Significativamente Oltre

innovators

DIFFONDIAMO IL MANIFESTO DI INNOVATORI EUROPEI

Abbiamo realizzato il nuovo MANIFESTO di INNOVATORI EUROPEI

Spero vorrete diffonderlo nei territori e nella Rete Internet: IL MANIFESTO I.E.

A Settembre riprendiamo per il nostro secondo anno di attività, strutturando ancora il Think Tank e dando il nostro contributo per le Primarie del Partito Democratico di Ottobre.

A presto e buone vacanze!

Massimo Preziuso

SONDAGGIO PER SEGRETARIO PD

Ripetiamo il sondaggio, perchè ci sono nomi nuovi (Letta e Pannella?) che si candidano.
Dateci la vostra importante opinione, grazie 1000!

Create polls and vote for free. dPolls.com

INNOVATORI EUROPEI PER IL PD!

Questo mese di Luglio è stato davvero intenso nel percorso che ci sta portando verso la nascita del Partito Democratrico.

Mentre fino a qualche mese fa (pochi mesi fa) ancora si discuteva sul “se” il PD sarebbe nato, in quest’ultimo mese si è verificato un qualcosa di straordinario: un SURPLUS di domanda di partecipazione da parte della società civile e non solo.

All’indomani dell’uscita del Regolamento per le Primarie del PD (che non molto ha fatto per aprire la competizione a forze “esterne” al mondo politico) una incredibile quantità di nomi e di gruppi si sono avvicinati al PD.

Fino ad arrivare agli ultimi 15 gg, con la discesa in campo di personalità importanti che si candidano alla Guida del Partito Democratico, ovvero al ruolo di Segretario.

All’importante nome del Sindaco Veltroni (di sicuro uno dei Padri dell’Ulivo), sono seguiti altre importanti candidature (Rosy Bindi, Enrico Letta, Jacopo Schettini, Mario Adinolfi, Colombo, poi Pannella e addirittura Di Pietro), ognuna delle quali porta con sè importanti NOVITA’ ed aperture.

Bene, ieri quasi tutti i candidati hanno presentato le Firme per la sottoscrizione della candidatura, con due soprese negative per Pannella e Di Pietro (che a mio avviso dovrebbero partecipare, perchè “di sicuro” la loro candidatura è sintomo di volontà di entrare nel PD con le proprie forze politiche).

Adesso è il momento di passare ai FATTI CONCRETI, ovvero a capire quali candidati possano rappresentare al MEGLIO le VISIONI di ognuno di noi.

Ogni candidato, se guardiamo bene, rappresenta VISIONI DIVERSE: sta a noi scegliere quella che più troviamo simile.

Come Rete Innovatori Europei abbiamo da tempo avviato contatti e sondaggi per capire SE ESISTE un SENTIMENT COMUNE in questo momento su un Candidato e quindi un Programma da sostenere (con le difficoltà del caso, dovute alla Quasi-assenza di Programmi).

Quello che prevale nel Gruppo è una “interessante” varietà di opinioni, sebbene una Maggioranza quasi Assoluta si “rispecchia” nella Figura di ENRICO LETTA (credo per la sua Figura Innovativa, per il suo orientamento al merito e al liberismo e all’Europa, e credo perchè agli Innovatori Europei piace “andare Contro-Corrente”), seguito dal Sindaco Valter Veltroni.

Personalmente, poi, credo che la soluzione “ideale” ma credo “irrealizzabile” per il PD sarebbe quella di una Coppia Letta-Veltroni (alla pari) perchè personalità che mettono insieme “geografie”, “provenienze”, “caratteri” e “capacità” diverse ma complementari, coadiuvati dal supporto di tutti gli altri importanti candidati (penso alla Bindi, ad Adinolfi, a Schettini..).

Un’altra cosa che viene fuori è quella di SOSTENERE nostri Candidati all’interno di Liste per le Primarie, perchè riteniamo FONDAMENTALE una nostra presenza (anche minima) all’interno della Assemblea Costituente del PD.

Abbiamo assistito “impotenti” alla creazione di Comitati Promotori in tutta Italia, in cui abbiamo visto entrare Tutti e nessuno: adesso è il momento di “trovare spazi di discussione” per un Gruppo che molto ha fatto, sia in termini di informazione sia in termini sostanziali (la creazione dei Gruppi Giovani di APD, la partecipazione tra i protagonisti del Think Tank APD 11 Febbraio, la partecipazione tra i fondatori della Rete Insieme per il PD, tra i tanti..).

Vediamo come andrà a finire, per IE e per il PD: comunque vada, sarà stata una bella esperienza.

Buona estate per chi sta per partire.

Massimo Preziuso

PARTITO DEMOCRATICO: TROPPI PADRINI PER UN BIMBO

Partito Democratico: Troppi padrini per un bambino nato vecchio

Il Partito Democratico sarà un partito come gli altri. Da questo, prenderanno vita altri partiti. Poi, tra questi, qualcuno sceglierà quelli con percentuali maggiori e si ricreerà un nuovo partito. Manco a dirlo, democratico. Il PD, non è ancora una realtà e già mostra tutti i difetti della storia della politica italiana. Si prospetta, cioè, la creazione di un partito che di nuovo non ha proprio un bel niente. Senza contare la voglia, la volontà spudorata di candidati che si propongono, per le primarie alla segreteria, sforzandosi di dimostrare il loro disinteresse ma sperando che qualcuno li preghi a presentarsi. Tanti i bocciati per le primarie. Tanti e blasonati e tra questi il Tonino nazionale. Fu proprio quel Pannella a parlare nel nostro registratore nel maggio scorso, interrogato sul Partito Democratico ed affermare: «Ci può dare un parere spassionato su questa nuova formazione chiamata Partito Democratico? Spassinato. Solo perché come potrebbe appassionare? Dico semplicemente che questo è un ulteriore portato della decomposizione del tradizionale assetto dirigente. Non c’è nulla di nuovo. Consumano, continuano a consumare il possibile di ieri.

La politica è costruire il nuovo possibile. Certo, il nuovo possibile non è il nuovo Partito Democratico». Invece, il Marco nazionale si appassiona eccome dal modo con cui ha reagito alla sua esclusione. E del sempre verde De Mita che, alla richiesta di una intervista sul PD ci rispose: «Non ho ancora le idee chiare in merito»? Detto da lui, un giovanotto di ottanta anni che ha fatto tutto, ma proprio tutto, non c’è da stare allegri. Le idee ce l’ha chiare eccome: si candiderà per guidare il PD in Campania.

L’apoteosi della tragedia si avrebbe con la Rosi Bindi in veste di segretario del nuovo PD. L’apognosi, dicono i greci, della conclusione: oltre la disperazione, cioè.

Non convincono le dichiarazioni di novità e di ammodernamento che sono presenti solo nelle intenzioni e nelle chiacchiere. E’ troppa la paura ed anche mal celata, di perdere le antiche identità. Non c’è spazio al rischio e neanche alla novità. Il cordone ombelicale che tiene legati i DS e la Margherita ciascuno alle proprie idee, rende non solo complicato, ma per certi versi, incompatibile la loro convivenza ideologica e politica.

Ciò che più sconcerta, però, è l’atteggiamento dei giovani di cui si sente tanto bisogno per la costituzione della nuova compagine. Manca la loro insofferenza ai giochetti della politica di basso cabotaggio che sta segnando la preparazione prodroma alle primarie. Non si sente una qualificazione, sia pure solo dialettica, alla partecipazione. Sembra quasi che essi si siano già assuefatti, comprando a scatola chiusa, quanto viene propinato dall’uno e dall’altro notabile di partito. Il PD non è stato ancora assemblato e già si sente il bisogno di una rottura. Un fatto è certo, i protagonisti del PD, almeno per il momento, non hanno niente a che fare né con il rinnovamento, né con il ringiovanimento. Altro fatto altrettanto certo e sconcertante, la mancanza di voci nuove e giovani che pur perorando la nascita di questa nuova intenzione, ne critichino la fase costituente denunciandone il retaggio stantio e le presenze vetuste.

Salvatore Viglia
Direttore di www.politicamentecorretto.com
(dal 1° settembre on line)

EUROPA ED AMERICA A CONFRONTO

Europa ed America a confronto su sviluppo – occupazione – euro – dollaro

L’America, a descrizione di molti, presenta attualmente un aspetto di fondo di tipo neo-liberista che procede a pieno regime sia per la produzione, la produttività, l’occupazione, la ricerca. L’Europa procede invece con una certa lentezza con la palla al piede di una rigidità del mercato del lavoro e dal peso delle prestazioni sociali più consistenti che oltre atlantico. Ma credo occorra fare qualche correzione rispetto a tali affermazioni.

Tenuto conto che l’Europa non ha la grande spesa militare degli USA, registra però negli ultimi tempi buoni successi nella ricerca ( per esempio nel campo spaziale e per quella cosidetta pura dove vantiamo il lavoro del CERN ). In buona sostanza il gap fra i due continenti è andato progressivamente ad assottigliarsi. C’è un ma però che differenzia la situazione ed è quello delle ore lavorate . Mediamente un cittadino americano arriva a più di 1800 ore all’anno mentre il cittadino europeo supera di poco le 1500.

Accanto a ciò dobbiamo aggiungere due politiche monetarie profondamente diverse:
quella europea è molto restrittiva e combatte fortemente contro temuti processi inflattivi, che in realtà sono ora molto attenuati.

L’altra è molto espansiva e combatte contro processi di temute depressioni.

Ovviamente in tale contesto la domanda interna in Europa è rallentata mentre in America la domanda interna viaggia a tutto vapore producendo l’impossibilità da parte dell’offerta di dare soddisfazione alla richiesta. Così facendo il disavanzo USA è però arrivato a cifre iperboliche ! Finora tale situazione è stata parzialmente riequilibrata dagli investimenti finanziari provenienti da tutto il mondo, tanto che il risparmio mondiale si è collocato nell’area americana con una percentuale altissima che supera di gran lunga quella di tutto il resto della terra. Tutto ciò ha realizzato una strano quadro che vede il paese più ricco e potente con il più grande debito nel mondo.

Ma dalla nascita di una moneta forte come l’euro le cose stanno lentamente cambiando.

La moneta americana ha cominciato a scendere di attrattiva rispetto all’euro.

Sino ad oggi non sembra che il governo degli Stati Uniti si sia agitato per questo andazzo monetario che potrebbe portare ad una fuga progressiva dal dollaro forse pensando che l’aumento delle esportazioni così prodotto riequilibri ancora il disavanzo. A mio parere si sta rischiando parecchio perché, permanendo il consistente divario fra domanda ed offerta interna americana ed un buco di bilancio di tali dimensioni, l’economia potrebbe tracollare. Diciamo quindi che il comportamento europeo sembra dare più sicurezze.

Se passiamo dall’economia agli aspetti sociali le opinioni diffuse sono in accordo su una progressiva disuguaglianza fra americani ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri , drammaticamente accentuata nell’ultimo periodo.

Ritengo così che quella americana sia una società piuttosto ingiusta sopratutto se guardiamo alla copertura sanitaria che lascia allo scoperto quasi cinquanta milioni di cittadini. Peraltro dobbiamo dire che la qualità delle strutture sanitarie è molto elevata ed altrettanto è quella dell’istruzione superiore a livello universitario. Credo tutto sommato che se dobbiamo fare una scelta fra modelli dobbiamo guardare, con prudenza, all’Europa dove democrazia e capitalismo sono rimaste distinte e capaci di realizzare ottimi compromessi. Inoltre l’Europa da circa 60 anni è pacifica e procede, anche se lentamente, verso un benessere abbastanza diffuso. Particolarmente importante è il ruolo che essa “potrebbe” giocare nei rapporti e nei conflitti fra Est ed Ovest. “Potrebbe” diventare una grande potenza mondiale non agressiva e democratica.

Purtroppo dico “potrebbe” perché i paesi che la compongono, pur con una bagaglio di storia, di cultura ma anche di sangue, non è ancora un soggetto politico ! Ha un grande mercato economico ma ancora da completare e la sua integrazione politica lascia vergognosamente a desiderare.

Sopratutto per questo cresce ad un ritmo inferiore a quello americano. Ha in mano una leva potente che si chiama euro ma non ha un governo federale. L’avvento dell’euro costituirebbe la base per completare il processo di integrazione economica e sociale e la base di partenza per quello politico federale.

Ma, c’è un enorme ma !!!

L’interesse dei cittadini europei è quello di vedere trasformato il Parlamento europeo, oggi ibernato, in un reale parlamento legislativo con le logiche competenze per una dimensione continentale, come per esempio la politica estera, la difesa, le grandi opere strutturali sia telematiche che fisiche come il superamento di tanti sistemi diversi, scaturiti dalla logica dei vecchi stati, e che trovano la loro validità solo nella loro interconnessione . L’interesse dei cittadini europei è quello di vedere trasformata l’attuale Commissione europea in un vero governo federale ed il cosidetto Consiglio europeo (dei primi ministri nazionali) in un vero senato eletto dai vari stati.

La mia accusa è precisa : niente di tutto ciò è avvenuto e l’opera di contrasto affinchè non avvenga è perseguita proprio dai primi ministri europei e da grande parte dei vertici delle organizzazioni partitiche:

La voglia di mantenere in certe competenze un potere, in realtà non più esercitabile a livello nazionale, supera l’interesse dei cittadini. Ed ecco il tentativo di una forma di confederazione, chiamata pomposamente costituzione, che per la verità non è che un trattato multilaterale di collaborazione rafforzato. Ed ecco perchè la gente è sempre più lontana dalla politica sentendosi tradita e la cosa produce di conseguenza confuse bocciature come quelle in Francia ed Olanda.

E’ mancato il salto di qualità per costruire gli Stati Uniti d’Europa e cioè l’Europa dei cittadini. Cosi saremo ridotti, probabilmente ancora per molti anni, in uno stato di nano politico, impossibilitato a muoversi adeguatamente in una situazione di grande instabilità ad accontentarci di una “zona di libero scambio”(come vuole l’Inghilterra) che non può portarci a realizzare pienamente un progetto economico di grande potenza in concorrenza o collaborazione con gli Stati Uniti d’America, la Russia, l’India e la Cina. In tali condizioni politiche è sperabile che la nascita del P.D. in Italia possa dare una scossa al sistema e porre un piccolo mattone alla ricostruzione morale del sistema europeo.

Riccardo Sani – Trento

INTERVISTA AD ENRICO LETTA

di Luisa Patruno L’Adige, sabato 4 agosto 2007

“Il partito territoriale è una felice intuizione”

Letta: è complementare e non alternativo al Pd

“Creeremo le condizioni per una forte condivisione ideale”.

Enrico Letta, appena diventato sottosegretario alla presidenza del Consiglio, prese l’impegno di non parlare di politica ma solo dell’attività di governo. E infatti per oltre un anno ha fatto mancare la sua voce nel dibattito politico sul Partito democratico. Ora, che ha deciso di partecipare alla corsa per la segreteria, tutto è cambiato, soprattutto per il suo ufficio stampa sommerso di richieste di interviste, al quale il braccio destro di Prodi non si sottrae più, infilandole tra un impegno di governo e un incontro politico. Ed è con piacere che decide di parlare dell’amico Lorenzo Dellai e della situazione politica trentina, che conosce bene.

Enrico Letta «benedice» il tentativo del governatore Dellai e della Civica Margherita di dare vita a un partito territoriale confederato al Pd nazionale, anche se questo dovesse avvenire con tempi più lunghi, dopo le elezioni del 2008. Non lo considera affatto un’eresia o un tradimento e anzi lo definisce una «felice intuizione, del tutto complementare all’evoluzione politica nazionale».

Il sottosegretario, che in Trentino può contare nella sua sfida a Walter Veltroni e Rosy Bindi alle primarie del 14 ottobre sul sostegno di gran parte della Margherita, parla del suo rapporto con Lorenzo Dellai e spiega che non si può immaginare a livello locale un Partito democratico che non veda presenti sia i Ds che la Civica Margherita.

Onorevole Letta, nell’annunciare la sua candidatura alla guida del Partito democratico ha dichiarato di aver ricevuto dai territori, dal Nord al Sud, una spinta molto forte a mettersi in gioco e, in un’intervista al «Corriere della Sera», ha citato Lorenzo Dellai, definendolo «una delle persone con cui mi trovo più in sintonia». Che cosa vi unisce?

In primo luogo, grande simpatia e stima per Lorenzo. Mi piacciono la sua grande schiettezza, la competenza, il pragmatismo. Qualità queste che, così associate, mi sembrano oggi assai rare. Poi crediamo entrambi nel Partito democratico. Ed entrambi pensiamo che bisogna farlo bene. Senza disperdere le grandi tradizioni culturali e politiche che ciascuno di noi ha alle spalle, a cominciare dal popolarismo. Ma senza neanche trasformarle in elementi di divisione, in correnti vecchio stile. Se il Partito democratico sarà come lo vogliamo, le nostre identità verranno esaltate in una prospettiva più ampia e ambiziosa. Con Lorenzo siamo inoltre in sintonia nell’individuazione di molte delle priorità per il futuro del Paese. A cominciare dalla sostenibilità del nostro sistema di welfare, dalla bassa natalità, dalle politiche per la famiglia.

Quando venne a Levico in occasione della Festa nazionale della Cisl incontrò i vertici della Margherita trentina. E alla Civica piace pensare che la sua candidatura sia partita proprio da qui. Quale esigenza e preoccupazione ha raccolto dai margheritini trentini che hanno deciso, in larga parte, di sostenerla nella competizione contro Veltroni e Bindi?

Attenzione al territorio e principio di autonomia. Sono questi due concetti che stanno particolarmente a cuore alla Margherita trentina e che dovranno far parte integrante del Dna del Partito democratico. Il ruolo delle amministrazioni deve essere centrale in tutti i territori, ma ancor più deve esserlo in quei territori che hanno una grande tradizione di autonomia.

Pensa che il Partito democratico riuscirà a colmare la distanza che si è creata, come si è visto anche alle ultime elezioni amministrative di giugno, tra molti cittadini del Nord e il centrosinistra?
Sì, se il Partito democratico sarà aperto alla società, se sarà pragmatico. Sì, se saremo in grado di fornire risposte concrete per sciogliere alcuni nodi critici che penalizzano il Nord. Penso alla mobilità, alla logistica, ai servizi alle imprese. Io sono molto ottimista. Credo che l’esito delle ultime elezioni amministrative abbia accelerato un percorso di riflessione al riguardo che nel centrosinistra ha preso avvio già all’indomani delle politiche del ’96. Occorre continuare su questa linea, tornare a parlare al Nord, con linguaggio chiaro e proposte credibili.

La Margherita teme l’omologazione al modello nazionale del Pd, soprattutto in vista delle elezioni provinciali che cadono nell’autunno dell’anno prossimo. Dellai ha teorizzato il concetto della “doppia appartenenza”, ovvero partecipa alla fase costituente del Pd nazionale ma, per il livello locale, ha proposto la costituzione dopo il 2008 di un partito con caratteristiche originali, territoriale, diverso dal Partito democratico, sebbene collegato a questo con la forma della confederazione. Le sembra un percorso compatibile con il progetto nazionale?

Assolutamente sì. E c’è una ragione specifica: il Trentino ha raggiunto in questi anni una piena maturità della propria autonomia istituzionale, grazie a politiche di forte sostegno all’innovazione, unite ad un’attenzione particolare alla tradizione democratica di autogoverno e di coesione sociale che lo caratterizza da sempre. Lorenzo Dellai ha compreso che autonomia significa innanzitutto assunzione di responsabilità e lo ha dimostrato anche nella recente vertenza con il governo per l’attuazione del federalismo fiscale. Ecco dunque che mi pare del tutto legittimo ed anzi auspicabile che l’evoluzione politica accompagni questa maturazione istituzionale; è positivo cioè che si stiano costruendo le condizioni per una più marcata autonomia anche propriamente politica del Trentino rispetto al quadro nazionale. Il nuovo soggetto territoriale, a cui pensano gli amici trentini, è quindi espressione di una felice intuizione, del tutto complementare rispetto all’evoluzione politica nazionale e in alcun modo alternativa. Ed è proprio da questa complementarietà che deriva l’idea di un rapporto confederato con il Partito democratico: creeremo una relazione di forte condivisione ideale sul piano delle politiche di rilancio per il nostro Paese, ma saremo attenti e rispettosi della peculiarità del Trentino.

Si può immaginare, secondo lei, a livello locale un Partito democratico a cui partecipano i Ds, ma non la Margherita?

No, e come sarebbe possibile? Il Partito democratico nasce, culturalmente prima ancora che politicamente, dall’incontro dei filoni di pensiero riformista più fecondi della storia del nostro Paese: quello cattolico-popolare e quello socialdemocratico. Non potrebbe nascere un Partito democratico senza la Margherita, quindi. Ma sono convinto che la considerazione che tra pochi mesi nel Trentino vi sarà un’importante consultazione elettorale farà sì che tutti trovino le strade migliori per arrivare a risultati positivi per tutti.

La maggior parte dei diessini trentini si sono schierati pro Veltroni, viceversa quasi tutta la Margherita per la candidatura Letta. Solo Rosy Bindi è riuscita, fino ad ora, a mischiare un po’ le acque. Non ritiene che questa divisione quasi netta non vada nello spirito del Partito democratico? Pensa che si potrà superare il problema?

Non mi sembra, in realtà, che le divisioni siano eclatanti. Se così fosse verrebbero meno lo spirito del Partito democratico e l’essenza stessa delle primarie, che devono essere aperte alla competizione. Certo, è vero: buona parte della dirigenza dei Ds appoggia la candidatura di Walter. Ma non tutta e soprattutto non su tutti i territori. Per quanto riguarda la mia candidatura, ad esempio, posso contare sul sostegno e sulla collaborazione di Umberto Ranieri o di Gianni Pittella – che tra l’altro sarà il coordinatore della mia campagna per le primarie – oltre a numerosi altri esponenti e amministratori locali dei Ds. Voglio però ribadire un concetto: non immiseriamo il dibattito sulle primarie con discorsi sulle passate appartenenze. Quei partiti si sono sciolti. È stato un atto coraggioso, anche traumatico, se vogliamo. Ma assolutamente necessario.

È annunciata la sua presenza a fine agosto in Trentino per “veDrò”, un appuntamento rivolto alla generazione dei trenta-quarantenni. La questione generazionale è entrata a far parte anche del suo manifesto per il Pd. L’edizione di quest’anno di veDrò assumerà dunque una connotazione particolare a un mese e mezzo dal 14 ottobre?
VeDrò è una manifestazione arrivata alla terza edizione. È nata, cioè, quando non c’erano né il Partito democratico né la mia candidatura. Nel corso di questi anni è diventata un’esperienza che coinvolge un numero sempre maggiore di persone. Da sempre è stata caratterizzata da una grande trasversalità e così sarà anche quest’anno. Non c’è, dunque, alcun collegamento diretto con il Partito democratico e con la mia candidatura. Tra gli aderenti a veDrò ci sono persone che condividono le mie idee politiche, altre che militano in partiti diversi, altre (la maggioranza) che non militano in alcun partito e vengono a Drò per confrontarsi con coetanei appartenenti a mondi professionali differenti sui temi dell’Italia di oggi e soprattutto di domani.

DOPO BRUSSELS E BERLINO

Di Riccardo Sani

La Costituzione europea, proposta dalla ormai famosa Convenzione di Giscard d’Estaing, non è certamente una Costituzione Federale, così come la sognavano i cosidetti “padri fondatori dell’Europa”. Oltretutto è stesa in maniera prolissa e con un numero eccessivo di articoli (sono quasi 400 rispetto ai 139 della Costituzione Italiana ed ai 11 + 27 emendamenti di quella americana e già l’eccessivo numero suggerisce che qualcosa non va.

Non istituisce un governo federale e non fonda gli Stati Uniti d’Europa. Non propone un Parlamento europeo con capacità legislativa in determinate competenze. Non crea un senato federale nominato od eletto dagli stati che partecipano, così come avviene negli Stati Uniti d’America.

Non vi è una chiara attribuzione di poteri in materia di politica estera e di sicurezza e nemmeno nel settore di una seria armonizzazione in campo economico. Assolutamente assente la possibilità di nominare un unico rappresentante europeo presso l’ONU. La creazione di un Presidente del Consiglio europeo dei primi ministri e la fusione del rappresentante per la politica estera con il Commissario alle relazioni esterne serviranno solo a creare aspettative che le strutture istituzionali dell’Unione non possono di fatto soddisfare.

Il perché è presto detto: questo che si cerca di costruire fra tanti stati è qualcosa che ondeggia fra una Confederazione ed un Trattato di collaborazione multilaterale rafforzato. Chiamarlo Costituzione europea è qualcosa che può incantare solo gli sprovveduti. Quasi tutto resta nelle mani di un Consiglio Europeo dei primi ministri e possiamo facilmente figurarci cosa può succedere, facciamo un esempio, nel caso di dover prendere decisioni gravi ed urgenti in politica estera: ognuno va per conto suo come regolarmente è successo ! Infatti pure in questa materia si voterebbe solo all’unanimità: sarebbe di fatto la paralisi in quasi tutte le circostanze.

La proposta di sostituire il voto ponderato, fissato a Nizza, con il sistema della doppia maggioranza ( 50% più uno degli stati purchè rappresentino il 60% della popolazione europea) è ancora un fantasma sul quale l’allora presidenza italiana ha fallito col dubbio, da parte dei maggiori osservatori europei, che sta fra l’avere subito od averlo voluto. Il sospetto deriva dall’atteggiamento puramente notarile tenuto allora da Berlusconi durante la Conferenza intergovernativa (CIG), appesantito dalla richiesta da parte di Fini, dell’eliminazione del “modello federalista” quale punto finale del processo di unificazione !!!

Ora, dopo le bocciature di Olanda e Francia, siamo sempre in una situazione di stallo totale. A mio parere siamo ben lontani da un corretto processo di integrazione come era stato proposto a suo tempo dal defunto Altiero Spinelli, a nome del Parlamento Europeo, ed ancora lontani dalla proposta della CDU tedesca di Kohl di creare un nucleo federale prima dell’allargamento ad altri stati, sul modello della Costituzione americana del 1787, che ha portato progressivamente all’adesione di 50 stati ed alla creazione di una potenza economica , politica e militare.
E’ triste affermarlo ma ancora una volta l’Europa, per mancanza di spirito federalista europeo della classe politica al potere nel nostro continente, è ancora destinata per parecchio tempo a rimanere “ un nano politico”, impotente a determinare il nostro futuro sulla scena mondiale”. Diciamola tutta : non è più una questione di un coerente operato per la costruzione di una federazione europea. E’ triste ma siamo nella cucina di una bassa politica, ancora tutta nazionalista e provincialotta, fra tovaglie sporche, rimansugli di cibo nei piatti, bicchieri semivuoti e “beghe” da cortile.

E’ uno spettacolo di uomini fatto di mezze calzette, con non numerose eccezioni personali, con orizzonti ristretti, che pensano soprattutto alla pensione, ai viaggi gratuiti, forse all’auto blu, tutt’altro che agli appuntamenti con la storia !!! E’ sufficiente leggere il libro “La Casta” di Rizzo e Stella (che sta andando a ruba nelle librerie) per constatare quanto siamo scesi in basso nei tempi più recenti. Speriamo che la nascita del P.D. sia pure la rinascita delle coscienze.
Insomma per ora in Europa e in Italia manca una classe politica appena appena decente.

Riccardo Sani – Trento

(Ex consigliere di amministrazione del Mediocredito-Investitionbank del Trentino- Sudtirolo.)

PITTELLA PER LETTA SEGRETARIO

Ho deciso di sostenere Enrico Letta nelle elezioni primarie per la leadership del PD del prossimo 14 ottobre.

Il Video di Pittella su You Tube

Il Partito Democratico ora esiste e, per quanto mi riguarda, le identità culturali e politiche che in esso hanno deciso di confluirvi non possono non subire un processo di reale e dinamica contaminazione, senza lasciar spazio a nessun malinteso vecchio spirito di appartenenza. Nessun “richiamo della foresta”, dunque, nessun volgersi all’indietro, nessun “serrate le fila” tra ex qualcosa, in una parola: nessuna ipocrisia tra ciò che predichiamo e le nostre conseguenti azioni politiche quotidiane. Animato da tale spirito affrontai il passaggio della mia personale adesione ai Ds, provenendo dal PSI, e così affronto oggi quest’altra avvincente e complessa tappa della mia politica.

In questi dieci anni ho condiviso un lungo percorso ideale e programmatico con personalità provenienti da storie e culture diverse dalla mia,conducendo con loro tante battaglie politiche senza che mai avvertissi lontananza preconcetta o pregiudiziale tra le rispettive posizioni. Questo è il mio modo di partecipare alla costruzione del nuovo partito, e così continuo a pensarla ma, soprattutto, a viverla.

E con questo approccio, mi ritrovo oggi a sottoscrivere la candidatura di Enrico.

Abbiamo bisogno di un partito nuovo che parli il linguaggio della modernità e della complessità, senza che ciò significhi la fuorviante semplificazione a colpi di slogan e sondaggi. Un partito liberale e riformista, giovane, amico di chi fa e ha voglia di fare. Un partito nemico della cooptazione e dei corporativismi, che si batte per premiare il merito, le capacità, per sostituire le competenze alle relazioni, per valorizzare una nuova cultura civica dei diritti del cittadino che purtroppo non siamo riusciti ancora ad alimentare con il dovuto vigore. Insomma, una forza politica laica e contendibile, nei propri confini e dentro il sistema politico più complessivo, libera dai pregiudizi, che sappia affrontare in maniera credibile e profonda i grandi nodi della realtà che siamo chiamati a vivere e che prima di definire le alleanze, definisca su quali contenuti voglia costruirle. Un grande partito del e per il Mezzogiorno, affinché la questione meridionale – nelle diverse forme in cui oggi essa si presenta – torni al centro del dibattito pubblico e dell’agenda politica nazionale ed europea.

E credo che il nuovo partito non possa non avere un rapporto di solidarietà e intensa condivisione con la grande forza dei socialisti e dei riformisti europei e delle grandi organizzazioni socialiste e democratiche del mondo.

Questo è il perimetro dentro il quale dobbiamo muoverci, nella consapevolezza che avere più candidati ci darà la possibilità di mobilitare un maggior numero di idee, istanze, esigenze di rappresentanza, passioni, culture. Ovviamente tutte complementari tra loro, e non potrebbe che essere così: si tratta di primarie dentro lo stesso campo, il nuovo partito riformista, non di primarie per indicare la guida della coalizione di governo e quindi tra profili e forze politiche, purtroppo, ancora assai diverse tra loro.

Discuteremo con diversi accenti e sensibilità, ci confronteremo forse sulla costruzione di una agenda di priorità, ma saremo oggi e dopo il 14 ottobre tutti dentro la stessa agorà culturale e politica.

In questi quasi dieci anni trascorsi al Parlamento Europeo ho potuto constatare quotidianamente quanto il Partito Democratico esistesse già, nei fatti.

Si sia trattato di difendere la moneta unica o il processo di allargamento, di esprimere giudizi sui dossier più delicati in discussione o sulla politica estera e di cooperazione dell’Unione, di parlare di Trattato Costituzionale o Politica di Coesione, si è sempre riscontrata una quasi totale assonanza tra le due delegazioni nazionali di Ds e Dl.

Per questa ragione, quando qualcuno ha sollevato il tema della collocazione europea della nuova forza quale elemento dirimente a discapito del processo di costruzione del nuovo soggetto, ho sostenuto la posizione esattamente opposta: forse mai come sulla politica europea i due maggiori partiti costituenti hanno dato prova di unità, affinità di vedute e di identità, condivisione delle posizioni.

Sogno la costruzione di un vero partito melting pot tra culture e storie, e trovo sia un grande valore il fatto di aderirvi con questo spirito, e con lo stesso spirito sostenere il candidato leader con il profilo più simile al proprio.

Se riusciremo a farlo tutti, avremo iniziato bene il nostro nuovo percorso comune.

Gianni Pittella

Eurodeputato DS/PSE

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