referendum
Energia nucleare e Referendum – Domande e risposte
Le centrali nucleari ci liberano dal petrolio e salvano l’ambiente?
- con l’energia elettrica non possiamo oggi scaldare le nostre case, cucinare, muovere camion, navi, auto, moto, trattori, aerei
- solo rottamando milioni e milioni di impianti di riscaldamento e di veicoli a combustione potremmo evitare di ricorrere ai combustibili tradizionali
- per evitare grandi perdite di energia, le centrali elettriche (nucleari e non) vanno collocate “dove servono” e la loro distribuzione dovrebbe essere capillare
- solo attraverso una capillare distribuzione dell’energia elettrica prodotta, sarebbe possibile sfruttarla efficacemente. Cio’ richiede fattibilita’, costi di realizzazione, riduzione delle perdite elettriche nelle linee, etc
- quindi le centrali elettriche non ci liberano dai combustibili fossili, non riducono le emissioni di CO2, non rappresentano la soluzione alle problematiche energetiche mondiali
- di conseguenza le centrali nucleari (che sono centrali elettriche) non possono risolvere i nostri problemi energetici, non salvano l’ambiente dalle emissioni di CO2, non permettono un’economia “diversa” da quella attuale
Quali sono i reali costi del nucleare?
- L’emissione di radioattivita’ delle scorie si dimezza in migliaia di anni, rendendo praticamente “eterna” la potenziale emissione di radioattivita’ pericolosa. Un tempo enorme che comporta costi spropositati di gestione e rischi difficilmente eliminabili con certezza di emissioni radioattive nell’ambiente
- ad oggi non e’ stata trovata una tecnologia che permetta l’eliminazione “rapida” di queste scorie, per cui insistere su queste tecnologie e’ insensato e coinvolge le generazioni future in un “mutuo” decisamente arrischiato
- i costi delle centrali nucleari vanno quindi ricalcolati aggiungendo tutti i costi di gestione connessi: gestione delle scorie, elettrificazione capillare del territorio, conversione di mezzi e impianti di riscaldamento
- In italia stiamo ancora spendendo miliardi di euro per la dismissione di centrali nucleari chiuse da decenni
Chi investe oggi nel nucleare “attuale”?
- Nessuno. Non c’e’ alcuna corsa alla realizzazione di centrali nucleari basate sulle attuali tecnologie perche’ esse non risolvono alcuno dei nostri problemi energetici ed ambientali
- I motivi sono semplici: costi astronomici, rischi di incidenti, difficolta’ di collocazione. Ecco perche’ tra i tanti paesi industrializzati, perfino gli USA non realizzano piu’ nuove centrali nucleari ma si limitano a mantenere attivi gli impianti esistenti, “a perdere”, in attesa di future e diverse tecnologie, meno problematiche
- il Dipartimento dell’Energia (DoE, fonte certamente difficilmente definibile “ecologista”) indica in documenti ufficiali il progressivo disimpegno degli USA nell’utilizzo di centrali nucleari. Si passa dall’attuale 14.5% per cento al 12% tra vent’anni, attraverso una progressiva e costante dismissione degli impianti esistenti, chiaro “funerale” dell’energia nucleare basata sulle attuali tecnologie
L’energia nucleare e’ rischiosa?
- I rischi esistono e non sono certo “rischi di gioventu’”. Chernobyl, Fukushima sono solo i casi piu’ gravi. Al mondo si sono verificati centinaia di incidenti piu’ o meno gravi, che hanno dimostrato la sostanziale impossibilita’ di utilizzo “sicuro” del nucleare, anche dove e’ stato fatto “tutto il possibile” per evitare incidenti
- i rischi derivanti dalla continua circolazione di materiale radioattivo sono grandi e legati a diversi fattori (incidenti, calamita’, terrorismo, uso improprio, etc)
- la capacita’ di evitare incidenti derivanti da guasti, errrori umani e calamita’ naturali, non aumenta con il passare del tempo. Pertanto la tecnologia nucleare attuale si dimostra di fatto intrinsecamente rischiosa
- l’indubbia efficienza nipponica, la loro capacita’ di convivere con i terremoti e la grande capacita’ di gestione delle tecnologie non e’ stata sufficiente ad evitare che un evento prevedibile e previsto causasse un disastro di proporzioni ancora difficilmente misurabili, con effetti locali e globali ancora da stabilire
- con le centrali elettriche tradizionali non c’e’ possibilita’ di incidenti di cosi’ grande impatto
- un disastro nucleare ha effetti planetari, non solo locali
I molti problemi aperti
- ogni centrale ha lunghe fasi di manutenzione che bloccano la produzione continuativa per tempi non indifferenti, per cui le centrali devono essere realizzate in numero sovrabbondante per poter garantire una produzione continuativa dell’energia necessaria. Questa ridondanza aumenta ulteriormente i costi
- l’energia elettrica richiede capillari linee di distribuzione, non sempre realizzabili. L’energia deve essere prodotta quindi “nei pressi” dell’utilizzatore finale. Il trasporto su lunga distanza ha costi notevoli e non sempre e’ possibile realizzarlo
- il combustibile nucleare ha altissimi costi di produzione, trasporto, trattamento, riciclaggio, stoccaggio, oltre che di sicurezza, per impedire che venga trafugato od utilizzato in modo improprio
- esattamente come per i combustibili tradizionali esistono problematiche commerciali e geo-politiche non indifferenti
Riflessioni per il referendum
- forse in futuro le tecnologie nucleari potranno darci risposte a molti problemi. Oggi “questo” nucleare costa troppo, e’ rischioso e puo’ essere sostituito da altre fonti di energia elettrica meno problematiche
- solo in questo modo potremo evitare scelte “di mercato” del tutto lontane dagli effettivi interessi e necessita’ delle persone
Ai referendum del 12 e 13 Giugno diciamo quindi un chiaro e forte SI all’abrogazione dei progetti nucleari del governo
Gli autogoal del Governo sull’energia (e non solo)
di Massimo Preziuso
La situazione politica (e, di conseguenza, quella generale) peggiora di giorno in giorno in Italia.
L’ultima uscita pubblica brianzola del ministro Romani – che definisce “in malo modo” la sua collega ministra dell’ambiente e fa intendere che l’imprenditore medio italiano, eccetto quello lombardo, è “inaffidabile” – denota totale assenza di una linea di Governo sui temi legati allo sviluppo del Paese, a cominciare da quello delicato dell’energia (rinnovabile, in queste ore), a cui è legata la gestione della crisi libica.
Nel breve, vi è da sperare che il ministro Prestigiacomo (che, va detto, in varie occasioni pubbliche ha dimostrato – unica nel suo Governo – una vera sensibilità verso il tema rinnovabili) faccia ora pesare il suo ruolo di ministro dell’ ambiente nel CdM di martedì prossimo.
Ma più in generale questo approccio di Governo non può continuare ad andare avanti. Così stiamo irreversibilmente massacrando un Paese.
Fortuna che alle elezioni amministrative di Maggio questo molto probabilmente si tradurrà in una grande debacle del PDL (e forse anche della Lega nord) a cominciare da Milano (dove Pisapia e Palmieri possono e devono unirsi, al ballottaggio, e vincere) e Napoli (dove il centro destra, più che il suo candidato, è inguardabile).
Ma, aldilà di questi “desiderata” che molto probabilmente si tradurranno in “fatti” a breve, speriamo che questa serie di autogoal politici finisca e che, a cominciare dalla firma del Decreto attuativo sulle rinnovabili (anche grazie all’intervento del Berlusconi industriale ed imprenditore), si inizi a legiferare per il bene del Paese, e non per quello di pochi ma grandi interessi.
Questo fondamentalmente perchè (basta girare un po’ per Roma o Milano per capirlo) il Paese è seriamente impoverito e demotivato, e non merita di esserlo ulteriormente.
Ed infine, auspichiamo tutti che la giustizia amministrativa (attenzione anche qui a non permettersi il lusso di fare diversamente) ridia – dopo anni – la parola agli elettori per il voto referendario del 12 e 13 Giugno sul ritorno al nucleare (ma anche sulla privatizzazione dell’acqua e sul legittimo impedimento), affinchè noi tutti potremo avere di nuovo il diritto di dire cosa ne pensiamo su temi così importanti per la nostra e le future generazioni, e piu’ in generale sulla linea politica di un Governo che ci continua a fare affondare.
Abbiamo tutti bisogno di tornare presto ad un minimo di normalità.