preziuso
2006->2013: giovani e donne nel Partito Democratico
di Massimo Preziuso (su L’Unità)
Nel 2006, con alcuni amici romani fondammo un gruppo che si chiamava Giovani e donne per il Partito Democratico .
Ci battemmo, a cominciare dalle reti civiche uliviste romane, poi in tutta Italia, per il coinvolgimento di tanti giovani e donne in quello che sarebbe poi divenuto il più grande partito politico italiano.
Questo perché già da allora sapevamo che, senza giovani e senza donne, il PD non avrebbe mai potuto diventare quello che oggi sta per risultare: uno straordinario luogo di innovazione politica.
A giugno 2006, entrati da protagonisti nelle Associazioni per il Partito Democratico (APD), portammo il tema della partecipazione femminile e del coinvolgimento di giovani al primo incontro fondativo ufficiale del Partito Democratico, che si tenne all’hotel Radisson di Roma.
Ad ottobre 2006, avviato il coordinamento nazionale dei gruppi “giovani e donne” delle APD, che divenne poi la base per la nascita della associazione Innovatori Europei, scrivemmo un documento dal titolo “perché giovani, perché donne“, in cui spiegavamo il perché di quella scelta di voler rappresentare quelle che allora erano forti “minoranze”.
Da allora tante iniziative sono partite e finalmente, tra qualche mese, grazie a queste primarie, tanti giovani e donne entreranno nel Partito Democratico.
Sembrava un’utopia, rischia di diventare realtà.
Complimenti a tutti noi per questa volontà di rinnovamento.
Buon 2013.
Giovani e donne per il Partito Democratico: le quote Rosa e le quote Arancio nel 2006
A proposito del “voto di genere”: nel 2006, alcuni di noi fondarono un gruppo, poi entrato nelle APD ed infine divenuto Innovatori Europei, che si chiamava Giovani e Donne per il Partito Democratico .
A giugno 2006 portammo il tema della partecipazione femminile e della necessità di quote Rosa – ma anche del coinvolgimento necessario di Giovani – al primo incontro fondativo del PD, che si tenne all’allora hotel Radisson di Roma.
Se oggi il Partito Democratico è arrivato al minimo “33% di candidate donne” è anche un pochino grazie a noi.
Oggi e domani si giunge ad un importante risultato. Finalmente.
Che il PD dica no alle privatizzazioni e segua Bersani nel Mediterraneo
di Massimo Preziuso (su L’Unità)
Le privatizzazioni proposte stamattina dal senatore Nicola Rossi di Italia Futura, quale tema fondamentale per lo sviluppo italiano, non centrano davvero nulla con il Partito Democratico di Pierluigi Bersani.
E ascoltare Rossi che “boccia” (lui) una potenziale alleanza con il PD è offensivo per un simpatizzante democratico.
La verità è che privatizzare in un periodo in cui gli asset (mobiliari ed immobiliari) sono a valori di mercato bassissimi e la liquidità in Europa è molto scarsa, vuol dire una sola cosa: fare regali a pochi e continuare ad indebolire il Bel Paese.
Così come l’idea liberista di tagliare “tout court” spesa pubblica durante una crisi da dopoguerra, senza fare distinzioni tra spesa produttiva e improduttiva, ammazza l’economia reale.
Questa cosa andrebbe detta a chi – nel Partito Democratico – si ostina a proporre alleanze a soggetti come Italia Futura, almeno fino a quando essi si fanno portatori di questi temi e interessi.
L’Italia ha bisogno di acquisire spazi culturali e politici, prima ancora che economici, e sicuramente non di svendere patrimonio pubblico, che è ricchezza culturale e bene comune, ancora prima che finanziaria.
E’ forse ora che un Partito che naviga intorno al 36% di consenso, e sfiora picchi del 50% se mette insieme i partiti di centrosinistra, si faccia promotore di una netta politica progressista ed europeista, senza più pensare a voler incuriosire o sedurre piccole realtà politiche, che possono solo rovinare la navigazione dei prossimi anni di un Partito che può e deve essere il motore del cambiamento italiano dei prossimi decenni.
Che il Partito Democratico allora si dedichi ad una cosa semplice ma piena di significato: lo sviluppo della nostra cultura e della nostra economia nel Mediterraneo, come in questi giorni il candidato premier Pierluigi Bersani sta indicando nel suo viaggio libico.
Per farlo, si dedichino da subito energie, a Brussels e a Roma, per definire politiche di sviluppo economico sostenibile centrate sul Mare Nostrum.
E per cominciare – torno a proporlo, qualche anno dopo – si disegni da subito un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile (nel Mediterraneo).
Il momento giusto e ultimo è questo. Non sciupiamolo.
Il naturale sbocco istituzionale di Innovatori Europei con Bersani
di Salvatore Viglia (su Politicamentecorretto)
Sono stati anni di lavoro silente ma proficuo.
Innovatori Europei, costantemente impegnato nell’innovazione a tutto tondo dell’intero sistema politico italiano, ha rappresentato, per l’area PD, un grande serbatoio di portatori d’energie e talenti fin dal 2006.
La prova dei fatti, l’assente mira “carrieristica” unita alla professionalità ed onestà intellettuale dei suoi componenti, ha posto di fatto l’intero movimento alla attenzione della dirigenza Bersani.
Non solo e per ultimo la costituzione di numerosi comitati territoriali – di cui due anche all’estero – per le primarie pro Bersani leader, ma per storia ed apporto politico frutto delle menti più libere e qualificate che circolano nel paese.
Innovatori Europei si trova dunque a dover fare un salto di qualità. Gli è stato riconosciuto di essere meritevole di incidere e farsi interprete di una esigenza innovativa per linguaggio e per articolazione progettuale degli intenti che vedranno il paese al cospetto della fase politica dei prossimi difficili anni a venire.
Il processo di riconoscimento ufficiale da parte del PD di una dignità istituzionale di IE è maturato, almeno la sua prima fase, naturalmente senza accelerazioni né forzature.
Era quanto di più auspicabile potesse avvenire in un contesto meritocratico e partecipativo che ha mostrato e mostra chiaramente la sua propedeuticità alla presenza impegnativa da protagonisti.
Con Bersani che vincerà le primarie domenica al primo turno, si aprirà un capitolo decisamente nuovo nel quale IE vedrà riconoscersi altri meriti data la predisposizione favorevole del partito e considerato gli entusiasmi che al proprio interno animano l’intero movimento.
Comitato Innovatori Europei Calabria per Bersani
Progetti di fattibilità pronti da presentare
L’impegno formale che gli Innovatori Europei prendono è quello di dedicarsi allo studio di Progetti di Fattibilità Territoriali che propongano soluzioni d’avanguardia secondo i principi di sostenibilità e convenienza. A partire dalle piccole realtà locali già predisposte ad accogliere innovazioni e miglioramenti, Innovatori Europei dimostrerà sul campo la qualità dei suoi componenti e delle migliori menti disponibili tra le proprie file. Le intenzioni di IE vanno nella direzione dello studio sistematico e propositivo delle soluzioni. Studio propedeutico agli interventi governativi al cospetto del quale il soccorso in termini economici per incrementarne la ricerca, diventerebbe inderogabile. Al contempo, IE si impegna a sostenere lezioni nelle scuole di ogni ordine e grado per avvicinare gli studenti a problematiche del tutto ignorate ma che rappresentano l’orientamento irrinunciabile del futuro prossimo. In questa attività pedagogica e di studio si servirà dell’ausilio di professori di fama autori e relatori di proposte teorico pratiche atte a rendere la vita degli uomini meno difficoltosa e più salutare al tempo stesso. L’insieme di queste lezioni potranno divenire oggetto di pubblicazioni il cui ricavato sarà destinato al prosieguo delle attività di ricerca e studio. In tal senso si decideranno, in collaborazione con i direttori didattici, un piano ed un organigramma diviso per temi così da esaurire la gamma di interesse tuttora oggetto di discussione in tutto il pianeta. Non solo di tecnologia ma anche di filosofia di vita si parlerà in questi consessi programmati in linea con le necessità dell’essere umano quale cittadino del mondo e consone ai principi fondamentali di Innovatori Europei.
Torno a Viggiano per una “Basilicata Sostenibile”
di Massimo Preziuso (pubblicato su Il Quotidiano della Basilicata)
Ci sono periodi della vita in cui è naturale aumentare il dialogo e sostenere la propria terra di origine.
Questo accade in momenti della vita che – diversi da persona a persona – sono molto condizionati dal contesto storico in cui si vive.
Per la mia generazione, quella di chi ha oggi intorno ai trent’anni, quel momento è questo, in un’Italia che si avvicina stanca al suo Annozero2013.
Sarà infatti il 2013 l’anno in cui il Paese, simbolicamente dopo le elezioni politiche nazionali, potrà dare il via, con un lavoro collettivo e partecipato da tutti, ad una ricostruzione culturale, sociale ed economica, simile a quella che ci fu nel secondo dopoguerra.
Noi trentenni, ci siamo preparati sul campo a questo Annozero2013 in avvicinamento, percependolo fin dall’inizio del nuovo millennio, vivendolo e soffrendolo nello scorso decennio che ci ha portati in molti casi a dover emigrare intellettualmente e fisicamente per poter esprimere almeno parte dei nostri talenti.
Gli ultimi dieci, sono stati anni di incredibili cambiamenti – lenti ma radicali – giudicati da molti “negativi” nel momento in cui li vivevamo, ma che poi ci han fatto comprendere che la “precarietà” in cui oggi viviamo è anche “opportunità” in potenza, di scoprire e capire luoghi e cose fino ad allora davvero lontani da noi.
In questo tempo, tutti noi abbiamo seguito – da vicino o da lontano – la nostra amata Basilicata, da cui andammo via negli anni novanta, perché comprendemmo che non avrebbe potuto darci, per motivi vari ed oggettivi, quello che volevamo: l’opportunità di una completa crescita intellettuale ed umana.
Una regione così differente dalle realtà che siamo andati a visitare: piccola ed isolata dalla globalizzazione, ma anche piena di valori condivisi, di quel “capitale sociale” che oggi rischia di svanire sotto i colpi di una modernità mal vissuta, di “beni comuni” unici ed irripetibili che oggi rischiamo di perdere in una guerra senza confini per le risorse, materiali ed immateriali.
Abbiamo tutti sempre pensato che – una volta completato almeno in parte il nostro percorso – avremmo dovuto dare un contributo ad avvicinare questa bella Regione alle opportunità del nuovo mondo che abbiamo visto e vissuto, in alcuni casi più di molta classe dirigente locale, aiutandola a dirigersi verso un nuovo percorso di “sviluppo sostenibile”.
Poi negli ultimi anni è “capitato” di sapere che nella nostra Regione si trova un grande rischio/opportunità, di cui pian piano si parla nei media e per le strade: quello di essere chiamato il “Texas italiano”, per via delle enormi estrazioni di combustibili fossili che vi avvengono in maniera crescente. E nello stesso tempo verificare che questo “Texas” lo hanno visto in pochi.
Ebbene, da quel “momento” tanti di noi hanno iniziato naturalmente ad interessarsi e studiare questa grande opportunità di crescita che è anche luogo di rischio ambientale e sociale.
Ci siamo chiesti se e come si potesse, analizzando i casi di successo e di insuccesso dei tanti “Texas” esistenti attorno al mediterraneo, fare della Basilicata luogo di sviluppo sociale ed economico sostenibile ed avanzato, proprio facendo leva sulla risorsa petrolifera, ancora di più ora che ci avviamo all’Annozero2013 italiano.
E’ per questo motivo che, in circa 50 ricercatori e professionisti, dal 25 al 28 Ottobre prossimi parteciperemo alla Viggiano Sustainable Development School, iniziativa che nasce dal lavoro di tanti lucani: per dare il via ad un dibattito sullo sviluppo sostenibile della Basilicata.
Questo “think tank” può infatti aiutare la Regione ad indirizzare risorse economiche e tecnologiche presenti nelle aree petrolifere per definire una nuova visione ed un nuovo modello di crescita, sostenibile appunto.
La Basilicata ha infatti oggi la necessità e possibilità di delineare una nuova strategia – chiamiamola qui “Basilicata sostenibile” – che stimoli le menti ed i cuori di tutta la Lucania, dia il via a collaborazioni strategiche con altre aree del mezzogiorno e del mediterraneo, e diventi esempio concreto di sviluppo sostenibile nella nuova Italia e nella nuova Europa dei popoli, che vanno ri-costruite a partire da subito.
Allora, uniamoci attorno a questa iniziativa. Incontriamoci a Viggiano e cominciamo da lì. Questo il mio auspicio.
Nasce il “mensile” di Innovatori Europei
di Salvatore Viglia (direttore)
Innovatori Europei. Due aggettivi che insieme diventano tutt’uno con un progetto cominciato nel 2006.
Essere “Innovatori” non è una sindrome, una malattia, una ossessione oppure una moda.
Significa configurare una condizione naturale che, per le leggi del mercato asservito ad una gestione globale irresponsabile , è stata sopraffatta da logiche distorte.
“Europei” è solo l’auspicio in quanto prima aggregazione di intenti in previsione di una generalizzata prassi intercontinentale in divenire.
Due aggettivi necessari, oggi, agli albori di un sistema che si affaccia sul mondo della consapevolezza ma che dovevano, secondo logica, essere superflui.
L’auspicio è che ambedue gli aggettivi non trovino più ragione di essere quando la “normalità” avrà un posto predominante nelle attività di progetto e di evoluzione progressiva e progressista del genere umano. Il bisogno dunque di definirsi “Innovatori” è dettato purtroppo da contingenze sociali e politiche distratte quando non dolosamente colpevoli.
“Innovatori Europei” nasce dal bisogno proprio di sottolineare una naturale propensione filosofica e conveniente della scelta, da parte dell’uomo, di opzioni opportune, naturali, decisamente consigliabili. In realtà propone una scontata visione onesta e priva di “interessi” diversi della vita e delle attività sociali così come le conosciamo. Ciò nonostante rappresenta ancora una meraviglia per la poca assonanza con la prassi in auge.
Così brevemente premesso, neanche l’etica avrebbe motivo di essere menzionata in quanto mezzo indispensabile attraverso il quale perseguire gli obiettivi pianificati e studiati. Trattiamo di una materia che presuppone quale ingrediente fondamentale la predisposizione interessata solo ed unicamente al bene comune perciò l’etica diventa motore, cuore delle attività sia sociali che politiche.
L’etica è indispensabile per il moto, per la crescita, per la bontà dei progetti, ne fa parte integrante.
“Innovatori Europei” è per la ricerca intesa non solo come studio ma come sistema, abitudine scolastica e didattica introdotta a partire dalla scuola primaria per interessare ed invadere ogni settore, tutti i settori nei quali le attività dell’uomo sono impegnate.
Normalmente, si fa corrispondere al significato di “Innovazione” il continuo aggiornarsi della tecnologia che facilita ed agevola la vita degli esseri sociali. Non è così. Almeno non è sempre così.
I risultati della ricerca introducono, è vero, sistemi innovativi che si impongono quali ricambi ed in sostituzione alle distorsioni innaturali tuttora vigenti in danno alla salute, per esempio. Le centrali di rigenerazione, i sistemi di recupero delle acque piovane, le finestre a triplo vetro con schemi a lamelle mobili, i materiali di riciclo, le isole di raccolta differenziata dei rifiuti, il cemento fotovoltaico (TX Active), i sistemi eolici, i sistemi di climatizzazione con sistemi a travi fredde Trox, giardini fotovoltaici, tetti formati da tegole foto catalitiche in grado di trasformarela C02 in sali, le mobilità sostenibili, le auto elettriche, le aree verdi a risparmio idrico, mangiar sano e altro ancora, sono l’aspetto freddo che deve divenire sistemico di una “condizione” indispensabile che si attesta su una concezione della vita, su un codice inviolabile di regole convenienti per tutti i membri del consesso.
In questo senso ancora assistiamo alla assegnazione di premi, basti pensare ai Green Awards, per chi propone e realizza idee valide, innovatrici utili all’ambiente ed alla vita. Ciò significa, stando alle eccezioni, esse restano ancora tali senza diventare consuetudine, che non si è ancora accelerato sulla necessità di ribaltare il sistema vigente irresponsabile e colpevolmente negligente.
“Innovatori Europei” nasce e spende la sue genialità giovani, personalità competenti e propositive affinché le eccezioni diventino normalità e le eccellenze siano sempre meno identificabili tra tante eccellenze.
Possiamo concludere che la sostanza dei problemi posti da “Innovatori Europei” non è politica in quanto tale. Diventa politica dal momento che si rende indispensabile una sensibilizzazione che, per legge, introduca parametri che facilitino e migliorino la vita piuttosto che complicarla.
Anche dal punto di vista politico, “Innovatori Europei” si pone assai avanti alle determinazioni del panorama attuale che sembrano aver raggiunto, ob torto collo, una sorta di ragionevolezza anche se imposta delle gravi difficoltà economiche contingenti.
La politica, per “Innovatori Europei”deve essere la giusta mediazione per la riduzione del conflitto in contrapposizione ideologica tra anime e posizioni diverse proprio in virtù di quell’interesse proteso eticamente e moralmente nel facilitare e migliorare il bene comune dei cittadini in maniera irrinunciabile.
Da oggi, con la nascita del “mensile” di Innovatori Europei, metteremo ancora di più l’accento su tutto questo.
Seguiteci, non sarà tempo perso.
L’alta velocità ferroviaria per il rilancio della Basilicata
di Massimo Preziuso (su Il Quotidiano della Basilicata)
E’ un periodo davvero strano quello che stiamo vivendo, a tutti i livelli. Nel mondo continuano e si sommano crisi di vario tipo, che ci dicono che la abbuffata fatta negli ultimi dieci anni di globalizzazione ora va pagata. In Europa ormai da cinque anni, importando e accogliendo una crisi “molto” americana, siamo entrati dentro una nuova, quella dell’euro, che in pochissimi anni è diventata oggi la crisi di tutti noi. E in Italia, Paese in poco tempo diventato a “sovranità limitata”, le cose nella società e nell’economia vanno male, aldilà delle rappresentazioni che si vogliono dare ad una presunta recuperata “credibilità internazionale” sotto la guida di un governo di “illuminati”.
Ma nelle “crisi vivono le più grandi opportunità”. E questo potrebbe essere il caso della piccola Basilicata, che può proprio in questi tempi trasformare limiti strutturali in grandi opportunità. Infatti, proprio in questi anni così negativamente speciali la Lucania sta recuperando una potenziale centralità. Capita spesso di sentirsi dire: “La Basilicata è l’ultima Regione di Italia in cui si può investire e tanto”. “Ma scherzi, non abbiamo il contesto adatto per gli investimenti. Siamo scollegati. Non abbiamo cultura imprenditoriale” si risponde a caldo. Poi, riflettendoci bene, viene da aggiungere: “In effetti si potrebbe fare tanto in Basilicata. E’ un territorio pieno di risorse naturali (acqua, aria, sole, vento, di combustibili fossili (petrolio e gas), è geograficamente al centro del mezzogiorno, ha un enorme bacino di professionalità con cultura universitaria e molte volte scientifica, non è sede di criminalità diffusa. Ha una nuova classe dirigente giovane e preparata”.
E proprio in questi giorni anche lo SVIMEZ ha detto che “la Basilicata è la Regione più dinamica del Paese”, nonostante abbia i classici ed enormi problemi di una Regione del mezzogiorno di Italia. Ma allora cosa realmente manca in Basilicata per trasformare questo “dinamismo” in attrazione di investimenti, talenti e tecnologia? A mio avviso manca proprio quella cultura imprenditoriale che solitamente nasce attorno a grandi progetti infrastrutturali che facciano da volano allo sviluppo della Regione. Si obietterà che queste lacune regionali sono però dovute alla scarsa densità economica e di domanda aggregata che possa permettere la realizzazione di grandi progetti e investimenti. Ma, se è vero questo, nello stesso tempo è sempre in Lucania che le aziende petrolifere estraggono miliardi di euro l’anno di petrolio e gas naturale, lasciando ad oggi alla Regione nessun progetto di lungo periodo (forse perché non sollecitate in tal senso).
E allora si potrebbe provare a rilanciare proprio fissando lo sguardo più attentamente su questo tema. Si potrebbe per esempio decidere finalmente di investire parte delle risorse ricavate dall’estrazione e destinate come royalties alla Regione e ai comuni interessati – invece che in buoni benzina o in piccoli progetti locali disordinati e senza visione – nel project financing di una infrastruttura ferroviaria in alta velocità che colleghi la Basilicata con il corridoio europeo Sud – Nord, mettendola al centro del mezzogiorno e rendendola naturale calamita di risorse e progetti. Molti obietteranno che una tale infrastruttura non è fattibile economicamente per la solita “mancanza di domanda” (in questo caso di flussi di viaggiatori) o perché “il tracciato è inserito in una geomorfologia troppo complessa” (per troppa pendenza o cose simili). Ma, con volontà politica e con ingenti risorse pubbliche e private, l’alta velocità in Basilicata si potrebbe di certo fare. Ed ha senso investire oggi in un serio studio di fattibilità per poi eventualmente inserire tale infrastruttura nel gruppo delle grandi opere pubbliche europee da realizzare.
Qualcosa va assolutamente fatta – se non l’alta velocità un aeroporto – per connettere la Lucania con un mondo di persone e di risorse che la vogliono fortemente incontrare. Il momento è adesso.
R-innovamenti web per i partiti politici
Ci sono momenti nel dibattito politico in cui basta una parola e la tensione tra due parti esplode e rischia di trasformarsi in una guerra infinita.
E’ il caso di una frase del Segretario del PD Bersani che nelle 48 ore successive ha generato reazioni esagerate ma ipotizzabili da parte di Beppe Grillo e di molti utenti Internet, vicini al Movimento 5 stelle o comunque già critici rispetto al PD e più in generale verso la cosiddetta “casta”.
E allora quella frase diventa utile per riscoprire i limiti delle organizzazioni politiche nella comprensione di un fenomeno da anni dirompente come Internet e, soprattutto, della sua evoluzione.
Ovvero dell’incapacità dei principali partiti italiani di comprendere che cosa è la Rete oggi e da chi è popolata.
E invece la risposta è semplice: la Rete è fatta di normalissimi cittadini e rappresenta uno spaccato rappresentativo delle società contemporanee.
E un partito politico oggi più che mai deve impegnare enormi risorse nel rendere più normale e fluido possibile il rapporto di comunicazione con gli utenti di Internet fondamentalmente per un semplice motivo: per comprendere meglio quello che sta accadendo e quello che accadrà nella società in cui esso opera.
Sembrava che l’esperienza di Moveon.org nella campagna americana poi vinta – anche grazie a questa interazione forte con il web – dal Presidente Obama sarebbe stata importata in Italia.
Ma così non è stato e la politica tradizionale è tornata, sbagliando, a “snobbare” il web definendolo un fenomeno di nicchia, soprattutto in ragione della sua (presunta) modesta ”portata” elettorale.
La storia italiana degli ultimi anni ha detto tutt’altro, se è vero che un fenomeno 100% Internet come il M5S in pochi anni è diventato protagonista della scena politica, con il lavoro volontario di tanta gente normale messa in Rete.
Detto questo, non è ancora tardi per recuperare in tal senso.
I partiti politici dedichino risorse importanti a riguardo, studino in fondo le dinamiche del web, e vedranno risultati imponenti già alle prossime elezioni.