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rinnovamento

6 Ottobre, Roma: “La Politica tra Riforme e Progetti”

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Dopo lo scorso convegno di Settembre 2015 sul Mezzogiorno protagonista tra Europa e Mediterraneo, che ha contributo al Master Plan per il Sud, nell’ultimo anno gli Innovatori Europei si sono concentrati sul tema della Forma Partito, dentro e fuori la omonima Commissione istituita nel Partito Democratico, provando ad orientare il dibattito sull’importanza di un Partito – ma più in generale di partiti – aperto e scalabile attorno alla realizzazione di “Progetti” condivisi, veri collanti di un dialogo territori e istituzioni centrali, unici attrattori di sano consenso, in un periodo caratterizzato da così alta disaffezione per la politica.

Nel pieno del dibattito sul Referendum Costituzionale di autunno, che propone la approvazione di importanti modifiche al sistema istituzionale, che aprono il Paese ad una fase di nuova progettualità si è dunque scelto di dedicare il prossimo convegno annuale a “La Politica tra Riforme e Progetti“.

Il convegno è organizzato dal Comitato #BastaunSì di Innovatori Europei e si terrà il 6 ottobre 2016 dalle 9.30 alle 14 presso la Sala delle Conferenze del Partito Democratico, in Via Sant’Andrea delle Fratte a Roma –

Per partecipare: infoinnovatorieuropei@gmail.com

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Link al Resoconto del Convegno La Politica tra Riforme e Progetti

 

Il PD si è “schiantato” nelle città. Ora una nuova classe dirigente locale attorno alla nuova Forma Partito

di Massipdmo Preziuso

E’ successo quello che mi aspettavo, e di cui scrissi ad Aprile scorso.

Ripresentando all’elettore – cittadino italiano una classe dirigente locale chiusa al cambiamento e al rapporto con i nuovi ceti sociali, in assenza di quella nuova Forma Partito che poteva e può avviare un cambiamento nel rapporto tra centro e periferia (e tra Governo e Partito), il Partito Democratico si è “schiantato” nelle grandi città, anche nelle roccaforti dove è arrivato agilmente primo al primo turno, come a Bologna e Torino, ma rischia al secondo.

Ma è soprattutto a Napoli (11% di voti alla lista del Partito!) e a Roma (17%!) che il PD deve completamente rinnovare il proprio personale politico e tornare seriamente a costruire Progetti partecipati, se non vuole perdere anche la leadership nazionale a breve, in favore del Movimento Cinque Stelle. O di un un Centrodestra , frammentato e indefinito in tutta Italia, che a Milano (città in cui il PD a guida Sala è forte e competitivo) torna in pochi mesi competitivo, mettendo in campo una figura di manager – politico naturale come quella di Stefano Parisi, che potrebbe assumere facilmente il ruolo di leader e rinnovatore nazionale.

Bene allora la scelta di stamane di Matteo Renzi di commissionare il PD napoletano (e chiaro che a breve lo stesso andrà fatto per quello romano), ma solo se questo sarà preludio di rinnovamenti sostanziali e generali.

Il “sistema chiuso” dei Partiti nei territori non regge più, anche perché ieri nelle medie e grandi città è totalmente emerso il “nuovo elettore” italiano , che va al voto affamato di visioni, narrative e figure nuove, come quelle che Virginia Raggi e Luigi de Magistris hanno saputo raccontare.

Si apra allora una seria riflessione su come si mette in campo una competente e preparata classe dirigente locale e, in contemporanea, si dia attuazione alla nuova Forma Partito del Partito Democratico, con la quale riprendere a tessere il dialogo con la nuova società italiana, emersa pienamente ieri.

Verso le europee. Un PD più innovativo possibile. Adesso o mai più

Europee-2014di Massimo Preziuso su L’Unità

Per il Partito Democratico è tempo di spingere nel solco di quel cambiamento innovativo invocato da Matteo Renzi, per ora avviato nella comunicazione e nella forma.

Con il declino netto del Partito Socialista francese alle amministrative di ieri, a due mesi da elezioni europee  “costituenti”, fondamentali per il rilancio del Sud Europa, non si può davvero scherzare.

Soprattutto se si pensa che, dopo anni di tentennamenti, il PD a guida Renzi ha deciso di entrare nella famiglia socialista solo qualche settimana fa, dando vita ad una chiara contraddizione politica: quella del giovane premier rinnovatore, formatosi nella Margherita, che aderisce ad una famiglia politica piena di valori sedimentati nel tempo, in alcuni casi meno innovativi e attuali di qualche anno fa.

Una scelta rischiosa, dunque, come si è poi visto con i risultati di ieri. Che si sommano al precedente annuncio del mancato supporto dei laburisti inglesi al candidato socialista alla presidenza della Commissione Europea Schulz.

E allora per ovviare al rischio di una débâcle alle europee, il Partito Democratico ha una sola via possibile: quella di tradurre le speranze di rinnovamento e riformismo riposti nella carica comunicativa e di leadership di Matteo in cambiamenti concreti da qui a maggio.

Tre sono i livelli su cui operare:

– Riforme. Il PD sostenga Renzi a migliorare e approvare quella elettorale e avvii una sostanziosa spending review che dia forza ai consumi italiani, con un aumento dei salari netti degli italiani tutti (non solo i dipendenti!).

– Alleanze elettorali. La sensazione è che il PD non possa più permettersi le alleanze storiche. Fortunatamente, il “Centro Democratico” è andato ad avventurarsi nell’ALDE italiana. Ma è evidente che anche la alleanza con un “SEL” statico e pieno di contraddizioni non regge più. Essa è in forte contrasto con la visione che gli italiani e gli elettori democratici hanno di questo nuovo PD.

– Persone e competenze. Il Partito di Renzi ha finalmente la forza di aprire la porta ai  Talenti italiani presenti nel mondo, che oggi han voglia di “ricostruire” il Paese, disegnando con il governo nuove politiche industriali competitive. Lo può fare a partire dalle nomine delle aziende quotate di cui si discute in questo periodo.  Può non  farlo, riconfermando il molte volte vetusto management attuale, o imponendo figure politiche senza riguardo al merito, dando in quel caso il via ad una slavina. Evidentemente lo stesso ragionamento è applicabile nella scelta dei candidati alle europee.

In conclusione: il PD diventi più “innovativo” possibile. Faccia sua, con fatti netti e svelti, la voglia di cambiamento politico e progettuale presente nel Paese. Attui le prime soluzioni anticrisi. Altrimenti, rimanendo in una sorta di limbo tra visioni socialiste e rinnovamenti annunciati, i suoi risultati elettorali alle europee saranno sicuramente deludenti. Con effetti sulla stabilità del governo, e del Partito, immaginabili.

 

Adesso, il PD rinnovi istituzioni e governo!

partito_democraticoAbbiamo salutato con entusiasmo la nuova segreteria del Partito Democratico.

L’avvio netto del rinnovamento dipenderà ora dalla reale apertura che si vorrà dare a quelle personalità della società civile che hanno stimolato e sostenuto il dibattito negli ultimi anni.

Un progetto riformatore non può fare a meno di un percorso condiviso con la società.

– Si dia vita ai dipartimenti nazionali, nel PD, che siano estrapolazione della voce di quella cittadinanza attiva che è sinonimo di vero cambiamento.

– Si apra istituzioni e governo a figure rinnovatrici e competenti.

Noi ci siamo da sempre. E ci saremo.

Auguri!

Il Movimento 5 stelle assorbirà il PD senza che questo se ne accorga

imagedi Salvatore Viglia su Politicamente Corretto

Stanti così le cose è facile, ad essere un po’, almeno un po’, lungimiranti, capire che il futuro politico sarà tutto in rete. La strada è quella del partito unico che deciderà sulle leggi da votare.

L’attuale PD è un figurante di un film in bianco e nero.  Radere al suolo politicamente, negli uomini e nelle intenzioni, l’attuale partito Democratico è un imperativo categorico e si sarebbe dovuto già fare da un pezzo per avere voce nel capitolo attuale.

Nessuna alternativa esiste se non questa. C’è chi vedrebbe in Renzi la soluzione. Figuriamoci se il buon Matteo si andrebbe ad impelagare in una guerra persa impugnando lo scettro della presidenza del consiglio in una mano e nell’altra la bandiera bianca della resa incondizionata. E poi, senza aver vinto le primarie non accetterebbe mai. Anzi, probabilmente se ci vede bene, in futuro non si ricandiderà neanche alla primarie. Il problema insormontabile è la squadra. Vogliamo parlare delle deroghe oppure stendiamo un velo pietoso anche sul listino del segretario che avrebbe attinto, stando ai suoi proclami, dalla società civile? Ma lasciamo stare e parliamo di confronti. Avere contatti con il M5S significa adottare la rete come mezzo. Non appuntamenti, incontri, abboccamenti, tavole rotonde ma la rete. Un consesso universale complessivo di confronti attraverso un processo di democrazia ancora sconosciuto ma partecipativo. Yes, we can? No! Yes, it must…yes, it shall, tanto per parafrasare adattando lo slogan copiato da Obama.

IE, per esempio, non si addice a convivere con mummie alessandrine, neanche rivisitare anacronisticamente la storia costituente di un partito che partiva malissimo definendosi addirittura “Democratico” come se fosse stato possibile immaginare un partito antidemocratico. Noi siamo italiani e la nostra storia differisce da quella americana. Ma si sa che siamo abituati ad emulate le sintesi linguistiche dell’inglese. Ci piace. Il PD non esiste più. Forse non è mai esistito. Ce ne accorgiamo solo oggi con una consapevolezza implacabile e decisamente disarmante. E’ una inutile, pesante ripetizione complessiva di tutti gli errori commessi sino alle primarie scorse ed all’interno di esse. Un PD come questo nuoce e non serve a nessuno.

Il M5S ha posto una questione epocale: l’azzeramento dei partiti, di tutti i partiti ed il processo comincerà dall’interno di ciascuno di essi. Quando il PD si accorgerà e capirà questa realtà resterà di stucco nel bel mezzo del nulla. Finirà per ultimo ad approdare alla rete cercando di mostrare il suo essere progressisti in quella veste senza comprendere che la rete è tutto. E’ il setaccio dal quale si rastrellano le decisioni politiche, progressiste o no. Il PD finirà per essere assorbito dal M5S e, senza accorgersene, cambierà pelle amalgamandosi con Grillo, sia che lo voglia e sia che non l’abbia voluto.

Scusi, dov’è il bagno?

Di Salvatore Viglia

Rinnovare la classe dirigente è una impellenza e per questo necessaria.

Ma non può proporsi all’improvviso sostituendo tutti i veterani in un colpo solo. Sarebbe da incoscienti oltre che da masochisti.

Certo che, occupare un dicastero da parte di chi non ha esperienze in questo senso neanche “adiacenti”, rappresentare un governo dalla poltrona della presidenza del consiglio da un momento all’altro, significherebbe cominciare da Adamo ed Eva a partire dalla conoscenza logistica dei servizi igienici.

Se una colpa è da imputare al PD è la disattenzione passata per la formazione in previsione di un ricambio generazionale ai vertici delle istituzioni. Una panchina avara di ricambi perché la scuola stessa non è stata mai istituita in tal senso.

Scuola soppiantata da un concetto di militanza sorpassato e superato dallo stesso Bersani perché dichiara che si rivolgerà ai cittadini comuni ed alle liste civiche quando si tratterà di stilare la squadra dei candidati.

Quindi Pier Luigi rappresenta il giusto passaggio da una storia all’altra senza azzardi. Saprà, anzi, dovrà rendersi interprete dei progressi in atto nel paese e tra i cittadini, nel modo di comunicare, di protestare e proporre.

Prendendo per oro colato le sue promesse, egli rappresenta la giusta sintesi che traghetterà l’esperienza nel rinnovamento approntando ogni precauzione possibile per evitare scosse e danni ulteriori.

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