pittella
Un Osservatorio per la logistica e le infrastrutture mediterranee adesso!
di Maurizio Ionico *
Il tema del lancio di un Osservatorio per la logistica e le infrastrutture mediterranee ha una valenza nazionale, ovvero l’intero territorio nazionale è chiamato a confrontarsi con la ritrovata centralità del Mediterraneo. La “grande trasformazione” determinata dall’evoluzione geo – politica e geo – economica su scala globale, con un’accelerazione prodotta a partire dal 1989, ha determinando una nuova geografia economica che ha scaricato effetti anche alla scala locale (il Mezzogiorno, il Nord, l’area adriatica).
L’elemento saliente è, appunto, la ritrovata centralità del Mediterraneo, nell’ambito della dinamica direttrice marittima che collega l’Oceano Indiano, il canale di Suez e l’Oceano Atlantico diventata in pochi anni un asse marittimo globale rilevante tale da superare, ad esempio, quello storico tra gli Stati Uniti e il Giappone attraverso il Pacifico. Se si ritaglia l’osservazione ad una porzione di Paese (penso al nord-est e all’area adriatica), tale trasformazione rende essenziale la relazione tra i nodi (i porti, le città ) e i corridoi quali l’1/Baltico-Adriatico, che assurge ad uno dei sistemi essenziali di connessione tra il nord e l’area adriatico – ionica verso la nuova piattaforma industriale europea (Polonia, Cechia, Ungheria) e il 3/Mediterraneo (Lione – Torino – Trieste, tanto per intenderci). L’U.E. ha colto questa aspetti rivedendo la storica politica delle Ten -T con la COM/2011/650 che ha previsto la realizzazione articolata su due livelli, il comprehensive network e la core network, che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto ed incentrata su città e porti. La core network comprende 10 progetti prioritari di interesse per l’Italia, quali:
- “Helsinki-Valletta” Corridor [Helsinki-Stoccolma-Amburgo-
Monaco-Vrennero-Verona-Roma/ Napoli-Bari-Palermo-Valletta], con l’inclusione del tratto da Napoli fino a Palermo passando per Catania e la nuova sezione Napoli-Bari; è l’ex corridoio “Berlino-Palermo”; - “Baltic-Adriatic Corridor” [Helsinki-Danzica-Varsavia-
Vienna-Tarvisio-Udine -Venezia/Trieste-Bologna- Ravenna], con l’estensione fino a Ravenna via Klagenfurt, Udine – Venezia / Trieste /Bologna;
- “Genova-Rotterdam Corridor” [Genova-Milano/Novara Sempione/Loetschberg/Gottardo-
Basilea-Colonia-Rotterdam), con l’inclusione della linea ferroviaria del Lotschberg-Sempione e della linea del Gottardo;
- “Mediterranean Corridor” [Algesirs-Madrid-Barcellona-
Lione-Torino-Milano-Venezia- Lubiana-confine ucraino], con l’inclusione dell’idrovia “Milano-Venezia”.
E’ convinzione che la “nuova” Europa (quella localizzata a nord – est e a sud – est) sarà destinata ad originare, in virtù dei trend di sviluppo interni ai Paesi dell’area e del concentrarsi su di essi degli interessi di operatori economici come i tedeschi e gli stessi italiani (della catena del bianco, della meccanica, ….), intense relazioni economiche e flussi di traffico.
Il territorio non potrà essere organizzato come prima. Si tratta ad esempio di allestire a tutti gli effetti “hub di sviluppo locale”, attorno ad un sistema di relazioni tra porto – corridoio – zone industriali, in modo tale da semplificare ed irrobustire le connessioni terresti e marittime (accessibilità) e la localizzazione delle imprese (attrattività) e, in definitiva, concorrere ad elevare le prestazioni territoriali nonché radicare i processi economici. Nella sostanza, si tratta di incrociare meglio gli effetti “mediterraneo” e “corridoio” al fine di acquisire vantaggi competitivi.
L’Italia è un Paese manifatturiero e l’export rappresenta una leva essenziale per tornare a crescere e a progredire. Serve tuttavia il sostegno dei trasporti marittimo e ferroviario cargo, oggi piuttosto fragili, così da trarre benefici dal nuovo assetto e dagli scambi import – export che il Paese e la dimensione locale (il Mezzogiorno, il Nord, l’area adriatica) possono ulteriormente generare. Non siamo attrezzati e pertanto si rendono necessarie in ogni caso misure e azioni di carattere sia infrastrutturale, sia organizzativo sia formale del trasporto marittimo, ferroviario e della logistica.
Anzitutto si tratta di procedere allo shift modale, e questa è una responsabilità del Governo nazionale, in modo da corrispondere agli obiettivi dell’U.E. che prevede che entro il 2030 il 30% dei trasporti stradali superiori ai 300 km. effettuati via camion vengano trasferiti verso altre modali come il ferro, che oggi rappresenta una quota oggi poco sotto il 9%, e le vie navigabili, ed entro il 2050 questa quota deve essere superiore al 50%. In secondo luogo, tali misure devono favorire l’aumento di scala dei porti (sia attraverso interventi sui singoli scali sia attraverso robuste integrazioni fra scali diversi localizzati lungo una medesima direttrice) e, dall’altro, accrescere la capacità del sistema dei trasporti di far fronte alla tipicità del modello manifatturiero (distretti, aree industriali, filiere). Questo rappresenta un vincolo non facilmente superabile poiché costituito in prevalenza da Pmi inserite in un conteso distrettuale e/o di dispersione produttiva, e dalla frammentazione dei processi produttivi, determinati da una accentuata scomposizione delle produzioni e delle fasi operative, sia in spedizione sia in entrata, per meglio corrispondere anzitutto alle esigenze delle industrie principali. Il successo delle misure e azioni intraprese è dato dalla capacità del sistema istituzionale pubblico e delle agenzie operative, come Autorità, Enti e Consorzi, di saper connettere nel medesimo momento le tre dimensioni del problema, che sono di tipo:
- infrastrutturale [costituito dalla dotazione e qualità della rete e delle strutture fisiche; tale responsabilità è in capo alla Regione, a Rfi, alle Autorità portuali e ai gestori di zone industriali e interporti]
- organizzativo [costituito dall’adozione di modalità e procedure ottimali nell’effettuare servizi a costi ragionevoli e in modo efficiente; tale responsabilità è in capo alle imprese di trasporto marittimo, ferroviario e della logistica]
- formale [costituito da piani, leggi (si pensi alla riforma della 84 sui porti), norme, regolamenti e finanziamenti, dove spesso tali responsabilità sono in capo alle scale più prossime all’Amministrazione Regionale e ai Comuni]
Si tratta di una impostazione che deve necessariamente porsi dal punto di vista della modifica degli assetti di regolazione del mercato in alcuni settori strategici del sistema di mobilità delle merci, primi fra tutti il settore della portualità, dei trasporti marittimi e ferroviari, principalmente in un’ottica di integrazione multimodale e di continuità territoriale dei servizi anche a livello internazionale (inserimento in reti trans-nazionali, relazioni tra terminal, connessioni con l’hinterland).
Vi sono una serie di vincoli e condizionamenti da rimuovere nelle zone industriali, nei porti e nelle stazioni ferroviarie, al fine di adeguare i trasporti ferroviari e l’organizzazione logistica e, in definitiva, fornire un supporto reale alle attività produttive. In particolare, è opportuno intervenire:
- sull’accessibilità alle aree industriali e l’attraversamento dei nodi urbani;
- sull’adeguatezza degli scali adibiti al traffico cargo ferroviario e del materiale rotabile;
- sui raccordi ferroviari e sulle strutture a servizio delle zone industriali;
- sui costi di manovra ferroviarie nelle aree portuali;
- sulle modalità e procedure organizzative;
- sul consolidamento delle Autostrade del Mare e sulla costruzione di modelli innovativi di organizzazione e gestione del sistema dei trasporti e della logistica;
- sul sostegno all’intermodalità e alla mobilità sostenibile;
- sulla disponibilità di risorse finanziare e sulla capacità di investire secondo ‘logica di risultato’.
In particolare, le Regioni assieme al Governo centrale devono individuare nuovi meccanismi di governance logistico – territoriale, mettendo in discussione modelli tradizionali, sapendo cedere sovranità e stabilire reciprocità. Si tratta tra l’altro di:
- procedere alla governance logistico – territoriale attraverso l’utilizzo dello strumento istituzionale ‘Rapporto Stato – Regioni ed Enti locali’, ciò al al fine di costituire agenzie territoriali interregionali che servano a coordinare e programmare le scelte nonché ad integrare e comporre le esistenti strutture societarie relative ad interporti, aree industriali, distretti, ….;
- procedere alla governance di “corridoio” attraverso l’istituzione del coordinatore di corridoio, come da indicazione U.E., ciò al fine di completare progetti, eseguire nuove opere e/o completamento di tratti ferroviari e stradali, migliorare le connessioni con i porti;
- procedere alla governance portuale attraverso il superamento delle attuali ampio numero delle Autorità portuali in modo da garantire efficienza/efficacia nella regolazione dei servizi, negli interventi di movimentazione e imbarco/sbarco, nella gestione delle aree e portuali e retro-portuali, secondo un principio coerente con la concezione ‘one mission, one company’ e con la rilevanza espressa ogni scalo nel contesto del Mediterraneo e delle reti di trasporto trans-europeo nonché delle relazioni interne;
- procedere alla costituzione di sistemi logistico – portuali, quale dispositivo di governance proposto a partire dal decreto “salva-Italia” e fatto proprio da successivi provvedimenti di riforma della portualità nazionale con l’intento di promuovere una più complessa riorganizzazione dei porti ed intervenire nei retroporti e nei collegamenti infrastrutturali e nella logistica, favorendo l’espansione geo – economica dei sistemi regionali ancorati ai corridoi transeuropei e/o di determinati bacini interni; questo approccio riconosce il porto come il luogo privilegiato di governo di processi di settore e territoriali.
Intervenire sui porti è strategico per il Paese, per elevare la competitività e creare valore e per l’occupazione. Infatti si tratta di uno spazio economico dove si generano effetti moltiplicatori rilevanti, come ad esempio:
- economia del mare, porti e logistica territoriale rappresentano un fattore essenziale a supporto della produzione manifatturiera, poiché è del 20,5% l’incidenza dei costi dei trasporti e della logistica, e ammontano a 12 mld €/a di maggiori oneri per la produzione industriale;
- 1 € investito in porto/trasporto marittimo genera fino a a 2.7 € aggiuntivi di Pil;
- 1 € investito in logistica genera 8 € di Pil;
- 1 unità di lavoro in porto genera 2 unità di lavor extra – porto;
- 1 container movimentato genera 2.300 €/Teu e 42 occupati ogni 1.000 unità;
- dall’abbassamento dell’1% della spesa logistica si generano 9 mld di € di risparmi;
- dal raddoppio dei contenitori (ad esempio se si passa da 410 mila teu a 820 mila teu) si generano 1 mld di € di servizi logistici e 16.000 posti di lavoro;
- dal miglioramento della logistica nella manifattura si possono ricavare molti mln di € da rendere disponibili in miglioramento dei processi produttivi e prodotti.
In definitiva, essere consapevoli e far propria la centralità del Mediterraneo significa per il Paese (e le grandi aree organizzate al proprio interno) voler vincere le sfide competitive di natura globale e partecipare autorevolmente all’economia-mondo. Servono come detto decisioni centrali e decisioni locali che comportano scelte e tecniche di governance attraverso cui far finalmente procedere in un percorso comune la testa, cioè le istituzioni, e il corpo, costituito da imprese, esportatori, creativi, ricercatori e giovani, da tempo proiettato – quasi naturalmente – nella dimensione globale.
Testa e corpo: dilemma non nuovo. Walter Benjamin, nel 1940, riflettendo su un quadro di Paul Klee, intitolato Angelus Novus, osserva l’angelo con le ali distese in procinto di allontanarsi – verso il futuro – da un qualcosa o da rovine – il passato o la catastrofe: “ma [la] tempesta [che] spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.
Mettere in squadra, dunque, le componenti essenziali del sistema, testa e corpo, è una delle principali responsabilità che compete alle nuove classi dirigenti.
* urbanista, Amministratore Unico della ferrovie regionali del Friuli Venezia Giulia
L’Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro Mediterranee nella rivista di CAFI, “L’Amministrazione Ferroviaria”
Nasce l’osservatorio per la Logistica e le Infrastrutture Mediterranee con sede nel Mezzogiorno italiano
Dopo il convegno del 21 giugno scorso e l’invio alle istituzioni di governo e al Presidente del Consiglio Renzi della Proposta per il Semestre Europeo a guida italiana: Un Osservatorio per la Logistica e le Infrastrutture Mediterranee nel Mezzogiorno italiano, Innovatori Europei dà il via al progetto.
Primo passo la selezione di un ristretto gruppo di personalità rappresentative del mondo dell’accademia, delle organizzazioni di categoria, delle imprese di settore e dei sindacati con cui si sta avviando un lavoro di definizione di un percorso per la infrastrutturazione e logistica euro mediterranea.
Gli Innovatori Europei
Sul Sito del Partito Democratico: Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese
Il Movimento Innovatori Europei lancia una iniziativa per la creazione nel Mezzogiorno di un Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee
Il 21 giugno si è svolta, nella sede del Partito Democratico, l’iniziativa di Innovatori Europei dal titolo ”Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese“. Tema dell’incontro il ruolo che la Logistica dei Trasporti, e le Infrastrutture a essa collegate, possono svolgere per il rilancio dell’economia, in particolare riconsegnando al Mezzogiorno la sua plurisecolare funzione di collegamento col Mediterraneo, che la stessa Unione europea ancora oggi gli riconosce.
L’introduzione al convegno è stata di Massimo Preziuso, fondatore degli Innovatori Europei. Nel corso dell’iniziativa sono state esposte le ragioni tecnico – economiche e manageriali in base alle quali l’Italia può trovare il suo spazio nella competizione per i flussi mercantili intercontinentali. La Logistica può, a nostro parere, rappresentare per l’Italia ciò che è stato e continua a essere il petrolio per i Paesi arabi, a patto che i partiti italiani collaborino lealmente al progetto di cambiamento che il Governo sta iniziando ad attuare.
A fine lavori si è prodotto un documento, con annessa proposta, per la creazione nel Mezzogiorno dell’Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee. La pubblicazione di questo documento resocontato sarà consegnata nei prossimi giorni al Partito Democratico, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e alle istituzioni di Governo con l’invito a inserirlo nell’agenda del Semestre Europeo a guida italiana.
Dal Nazareno: noi Innovatori Europei consegniamo la creazione nel Mezzogiorno dell’ Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee al Partito Democratico e al Governo
Comunicato Stampa
Il Movimento Innovatori Europei dal Nazareno lancia una iniziativa sulla creazione nel Mezzogiorno di un Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee affidando questo percorso al Partito Democratico e al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in qualità di guida italiana per il Semestre Europeo.
Il 21 giugno, al Nazareno, in una sala affollata si è svolta l’iniziativa di Innovatori Europei dal titolo “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese“. Personalità provenienti da ogni parte d’Italia hanno discusso per l’arco dell’intera giornata sul ruolo che la Logistica dei Trasporti e le indispensabili Infrastrutture a essa strettamente collegate debbono assolvere allo scopo di rilanciare con forza l’economia del Paese, riconsegnando al Mezzogiorno la sua plurisecolare funzione di collegamento col Mediterraneo che la stessa Unione europea gli attribuisce ancor oggi.
Il Convegno si è articolato in due sessioni complementari. Dopo l’introduzione al convegno dell’ing. Massimo Preziuso, fondatore degli Innovatori Europei, e i messaggi di pieno supporto del Partito Democratico e delle istituzioni, un auditorio di grande qualità ha potuto seguire le ragioni tecnico – economiche e manageriali in base alle quali l’Italia può e deve trovare il suo spazio nella competizione volta ad assicurarsi una fetta dei flussi mercantili intercontinentali. Ed è così tornato in campo l’aspetto politico del problema: è vero, la Logistica può rappresentare per l’Italia ciò che è stato e continua a essere il petrolio per i Paesi arabi a patto che i partiti italiani collaborino lealmente alla riuscita del progetto di cambiare l’Italia che il Governo sta iniziando ad attuare.
A fine lavori si è prodotto un documento con annessa proposta, condivisa da tutti i presenti, per la creazione nel Mezzogiorno dell’Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee. La pubblicazione di questo documento resocontato sarà consegnata nei prossimi giorni al Partito Democratico, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e alle istituzioni di Governo con l’invito a disporre che sia inserito nell’agenda del Semestre Europeo a guida italiana. L’Osservatorio già in partenza vede la partecipazione di personalità provenienti dal mondo della accademia, delle organizzazioni sindacali italiane, imprenditoriali. Noi Innovatori Europei, protagonisti da anni del desiderio di cambiamento del Paese, essendoci accreditati nei fatti come luogo di incontro ed innovazione tra mondi come la Tecnica, la Ricerca accademica e la Politica chiediamo al Partito Democratico che in qualità di interprete di un governo forte e rinnovatore apra le sue porte alla società delle Idee per efficientare e risolvere questioni annose con il contributo di tante e tanti.
Pittella, “Europeo” senza snobismi
di Massimo Micucci su Il Rottamatore
C’è una vittoria nella vittoria del Pd, quella di Gianni Pittella. Un politico del popolo, riformista da sempre pragmatico e popolare. Non nel senso cui sono abituati i fighetti della politica e dei media. Neanche questa volta il suo partito lo ha messo capolista, per una scelta di “genere” mentre di solito lo snobbava un per una scelta di “specie”. Gianni Pittella non ha infatti quarti di nobilità comunisti o democristiani e non è neppure un affabulante giornalista, di quelli che si prendono un seggio e poi passano la loro vita a parlar male del partito che li ha eletti. È un politico, anzi un lavoratore della politica che è partito dalla Basilicata, la regione in assoluto più isolata dell’Italia, ha origini nel Partito Socialista, che è stato a lungo il partito più vituperato a sinistra. Quando è andato a fare il parlamentare europeo, però, ha avuto sempre chiaro che non doveva mai “farsi fregare” da un comodo seggio, che non doveva smettere di pensare al Sud. Così ha coltivato instancabilmente una sua rete di contatti, di idee, di persone, di organizzazioni che non hanno mai coinciso con il “partito” esistente e ha messo al centro il riscatto del Sud, il ruolo politico dei suoi territori.
Una scelta fatta di attenzioni, di dialogo con gli elettori (anche quando non c’erano elezioni) di legami e di proposte. È stato, anni fa, il primo politico italiano che ho sentito parlare di eurobond. Ha fondato una associazione bipartisan sui temi del Mediterraneo. In un dibattito radiofonico ormai lontano, mi è capitato di definirlo un networker instancabile. Eppure un meridionale a Strasburgo non ha molto da distribuire in termini di vecchia politica e favori. Conosco giovani parlamentari di oggi che preferiscono fare il sindaco o il consigliere comunque nel loro paese. Gianni Pittella non ha mai smesso di lavorare in quel “teatro” della politica (che pur tornando “trendy” è rimasto spesso deserto) dove ci sono le persone. Non abbandona mai europarlamentari più sensibili ai temi della innovazione.
Non è un “uomo di comunicazione”, è un politico che comunica, e non si chiude ed ha avuto il coraggio di candidarsi segretario e poi però di allearsi con Renzi senza pretendere una “correntella”. Già godeva di stima e di simpatia diffusa sia in Parlamento che fuori. Con una campagna elettorale innovativa, fisica, stringente e faticosissima, ha abbracciato generosamente persino la capolista più “difficile” del quintetto, Pina Picierno, aiutandola con spirito di partito e portandosi a un record di preferenze oltre le duecentomila. Perché dico tutto questo? Perché Gianni Pittella oggi, in un voto che ha il segno di Matteo Renzi, è un anello di congiunzione tra popolo ed Europa, e abbiamo capito tutti quanti ce ne sia bisogno. Se dopo aver bene operato da vice-presidente, diventasse Presidente o altro, farebbe certamente bene all’Europa che va ricostruita innanzitutto in rapporto con i territori e con le persone.
Innovatori Europei intervista Gianni Pittella – Vice Presidente Vicario del Parlamento Europeo, candidato PD alle elezioni europee nel Sud Italia
Come sai, gli Innovatori Europei supportano la tua attività in Europa fin dal 2004-05, in un periodo di forte tensione riformista in Italia, quale politico meridionalista, europeista e innovatore.
Innanzitutto, cosa è diventata Brussels oggi rispetto a quando vi arrivasti più di un decennio fa?
Bruxelles ha riconfermato il suo statuto di capitale d’Europa. E’ il baricentro dell’Unione Europea, la quale resta il futuro del nostro continente. E’ il nostro futuro per ragioni ideali, perché l’unità europea è il più grandioso progetto di riconciliazione tra nazioni mai pensato nella storia contemporanea.
2) Verso la tanto auspicata Europa dei popoli e del lavoro: quali progetti intenderai sviluppare per incrementare la conoscenza e la partecipazione attiva degli italiani sull’operato politico e la progettualità europei?
Per aumentare la partecipazione dei cittadini occorre rispondere ai bisogni dei cittadini stessi. Il primo di questi è il lavoro, non solo fonte di sostentamento ma anche chiave per ottenere quella libertà, autonomia e indipendenza a cui tutti hanno diritto nella vita. Nella prossima legislatura tutti gli sforzi dovranno essere concentrati nella creazione e difesa dei posti di lavoro. Per fare questo è necessario superare l’approccio di austerità perseguito a livello europeo negli ultimi anni. Per far ripartire la crescita e creare posti di lavoro reali è fondamentale archiviare questa stagione disastrosa di politica economica. Bisogna rimettere mano al Patto di Stabilità e crescita che va reso più flessibile e meno dogmatico. Il limite del 3% va interpretato con intelligenza e non deve essere fine a se stesso. Il patto stesso prevede, infatti, che in caso di “eventi economici sfavorevoli imprevisti”, alcuni Stati membri possano richiedere una deroga alla sua applicazione. Bisogna porre le basi per una modifica dei trattati ed un superamento del patto di stabilita. La neutralizzazione del patto di stabilità nel breve periodo e la sua riforma nel lungo renderanno finalmente possibile l’attuazione di politiche di bilancio espansive in grado di sostenere la domanda.
3) Il 2014 sarà un’occasione unica per un protagonismo italiano in Europa nell’agevolare uno spostamento di baricentro politico verso il rilancio dell’economia reale e fisico verso il Sud Europa porta del Mediterraneo. Quali dunque le priorità per l’Europa nel 2014 e nella prossima legislazione europea?
Durante la prossima legislatura la priorità assoluta sarà porre fine all’austericidio che ha regnato fino ad ora, ossia l’attuazione di politiche economiche che hanno ridotto in maniera indiscriminata spesa e investimenti pubblici, principale causa dell’attuale stagnazione europea. Occorrerà perseguire la costituzione degli Stati Uniti d’Europa con una nuova architettura istituzionale che preveda la trasformazione della Commissione Europea in un autentico governo dell’Unione Europea; il Parlamento Europeo deve diventare la Camera Bassa dell’Unione a cui attribuire pieno potere di iniziativa legislativa; il Consiglio europeo sarà invece la camera alta dell’Unione. La procedura legislativa ordinaria (co-legislativa) che riconosce un ruolo centrale nel processo legislativo sia al Parlamento e sia al Consiglio deve essere generalizzata. Bisogna creare inoltre un autentico tesoro europeo che possa alimentarsi con risorse proprie.
4) Il 21 giugno prossimo terremo a Roma un convegno nazionale su “Infrastrutture e Logistica: Mezzogiorno leader nel mediterraneo”, in cui contiamo di avere la tua presenza. Le infrastrutture (fisiche e immateriali) rimangono principale volano per un mezzogiorno che oggi più che mai vive una fortissima contraddizione tra i suoi enormi ritardi di competitività e le gigantesche opportunità che lo attendono, a cominciare dal mediterraneo e dall’Asia. Che intendi fare in tal senso?
L’offensiva europeista non può che partire da quel Mezzogiorno d’Europa che più soffre gli effetti delle scelte sbagliate degli ultimi anni. Senza Europa, il nostro Mezzogiorno rischia l’isolamento e la marginalità, perché la risposta alle fragilità meridionali passa per Bruxelles. Tuttavia per cambiare l’Europa dal Sud anche il Mezzogiorno deve cambiare. Serve una nuova assunzione di responsabilità da parte delle classi dirigenti ma anche della società meridionale nel suo complesso. Il nuovo ciclo della politica di coesione 2014-2020 sarà il banco di prova su cui testare la determinazione verso il cambiamento del Mezzogiorno. Bisogna superare approcci clientelari e interventi frammentari e concentrare le risorse della programmazione sulle grandi spese di avvenire: l’istruzione e la formazione del capitale e la costruzione delle infrastrutture fisiche e immateriali che permetteranno alla società del Mezzogiorno di tornare ad essere centrale in Europa.
5) In una competizione europea sempre più vivace e in rapido cambiamento, mentre tutti guardano alle Smart Cities quali luogo dell’oggi e del domani per noi è tempo di operare (lo facciamo attraverso un importante progetto nazionale che ci porterà nei territori italiani) per le Smart Regions, aree territoriali estese, a vocazione innovativa, che difficilmente possono essere racchiuse nei confini delle città. Intendi impegnarti con noi anche in questo progetto?
Ritengo sia un progetto molto interessante, bisogna puntare tutto sullo sviluppo territoriale attraverso una politica di incentivi a sostegno del capitale umano. L’Italia può ripartire se guarderemo all’Italia creata dalle esperienze e dalle idee migliori. Questo progetto è un’opportunità che ci permetterà di valorizzare il consistente patrimonio di competenze pubblico-private dei territori, attraverso un approccio sistemico che metta al centro la Regione, intesa come “Città- diffusa”, al fine di renderla una comunità eccellente con strutture organizzative innovative, infrastrutture interconnesse e ottimizzazione dei servizi.
6) Per la costruzione di Smart Regions è fondamentale un ripensamento sulla governance dei fondi europei 2014-2020. Quali iniziative per rendere più partecipata, efficace ed efficiente la prossima programmazione europea e farne davvero motore di sviluppo economico diffuso nei territori di Italia?
Con il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali europei, l´Unione Europea è intenzionata a rendere l’accesso ai fondi, strutturali e non, più fruibile per le amministrazioni locali e privati sulla base di iniziative da sviluppare anche a livello di singoli Stati e Regioni. I fondi comunitari metteranno in circolo oltre 30 miliardi di euro distribuiti nel corso dei prossimi sette anni. Ci sarà bisogno di una maggiore efficienza nella gestione dei fondi da parte delle Regioni, evitandone la frammentazione, concentrandoli su grandi assets, tra i quali rientra il vostro progetto. L’Italia non può più rimanere indietro, ma anzi deve imparare a conoscere e a sfruttare a pieno queste opportunità di mercato e di finanziamento. Occasioni che porteranno a un processo di accrescimento, al miglioramento della nostra posizione in Europa e, dunque, a rendere il nostro Paese più competitivo a livello internazionale.
Grazie
A voi
Ben dice il Presidente Romano Prodi: “Si salvano solo gli innovatori”.
Riforma dell’Arpab sì, ma verso una maggiore autonomia
di Prof. Albina Colella (Università della Basilicata)
Si vuole riformare l’ARPAB, ma è necessario riformare anche e soprattutto la Politica Ambientale della Basilicata. Il Governatore lucano Marcello Pittella in un articolo della Nuova del Sud ha dichiarato di voler promuovere la riforma dell’ARPAB, perché diventi organismo affidabile e super partes. Mi auguro che realmente la politica metta l’ARPAB nelle condizioni di divenire tale, concedendogli la necessaria autonomia decisionale, finanziaria e di comunicazione, ovvero che venga garantito che i dati ambientali non siano sottoposti a “filtri” vari prima di essere pubblicati. E’ bene ricordare che il compito istituzionale dell’ARPAB è semplicemente “diagnostico”, ovvero di controllo delle condizioni ambientali del territorio attraverso analisi e monitoraggi, i cui dati sono forniti poi al Dipartimento Ambiente: il resto compete alla politica. Ed è qui che casca l’asino, perché l’ARPAB ha rischiato e rischia di diventare il capro espiatorio di responsabilità che competono invece alla politica. Se la Basilicata oggi si trova ad affrontare tanti disastri ambientali e i conseguenti problemi di salute dei cittadini, è perchè mancano alcuni strumenti di pianificazione territoriale di cui deve farsi carico la politica. In Basilicata manca ad esempio il Piano di Tutela delle Acque, nonostante la presenza di attività petrolifera e i rischi connessi. È grazie all’assenza di un Piano delle aree di Salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano che in Val d’Agri le società petrolifere hanno potuto perforare anche nelle aree di ricarica degli acquiferi, o a due passi dagli invasi, aree cioè molto vulnerabili all’inquinamento, aree dove in altre regioni non è permesso. E’ grazie a questa inadempienza che l’oleodotto del pozzo petrolifero Pergola1 rischia di essere realizzato in un territorio non solo ad alto rischio sismico, idraulico e di frana, ma anche nelle aree di ricarica di alcuni preziosi acquiferi della Val d’Agri. In Basilicata manca anche il Piano dei Rifiuti, mancano i Piani di zonizzazione degli Idrocarburi, dei Nitrati, dei Fitofarmaci, degli Interferenti Endocrini, delle Diossine, ecc.. Oggi si pensa ottimisticamente che la bonifica delle falde acquifere della Val Basento possa risolvere l’inquinamento, senza sapere che, oltre ad essere lunga, non è affatto garantito il risultato, sempre che i bandi non siano stati bocciati dal Ministero, come qualcuno sussurra.
In passato sono stata molto critica nei confronti dell’operato dell’ARPAB, al punto da condividere anche delle denunce, ma oggi devo ammettere che negli ultimi tre anni sono stati fatti passi da gigante, considerando la gravità dei problemi ereditati dalla nuova gestione. Ho appreso del ridotto staff tecnico di laboratorio, della necessità di risanare debiti per circa 6 milioni di euro, situazione che ha impedito l’adeguamento dei laboratori, e del mancato introito delle risorse ENI: a quanto pare non sarebbe stata attivata dal Dipartimento Ambiente l’intesa ENI-Regione, che prevedeva oltre alle royalty anche 3 milioni di euro l’anno per i monitoraggi della Val d’Agri a cura dell’ARPAB a partire dal 2004-2005. Con la gestione del Direttore Raffaele Vita il debito è stato sanato, l’entrata dei ricercatori dell’Agrobios ha portato nuova linfa potenziando il settore di ricerca, la diagnostica è aumentata e sono state analizzate per la prima volta le diossine, i laboratori lavorano in qualità, sono state acquistate nuove apparecchiature, come il laboratorio mobile per le diossine, si sono attivati nuovi laboratori e se ne stanno allestendo altri. Sotto state attivate anche collaborazioni scientifiche mediante convenzioni, come quella con l’ARPA Puglia per le diossine, e se ne stanno attivando altre con l’università e altri centri di ricerca, il sito internet dell’ARPAB si è arricchito di dati ambientali di vario tipo, e sono state prontamente recepite le istanze provenienti dal territorio, come ad esempio la misura degli idrocarburi nelle acque e nei sedimenti del Pertusillo, dopo che ne avevamo denunciato la presenza. Si può dunque affermare che il cambiamento sia in atto. E ora si parla di riforma dell’ARPAB. Non è che per caso si ritorna indietro ? Mi auguro che se riforma ci sarà, questa sia volta a promuovere lo sforzo di autonomia e indipendenza dagli organi politici: solo così l’ARPAB sarà credibile.
Saluto del Vice Presidente vicario del Parlamento Europeo, Gianni Pittella, a Progetti per un’altra Italia in Europa, 30 novembre 2013, Roma
Gianni PITTELLA Vice President of the European Parliament
Bruxelles, 30 novembre 2013
Cari amici,
caro Massimo,
mi spiace non potere essere presente quest’oggi alla vostra importante iniziativa, ma impegni istituzionali mi impediscono di essere con voi.
Le forze democratiche del nostro Paese sono di fronte ad un passaggio cruciale. Una grande fase di cambiamento si sta aprendo e la grande battaglia del futuro non riguarderà organigrammi e incarichi, ma sarà una sfida di e tra idee.
In questa fase di ricomposizione, in cui si stanno tratteggiando i contorni della sinistra che sarà, Innovatori Europei dovrà contare con tutto il peso delle sue idee e l´iniziativa di oggi s’iscrive perfettamente in questa logica. I temi che affrontate sono decisivi per il Paese e per la sinistra: l’Europa innanzitutto perché il futuro dell’Italia dipende dal legame che sapremo consolidare tra il nostro paese e un’Europa che cambia, che non si limita a rigide politiche di austerità. La battaglia per il Talento e quella per il Mezzogiorno devono anch’esse essere il cuore del dibattito sul futuro della sinistra e dell’Italia.
Sono certo che l’appuntamento di oggi sarà solo un passaggio di un percorso che Innovatori Europei ha cominciato ormai da qualche anno e che l’ha portata a diventare uno degli attori più promettenti del dibattito culturale e politico.
Un caro saluto,
Gianni Pittella