Ed e per questo che stiamo lavorando affinché veda la luce un Pd
caratterizzato da processi decisionali “partecipati”, scevro da scorie
ideologiche, con meccanismi di selezione della classe dirigente che
favoriscano il ricambio generazionale ed impediscano il formarsi di
piccole e grandi oligarchie.

Indi per cui siamo totalmente aperti e disponibili ad eventuali
percorsi in comune, iniziative, confronti. Lo spirito è lo stesso.

Un saluto,

Marco Giordano
Responsabile Giovani APD Campania

SULLA COMPASSIONE

di Giuseppina Bonaviri

E’ attualissimo il dibattito sulla “compassione”.
Una compassione che va oltre la retorica o la bioetica come razionale consapevolezza dell’irreversibilità di un evento. Forse nuovo fronte concettuale che coniuga l’uomo alla pratica: sia essa medica, giuridica, religiosa, estrema. Forse un sentimento radicato nel nostro patrimonio biologico, imprescindibile, immutabile che ci rende vulnerabili, di alto valore morale.
Neutralità o partecipazione oggettiva alla sofferenza di un altro.

La dimensione si può ritrovare nel relazionale, nella dialettica tra scienze esatte e scienze umane, tra soggettività ed osservazione. L’oscillazione è tra “avere di fronte qualchuno o essere con qualcuno”. L’assenza di una dimensione forte di ricerca critica obiettiva sarà, dunque, sostituibile con la posizione di poteri tra buoni e cattivi, tra politicamente corretti e non, strutturazione che rimane precaria ed ideologica.

Così, lo spazio della sofferenza -sacra ed universale- continuerà solo a produrre algide applicazioni procedurali di ambigue leggine e normative. Ahimè!

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