Significativamente Oltre

mediterraneo

Il dovere della proposta

di Giuseppina Bonaviri

Il dovere della proposta spetta a chi ancora crede che il cambiamento possa esistere.

Spetta a chi, come noi, da anni sta lottando per lo stato di diritto, l’equità sociale, la cancellazione dello stigma verso le minoranze e le disuguaglianze, perché la precarietà non diventi uno stile di vita, per una democrazia partecipativa che abbia voce, per una cittadinanza attiva quale luogo di decisione condivisa, per il Bene Comune nel ricordo di un popolo e di una paese unito che nacque dal sacrificio di tanti.

Il dovere della proposta spetta a chi sa, senza rimanerne attonito, che non esistono fallimenti di lotta se non ipotecati all’interno di un fuorviante nucleo di potere: quello delle classi politiche ed amministrative corrotte, autoreplicate, clonate per egoismo tattico e per derive individualistiche che mollemente dilaniano la nostra Nazione. La civiltà del dialogo, la capacità di ascolto, il rigore intellettuale farà la differenza nell’attuale processo di decomposizione in atto che vuole sudditi ed isolamento. Essere una coscienza critica diviene, allora, obbligo morale nel rispetto di quello Stato che ora, delegittimato ed umiliato perfino nella sua laicità, si fa centrale di controllo.

Non mi sono mai sottratta a questo e non temo. Viviamo in una storia dove violenza e profitto, colpevolizzazione del dissenso diventano corporativismo di pochi potenti contro i più deboli mentre il consenso rappresenta l’obbedienza opportunistica. L’attuale mistificato galateo politico seppellisce i modelli di convivenza democratica, si moltiplicano i luoghi della illegalità come anche il silenzio e la stupidità degli amministratori. L’arroganza del potere detiene le organizzazioni, l’opposizione si fa evanescente e la società civile, sempre più isolata, si ritira impaurita dalla sfera pubblica. E mentre la politica si traduce in investimento-consenso-profitto-nuovo investimento, l’uomo involve tra rifiuti e polveri sottili. Il vecchino va con le scarpe rotte ed il bambino non ha più scuole pubbliche. Un inno al caos e al disordine. La rabbia sale mentre appare sempre più sbarrata la strada ad un sano progetto politico innovativo.

L’Italia, rimasta afona e senza anima va protetta e difesa. Fuori dalle falsità, dall’affarismo, dagli atti di fede acritici esigiamo pesi e contropesi, controlli e limiti, regole e rispetto etico. Fondamentale stabilire un limite rispettando la persona che rimane il fulcro del nostro percorso e che ci consentirà di proseguire su quella via di virtù contro la deriva e le prevaricazione a vocazione antidemocratica.

Costruire le premesse per mettere in moto un progetto nuovo, per recuperare l’amor patrio termine in disuso o quasi ridicolo si può fare. Si, dove proprio l’ amor patrio torni a parlare. Perseguiamolo tenacemente. Non vogliamo più essere umiliati, pretendiamo rispetto e serietà, coesione ed equità, meritocrazia e lavoro. Servirà lo sforzo di tutti. Riappropriamoci della nostra quotidianità, fuori dal divulgare di metodi ed antidoti da seconda repubblica dove anche gesti semplici come annusare un fiore e stringere una mano tornino ad essere un sano valore.

 

 

Un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile per la Green Economy and Society in Italia (4 anni dopo)

Sono passati quasi 4 anni, la situazione economica e politica si è ulteriormente deteriorata. Ma il tema dello sviluppo sostenibile è oggi più attuale. La nascita di un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile ha fatto parte degli 8 punti della proposta politica di governo di Pierluigi Bersani. Un eventuale governo guidato da Enrico Letta dovrebbe farla sua. Lanciando un super ministero, il MISS, che ponga il tema della sostenibilità quale motore della rinascita culturale, economica ed industriale italiana. Riporto la proposta che feci nel 2009 nel dibattito congressuale del PD.

di Massimo Preziuso

svilupposostenibile

Se si vuole essere protagonisti nella nuova epoca della Sostenibilità, questo è il tempo delle grandi innovazioni, soprattutto in Italia.

Tante sono le cose da fare, nel settore pubblico ed in quello privato, nei mondi della scuola, della ricerca, dell’industria, dei media, della finanza ed altri ancora.

Ma la prima cosa di cui un Paese come il nostro ha bisogno oggi è la nascita di una struttura di Governo che attui e coordini tutto il complesso di “politiche pubbliche” necessarie all’avvio di un percorso che ci porti ad una Green Economy and Society.

Una soluzione in tal senso è la nascita di un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile (MISS), che accorpi in sé il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM).

In tal modo, il MISS si doterebbe della forte capacità di impatto sul mondo industriale dell’attuale MSE (che è l’amministrazione di riferimento per i settori portanti dell’economia italiana) e dell’esperienza e competenza in tema ambientale del MATTM (che è l’amministrazione preposta all’attuazione della politica ambientale), migliorando efficacia e efficienza della spesa pubblica.

Il Ministero per lo Sviluppo Sostenibile diverrebbe così, insieme al Ministero dell’Economia, il motore delle politiche di sviluppo (sostenibile) dei prossimi decenni in Italia.

Una proposta come questa, oggi, è chiaramente una provocazione, ma un Paese moderno, perché possa cambiare davvero, ha il dovere di discutere anche di provocazioni.

La frana: metafora di un Paese che crolla

di Giuseppina Bonaviri

Il Paese sta franando, chi amministra è chiamato ad intervenire.

Frosinone -come l’Italia- presenta moltissime criticità: dalle frane al dissesto dei conti pubblici, dal blocco delle attività produttive alla disoccupazione che giornalmente uccide intere famiglie, dal discredito di un intero sistema istituzionale alla incuria di una classe politica incapace. Siamo in una fase di emergenza e di allarme. Bisogna avere l’onestà di ripensare il modello di sviluppo dominante fallito.

La questione del territorio è aperta: dovrebbe risultare ai primi posti nell’ordine del giorno di una agenda politica seria. Il rapporto ambiente-territorio è emblematico e inquietante se analizzato dal punto di vista tecnico. L’Italia che frana è la metafora di un malgoverno che ci tiene in ostaggio, di una pericolosa condizione di instabilità che sta attraversando l’intero Paese e Frosinone ne risulta l’emblema in quel suo stato di abbandono causato dalle cattive e scorrette politiche, dalla incuria della sua classe di amministratori inadeguati e corrotti che non hanno mai applicato regole tanto meno modelli innovativi. Si continua a non tenere in conto i reali bisogni della nostra città nel pieno della sua decrescita, con le sue annose questioni morali ed economiche, senza alcuna organizzazione di agende di lavoro, di prevenzione ambientale, di salute e sicurezza pubblica. Gli strumenti di una corretta politica del territorio si fanno interpreti della complessità del sistema sociale non potendo essere valutati solo i parametri edilizi speculativi e urbanistici. Si devono prendere in seria considerazione i parametri sociali, economici e ambientali locali. I cittadini dovrebbero, poi, essere in grado -dopo dovuta e corretta informazione ( che dalle nostre parti è inagibile anche per la promiscuità tra stampa, canali mediatici televisivi e potentati locali) trasferita attivamente anche grazie alla consapevolezza di istituzioni vicine al bene comune- di valutare gli effetti delle politiche del territorio anche senza essere degli esperti. Nella attuale fase di postmodernità, infatti, è necessario che avvenga un veloce processo di maturazione, base della conoscenza, in materia di pianificazione del territorio. Oggi è evidente un problema di stile di vita che riguarda la necessaria ridefinizione dei bisogni a partire dal riposizionamento del lavoro, dell’agricoltura e delle aziende che un tempo operavano in ciociaria con l’utilizzo di nuove fonti rinnovabili e della blue green economy. Occorre anche per questi motivi attivare subito un censimento tecnico, nel rispetto ambientale, che disciplini e razionalizzi armoniosamente la nostra città. Chiudiamo con la stagione del saccheggiamento e mettiamo in atto un piano di messa in sicurezza e risanamento del territorio che potrà tornare ad essere un momento di opportunità per tutti i suoi abitanti. Imparando ad assecondare la madre terra si recupererà il rapporto con la natura e la natura finalmente tornerà a premiarci.

Riflessioni su un delicato momento politico

di Arnaldo De Porti

Quando Berlusconi vinse le elezioni la prima volta ebbi l’onore di parlare con il povero Beniamino Andreatta, maestro dell’attuale primo ministro, Enrico Letta (posto che  possa sciogliere le riserve), malgrado i vari veti, soprattutto di Alfano, alla composizione di un governo che, quest’ultimo vorrebbe con Ministeri importanti: insomma, malgrado le parole di Napolitano, il do ut des, sembra ancora avere spazio. Onestamente, sarà dura, per Letta, anche perché il berlusconismo ha preso radici sotto terra, come le piante di bambù…

A questo proposito, vorrei riproporre un articolo che scrissi una decina di anni fa, esattamente in data 3.12.2004,  e che potrebbe essere rinfrescato. Eccolo : 

L’EX MINISTRO ANDREATTA : UN  VERO  PROFETA.

 Dico ormai da alcuni mesi su vari giornali le stesse cose che  anche Eugenio Scalfari dice oggi su Repubblica.  Devo quindi ripetermi ancora una volta, non certo per una sorta di revanscismo verso Scalfari che stimo molto per la sua elevata professionalità.    Da tempo infatti ripeto che, da quando c’è questo governo di destra,  il Presidente della Repubblica,  ha in mano una patata così bollente  che nessun “foile” ( ndr. medicamento contro le ustioni )  è capace di lenirgli le scottature di alto grado. Mai infatti, dalla costituzione della Repubblica italiana, si è insediato un governo come l’attuale, che, non solo viene aspramente criticato in tutto il territorio nazionale, ma viene addirittura sospettato  in quasi tutta la Comunità europea…  Forse anche dalla stessa Spagna di Aznar e dallo stesso Blair che vedono in Italia  una  destra del tutto singolare ed al di fuori di ogni regola.  Se questi ultimi infatti non lo hanno detto apertamente  al nostro premier quando si  sono incontrati in Italia, ciò è dovuto unicamente alle regole  di un certo “bon-ton” dell’ospite nei confronti dell’ospitante.  Il nostro premier and co., forse non l’hanno ancora capito ?  O forse hanno capito fin troppo bene, fingendo  però di non  capire che non tutti sono venditori di tappeti,  ma che sono, al contrario, portatori di diplomazia che non fa le… corna   ? Come invece  ha fatto il nostro premier in un importante consesso, facendo vergognare anche il sottoscritto nella sua veste di italiano ?

Sono comunque assolutamente convinto che, non appena gli Italiani si saranno accorti di trovarsi di fronte al più grande venditore di…tappeti, come dice oggi Scalfari, si pentiranno amaramente, senza cadere mai più in inganno.   Oggi, quanto a miracoli,  il nostro premier da dei punti a..Padre Pio: egli infatti, come ha detto Scalfari, è capace di lacrimare sangue perché  purtroppo esistono ancora molti “gonzi” che credono ai miracoli…e quindi lo votano.

Sfogliando Repubblica, ho visto una foto dell’ex Ministro Beniamino Andreatta, il quale,  da quasi tre anni politicamente impotente a causa della sua grave malattia, sta osservando a letto quanto sta succedendo in Italia, forse peggiorando le sue condizioni di salute. Vedendolo,  ho avuto  un trasfert in un discorso che egli mi fece   quando era in ottima salute.  Proprio qui a Belluno, in Sala Muccin del Centro Giovanni XXIII,  qualche anno fa.    Egli mi disse, elencandomi  sottovoce  5 personaggi di questo governo,   allora  all’opposizione,  che se per caso si fosse avverato ciò che in effetti purtroppo è successo il  13 maggio 2001,  l’Italia avrebbe perso, in primis, la sua dignità.

 

L’ex Ministro ANDREATTA con De Porti e l’ex Segr. Regionale PPI, in una foto di qualche anno fa.

Ed aveva assolutamente ragione.  E’ mai possibile infatti, tanto per dirne una delle ultime, che un premier garantisca per le fesserie che dice un suo Ministro contro l’Europa ?   Ma insomma i Ministri Italiani di questo governo hanno bisogno di tutori in quanto incapaci di intendere e di volere ?    Ed il Presidente della Repubblica come risolverà la beffa relativa alla legge sul conflitto di interessi, senza dubbio molto irriguardosa anche nei suoi confronti, visto che mi sono vergognato pure io come semplice cittadino nei confronti dell’Europa ? 

Quale grande profeta, sei stato Beniamino!

Domanda finale : “ Sarà capace Enrico Letta di rimuovere quel berlusconismo che ha fatto ammalare il suo maestro, prof. Beniamino Andreatta, di cui a foto con lo scrivente ?  Sarà dura, perché le preoccupazioni di Andreatta sono ancora molto e molto attuali.

Enrico Letta premier. Un bel goal, all’ultimo minuto, per il PD

Sembra che Enrico Letta sarà il nuovo Presidente del Consiglio.
Enrico è persona seria, preparata e fortemente europeista.
E nei fatti la continuazione – evoluzione politica di Romano Prodi e Pierluigi Bersani.
Con lui il Paese potrà ritrovare centralità nel dibattito di Brussels.
Soprattutto se porterà con sé al governo competenze di livello riconosciuto.
Poche ore e tutto si saprà.
In bocca al lupo da tutti noi.
 
Massimo Preziuso

Let us focus on Europe, now!

 from European Innovators

In the last months and years, as Innovatori Europei, we have been working and focussing on italian politics. Our idea was (and is) to give (innovative) insights and ideas to the current political debate with a european view.

It has been a huge job. Particularly as we don’t know if we made some real goal.

In any case, it is now time to shift a part of our attention to the main goal: the creation of a solid and sustainable European Union.

For this reason, we want to spread our discussions and projects to a european – wide level.

The first move is going to be the creation of a federation of innnovation – based political initiatives located in the continent. With the ambition to strengthen the actual debate on the future of the Union.

We invite all the European Innovators to join us in this intellectual project.

For any info, please contact us.

European Innovators – Innovatori Europei

Let us focus on Europe, now!

In the last months and years, as Innovatori Europei, we have been working and focussing on italian politics. Our idea was (and is) to give (innovative) insights and ideas to the current political debate with a european view.

It has been a huge job. Particularly as we don’t know if we made some real goal.

In any case, it is now time to shift a part of our attention to the main goal: the creation of a solid and sustainable European Union.

For this reason, we want to spread our discussions and projects to a european – wide level.

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We invite all the European Innovators to join us in this intellectual project.

For any info, please contact us.

European Innovators – Innovatori Europei

Si provi un governo breve ma PD e PDL avviino “congressi aperti” subito

di Massimo Preziuso
 
Stamattina un amico del M5S ha pubblicato su Facebook i link alle pagine di tanti politici del PD.
 
Impressionante quanto il “popolo del web” non abbia apprezzato la scelta del Napolitano Bis, fatta dal PD dopo la bocciatura interna della candidatura del suo padre fondatore, Romano Prodi. E senza poi almeno provare un opportuno dialogo con l’alleato desiderato fino a quel punto, il M5S appunto.
 
Se la voce di quel “popolo” rappresenta il Paese – ed io credo da tempo di sì – lo sapremo domani dai risultati elettorali del Friuli Venezia Giulia.
 
La verità è che il Bis di Giorgio Napolitano (personalità di chiaro altissimo profilo) ha senso se e solo se serve a fare un governo politico, limitato nel tempo e nello scopo, possibilmente aperto anche al M5S. Altrimenti il Paese – quello fuori i palazzi – sarà nel frattempo esploso totalmente. Nessuno di certo potrebbe accettare di essere governato a lungo da un gruppo di “saggi” lontani dalle strade di Italia, che nel frattempo muoiono giorno dopo giorno.
 
Ma soprattutto il Bis di Napolitano ha senso se, nel frattempo, il Partito Democratico e il Popolo delle Libertà avvieranno da subito congressi aperti (sul serio) che disegnino pienamente, aprendosi all’esterno, una nuova classe dirigente politica in Italia.
 
Senza paura, senza mezze misure, tocca alla attuale leadership del PD fare il primo passo ed agire in tal senso.
 
Altrimenti moltissimi di noi – da anni sostenitori del PD da fuori – dovranno cambiare e abbracciare le novità, ormai mature, che vengono dalle parti del M5S appunto. Un “Movimento” che pure dovrà fare un salto di qualità, aprendosi all’esterno, per crescere in maniera sostenibile.

PD: anatomia di una disfatta

di Pierluigi Sorti

L’ ampiezza del disastro del Pd, mentre la presidente della Camera dichiara il risultato ufficiale della IV votazione per il presidente della Repubblica, assume le dimensioni di una catastrofe definitiva.

Non stupisce, più di tanto, in serata , dopo i telegiornali, il susseguirsi , nell’ ordine, delle dimissioni annunciate dal presidente Rosy Bindi, poi dal segretario Pier Luigi Bersani e, dal Malì africano, la dichiarazione di amarissimo stupore dello stesso Romano Prodi , principale vittima designata di questa Waterloo della democrazia parlamentare italiana.

Eppure, davanti allo sfacelo prodotto da circa 100 parlamentari , quasi o, forse, tutti del Pd, il nostro istintivo risentimento non si rivolge al responsabile indubbio di una serie di incomprensibili scelte tattiche e strategiche di Pier Luigi Bersani : troppo stridente appare infatti il comportamento del gruppo suddetto di franchi tiratori che unanimemente poche ore prima avevano assunto, senza espresse riserve alcune , l’impegno di votare sulla scheda il nome di Prodi.

Un quadro desolante che implica la stupida, masochista e vile scelta di una schiera di persone, gratificate dal privilegio di essere stati scelti come membri parlamentari di Camera e Senato , ma pronte a tradire, sconciandolo , un mandato di cui non erano evidentemente degni.

Constatazione che tuttavia getta una luce retrospettiva di come un gruppo di regia che, dal 1994, e proveniente dai vecchi Pci e Dc , ha operato un percorso ricorrendo a camaleontici rifacimenti di identità, nell’ illusione di sottrarsi alla doverosa operazione di fare i conti con la propria storia.

Mancando la quale , nella varietà di metabolismi cui hanno ritenuto di ricorrere, hanno svolto una azione di proselitismo evidentemente ispirato a canoni selettivi e formativi , basati inconsciamente sulla doppiezza con la quale hanno occultato la loro storia personale.

Il destino ha voluto che gli allievi, fra cui sicuramente alcuni che hanno guadagnato il seggio parlamentare con quelle “parlamentarie”, superate con metodi talmente discutibili da indurli a ritenere, con meschino machiavellismo, che tali potessero costituire l’ essenza stessa della condotta politica.

Ora il buio delle prospettive, a breve e a lungo, del Pd, si protende sulle necessarie operazioni di ricambio in un panorama complessivo che non esclude l’ ipotesi del disfacimento strutturale della stessa sua ossatura organizzativa.

Un Presidente in nome del Papa Re

Di Michele Mezza

Pensavo piovesse, ma non che grandinasse. In questi mesi non ho risparmiato critiche, anche salaci, al gruppo dirigente del PD. Ma ieri, lo confesso, ho pensato che dopo la lezione Marini, attorno all’ancora di Prodi , il partito tentasse un’operazione di autosalvataggio. Invece è stato auto affondamento.

Il voto  è servito alle diverse bande per approfittare dello sfacelo. 100 franchi tiratori sul fondatore del partito, dopo il fallimento delle precedenti aperture, sono più di un agguato, sono la Guyana: un suicidio di massa.

Ora il PD non c’è più. Ma è mai iniziato? Questa è la domanda. E più in generale: la sinistra ha mai  potuto contare su una credibile identità e cultura politica dopo il disfacimento del PCI e del suo mondo?

Questa è la domanda che va distribuita su tutto il fronte su cui si è dislocata la sinistra dopo l’89: Ds, Rifondazione, schegge varie, e ora Sel e PD.

Siamo ad un tornante non dissimile a quello che, mille volte più in piccolo, si ebbe, alla fine degli anni 70 con il gruppo della sinistra extraparlamentare. Qualcuno forse ricorderà: quando la strategia politica coincide con il destino personale dei singoli dirigenti oltre il fallimento subentra la miseria morale. Tale fu allora il destino di quella stagione, tale è ora l’epilogo di un esperimento inconcluso.

L’accartocciamento attorno al Quirinale è infatti la conclusione di un itinerario fatto di improvvisazioni e di scorciatoie velleitarie. 
Un partito senza cultura condivisa, senza fatica di una discussione, senza un progetto sociale, senza un quadro internazionale e senza la curiosità del nuovo. Un partito di riciclaggio, dove i vecchi dirigenti cercavano di improvvisarsi  nuovi e i vecchi di farsi come i precedenti.

Un partito che faceva le primarie come un congresso interno , e i congressi come i festival dell’Unità. Che pensava di vincere le elezioni solo perchè gli avversari erano impresentabili, e di governare solo perchè i propri aderenti erano più eleganti e  cosmopoliti.

In questo quadro non ci si è accorti che le elezioni si erano perse e non vinte, seppur di poco, che mancava un’idea di alleanze, che non si riconosceva una base sociale coerente con il proprio disegno politico. Che si parlava di  produzione industriale ad un partito di impiegati pubblici, si celebrava il lavoro ad un ceto di mediatori, che si elucubrava di innovazione  covando in cuore l’avversità alla rete.

Questa sinistra è estranea al paese, o meglio assomiglia alla parte meno vitale dell’Italia. Lo dobbiamo riconoscere. Renzi, Grillo, la Lega, i frammenti, belli o brutti, di una razza rude e pagana che corre sono tutti fuori dal nostro perimetro, dai nostri ricordi, dalle nostre fotografie. Vogliamo capire perchè? O continuiamo a valutare i presidenti e gli elettori in base ai quarti di nobiltà radicale che esibiscono?

Ieri Vespa esibendo un iPad gridava che “questo avvelena la politica”. E una considerazione miserabile. Non sono i tweet che arrivano ad intimidire un gruppo dirigente, ma è la fragilità e l’inconsistenza di un gruppo di  capi improvvisati e cooptati che rendono ogni stormir di fronda una minaccia. Fossero pure telefonate o telegrammi.

Bisogna ripartire dall’idea di rappresentanza: chi vogliamo  organizzare e per che cosa? Chi pensiamo che siano oggi gli agenti di libertà e progresso in questo paese, e chi devono essere i ceti da garantire per l’equità. Le due operazioni oggi sono disgiunte. Questa è la vera differenza rispetto al secolo scorso: ieri  il motore del cambiamento erano direttamente i ceti dell’equità, oggi il cambiamento è promosso da settori che poi usano l’equità per vivere in un paese migliore.

La rete ne è il luogo di cultura e di reciproca identità. Non è una minaccia.

Come diceva Manfredi al papa, nel film di Luigi Magni in Nome del Papa Re: Santità qui non è che finisce tutto perchè arrivano i piemontesi, qui arrivano i piemontesi perchè è finito tutto.

Prima lo capiamo e meglio è, anche per il Quirinale.

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