Significativamente Oltre

Innovatori Europei

Resoconto Convegno di Futurlab “Sussidiarietà: alle radici della vita pubblica – Io e la comunità” tenutosi a Giugno ad Acireale

di Antonio La Ferrara, Presidente Futurlab

Il 4 giugno 2016 nella Sala Convegni del Credito Siciliano di Acireale ha avuto luogo il Convegno “Sussidiarietà: alle radici della vita pubblica – Io e la comunità”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Futurlab – Costruiamo il futuro, associazione della quale sono il presidente. Futurlab è un’associazione no profit che ha iniziato ufficialmente le sue attività con un convegno presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania, sul tema: “Le migrazioni e la pace nel Mediterraneo”; successivamente, in un convegno organizzato a Palermo il 30 maggio c.a. abbiamo analizzato i tre settori che avrebbero dovuto rappresentare un volano per la Sicilia e che invece sono rimasti inespressi, ovvero l’agroalimentare, i beni culturali ed il turismo. Tutti e tre gli eventi sono stati molto apprezzati ed hanno visto una grande partecipazione di pubblico (abbiamo superato sempre di gran lunga il centinaio di persone). L’Associazione Futurlab – Costruiamo il futuro – ” nasce dalla passione e determinazione di un gruppo di amici provenienti da realtà personali e professionali eterogenee, uomini e donne di buona volontà che tentano di intervenire sul sociale nel rispetto degli individui e delle Istituzioni”; in particolare l’ultimo convegno è stato sensibilmente apprezzato poiché ha apportato un valido contributo al dibattito sul tema che aggrega la “sussidiarietà” alla “solidarietà” e interpella lo Stato sollecitando il rispetto e l’applicazione degli articoli della Costituzione Italiana che sancisce forme e modi per venire incontro ai bisogni dei cittadini.

La dotta lezione del prof. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha guidato gli interventi ad un’attenta lettura del problema sociale che interpella il singolo cittadino e le Istituzioni pubbliche. Le trasformazioni sociali della Nazione che diventa sempre più vecchia, per la diminuzione delle nascite e la mancanza di lavoro per i giovani, sollecitano una nuova cultura di “Welfare sussidiario” capace di  declinare l’impegno del singolo e la collaborazione pubblica a sostegno delle iniziative di sviluppo e di crescita del Paese. La ricca tradizione della dottrina sociale della Chiesa sostenuta, tra l’altro dall’azione sociale di Luigi Sturzo, sollecita una reale valorizzazione del capitale umano e che, anche attuando una politica di risparmio valorizza il no profit e produce lodevoli e qualificati servizi sociali per il bene della collettività. La proposta di utilizzare allo scopo dello sviluppo economico e a sostegno dell’imprenditoria giovanile, i “fondi dormienti” delle banche, apre nuovi orizzonti di buone prospettive per i giovani e per le iniziative che afferiscono al bene sociale.

Mentre prima la stabilità di una riforma economica aveva nel tempo i suoi benefici, oggi, la rapidità delle trasformazioni sociali che mutano nel giro di cinque anni, necessitano modifiche e adattamenti indispensabili per continuare a reggere il sistema economico e finanziario.

Tendere alla qualità dei servizi pubblici, compreso il servizio scolastico, risponde alla “cultura del desiderio “, anima e radice di ogni progetto, che come atto intenzionale favorisce la soddisfazione di un bisogno e nello specifico della scuola; si tratta di un bisogno educativo in risposta alla diffusa emergenza di valori educativi che vengono a mancare.

Gli aspetti giuridici della sussidiarietà sono stati trattati dal prof. Fabrizio Tigano, docente di Diritto Amministrativo alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania. Apprezzato è stato l’intervento del presidente del Volontariato Siciliano, Santo Carnazzo.

I lavori del convegno, da me introdotti, hanno avuto i saluti dell’Amministratore delegato del Credito Siciliano, Saverio Continella, del Viceprefetto della Prefettura di Catania, Enrico Gullotti, dell’Assessore Adele D’Anna del Comune di Acireale e sono stati coordinati dal Prof. Pierluigi Catalfo, docente di Economia aziendale all’Università di Catania; infine le conclusioni sono state affidate all’intervento del Vescovo di Acireale, Mons. Antonino Raspanti, il quale con chiarezza e forza ha denunciato la disattenzione delle Amministrazioni regionali e locali nei confronti dei lodevoli servizi prestati dalle opere cattoliche di volontariato e di servizio e in genere dal terzo settore.

Vorrei infine sottolineare che le finalità dell’associazione Futurlab sono, tra le altre, quelle di sostenere le Istituzioni nel cambiamento della mentalità operativa, tecnologica, culturale ed etica. E’ necessario investire in formazione poiché crediamo essa rappresenti la leva strategica del cambiamento al fine di creare una classe dirigente pubblica e privata in grado di costituire un fattore di competitività caratterizzato da efficacia ed efficienza; è necessario promuovere attività finalizzate a riattivare e rivitalizzare il mercato del lavoro e porre in essere ogni azione rivolta ad arrestare il fenomeno della “fuga dei cervelli”, soprattutto dal Meridione.

Non potrà esserci crescita nel nostro Paese se non aiutiamo le Regioni del Sud a crescere e a colmare il gap economico che drammaticamente constatiamo ogni giorno; è necessario utilizzare i fondi provenienti dall’UE fino all’ultimo euro, ed è fondamentale investire sull’agricoltura e sulle infrastrutture ormai in ritardo di decenni al Sud. In queste idee e finalità ci riconosciamo pienamente negli obiettivi e nell’azione degli Innovatori Europei e nella vision del suo presidente. Dobbiamo essere capaci di creare valore aggiunto, di sostenere processi di riforma e d’innovazione, di promuovere un’evoluzione socio-culturale, di realizzare eccellenza. In poche parole di essere quella potenza industriale che eravamo e, in questo, speriamo di essere al fianco degli Innovatori europei nelle attività concrete. Anche noi di Futurlab ci poniamo di fronte alle sfide di questi anni solo con l’intento di pensare al bene comune ed anche noi rappresentiamo un think thank dove le idee devono fiorire ma devono subito dopo prontamente concretizzarsi. In questo la Lectio Magistralis del prof. Vittadini ci ha aiutato ad aprire ancora di più la mente verso ulteriori soluzioni da porre in essere.

 

 

 

Il PD si è “schiantato” nelle città. Ora una nuova classe dirigente locale attorno alla nuova Forma Partito

di Massipdmo Preziuso

E’ successo quello che mi aspettavo, e di cui scrissi ad Aprile scorso.

Ripresentando all’elettore – cittadino italiano una classe dirigente locale chiusa al cambiamento e al rapporto con i nuovi ceti sociali, in assenza di quella nuova Forma Partito che poteva e può avviare un cambiamento nel rapporto tra centro e periferia (e tra Governo e Partito), il Partito Democratico si è “schiantato” nelle grandi città, anche nelle roccaforti dove è arrivato agilmente primo al primo turno, come a Bologna e Torino, ma rischia al secondo.

Ma è soprattutto a Napoli (11% di voti alla lista del Partito!) e a Roma (17%!) che il PD deve completamente rinnovare il proprio personale politico e tornare seriamente a costruire Progetti partecipati, se non vuole perdere anche la leadership nazionale a breve, in favore del Movimento Cinque Stelle. O di un un Centrodestra , frammentato e indefinito in tutta Italia, che a Milano (città in cui il PD a guida Sala è forte e competitivo) torna in pochi mesi competitivo, mettendo in campo una figura di manager – politico naturale come quella di Stefano Parisi, che potrebbe assumere facilmente il ruolo di leader e rinnovatore nazionale.

Bene allora la scelta di stamane di Matteo Renzi di commissionare il PD napoletano (e chiaro che a breve lo stesso andrà fatto per quello romano), ma solo se questo sarà preludio di rinnovamenti sostanziali e generali.

Il “sistema chiuso” dei Partiti nei territori non regge più, anche perché ieri nelle medie e grandi città è totalmente emerso il “nuovo elettore” italiano , che va al voto affamato di visioni, narrative e figure nuove, come quelle che Virginia Raggi e Luigi de Magistris hanno saputo raccontare.

Si apra allora una seria riflessione su come si mette in campo una competente e preparata classe dirigente locale e, in contemporanea, si dia attuazione alla nuova Forma Partito del Partito Democratico, con la quale riprendere a tessere il dialogo con la nuova società italiana, emersa pienamente ieri.

Intervista a Carmine Pacente, innovatore europeo, candidato forte del PD al Comune di Milano

carmine pacente

di Massimo Preziuso

Carmine, quali i tuoi principali progetti e visioni per la Milano del 2020, nel Post Expo?

Expo si è rilevata una straordinaria opportunità di sviluppo anzitutto per Milano e la sua area metropolitana oltre che per l’intero Paese. Una occasione per esportare le eccellenze italiane nel mondo proiettando, peraltro, il nostro territorio al centro delle grandi questioni che caratterizzano il Pianeta. L’eredità lasciata dall’Esposizione universale è un patrimonio di tutti. Tocca alla politica, adesso, valorizzare questo bagaglio di esperienze. Grazie alla manifestazione, Milano ha sperimentato concretamente la Città metropolitana. Expo ha, in qualche modo, segnato una tappa decisiva per la definizione amministrativa e territoriale della Grande Milano. Penso ai servizi offerti – in chiave metropolitana – per sostenere i milioni di visitatori giunti in Lombardia. Adesso, con più forza, dobbiamo continuare questo lavoro per rendere la Grande Milano un sistema reticolare che preluda allo sviluppo della Città metropolitana. Il territorio avverte, peraltro, la necessità di adottare politiche di area vasta per dare maggiore sostegno all’economia locale, al lavoro, alla mobilità, all’ambiente, alla pianificazione territoriale e alle infrastrutture. Io, in questo solco, desidero contribuire alla crescita di Milano in chiave globale, proiettando la nostra area metropolitana verso la dimensione europea che le compete. Lo strumento cardine sarà l’attrazione e la gestione di risorse umane e finanziarie europee. Del resto, per crescere Milano ha bisogno di confrontarsi con le grandi realtà europee: Parigi, Barcellona, Lione, Vienna, Monaco, Stoccarda, imponendosi su alcuni temi centrali. Penso alla rigenerazione urbana, al trasporto pubblico, alla gestione degli strumenti e delle risorse europee, al sostegno ai giovani talenti e alle imprese innovative, culturali e creative.

 

Mezzogiorno tra Europa e Mediterraneo. Quale il tuo punto di vista di innovatore, che vive a Milano ma mantiene forti rapporti con la Campania e con Brussels?

Per il Mezzogiorno, ma anche per l’Italia tutta e per gli altri Paesi del Vecchio Continente, la strada europea rappresenta l’unica via praticabile per garantire un futuro di prosperità e di benessere alle nostre comunità. Dobbiamo, però, riflettere bene su come coniugare le esigenze dei territori con le opportunità fornite dall’Ue. Io penso che il tema delle grandi opere e dei grandi progetti strategici sia il primo argomento che, oggi, merita di essere affrontato in quest’ottica. Mi riferisco alla creazione di «reti» sempre più capillari capaci di dar seguito a un’integrazione europea concreta anche nel Mezzogiorno. Dobbiamo, infatti, contrastare il gap infrastrutturale che mortifica la capacità produttiva di alcune aree del nostro Paese. Dobbiamo concentrare le risorse europee su pochi grandi progetti che possano fare la differenza per lo sviluppo dei nostri territori. Basta “gettare” a pioggia soldi pubblici per raccattare facile ma inutile consenso. Continueremo soltanto a perpetrare logiche e dinamiche di sottosviluppo. Più in generale ritengo che l’Europa debba dare vita a politiche going local, capaci cioè di conferire un ruolo centrale alle realtà territoriali  – come peraltro già previsto dalle politiche strutturali dell’Ue. Certo, allo stesso modo, dobbiamo evitare di ritrarci nella nostra dimensione localistica, seguendo alcune realtà politiche che alzano i toni per ottenere solo facile consenso.

Un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile e la nuova Forma Partito adesso o il PD si schianta alle amministrative

pd

di Massimo Preziuso

Non è più tempo di attendismi.

Dal caso “Guidi” al referendum sulle “trivelle”, fino alle gravi notizie che emergono spesso dai territori, emerge un fatto chiaro: il Partito Democratico sta subendo una forte emorragia di consenso.

Arrestabile, a mio avviso, solo con l’avvento di due svolte riparatrici, che in realtà non sono nemmeno difficili da attuare.

La prima riguarda la nascita di quel forte Ministero per lo Sviluppo Sostenibilequel MISS da noi proposto più volte al Partito Democratico, fin dal congresso vinto da Bersani nel 2009 – che accorpi la ormai centrale tematica ambientale a quella dello sviluppo economico, per disegnare un nuovo paradigma di crescita del Paese, spostando il baricentro della azione governativa dalle “riforme per la crescita” alla “crescita economica” reale.

Dando così agli italiani l’idea che il Premier voglia davvero raggiungere quei forti traguardi di produzione energetica rinnovabile e di sviluppo economico sostenibile, di cui ha parlato prima e dopo la sconfitta subìta al cosiddetto Referendum sulle Trivelle (nel quale, va ricordato, nonostante il poco intelligente richiamo del governo alla astensione, sul non modesto 32% di votanti, circa l’86% ha votato a favore dello stop alle concessioni in mare aperto).

A questa innovazione nella attività governativa, il Segretario del Partito Democratico Matteo Renzi dovrebbe accompagnare una accelerazione nell’innovazione della Forma Partito, su cui una Commissione Nazionale – di cui abbiamo fatto parte – ha intensamente lavorato nell’anno passato, concludendo i lavori il mese scorso.

Dotando così il Partito Democratico di nuovi strumenti di interazione con la società italiana, per disegnare finalmente quella nuova progettualità che nasce dal dialogo tra territori e governo, delineando una nuova traiettoria di crescita economica e sociale sostenibile di cui l’Italia e gli italiani hanno davvero bisogno.

Speriamo che nelle prossime settimane il Segretario – Presidente Matteo Renzi voglia avviare questi cambiamenti, dando nel contempo sostanza all’avvio di una nuova stagione di rinnovamento partecipato dalla cittadinanza e dalle sue esigenze e progetti, che ancora sinceramente non si vede.

Se questo non avverrà, è chiaro a molti che, alle amministrative di Giugno, il Partito Democratico e il Governo di cui è protagonista andranno incontro ad una sonora battuta di arresto, che già da tempo si vede, sia da sondaggi nazionali che indicano il PD sotto il 30%, ormai tallonato dal Movimento 5 Stelle, da un lato, e dall’ armata Brancaleone del Centrodestra dall’altro, che dal progressivo distacco di alleati importanti nei territori.

 

 

 

 

La ripresa può partire dall’energia solare

Solar Energy
di Francesco Grillo su Il Corriere della Sera
Novantasei minuti. Il sole ci metterebbe poco più di un’ora e mezza per fornire al mondo tutta l’energia di cui ha bisogno in un anno, se solo avessimo inventato il modo per usarlo come fosse un’enorme batteria, accumulandone l’energia e utilizzandola quando serve.
Sfruttare, peraltro, anche solo una piccolissima frazione dell’energia della stella più vicina allontanerebbe, paradossalmente, i rischi del riscaldamento globale che l’accordo appena firmato a New York cerca di scongiurare.
Per quarant’anni, tuttavia, il sogno di accedere ad una fonte pulita, gratuita e presente dovunque, è rimasto un progetto del tutto marginale rispetto alla realtà di un apparato produttivo globale che continuava a divorare quantità crescenti di combustibile sottratto dalla pancia di una terra fragile.
Eppure, proprio mentre in Italia si litigava al referendum sulla durata di concessioni che potrebbero diventare presto inutili, sono stati pubblicati i più recenti rapporti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia che certificano la svolta. L’energia solare ha superato un’adolescenza drogata dai sussidi ed è entrata in quella fase in cui una tecnologia compete alla pari con le proprie alternative sul mercato. Nel caso del fotovoltaico ciò può davvero trascinare il mondo in una nuova epoca rispetto a quella che fu dominata – sul piano economico e antropologico – dall’idea malthusiana di risorse finite e che, per due secoli, si sviluppò attorno al motore a scoppio. Ciò ha conseguenze assolutamente rivoluzionarie non solo sull’inquinamento e sulle politiche energetiche. Ma anche sugli equilibri di potere (tra Stati e tra classi) che commenteremo nei prossimi decenni; e può essere per l’Italia l’occasione sulla quale costruire un’idea di politica industriale che manca da vent’anni.
La ricerca del solare sta, in effetti, trovando i propri nuovi campioni nei Paesi di più recente sviluppo che sembrano aver capito che l’errore più grande che possono fare è quello di immaginare di industrializzarsi seguendo le stesse traiettorie che l’Occidente ha percorso dagli anni cinquanta. La Cina ne ha fatto priorità assoluta e, silenziosamente, ha conquistato il monopolio nella produzione dei pannelli; diversi paesi dell’Africa stanno saltando un intero pezzo
dello sviluppo tradizionale di fonti energetiche utilizzando quello che è un ovvio vantaggio naturale; mentre sono, paradossalmente nel Medio Oriente dei grandi produttori di petrolio, i Paesi (Israele ma anche la Giordania) che, per primi, potrebbero diventare liberi dai combustibili fossili.
A rendere possibile il miracolo sono tre fattori. La riduzione del costo dei pannelli determinato dall’accumularsi inesorabile di ricerche su nuovi materiali ed economie di scala che rendono la produzione fotovoltaica competitiva con quella delle centrali nucleari. Le griglie di distribuzione intelligente che assumono scale sempre più locali e consentono la trasmissione di energia in maniera bidirezionale e, in teoria, ad ogni famiglia di vendere l’energia in eccesso quando l’irradiazione supera il consumo. I progressi spettacolari delle batterie che possono superare il limite più grosso dell’energia solare che è quello di dover essere accumulata per distribuirne il consumo e che fanno dell’elettricità la prima fonte energetica davvero universale.
La Germania e l’Italia, divise su tanti fronti, hanno in comune il fatto che dopo aver investito prematuramente sulle rinnovabili, rischiano di perdere il treno proprio mentre sta partendo.
Paghiamo politiche che vanno riorientate dal sostegno dell’offerta attraverso incentivi, al cambiamento dei comportamenti individuali e alla riprogettazione di infrastrutture pensate per un mondo che sta scomparendo.
Le conseguenze della rivoluzione che il sole consente sono enormi: può invertire gli scenari che, secondo alcuni, ci porterebbero sott’acqua in pochi decenni; indebolire alcune delle dittature (dalla Russia all’Arabia Saudita) sulle quali si reggono equilibri precari; ma anche provocare l’obsolescenza di interi settori industriali con la perdita di milioni di posti di lavoro; e creare nuove dipendenze da materiali e risorse naturali assai rare.
Questa è una sfida anche di democrazia perché – come per Internet nella comunicazione – si va verso un modello nel quale ogni consumatore può diventare anche produttore di energia: ciò produce una riallocazione di potere che può produrre incidenti di percorso ed esiti non scontati.
È, però, solo reimparando ad anticipare il futuro che l’Europa può ricominciare ad avere senso e a crescere superando il deserto di idee nuove che nessuna iniezione di liquidità potrà mai rendere fertile.

Venerdì a Potenza #ApriteilPDBas : la transizione energetica sia al centro di una rinnovata segreteria regionale

ApriamoPDBas

Sosteniamo l’iniziativa #ApriteIlPDBas indetta dal Segretario del PD della Provincia di Potenza, Antonello Molinari.

Perché speriamo che la prossima segreteria regionale del Partito Democratico lucano si apra alle tante e variegate intelligenze presenti sul territorio e con esse definisca un inclusivo programma politico incentrato sulle esigenze di una Basilicata moderna, istruita, innovatrice, che vuole giocare la partita della competizione tra Regioni di Europa2020 da protagonista.

Fondamentale in tal senso che il Partito Democratico della Basilicata si doti di competenze nuove e interdisciplinari e di radicamento nella società vasta per comprenderne i desideri e ambizioni profonde, e comprenda che è arrivato il tempo per la Lucania di farsi leader della transizione energetica, orientata alla sostenibilità ambientale, che ormai è davvero in arrivo, visto che, ad esempio, “nel 2040, il 35% delle nuove auto (contro l’1% di oggi) avrà una spina per ricaricare le batterie“.

Perché la Regione in cui “vive” Matera2019 deve e può diventare il motore dello sviluppo sostenibile di tutto il Paese, accompagnando, con un rinnovato sostegno del governo nazionale, la trasformazione della più grande area petrolifera di Italia verso il futuro, che risiede nella assoluta centralità delle risorse ambientali, appunto.

Potenza, Roma, 6/4/2016

Massimo Preziuso

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