Significativamente Oltre

preziuso

R-innovamenti Bersaniani necessari, adesso!

di Massimo Preziuso su L’Unità

Come volevasi dimostrare già a novembre 2011, ci avviciniamo alla Grecia anche noi, inaspettatamente (allora) anche “grazie” a questo governo, che ha dato il colpo finale a un Paese già in ginocchio, paralizzandolo completamente nella sua “vita reale”.

Alcuni dati di queste ore, su tutti:

– obbligo di ferie forzate – per tutto il mese di Agosto – richiesto ai dipendenti di moltissime aziende italiane,

– debito pubblico cresciuto al livello record (nonostante 10 mesi di pura azione anti-debito),

– totale blocco delle assunzioni, a tutti i livelli, in Italia (mentre aumentano massicci i piani di licenziamenti nelle primarie aziende e banche) con un paio di generazioni già oggi fuori da qualunque futuro lavorativo.

Si abbia ora tutti (media per primi) il coraggio di dire prima di tutto questo, smettendola di difendere la mitologia di un “Super Monti” soprattutto dopo che oggi, dopo una due giorni infernale nei mercati per l’Italia, se ne esce con un imbarazzante: “situazione difficile, puntare su economia reale”.

I partiti politici, fino ad ora, lo hanno solo velatamente e a tratti criticato, per poi correggere subito dopo il tiro, per paura di essere attaccati da media e cittadini (si, anche noi!).

Ora la Politica deve fare un passo avanti, o non lo farà mai più.

Per primo il Partito Democratico, che deve accelerare sui tempi decisionali e (provare, rischiando, a) prendere la guida del Paese, da adesso, aldilà di quando si andrà a votare.

Bersani indichi subito e senza timori la data delle primarie e convochi (dopo) i “partners” con cui vuole  condividere un percorso politico e programmatico.

Aprirà così una nuova stagione, grazie a quelle enormi energie potenziali presenti nel Paese, che si metterebbero in gioco con lui, e che oggi invece rischiano di andare in “corto circuito” per sempre.

Non c’è più tempo da perdere, pena ritrovarci con un Monti Bis in una Italia irriconoscibile e in “stato di guerra”, già a cominciare da Ottobre – Dicembre prossimi.

Questo perchè è ormai chiaro a tutti che il Paese è attaccato per due motivi, prima ancora che per il Debito Pubblico (che c’è sempre stato e sempre ci sarà, seppure in maniera un po’ più ridotta): la assenza di un futuro politico delineato (nella continua tentazione, forse ormai distrutta da fatti così netti, verso una “grande coalizione Montiana”) e la inattitudine dell’attuale Governo ad affrontare il tema della crescita, in un periodo di conclamata recessione.

Non è possibile stare a guardare il Paese affondare. E per il Partito Democratico è davvero ora di smetterla con la “strategia” e le “grandi questioni” e di cominciare a proporre semplicimente la propria visione per il futuro di un’Italia – lasciata allo sbaraglio dal Governo dello spread – che ha bisogno da subito di almeno un minimo di normalità.

Forza, Bersani, ora tocca a Te!

R-innovamenti politici dalle associazioni

di Massimo Preziuso su L’Unità

La situazione politica è alquanto strana, come al solito, in Italia.

Basta leggere il botta e risposta di pochi minuti fa su Twitter tra la senatrice Finocchiaro (che dice “vogliamo che gli elettori scelgano gli eletti, ma non vogliamo le preferenze”) e il leader Casini (che risponde “ma senza preferenze, con l’uninominale, i cittadini non scelgono nulla”) – laddove la riforma elettorale è l’unico eventuale goal che gli italiani possono fare con questo Governo tecnico, fatto solo di austerità, tagli e nuove tasse – per capire che siamo messi male davvero.

E’ chiaro che i Partiti tutti sono immobilizzati nelle solite logiche di dibattito interno sulla direzione da prendere.

E in questo immobilismo stanno tralasciando completamente le esigenze di noi cittadini, nel nome dello “spread” (è sempre di pochi minuti fa la reazione fuori dai canoni del premier Monti alla critica, da me condivisa a pieno, del presidente confindustriale Squinzi sull’operato del primo, che dice “in questo modo, facciamo crescere lo spread”) e dei mercati finanziari.

Tra le necessità, le principali sono due: il lavoro e la riforma elettorale appunto.

Sul tema lavoro, mentre migliaia di lavoratori ogni settimana vengono “dismessi” da aziende che molte volte approfittano della crisi per dichiararsi “fallite” e chiedere l’intervento dello Stato, il governo e la politica non si rendono conto della necessità di interventi globali, possibilmente di natura europea, come i “sussidi alla disoccupazione” accompagnati ai “contratti di solidarietà” (di cui abbiamo discusso sin dal 2009 in Innovatori Europei), prima che il calo dei consumi e della produzione ci porti a breve in una spirale irreversibile di recessione economica e crisi sociale.

Sulla riforma elettorale, mentre il governo tecnico va avanti come un treno (solamente) nell’abbassare standard di vita raggiunti in Italia in almeno 50 anni, iniziando pure a mandare sul mercato i primi (ma non ultimi) importanti pezzi di patrimonio pubblico, con i partiti politici (in questo caso) ”distratti” dalla gestione di proprie complessità interne, i cittadini rischiano di dover votare di nuovo molti di quei politici che dovrebbero tornare a vita privata, non avendo raggiunto nemmeno minimamente i propri obiettivi di public servants.

Come ci siamo detti già nei mesi scorsi è proprio tempo di r-innovamenti politici, nei partiti e nelle associazioni.

Ma è soprattutto da queste ultime che deve arrivare nuova linfa verso le istituzioni e la società tutta.

E’ arrivato il momento che vari pezzi dell’associazionismo di settore – che in molti casi condividono radici, percorsi e finalità – la smettono di viaggiare in solitario e si uniscano per fare goal condivisi, per il bene del futuro prossimo del Bel Paese.

Non è più possibile stare a guardare la politica e le istituzioni auto riformarsi.

E’ un dovere per tutti partecipare, con i propri limitati mezzi e le proprie capacità, alle prossime elezioni politiche.

Con o senza (molto più probabile) il permesso dei partiti politici.

Questo il mio augurio per il nostro Paese.

R-innovamenti BRICS: intervista a Sandro Gozi

R-innovamenti BRICS: intervista a Sandro Gozi

 di Massimo Preziuso (su L’Unità)

Intervista a Sandro Gozi, responsabile politiche europee del Partito Democratico e del comitato parlamentare Italia – India

Ciao Sandro.

All’interno del progetto Innovatori Europei BRICS, abbiamo voluto intervistarti perchè sei la persona più adatta con cui parlare di politiche innovative per lo sviluppo delle relazioni del nostro Paese con questi luoghi dotati di straordinaria rapidità di cambiamento e opportunità.

1)      Partiamo dalla fine: Non credi che il nostro Paese debba rovesciare il (falso) problema della delocalizzazione delle nostre fabbriche e lo spostamento di investimenti verso i paese emergenti e soprattutto BRICS, aiutando – soprattutto i giovani – a comprendere le enormi opportunità che risiedono in tali luoghi? Non è il momento di una ondata di “emigrazione” di cervelli italiani in Paesi come l’India, che possano poi diventare i nostri ponti per la creazione di relazioni di ogni tipo (come avviene in Germania o Inghilterra tramite le istituzioni universitarie)?

Quello della delocalizzazione delle nostre imprese all’estero è solo in parte un falso problema. Se infatti si considera che il nostro paese continua a perdere posizioni nella classifica degli “attrattori” di investimenti diretti esteri, la delocalizzazione delle imprese italiane all’estero si traduce in un perdita di capitali, di occupazione e di prelievo fiscale, in molti casi. In secondo luogo se è vero che i BRICS sono ormai paesi non più emergenti ma “emersi” pur tuttavia non sono l’eldorado. Grandi possibilità, certo, ma anche grandi difficoltà sia per i lacci e laccioli della burocrazia (India), sia per le difficoltà della crisi economica (Cina) e delle sue conseguenza, il ritorno del protezionismo in particolare. Non dimentichiamo che se è vero che siamo ancora in una fase di piena globalizzazione, nondimeno il fenomeno della deglobalizzazione, cioè il ritorno delle imprese nei paesi di origine, si sta facendo consistente.

Sulla questione dell’emigrazione guidata, non sono d’accordo. Per una serie di ragioni. Innanzitutto la parola “emigrazione” sa di fame e povertà. In secondo luogo mi ricorda due fasi della storia italiana – quella post unitaria e quella del dopoguerra – quando per risolvere l’instabilità del sud e la disoccupazione si favorì l’emigrazione. Per assurdo, è chiaro che facendo emigrare tutti i disoccupati, si risolverebbe il problema in un lampo, ma questa scorciatoia non può essere l’obiettivo di una politica seria e responsabili per il bene del Paese. Questo non significa certo chiudere i confini del paese, ma fare in modo che la decisione dei giovani di andare all’estero, o nei BRICS, nasca da una libera scelta più che da una stringente necessità. Per questo sarei favorevole a sprovincializzare il Paese, ad avviare campagna di informazione su questo grande fenomeno che è l’emersione dalle nuove potenze e ad aprire canali che possono facilitare coloro che hanno deciso di cogliere le nuove opportunità presenti in questi mercati. Ma non mi spingerei oltre.

2)      Andando all’India, quali i settori di maggiore cooperazione? Secondo noi si dovrebbe cominciare dallo sfruttare sull’ enorme apertura del loro settore retail e puntare poi su Cultura, Moda, Tecnologie, Energia, Ingegneria e Meccanica – Manifattura, dove l’Italia detiene un enorme vantaggio competitivo. Che ne pensi?

I paesi europei, nel complesso, hanno rappresentato il 19%  delle importazioni indiane; fra questi il 3,6% proveniva dalla Germania e il 2,1% dal Belgio; Francia e  Italia detenevano una quota pari a 1,5% e 1,3%, rispettivamente (Anno fiscale 2009-2010). Nello stesso arco temporale le esportazioni indiane verso l’italiana rappresentano il 1,9% delle esportazioni complessive del paese (Olanda, 3,6; Regno Unito, 3,5; Germania 3%; Francia, 2,1)

“Sulla base dei dati Istat, nel primo semestre del 2010 le importazioni dall’India sono ammontate a 1,8 miliardi di euro, salendo del 19,4% rispetto al medesimo periodo del 2009, a fronte di una crescita del 18% registrata da quelle complessive; cfr. Tavola 5; la quota di mercato delle merci indiane nel nostro paese è pertanto salita leggermente all’1,03 per cento a quelle cinesi era invece riconducibile il 6,8%. Le importazioni dall’India si compongono in primo luogo di prodotti dell’industria tessile e dell’abbigliamento, con un’incidenza del 29%, seguiti dai mezzi di trasporto 13% e dai prodotti di base e metallo e quelli chimici rispettivamente 10,7% e 10,3%. Sempre sotto il profilo merceologico, i mezzi di trasporto sono fra i prodotti per cui si registra il più sensibile aumento nell’incidenza complessiva sulle nostre importazioni dall’India” (Fonte Ice MAE)

“La maggiore dinamicità delle economie emergenti si è riflessa nell’evoluzione ancora sostenuta delle esportazioni italiane verso questi paesi. Quelle verso l’India, pari a 1,51 miliardi di euro, hanno segnato un aumento del 23,3%, quasi doppio di quello registrato dalle nostre esportazioni complessive 12,6%, e in linea con la dinamica segnata nei confronti della Cina 23%. Fra i prodotti italiani più esportati in India, figurano in primo luogo i macchinari e gli apparecchi elettrici e meccanici con una quota del 43,1%, seguiti dai prodotti di base in metallo 12,1%, le sostanze e i prodotti chimici 9,3% e i mezzi di trasporto 6,7%” (Fonte Ice Mae).

C’è però una riflessione da fare sul caso indiano. La struttura dell’economia indiana è infatti assolutamente sui generis: se infatti un parte del paese è ormai proiettata nella fase post-industriale (servizi e prodotti ad alta intensità di capitali e di conoscenza), un’altra parte del paese (senza una precisa demarcazione territoriale) è ancora in una fare pre-industriale. L’India oggi per risolvere una parte dei problemi che l’affliggono ha pertanto bisogno di una fase industriale, fatta di attività labour-intensive. Io credo che qui, in un’ottica di cooperazione mutualmente vantaggiosa per l’Italia e per l’India, le nostre imprese possono giocare un ruolo significativo.

3)      Quali i primi passi compiuti e quali i passi da compiere in Italia per creare concrete collaborazioni con l’India?

Credo sia unanimemente riconosciuto che il viaggio di Romano Prodi abbia rappresentato un punto di svolta nelle relazioni tra i due paesi. Sulla scia di quell’esperienza si è inserito il rilancio dell’Associazione Italia-India che ha organizzato varie iniziative a riguardo.

4)      Facilitare i Visti di professionals e studenti BRICS aiutandoli all’inserimento professionale ex – ante e all’inserimento sociale in itinere in Italia. Una idea realizzabile?

5)      Non è limitante l’approccio usato dall’inziativa targata Partito Democratico denominata “Controesodo” che facilita il rientro degli Italiani residenti all’estero attraverso una Tax facility? Non dovrebbe semmai essere applicata al contrario, per i talenti BRICS che vengono in Italia?

Rispondo a queste due domande congiuntamente. A proposito di un percorso preferenziale per i visti professionals e per gli studenti, lo ritengo non solo un’ottima idea, ma anche un fronte sul quale l’Associazione sta già lavorando. L’approdo di nuove intelligenze e di nuovi talenti non può che far bene alla cultura e all’economica dell’Italia, il che poi significa anche creare quell’intreccio di legami umani che sono la vera forza nelle relazioni bilaterali tra i paesi. Per questo sono assolutamente favorevole all’ipotesi di una Tax facility per i talenti dei BRICS. Tuttavia credo che non basti, insieme alle misure di facilitazione fiscale, servono anche delle politiche “umane”: politiche di accoglienza, politiche abitative, iniziative che favoriscano l’inserimento scolastico, per i figli di coloro che hanno deciso di venire a lavorare in Italia ed infine affrontare la questione della cittadinanza per le seconde generazioni. A tale proposito mi sia permesso citare Max Frish, l’intellettuale elvetico, che riflettendo sugli errori della politica migratoria svizzera così si espresse “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. La scelta di lasciare il proprio paese è, per il migrante, una scelta di vita, che tocca ogni aspetto della propria esistenza. E’ per questo che se si vogliono attuare delle politiche migratorie che favoriscano l’approdo in Italia di alcuni gruppi o categorie, bisogna pensare ad interventi che coprano la globalità dell’esperienza umana, per non commettere ancora una volta l’errore di voler “parcellizzare” l’immigrato, “prendendo” solo ciò che ci pare più utile e dimenticando che dietro ogni talento, dietro ogni professionista, c’è un uomo che ha in testa un proprio progetto di vita, per sé, per la sua famiglia e per i suoi figli.

Grazie per la disponibilità.

Massimo Preziuso

www.innovatorieuropei.com

 

R-innovamenti secondo Bankitalia

 

 

 

 

 

 

 

di Massimo Preziuso (su L’Unità)

 

Torno da una bella mattinata passata al Quirinale, dove il Centro Studi Arel ha organizzato un dibattito incentrato sul tema “Giovani senza futuro?“, titolo di un libro scritto da più mani rappresentative del mondo giovanile, e curato da Dell’Aringa e Treu.

Stranamente la mattinata non mi ha colpito per i pure interessanti interventi della ampia rappresentanza del mondo dei giovani invitati a dibattere con il Presidente Napolitano.

Nemmeno per l’ottimo Presidente – di cui da tempo apprezzo la carica di umanità e capacità di analisi storica e del presente – nonostante la bellissima frase di chiusura della giornata (“Se le porte e le finestre le trovate chiuse, cercate di spalancarle, io non ho altre ricette da suggerirvi”).

Mi ha invece colpito enormemente ascoltare, senza avere la possibilità di criticarlo per nemmeno un istante, il nuovo Governatore della Bankitalia, Ignazio Visco.

Fino ad oggi ne avevo letto solo sui giornali e consociuto per il forte curriculum professionale, ma non avevo mai avuto modo di approfondirne lo spessore politico.

Nemmeno da un altro grande Governatore come Mario Draghi avevo mai ricevuto una sintesi così stimolante di rappresentazione della complessità e della novità che la nostra società vive e si trova a dover rapidamente affrontare.

Mai prima avevo sentito una figura istituzionale denunciare chiaramente l’analfabetismo proprio delle classi dirigenti attuali (i non giovani) rispetto alla complessità attuale (che i giovani molto meglio conoscono), che è riassunta nella Rete Internet (ma non solo), traducendo in maniera semplice concetti complessi come quello di “(in) adattamento funzionale” di un Paese come il nostro (da questo punto di vista ai livelli più bassi tra i Paesi avanzati).

Mai una figura di questo livello proporre ai giovani laureati italiani uno scambio tra maggiori livelli salariali e un’aumentata flessibilità dei contratti, prendendo spunto dai mercati del lavoro più dinamici e competitivi.

Oggi posso dire di aver ascoltato e conosciuto una altissima figura istituzionale calata perfettamente nell’Italia del 2012.

E’ anche grazie a scoperte come queste che ci si sente fieri comunque di vivere in Italia.

R-innovamenti meridionali nel mediterraneo

di Massimo Preziuso (su L’Unità)

Nel giorno del ventesimo anniversario della strage di Capaci vorrei tanto che in Italia si parlasse finalmente di Sud e di rinnovamenti meridionali.

Del Sud bello, non di quello raccontato nelle televisioni e nei giornali, dagli spiacevoli fatti di questi ultimi giorni.

Scrivo di questo perchè in questa fase di oscurità sociale, economica e politica è proprio dalla riscoperta del vero Mezzogiorno, fatto di cultura, tradizioni, cibo buono e tanto sole, che il Paese può ripartire.

Da un lato guardando con occhi fieri a Nord verso Roma, Milano e l’Europa.

Ma soprattutto puntando di corsa lo sguardo verso il Mediterraneo, dove intere popolazioni e Paesi (dalla Turchia al Marocco) – molto più simili a noi di quanto crediamo –  ci accolgono da sempre, noi italiani, con braccia aperte e sorrisi pieni.

E’ arrivato il momento che il Sud riparta da solo verso questi lidi naturali, senza più aspettare ulteriori decisioni e proclami di altri.

Per farlo deve tornare a credere nelle potenzialità insite nelle tradizioni dei padri e dei nonni e in quell’enorme bagaglio di apertura e innovazione dei giovani.

E allora da dove cominciare?

Prima di tutto da una repentina e congiunta azione delle leadership politiche meridionali che, aldilà delle appartenenze politiche (oggi più che mai annientate dai fatti e dalle circostanze italiane) si incontrino, possibilmente nella bella e oggi sofferente città di Brindisi, per gli STATI GENERALI DEL MEZZOGIORNO NEL MEDITERRANEO.

Da lì disegnino una fase di r-innovamenti e di prosperità per la società e l’economia italiana, supportati dalle crescenti politiche euro-mediterranee dell’Unione Europea.

Un appello ai Governatori Caldoro, De Filippo, Lombardo, Scopelliti, Vendola: fate presto!

Innovatori Europei nel libro “Lobbying & Lobbismi”

Il valore del lobbying per la democrazia e la crescita dell’Italia. Spesso denigrata in Italia, nel suo libro Gianluca Sgueo illustra le virtù di un’attività lobbistica regolamentata e riconosciuta, suggerendo le regole per farla funzionare in modo efficiente e trasparente

Le cronache degli ultimi anni in Italia, il caso Bisignani, ultimo in ordine di tempo, e l’opposizione alle proposte di liberalizzazioni avanzate dal governo Monti, hanno rafforzato le connotazione negative associate alle lobby, viste come raggruppamenti di affaristi, difensori di caste e faccendieri. Nel suo volume Lobbying & lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale (Egea 2011, 263 pagg., 24 euro) Gianluca Sgueo mostra invece come fare lobbying può essere un’attività trasparente e regolamentata con un ruolo fondamentale per il buon funzionamento della democrazia e dell’economia, disegnando le linee guide per favorire in Italia una crescita culturale nei confronti del lobbying e instaurare un sistema efficace e funzionale.

Come sostiene infatti nella sua prefazione Giuseppe Mazzei, direttore dei Rapporti istituzionali del Gruppo Allianz, in Italia permane “la congiura dell’ignoranza…dove la parola lobby è usata quasi sempre a sproposito come sinonimo di attività illecite o traffici immorali.” Mentre invece “il lobbismo corretto e ben regolamentato è un elemento cruciale per migliorare la competitività del sistema imprenditoriale e in genere del sistema democratico.”

Nel volume infatti Sgueo illustra in maniera vivace e dettagliata la funzione dei lobbisti in una democrazia contemporanea, funzione che fa parte del meccanismo che favorisce una democrazia partecipativa in cui viene incentivato il coinvolgimento dei cittadini nell’assunzione delle decisioni. Il fenomeno viene così fotografato, con esempi tratti sovente dal mondo anglosassone, illustrando i benefici ma anche i problemi senza timore di sottolineare aspetti e esempi negativi. Benefici che in termini di ritorno economico sono stati valutati dalla University of Kansas in uno studio che ha preso in considerazione un’attività di lobbying di 300 milioni di dollari che ha avuto un  ritorno di 220 volte il capitale investito.

Sgueo ripercorre con interviste e resoconti il ruolo delle lobby nelle campagne elettorali e nei processi democratici negli USA e Gran Bretagna, trovando in Italia pochi casi positivi da illustrare, come i risultati ottenuti dalla regolazione sul lobbying predisposta dalle Regioni.

La categoria in Italia attraversa infatti una profonda crisi di legittimazione, con le lobby dipinte come centri di potere finalizzati a raggiungere scopi non leciti o non negli interessi dei cittadini. Una crisi aggravata dalla mancanza di una regolamentazione organica, dall’assenza di un regime di trasparenza, dalla delegittimazione della politica e dei partiti e dalla mancanza di rappresentazione degli interessi del tessuto imprenditoriale prevalente, quello delle Pmi. Gli imprenditori, soprattutto quelli più piccoli, non si sentono rappresentanti dalle associazioni tradizionali e scalpitano per avere più peso.

Un sistema incompiuto che, secondo Sgueo, è specchio “dell’incompletezza di un intero sistema decisionale, di una ‘democrazia incompiuta’… Regolare coerentemente il lobbying significa dare alla nostra democrazia maggiore spessore, riconoscendo alla società civile il libero esercizio di iniziativa e, superando definitivamente il mito dell’interesse pubblico, ponendo il decisore a livello dei cittadini o delle imprese portatori di interessi.”

Sgueo entra poi in dettaglio sull’insieme di norme e approcci che va introdotto per dare al lobbying la sua giusta collocazione e dignità in Italia. La positività del lobbying può esistere infatti solo a condizione di fare e osservare regole. Ciò che serve in primo luogo, secondo Sgueo, è “una legge che disciplini le modalità di accesso alla categoria dei lobbisti, che ne definisca le modalità d’azione e la deontologia… Una definizione corretta del confine tra ciò che è lecito e non lecito fare nell’esercizio di pressione sul decisore pubblico è il problema più importante.”

Serve poi, secondo Sgueo, un investimento serio sulla formazione e selezione dei lobbisti con un sistema che prepari i futuri professionisti e che premi i più meritevoli. “L’ultimo passaggio potrebbe e (dovrebbe) essere l’integrazione ‘ufficiale’, e non più ufficiosa, delle pratiche di lobbying nel sistema democratico,” conclude Sgueo.

Gianluca Sgueo, giornalista, è ricercatore presso il Center for Social Studies dell’Università di Coimbra, docente presso l’Università degli Studi della Tuscia e direttore dell’Area Istituzioni di I-Com.

 

R-Innovamenti energetici

di Massimo Preziuso (su L’Unità)

Se c’è oggi un settore che meglio di altri rappresenta il baricentro del R-innovamento del nostro Paese, quello è il settore energetico.

In questi giorni si torna a parlare di politica energetica, ed è un fatto di per sè positivo. Problema è che, ancora una volta e inaspettatamente, dopo l’affossamento tramite referendum delle velleità nucleariste del Governo Berlusconi, oggi il Governo Monti prova a imporre un modello di sviluppo basato sulle rimanenti industrie monopolistiche (il Ministro Passera – e lo stesso Premier che pochi giorni fa nei suoi incontri Kazaki – vuole accelerare sulle estrazioni petrolifere!) e mature, addirittura andando a togliere ulteriori risorse al settore delle rinnovabili.

Una situazione incredibile, soprattutto per i molti “Green thinkers” che su questo Governo avevano fortemente puntato, e tra questi Innovatori Europei e SOS Rinnovabili, con il lancio del Manifesto “Ricostruiamo l’Italia con le Rinnovabili”.

In questi giorni, oltre al Corriere della Sera, anche giornali solitamente più moderati come La Repubblica indicano il fotovoltaico e le rinnovabili quali colpevoli dell’aumento delle bollette energetiche del Paese, provando, e in molti casi riuscendo, a convincere le famiglie che il settore è semplicemente luogo di fortissime speculazioni (che ci sono, ma rappresentano oggi una piccola parte del tutto), fatte con i soldi di tutti gli italiani. Speculazione vi è stata, e credo volutamente permessa, nei primi Conti Energia.

Ma oggi che il settore è vicinissimo alla “grid parity” solare (a cui seguiranno le altre tecnologie), un ulteriore intervento a gamba tesa ha chiaramente un’altra volontà: quella di rallentare il più possibile lo sviluppo di una industria energetica distribuita, quindi democratica. Sta nei fatti che oggi esistono centinaia di migliaia di piccoli impianti solari, installati in piccole abitazioni o aziende, che permettono abbattimenti di costi energetici e indipendenza di approvigionamento (al netto degli importanti abbattimenti di emissioni nocive). Lo stesso sta avvenendo con la rivoluzione mini-eolica, appena cominciata. E così pure nel settore delle biomasse, che evolve verso la mini impiantistica. Come in tutti i settori ad alta intensità tecnologica, quello delle rinnovabili ha richiesto un investimento iniziale importante di risorse pubbliche e private, che lo accompagnasse verso l’indipendenza e la maturità. Ci siamo quasi. Ed ecco perchà la minacciata politica energetica di questo Governo ha del paradossale, forse ancora di più di quella del precedente Governo.

Oggi, il ministro Clini – che finora è stato relegato allo stesso ruolo inconsistente che fu della Prestigiacomo – la sintetizza così: “Attenzione a non fare un altro grosso autogoal con le rinnovabili, bloccandole come facemmo negli anni’80 all’inizio del boom della telefonia”. Ebbene sì, il rischio che si corre è proprio quello. Uscire, ancora una volta, da una rivoluzione tecnologica (quella telefonica portò poi all’Internet che oggi conosciamo) in cui potremmo essere protagonisti mondiali.

Intanto, finalmente il mondo delle rinnovabili si è svegliato e reagisce in maniera più compatta. Domani 2 Aprile dalle 16,45 a Roma – presso la Sala Bologna del Senato – ci saranno gli Stati generali delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, in cui 20 associazioni di categoria chiederanno un incontro ai Ministri competenti per discutere su quello che è un vero e proprio attacco a uno dei pochi settori tecnologici trainanti innovazione e nuova occupazione, in questo ormai quadriennio di crisi, che questo Governo vuole ammazzare proprio mentre diventa un’industria strutturata.

Preoccupati per le ricadute economiche, sociali, ambientali, e anche del rischio di inadempienza del nostro paese nei confronti dell’Unione Europea, le Associazioni chiedono con urgenza al Governo, ai Ministri interessati e ai Gruppi parlamentari di aprire già a partire dalla prossima settimana un confronto trasparente, che consenta di progettare il futuro di un settore decisivo per lo sviluppo del paese” si legge nel comunicato stampa diffuso dagli organizzatori.

Si riuscirà questa volta a evitare l’autogoal?

Innovatori Europei al “EU-RUSSIA Civil Society Forum”

All’interno del nostro nuovo ambito di interesse per i paesi BRICS , in questi due giorni abbiamo partecipato al gruppo Energia e Ambiente dell’ “EU Russia Civil Society Forum“.
 
Durante i lavori, abbiamo proposto idee concrete di partnership quali “co-investimenti green in Russia e il lancio di programmi di educazione ambientale per le scuole di entrambe le aree”.
 
Nelle prossime settimane entreremo nella fase operativa, con l’avvio dei primi progetti.
 
PS: per il progetto BRICS siamo alla ricerca di collaboratori – editorialisti dal Brasile e dalla Cina

Manifesto: Ricostruiamo l’Italia con le Rinnovabili

Lo spread ci opprime. Ma il sole può salvarci

La crisi – ma anche la possibilità di afferrare la coda di una sorprendente fase tecnologica, economica, sociale e dunque tutta politica – è la molla che ci riporta in campo. Siamo una comunità di imprenditori, tecnici, scienziati, studiosi, professionisti e soprattutto di cittadini, che abitano il presente e vogliono esserne parte.

Vogliamo quindi credere che il nuovo governo ritenga utile confrontarsi anche con noi per rafforzare l’impegno a tirare fuori dalla crisi il nostro paese,  a partire da una valorizzazione esplicita delle energie rinnovabili. In questo ambito il Made in Italy può riversarsi nel Made in Europe per ritrovare un primato dentro le difficili sfide della globalizzazione. 

I tre grandi mercati energetici – Nord America, Europa e Asia Pacifico (India, Cina, Oceania) – consumano oggi il 78% del petrolio e dispongono solo del 10% delle riserve. Così per il gas, consumano il 61% e hanno l’85% delle riserve. Per  il carbone le percentuali sono l’88% ed il 35%.  In tutto ciò, mentre le emissioni di CO2 crescono del 1,2% annuo,  nei paesi in via di sviluppo la crescita è del 2,8%. Se la Cina e l’india avessero le emissioni pro capite del Giappone la concentrazione di CO2 nell’atmosfera aumenterebbe del 40%.

Bisogna cambiare,  ma nessuno sembra volerlo realmente.  Anzi, abbiamo assistito a scelte cervellotiche e autolesionistiche: si  è voluto, più che tagliare , rendere precaria e ingestibile l’intera politica degli incentivi  alle fonti energetiche rinnovabili, mettendo l’Italia in contrasto con gli indirizzi europei ed esponendo il paese a nuovi contenziosi e a prevedibili sanzioni.

Entro il 2020, in base al PAN (Piano di Azione Nazionale),  presentato dal Ministero dello sviluppo economico  nella primavera scorsa, dovremo produrre da fonti rinnovabili più di 105 miliardi di kWh/anno in energia elettrica, ma occorre tenere presente che nel 2005 ne abbiamo prodotti per soli 56 miliardi. Si prevede di triplicare la produzione di energia termica (caldo/freddo) e moltiplicare di sette volte la produzione di biocarburanti. Si prevede di contenere i nostri consumi di energia primaria ai livelli attuali, pari a 131 milioni di TEP (tonnellate equivalenti di petrolio).

Per arrivare a questi obiettivi, il settore richiede di rimuovere gli attuali ostacoli di tipo burocratico/autorizzativo e relativi allo sviluppo della rete elettrica, che impediscono la certezza e la stabilità delle prospettive di investimento nel settore.

Non vogliamo andare all’assalto di ipotetiche diligenze pubbliche. Chiediamo l’inverso: rigore e coerenza. Chiediamo al nuovo governo un Piano di Azione Nazionale coordinato ed efficace sia sotto l’aspetto normativo e fiscale, sia riguardo le azioni delle amministrazioni locali e delle Regioni nonché dell’Europa.

Dare  la giusta importanza alla filiera delle energie rinnovabili significa inoltre agire in contemporanea su molti settori produttivi (edilizia, impiantistica, componenti meccanici ed elettronici, materiali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e su molte tipologie di operatori (PMI e grandi imprese industriali, professionisti e tecnici, servizi finanziari, ricerca e sviluppo, cooperazione internazionale). Un programma di sviluppo deciso in questa direzione, ben coordinato e correttamente incentivato, porterebbe ad un coinvolgimento veramente pervasivo di tutti i fattori produttivi sul territorio.

Infine, vogliamo abbassare i costi finali di produzione ed incrementare l’efficienza. Vogliamo ripristinare il buon senso.  Ad esempio: se è vero che oggi la Germania produce dieci volte l’energia fotovoltaica che produciamo noi “Paese del Sole”  va detto che, in presenza di una competizione tra Sistemi Paese “normali”, essa non sarebbe in grado di reggere la competizione con paesi mediterranei come Portogallo, Spagna, Italia, Grecia. E invece oggi, non solo la regge, ma incredibilmente la domina.

La Germania ci mostra come si può pianificare la riconquista di un primato dopo aver, non senza travagli, maturato la drastica decisione di uscita dal nucleare, proprio grazie ad una azione mirata e concertata.

Alla luce degli enormi cambiamenti di scenario avvenuti in questo 2011, quale nuova funzione deve avere dunque la politica pubblica per abbracciare una auspicabile e vicina “terza rivoluzione industriale” centrata sulle rinnovabili? 

Noi suggeriamo alcune semplici, ma innovative ed equilibrate, proposte:

1) Superamento del Decreto Romani – con i suoi tagli lineari agli incentivi – e definizione di un nuovo  modello che porti il sostegno al fotovoltaico alle medie europee. 

2) Nuovo regime per i terreni agricoli,  che diversifichi il regime normativo tra  i terreni incolti e quelli sottratti a colture.

3) Nuovo regime agevolato per le serre agricole, che vanno considerate coperture.

4) Piano regolatore dell’energia nei grandi e medi comuni,  con l’istituzione di un assessorato all’energia che promuova e faciliti l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

5) Costituzione di un fondo per la valorizzazione del patrimonio immobiliare e culturale pubblico attraverso investimenti in efficienza energetica.

6) Istituzione di una conferenza nazionale dei servizi energetici dove far sedere i grandi monopolisti accanto a tutti gli attori del settore.

7) Certezza dei tempi sulle pratiche tecnico-amministrative riguardanti i sistemi fotovoltaici al fine di impedire ostruzionismi dei monopolisti, che assicuri in 30 giorni l’istruzione della pratica e in 60 giorni il tempo di rilascio delle autorizzazioni e degli allacci.

8 ) Destinazione di una percentuale dei fatturati di esercizio degli impianti di produzione di energia da fonte fossile a finanziare un fondo per la ricerca e sviluppo in tecnologie energetiche.

9)  Estendere ed incentivare la trasformazione a metano delle autovetture a trazione diesel e rendere obbligatoria la circolazione nelle grandi città solo per veicoli a trazione elettrica, ibrida GPL o Metano (o altro che verrà..).

10) Intervenire sul Monopolio ENEL che – con le proprie società – crea un conflitto di interesse macroscopico nella sue duplice veste di “controllore” e “controllato”.

11) Rendere tutte le proposte armoniosamente legate all’occupazione giovanile ed alla riqualificazione ed reinserimento di risorse umane in cerca di nuova occupazione, per ragioni di chiara opportunità per il Sistema Paese.

12) Sburocratizzare le procedure autorizzative attraverso un utilizzo maggiore dell’asseverazione.

Italia, 24/11/2011

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