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Infrastrutture: Resoconto Conferenza ‘La macroregione del Mezzogiorno. Sicilia-Calabria, binomio inscindibile nel TEN-T 5 per una nuova centralità dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo’
Infrastrutture: Resoconto Conferenza ‘La macroregione del Mezzogiorno. Sicilia-Calabria, binomio inscindibile nel TEN-T 5 per una nuova centralità dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo’
Roma, 19 Giugno 2015 – Si è svolta, mercoledì 17 giugno, con grande partecipazione di pubblico, presso lo Spazio Europa di Via IV Novembre 149 in Roma, la Conferenza sul tema ‘La macroregione del Mezzogiorno. Sicilia-Calabria, binomio inscindibile nel TEN-T 5 per una nuova centralità dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo’; organizzata dall’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) grazie alla collaborazione di Innovatori Europei e all’ospitalità di Spazio Europa (gestito dall’Ufficio d’informazione in Italia del Parlamento europeo e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea).
L’evento, che ha ottenuto il patrocinio delle Università degli Studi di Messina, di Palermo, di Catania, di Enna ’Kore’, dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, dei Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, dalla The Watson Society, si è posto l’obiettivo di fare emergere, in maniera sempre più nitida, l’importanza di concentrare lo studio analitico e la ricerca operativa sul Mediterraneo e sugli eterogenei Paesi che vi si affacciano.
Ciò al fine di riscoprirne le potenzialità in un’ottica di interazione, non soltanto per questioni legate alla sicurezza ma anche per le nuove opportunità, sfide e prospettive che potrebbero derivare dal riassetto geopolitico in cui il Mediterraneo possa nuovamente esprimere un ruolo di centralità.
Tale nuovo scenario potrebbe senz’altro rappresentare un’opportunità per l’Italia che, per via della posizione geografica, si presenta come un grande molo naturale e, al contempo, un piano di scorrimento posto a tagliare in due compartimenti il Mediterraneo.
Tuttavia, affinché questa opportunità sia colta, e messa a profitto, occorre che la parte meridionale del Paese superi il gap in cui si trova da decenni, fattore ostativo di crescita e sviluppo, attraverso la messa a punto di un’adeguata strategia infrastrutturale.
Nella fase di introduzione del Convegno, dopo i saluti di Tiberio Graziani e Filippo Romeo (ISAG), Massimo Preziuso (Innovatori Europei), del Prof. Cosimo Inferrera e di rappresentanti di alcune associazioni, è stato proiettato un video-messaggio di Gianni Pittella, Presidente del Gruppo S&D al Parlamento Europeo.
Un panel di qualificati relatori provenienti dal mondo istituzionale, accademico e professionale, ha sviluppato il tema della Conferenza mettendo a confronto esperienze, dati e progettualità: Francesco Attaguile, Presidente di HUB-Sicilia Internazionale; Giulio Ballio, Professore emerito Politecnico di Milano; Maurizio Ballistreri, Professore Università degli Studi di Messina; Cesare Boffa, Professore Politecnico di Torino; Giacomo Borruso, Professore di Economia applicata; Giuseppe Bova, Coordinatore Progetto ferroviario MRIL; Michele Comparetto, Architetto, Coordinatore Gruppo di studio ‘NonSoloPonte’; Gian Luigi Corinto, Professore Università degli Studi di Macerata; Giorgio Diana, Professore emerito Politecnico di Milano; Alessandro Di Liberto, Ricercatore associato IsAG; Laura Facchinelli, giornalista, Direttore rivista “Trasporti & Cultura”; Gustavo Gagliardi, Ingegnere, docente Università Roma Tor Vergata; Antonino Galloni, Economista, docente universitario, Direttore Generale Ministero del Lavoro; Iosè Gambino, Professore Università degli Studi di Messina; Rocco Giordano, Presidente Comitato Scientifico della Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica per il Piano Nazionale della Logistica; Filippo Grasso, Professore Università degli Studi di Messina; Tiberio Graziani, Presidente IsAG; Massimo Guarascio, Professore Università degli Studi Roma1; Cosimo Inferrera, Professore a. r. Università degli Studi di Messina, membro “Comitato Peloritano Ponte Subito”; Pier Paolo Maggiora, Architetto; Aurelio Misiti, docente universitario, già Vice-ministro alle Infrastrutture; Giovanni Mollica, Ingegnere; Domenico Napoli, Direttore CEFRIS; Massimo Preziuso, Presidente di Innovatori Europei, Ingegnere – PhD; Filippo Romeo, Direttore Programma Infrastrutture e Sviluppo Territoriale IsAG; Giovanni Saccà, Università degli Studi di Verona; Enzo Siviero, Professore Università IUAV di Venezia, Direttore responsabile della rivista Galileo; Giuseppe Zamberletti, Presidente Istituto Grandi Infrastrutture, già Ministro della Protezione civile. (cut/strtwr)
Comunicato Stampa del convegno del 17 giugno a Roma. Rilancio dell’osservatorio per la infrastrutturazione della Macro Regione del Mezzogiorno proiettata verso il Mediterraneo
Comunicato Stampa del convegno del 17 giugno a Roma. Rilancio dell’osservatorio per la infrastrutturazione della Macro Regione del Mezzogiorno proiettata verso il Mediterraneo
Dagli uffici di Rappresentanza della Commissione Europea un centinaio di intellettuali riuniti da Innovatori Europei e IsAG hanno lanciato al governo Renzi e ai partiti politici la proposta, partita anche l’anno scorso dal convegno svoltosi presso il Nazareno (PD), della istituzione di un Osservatorio per la infrastrutturazione della Macro Regione del Mezzogiorno proiettata verso il Mediterraneo, in cui è centrale il ruolo della area metropolitana tra Reggio Calabria e Messina.
Un Tris di Progetti per il rilancio della Campania
Un Tris di Progetti per il rilancio della Campania
Con Mario Raffa Consigliere Regionale per Vincenzo De Luca Presidente
Domenica – oltre che in Puglia, Umbria, Marche, Toscana, Liguria e Veneto – si vota nella più importante regione del Mezzogiorno, la Campania. Tutti noi dobbiamo contribuire a restituirle quella centralità che negli ultimi decenni non ha avuto ma che ora è indispensabile per il Paese tutto. Perché è solo da Sud che può partire una vera accelerazione per lo sviluppo e la crescita italiana. E se l’Europa vuole cambiare e rinforzarsi deve guardare proprio al Mezzogiorno d’Italia e da lì al Mediterraneo. Con Vincenzo De Luca Presidente si potrà infine rilanciare la città di Napoli quale naturale capitale del Mezzogiorno.
Per farlo occorrerà concentrarsi su un tre aree principali: Cultura, Economia e Turismo, Ricerca e innovazione. Con tre grandi progetti, già in parte presenti nel programma di De Luca.
Per la Cultura si parta dall’idea patrocinata tra gli altri da Massimo Bray per trasformare Palazzo Fuga nel piu’ grande museo di Europa. Poi si rilanci il Porto di Napoli quale volano dell’economia campana nel mondo e per l’attrazione di un turismo di qualità che essa merita. Infine si punti sulla ricchezza potenziale di Bagnoli, con la realizzazione di un distretto multi – tecnologico e industriale costruito attorno ad un nuovo Politecnico, che metta a sistema la potenza unica di ricerca del sistema campano, per farne una Stanford dell’Euro Mediterraneo a Bagnoli.
Siamo sicuri che Vincenzo De Luca si impegnerà con il supporto di tante intelligenze diffuse, coordinate dal Prof. Mario Raffa, candidato innovatore nella lista civica “De Luca Presidente”, a realizzare questo percorso di innovazione strategica.
A noi tutti, allora, l’augurio di un quinquennio di successi per la Campania, per il Mezzogiorno e per l’Europa nel Mediterraneo.
Gli Innovatori Europei
Alexis Tsipras, l’ingegnere che porta di fatto l’Europa nel Mediterraneo
di Massimo Preziuso
Una reale prospettiva di integrazione per la Turchia è strategicamente importante per l’UE
di Gianni Pittella
@Matteo Renzi: Una Iniziativa Europea sulle Infrastrutture, adesso!
“Non solo fondi UE, al Sud serve un progetto”, la mia intervista per «Il Mattino»
Intervista di Gianni Pittella per «Il Mattino»
Onorevole, qual è il significato di questa nuova visita del premier a Napoli e nel Mezzogiorno?
«Ha innanzitutto un grande valore simbolico – spiega Gianni Pittella, capogruppo del Pse a Strasburgo – perché vuole significare l’importanza che ha il Sud per Renzi e per il Governo, ma anche per l’Europa intera. Il Mezzogiorno è un’area che può diventare strategica per la crescita e per la ripresa economica nel continente. Aggiungo: so che Renzi visiterà anche delle aziende d’eccellenza. E questo è un altro motivo di questa visita: il premier viene a sottolineare le virtuosità di cui il Sud è ricco, viene a dare un segnale di fiducia e di incoraggiamento peri tanti attori dello sviluppo che nel Mezzogiorno fanno per intero la loro parte, a dispetto di chi critica soltanto».
A suo giudizio cosa fa e cosa potrà realizzare il governo Renzi per il Sud?
«Il governo ha saputo preparare l’avvio della nuova programmazione dei fondi comunitari. La parola d’ordine è concentrazione delle risorse: per evitare ritardi e ulteriori perdite di fondi. D’altronde solo l’ottimizzazione delle risorse può impedire la dispersione in mille rivoli, tipo quella dei 500mila progetti della vecchia programmazione. Un esempio: puntare tanto sulle infrastrutture, sia quelle fisiche come i porti, come l’Alta velocità, come l’Alta capacità, ma anche quelle immateriali, come la banda larga».
Si riferisce all’Agenzia per la coesione?
«Anche. Perché è importante che il governo coinvolga le regioni ad un tavolo comune, perché finalmente si ragioni tutti insieme in una visione più complessiva e organica. Ecco, credo che sia questo il nuovo orizzonte: anziché fantasticare sulla macro -regione istituzionale credo sia più importante lavorare tutti insieme ad un grande progetto. Prendiamo ad esempio l’Alta velocità: che senso ha se ciascuna regione pensa esclusivamente alla sua piccola porzione? Eppure quella delle infrastrutture che consentano una maggiore accessibilità è una delle sfide più decisive per il Mezzogiorno, da affrontare e da superare».
Sempre e solo fondi Ue: onorevole, ma al Sud non serve anche altro?
«Concordo: in questi anni è mancata una visione, un’attenzione. E non c’è stato nessuno sforzo serio di programmazione. Ma io credo che in questo senso Renzi possa dare una svolta».
Come?
«A mio avviso sono cinque i punti fondamentali. Delle Infrastrutture già ho detto. Poi penso all’istituzione di Zone Economiche Speciali, come in Polonia, dove un regime di fiscalità e la semplificazione amministrativa possano attrarre gli investimenti. Ancora: turismo e ambiente, con tutti gli sforzi che ne derivano per recuperare ad esempio il terreno perduto con la “terra dei fuochi”. Quindi, l’adozione dei progetti di studio Erasmus su scala mediterranea, per accrescere anche una coscienza più aperta: sarebbe un segnale anche dal punto di vista politico rispetto a quanto accade sulle altre coste del Mediterraneo. Infine la lotta alla criminalità: penso all’impiego delle nuove tecnologie, ma anche ad un’azione socio-culturale che coinvolga il volontariato e le associazioni, e ad un utilizzo più efficiente dei beni confiscati alle mafie».
Renzi potrà fare tutte queste cose o la crisi sarà l’alibi buono per rinviare ancora?
«Mi fido di Renzi e penso anche che tante di queste cose si possano realizzare senza particolari impegni finanziari. Poi non dimentichiamo che, al di là dei fondi comunitari, ci sono quei famosi 300 miliardi in 3 anni derivanti dal piano straordinario investimenti adottato da Juncker su nostro pressing: anche una quota di quelle risorse potrà andare a colmare lo storico divario Sud-Nord. L’importante è che tutti gli attori facciano la loro parte: anche le banche, perché non siano solo prestatori di danaro a fini di lucro, ma aiutino a creare una cultura nuova, aperta al cambiamento. Che senso ha chiedere ai giovani imprenditori garanzie che loro non possono dare?».
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Pittella in conversazione su suo post su Facebook aggiunge: “È fondamentale che il Governo coinvolga le regioni ad un tavolo comune, perché finalmente si ragioni tutti insieme in una visione più complessiva e organica. Anziché fantasticare sulla macro-regione istituzionale, credo sia più importante lavorare tutti insieme ad un grande progetto. Prendiamo ad esempio l’Alta velocità: che senso ha se ciascuna regione pensa esclusivamente alla sua piccola porzione? Eppure quella delle infrastrutture che consentano una maggiore accessibilità è una delle sfide più decisive per il Mezzogiorno, da affrontare e da superare. Farò di tutto perché questo avvenga. Anche grazie a una parte dei fondi che siamo riusciti ad ottenere.”
Commento di IE: “Ci sono tutte le condizioni ora per unire il Mezzogiorno per la sua infrastrutturazione che apra Italia e l’Europa al Mediterraneo, di cui da anni parliamo fino alla proposta per il Semestre europeo a guida italiana dell’Osservatorio infrastrutture e logistica mediterranee”.
Lo spazio dell’Italia tra Usa e Africa. Parla Salzano (Eni)
Intervista di Formiche a Pasquale Salzano
Pasquale Salzano è senior vice president di Eni ed ha delega agli affari istituzionali. È il volto e la voce di Claudio De Scalzi, una vita nel Cane a sei zampe e da pochi mesi nominato dal governo Renzi nuovo Ceo della prima multinazionale italiana.
Salzano, classe 1973, è arrivato in azienda nel 2011 dalle fila del ministero degli Affari esteri essendo Consigliere d’Ambasciata. La promozione di un giovane diplomatico non sorprende, anzi conferma il peso della dimensione istituzionale e internazionale in Eni. Formiche.net lo ha incontrato per una conversazione a valle del Summit USA-Africa appena terminato a Washington e che ha lasciato in eredità sia la Clean Energy Finance Initiative sia investimenti tra i quali una partnership da 5 miliardi di dollari tra il fondo Blackstone e il ricco investitore africano Aliko Dangote per progetti di infrastrutture energetiche nell’Africa sub-sahariana.
Anche Eni, pur nel suo core business degli idrocarburi, investe da tempo nel Continente nero. Quali opportunità vi intravedete? “Il vertice di Washington è stato il più grande incontro con i capi di stato e di governo africani mai organizzato da un presidente americano negli Usa. La sua importanza è dunque innanzi tutto di carattere politico e strategico e segnala la crescente attenzione che l’amministrazione americana dedica ad un continente in cui, negli ultimi dieci anni, diversi paesi hanno registrato i tassi di crescita più elevati del mondo. Va considerato, inoltre, che la popolazione africana raddoppierà entro il 2050, tornando a rappresentare un quinto del totale mondiale, come era nel XVI secolo. In questo quadro, gli investimenti e il commercio sono considerati dagli Usa come parte del più complessivo impegno per la sicurezza e lo sviluppo civile e sociale del continente. Si tratta di un approccio altamente condivisibile, molto simile a quello che Eni, pur nella sua specificità di azienda energetica, ha tradizionalmente promosso in Africa fin dall’inizio della sua presenza, nel 1953. È stato proprio grazie alla attiva integrazione tra i progetti di sviluppo dell’azienda e le opportunità di crescita dei territori in cui è ospite, che Eni è potuta diventare non solo la prima compagnia internazionale del continente per produzione di idrocarburi, ma anche l’azienda leader nel favorire l’accesso all’energia da parte delle popolazioni locali. Il rinnovato impegno americano e la convergenza dei rispettivi approcci al continente non può dunque che essere vista da Eni in modo molto positivo”.
Gli Stati Uniti hanno deciso di puntare in modo deciso sullo sviluppo dell’Africa e sugli investimenti non solo energetici nel continente. L’Italia, per sua vocazione e collocazione rappresenta un ponte ideale tra l’altra sponda dell’Atlantico e l’Africa. Ritiene che questo nuovo sguardo a sud possa aiutare il nostro Paese a diversificare le proprie alleanze energetiche, finora più orientate ad est?
“Pochi lo sanno, ma l’Italia è tra i paesi europei che nell’ultimo decennio ha provveduto maggiormente alla diversificazione delle proprie fonti di approvvigionamento, come spesso auspicato dall’Unione europea. Nello stesso periodo, inoltre, l’Eni ha registrato in assoluto i migliori successi esplorativi tra le majors petrolifere mondiali, inclusa la più grande scoperta di giacimento gas della sua storia, in Mozambico, nel 2011 e l’Africa è stata al cuore di questi successi. Si tratta di nuove fonti che, soprattutto per quanto riguarda il gas, potranno contribuire ulteriormente alla diversificazione energetica italiana ed europea, consolidando una sorta di corridoio nord-sud come nuovo asse strategico di approvvigionamento energetico, di cui ha recentemente parlato anche il presidente Renzi, che potrà avvicinare sempre più l’Africa al vecchio continente”.
Ritiene che, tenendo conto anche dei nuovi progetti energetici annunciati dall’amministrazione Obama, ci possano essere ulteriori momenti di collaborazione tra Italia e Stati Uniti?
“Le sfide che la straordinaria crescita dell’Africa pongono alla comunità internazionale rendono sempre più importante la sinergia tra l’Italia e gli Stati Uniti, che non può che realizzarsi nella più ampia cornice dei rapporti tra Ue e Usa. L’importante negoziato in corso sulla Transatlantic Trade and Investment Partnership ne è solo uno degli esempi più recenti, e l’inclusione dei temi energetici al suo interno sarà molto rilevante. In Africa, in particolare, la collaborazione tra Italia e Usa potrà registrarsi anche alla luce del programma Power Africa lanciato dall’amministrazione un anno fa, che mira a raddoppiare l’accesso all’energia nel continente entro il 2018, grazie anche a importanti convergenze tra pubblico e privato (Public Private Partnership)”.
Il recente viaggio del premier Matteo Renzi in Africa – in Mozambico, Congo e Luanda – è forse il segno che anche la politica italiana guardi all’Africa non solo come a una frontiera, ma come a un mercato di riferimento. Eni come valuta questo nuovo approccio e quali cambiamenti scorge?
“Il rinnovato impegno del governo italiano verso l’Africa è a tutto campo e tocca la dimensione politica, economica e culturale. Può quindi essere considerato parte di una più ampia strategia di apertura e adattamento del nostro paese alle nuove tendenze del sistema internazionale. Un’azienda come Eni, che opera in circa settanta paesi in tutto il mondo, non può che considerare positivamente questo approccio, sempre più necessario e carico di implicazioni significative. A questo riguardo Il Ministero degli esteri ha recentemente promosso l’Iniziativa Italia–Africa, anche con l’obiettivo di rafforzare l’accesso all’energia sostenibile attraverso l’espansione della rete di aziende italiane impegnate nel continente. A metà ottobre si svolgerà a Roma una conferenza internazionale di alto livello per fare il punto sullo stato di avanzamento delle attività su questo fronte”.
Per dirla con Barack Obama, aumentare gli investimenti occidentali in Africa è anche un modo per rafforzare “sicurezza e democratizzazione dei Paesi africani”, anche quelli dove Eni è presente. Penso alla Nigeria, ma anche alla Libia, in queste ore teatro di scontri terribili. Cosa ne pensa? E come proseguono le attività di Eni nei Paesi africani più instabili?
“Per le caratteristiche del suo business, Eni è abituata da sempre ad operare in realtà o regioni complesse o genericamente considerati “a rischio”. Per questo ha tradizionalmente dedicato grande attenzione allo sviluppo dei paesi in cui opera, anche attraverso il cosiddetto “dual flag approach”, ovvero quello di una compagnia al tempo stesso internazionale ma anche locale e con uno stretto rapporto con il territorio. Poiché l’energia è la chiave di ogni sviluppo, negli ultimi anni Eni si è anche impegnata direttamente nella realizzazione di alcune centrali elettriche, come ad esempio quelle in Nigeria e Congo, che vengono gestite insieme alle autorità locali e forniscono ai due paesi rispettivamente il 20 e il 60% dell’energia. Solo l’ulteriore consolidamento di questa strategia, ribadita dalle recenti iniziative sia negli Stati Uniti che in Italia, potrà offrire all’Africa quel futuro di pace e prosperità che ognuno di noi auspica”.
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Sulo stesso tema, la nota scritta nel 2013 da Massimo Preziuso: Un’area di libero scambio UE-USA per lo sviluppo sostenibile mondiale e per la nascita degli Stati Uniti d’Europa
Speranza: «Il governo deve ripartire dal Sud più spesa e investimenti pubblici»
Intervista a Roberto Speranza di Nando Santonastaso – Il Mattino
Forse davvero la politica si sta accorgendo del baratro in cui è finito il Mezzogiorno. Perché dopo le devastanti anticipazioni del rapporto Svimez 2014 e la costituzione dell`intergruppo Mezzogiorno, trasversale alle forze parlamentari, è il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza – che del nuovo organismo fa parte – a provare a svegliare il Palazzo. «Sono rimasto sconcertato dal silenzio, dall`assenza di dibattito e di confronto che ha accompagnato i dati Svimez, contrariamente a quanto di solito accade in politica su temi magari anche meno importanti», dice Speranza, meridionale di Potenza.
Silenzio da rassegnazione?
«Non lo so. Mi preoccuperei se si fosse trattato di indifferenza. Ero anch`io alla Camera alla presentazione dei primi dati del nuovo rapporto Svimez, in qualità di capogruppo del Pd. E di fronte alla gravità della situazione mi sarei aspettato ben altre reazioni. Sono anni ormai che ci continuano a piovere addosso statistiche e rapporti che documentano quanto sta accadendo nel Sud: ma non vedo un dibattito consapevole di tutto ciò».
Ma non tocca alla politica assumere questa responsabilità? E non è proprio il partito di maggioranza relativa a doversene fare carico più degli altri?
«Intanto prima ancora della politica, che ha certamente le sue responsabilità, mi pare che siamo di fronte a una sorta di impotenza dell`opinione pubblica, di indifferenza come dicevo prima. Che è purtroppo un elemento di novità rispetto al passato. Perché di fronte a certi dati è incredibile che non si apra un dibattito nazionale sul Mezzogiorno. Oltre tutto i dati del Pil del secondo trimestre, con un calo superiore al previsto, impongono questa scelta: ma se un Paese non riparte da un`area che ha perso il 3,5% di Pil in un solo anno, di cosa discutiamo?».
Già, ma ne è consapevole anche il governo?
«L`ultima cosa che possiamo fare su questo tema è dividerci tra di noi. Io so, ne abbiamo parlato spesso con Renzi, che il governo è consapevole di questa situazione. Io ho un`idea e penso che su di essa si possa ragionare in termini concreti. Penso cioè che se non c`è un`inversione di tendenza rispetto alla politica del rigore dell`Unione europea, l`Italia rischia di non uscirne viva e il Mezzogiorno di non accorciare più il divario con il centronord».
Per cui, cosa bisognerebbe fare a suo giudizio?
«La battaglia del governo in Europa perché siano superati in vincoli del 3% del Patto di stabilità abbia come obiettivo il Mezzogiorno. Perché è in quest`area che i danni prodotti da una regola assurda si fanno sentire in maniera drammaticamente elevata. Ed è qui, di conseguenza, che il cambio di passo avrebbe risultati decisivi per la crescita del Paese».
Si spieghi meglio: perché abbattere il muro del 3% favorirebbe un ritorno economicamente significativo al Mezzogiorno?
«Perché svincolare gli investimenti pubblici e privati da quella soglia significherebbe rimettere in moto il Sud nei cui confronti la spesa in conto capitale, che è decisiva per le sorti di un territorio, ha subìto un calo incredibile. Lo ha rilevato proprio la Svimez. I tagli agli investimenti in infrastrutture, ad esempio: se nel centronord si sono mantenuti i livelli di spesa per opere pubbliche di 40 anni fa, al Sud oggi si spende un quinto di quanto si faceva negli anni `70».
Sta dicendo insomma che se il Paese non ripartirà veramente dal Sud non riuscirà ad agganciare la ripresa, se ci sarà, del prossimo anno?
«Certo, ma questo – sia chiaro – non vuol dire rimettere in discussione la spending review o gli impegni internazionali del Paese. La battaglia che credo andrà fatta dal governo è per liberare gli investimenti, non per altri obiettivi. Abbattere il tetto del 3% e rilanciare il Sud al pari degli interventi per le scuole e contro la povertà mi sembrano le priorità assolute in questa fase. Un Paese che ha appena dimostrato di potere e sapere fare riforme complesse, come quella del Senato, può e deve ottenere altrettanta disponibilità dall`Europa».
Pensa che anche il suo partito oltre che il governo condividerà questa scelta?
«Io non ho dubbi anche perché è arrivato il momento di mettere fine alla vulgata secondo cui il Sud avrebbe beneficiato di maggiori investimenti pubblici. I dati dimostrano esattamente il contrario: sul fronte degli investimenti delle imprese pubbliche nazionali, cito ancora la Svimez, al Sud nel 2012 sono crollati de112,8% rispetto all`anno precedente mentre al centronord nello stesso periodo sono saliti del 2,9%».
Eppure la sensazione è che si rinunci a investire nel Sud perché in fondo non ne varrebbe più la pena…
«Io penso che al netto di chi racconta di un Sud sommerso di risorse pubbliche, esista al contrario una realtà nella quale i limiti della spesa emergono in maniera chiara. Ecco perché un piano di investimenti per il Mezzogiorno che possa liberarsi dal vincolo del 3% può e dev`essere la strada da percorrere».
Dopo due trimestri negativi, il Pil meridionale sarà anche nel 2014 con il segno meno. E la Svimez è pessimista pure nel 2015: non sarebbe il caso di interventi-choc per rilanciare questa parte del Paese?
«Intanto mettiamo al centro della crescita il Sud perchè la via dello sviluppo non può che ripartire da qui dove sono concentrate la maggiore disoccupazione giovanile del Paese e la quota più bassa di occupazione femminile. Anche per questo la questione meridionale o come la si vuole definire è una questione nazionale. Le scelte per il Sud non potranno che influenzare positivamente tutto il Paese. Non so se occorrerà un intervento choc: di sicuro il governo ha già imboccato la strada di assicurare al Mezzogiorno un sostegno prioritario nelle sue ultime misure».
A cosa si riferisce?
«Al pacchetto approvato il 22 luglio dal consiglio dei ministri che destina alle regioni meridionali l`80% di oltre un miliardo e 400 milioni stanziati per la crescita attraverso i contratti di sviluppo. Non è un segnale come altri considerate le potenzialità espansive del territorio meridionale e ovviamente anche i suoi enormi ritardi. Naturalmente questo non può far dimenticare che occorrono investimenti forti in infrastrutture, turismo, reti immateriali, logistica: e che servono anche investimenti privati».
Non abbiamo parlato finora di fondi europei, spesso ritenuti l`unica medicina per guarire l`ammalato Sud: è un caso?
«I fondi europei sono importanti a condizione che siano spesi bene. I ritardi del Sud in questo specifico settore sono evidenti: per questo credo che sia giusta la decisione del governo di monitorare attraverso l`Agenzia per la Coesione il loro utilizzo».
Intanto però il governo ha rinunciato al ministro per la Coesione: lei ha condiviso questa decisione?
«Ne ho preso atto e ho fiducia che il lavoro del sottosegretario Graziano Delrio sia proficuo e all`altezza della sfida. Di sicuro sul terreno dei fondi europei l`Italia si gioca una partita decisiva. Noi dobbiamo avere una visione strategica convinta: perché sfidare l`Ue sulla soglia del 3% per investire al Sud vuol dire naturalmente assumersi come Paese la responsabilità di spendere bene le risorse comunitarie».
Il Movimento Innovatori Europei propone la creazione nel Mezzogiorno di un “Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee”. Intervista all’Ing. Massimo Preziuso, fondatore del Movimento
Intervista su NaNotizia
Il 21 giugno scorso presso la sede del Partito Democratico del “Nazareno”, il Movimento Innovatori Europei, fondato e guidato dall’Ingegnere lucano Massimo Preziuso, ha proposto al Pd e al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi la creazione nel Mezzogiorno di un “Osservatorio Logistica e Infrastrutture Euro-Mediterranee”. La proposta è stata elaborata e redatta in un documento al termine dei lavori dell’annuale convegno organizzato dal Movimento, che quest’anno ha titolo: ”Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese“. Per il Movimento: “La Logistica dei Trasporti e le indispensabili Infrastrutture a essa strettamente collegate debbono assolvere lo scopo di rilanciare con forza l’economia del Paese, riconsegnando al Mezzogiorno la sua plurisecolare funzione di collegamento col Mediterraneo ciò che la stessa Unione europea gli attribuisce nell’attuale momento storico”. Per comprendere meglio i contenuti della proposta abbiamo posto alcune domande al fondatore del Movimento, l’Ingegnere Massimo Preziuso.
- Come verrà strutturato l’Osservatorio?
“Come è noto, L’Osservatorio ha preso l’avvio da incontri con un gruppo di esperti, operatori e accademici operanti nel settore della Logistica e delle Infrastrutture. Le attività da portare avanti saranno suddivise per macrotemi; di conseguenza risultando le problematiche alquanto complesse, occorrerà un approccio strutturato e rigoroso”.
- Se la Vostra proposta sarà accettata, chi ne farà parte attiva?
“Stanno procedendo i lavori avviati formalmente con il convegno del 21 presso il Nazareno mentre la proposta al governo è stata attivata. Il nostro obiettivo è che essa venga dibattuta in una delle date della agenda del semestre italiano e come tale possa quindi proseguire come progettualità istituzionale”.
- Come verrà finanziato l’Osservatorio?
“Per il momento si procede utilizzando la volontarietà di Innovatori Europei, che riunisce attorno a sé una serie di personalità che guidano Associazioni e primarie realtà di settore. Su come finanziarlo sarà lo stesso Governo a proporlo. A settembre verrà stilata una apposita tabella di marcia”.
- Il ruolo del mondo Imprenditoriale e Sindacale?
“Da molti anni ci adoperiamo affinchè il privato sociale diventi un percorso da attualizzare insieme; è comunque nostra intenzione, e lo si è visto già nella scelta dei relatori del convegno di giugno, portare il mondo della Impresa e del Sindacato più innovativo al centro di un dibattito sullo sviluppo delle economie reali nei territori italiani e di tutto l’Euro mediterraneo”.
- Quali sono le iniziative che potrà prendere l’Osservatorio?
“L’Osservatorio è ricco di risorse umane. Al di là delle riflessioni tecniche ed economiche sul tema della infrastrutturazione e logistica euro mediterranea ogni ulteriore decisione scaturirà dall’esame di problematiche condivise. Ci auguriamo comunque che l’avvio del progetto porti fattibilità e occupazione”.
- Il ruolo di Napoli?
“A Napoli esiste da anni un gruppo che collabora alla costruzione delle linee guida nazionali degli Innovatori Europei. L’idea è di sviluppare una forte iniziativa attorno al tema “Città – Porto intelligente””.
- Il governo Renzi accetterà la proposta e la porterà in Europa?
“E’ l’augurio che facciamo a questo Governo perché anche in questo senso dimostri nei fatti di essere innovativo e al passo coi tempi”.