Significativamente Oltre

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Vogliamo listini composti in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”

partito_democratico(Pubblicato su Innovatori Europei e L’Unità)

Al Segretario Nazionale del PD, Pierluigi Bersani
Ai Segretari del PD delle diverse regioni d’Italia

Abbiamo apprezzato molto la decisione del nostro partito di effettuare le Primarie per le candidature per il Parlamento: prova di partecipazione e di democrazia indispensabile per le prossime scadenze elettorali, che vedranno i cittadini italiani scegliere i componenti del Parlamento col famigerato “Porcellum”.

Le primarie del 29 e 30 dicembre hanno registrato un grande successo di partecipazione, considerando anche che si sono svolte nel pieno delle festività natalizie, ed hanno determinato in particolare l’affermazione di donne e di giovani, costituendo motivo di ottimismo e di grande orgoglio per il Partito Democratico.

Il partito si è riservato una quota di candidati da inserire nelle liste, in posizioni sicure: riteniamo che questa scelta risulterà comprensibile ed accettabile – a cominciare da chi ha rinunciato a rendite di posizione sottoponendosi alla prova delle Primarie – soltanto se sarà effettuata in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”, così come previsto dal Regolamento del PD nazionale per le candidature al Parlamento.

Da alcuni giorni, invece – mentre Pierluigi Bersani ha annunciato la presenza di alcune personalità di indubbio prestigio nazionale e internazionale – nella composizione complessiva dei listini sembrerebbero largamente prevalenti esponenti di partito che si sono sottratti alle Primarie.

Se ciò avvenisse il rischio è che almeno in alcune realtà territoriali si delegittimi il buon risultato realizzato con le recenti Primarie: consegnare al Partito Democratico la responsabilità di dare un nuovo slancio al Paese riavvicinando i partiti e la politica ai cittadini, anche attraverso la scelta dei propri rappresentanti.

Dover spiegare equilibri e tatticismi renderebbe più difficile il lavoro di chi, come tutti noi, nelle prossime settimane sarà impegnato nella campagna elettorale.

Se invece saremo più aperti e coraggiosi, conquisteremo un più largo consenso soprattutto tra i giovani e tra i tanti cittadini incerti. Il segnale deve essere inequivocabile!

Pietro Aceto, Bologna
Rosalba Bonacchi, Pistoia
Giuseppina Bonaviri, Frosinone
Sara Bosi, Sesto Fiorentino
Leonardo Brunetti, Firenze
Osvaldo Cammarota, Napoli

Paolo Di Battista, Roma
Deo Fogliazza, Cremona
Marco Frediani, Pistoia
Giuseppe Matulli, Sesto Fiorentino
Marco Mayer, Impruneta
Elena Papi, Calenzano
Massimo Preziuso, Roma
Francesco Puggelli, Poggio a Caiano
Camilla Sanquerin, Sesto Fiorentino
Luca Soldi, Prato
Salvatore Viglia, Roma

Se sei d’accordo con questo testo, inserisci la tua firma e spedisci a segr.bersani@partitodemocratico.it , bersani_p@camera.it, migliavacca_m@camera.it, n.stumpo@partitodemocratico.it, LETTA_E@camera.it, d.franceschini@partitodemocratico.it, organizzazione@partitodemocratico.it, ed al segretario del PD della tua regione.

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In Toscana vogliamo un listino composto in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”

partito_democraticoRiceviamo dagli amici toscani e condividiamo:

Al Segretario Nazionale del PD, Pierluigi Bersani
Al Segretario del PD della Toscana, Andrea Manciulli
Al Segretario del PD Metropolitano di Firenze, Patrizio Mecacci

Abbiamo apprezzato molto la decisione del nostro partito di effettuare le primarie per le candidature per il parlamento: prova di partecipazione e di democrazia indispensabile per le prossime scadenze elettorali, che vedranno i cittadini italiani scegliere i componenti del parlamento col famigerato “Porcellum”.
Le primarie del 30 dicembre hanno registrato un grande successo di partecipazione, considerando anche che si sono svolte nel pieno delle festività natalizie, ed hanno determinato in particolare l’affermazione di donne e di giovani, costituendo motivo di ottimismo e di grande orgoglio per il Partito Democratico.
Tuttavia, il partito si è riservato una quota di candidati da inserire nelle liste, in posizioni “sicure”.
Riteniamo che questa scelta risulterà comprensibile ed accettabile da parte di tutti – a cominciare da chi ha rinunciato a rendite di posizione sottoponendosi alla prova delle primarie – soltanto se sarà effettuata in base a “riconoscibili criteri di competenza ed apertura alla società”, così come previsto dal Regolamento del PD nazionale per le candidature al Parlamento.
Da alcuni giorni, invece, arrivano notizie secondo le quali i listini verrebbero composti solo in piccola parte da personalità provenienti dalla società civile, mentre risulterebbero prevalenti nomi di esponenti del partito. Ed anche in Toscana sembra affermarsi questo indirizzo.
Se ciò avvenisse, sarebbe un brutto esempio che delegittimerebbe il buon risultato realizzato con le recenti primarie.
Ci rivolgiamo quindi alla direzione regionale e nazionale: le primarie consegnano al Partito Democratico la responsabilità di dare un nuovo slancio al Paese riavvicinando i partiti e la politica ai cittadini, anche attraverso la scelta dei nostri rappresentanti. Dover spiegare equilibri e tatticismi renderebbe più difficile il lavoro di chi, come tutti noi, nelle prossime settimane sarà impegnato nella campagna elettorale per arrivare al governo del Paese.
Se invece saremo aperti e coraggiosi, i cittadini continueranno a fidarsi di noi!

Bosi Sara e Sanquerin Camilla
Baldi Alessandro
Boreaniz Luciano
Bosi Anna
Bosi Manuela
Canzani Arrigo
Cella teresa
Ciullini Lorenzo
Ciullini Leonardo
Conti Gloria
Costantini Edoardo
Dalidi Marisa
Daly Alessandra
D’Aguì Angelo
Falorni Massimo
Guarducci Andrea
Labanca Massimo
Lenzi Gloria
Mannini Antonella
Margheri Andrea
Matulli Giuseppe
Mayer Marco
Melani Carlo
Neri Giuliano
Ossadi Giacomo
Papi Elena
Puggelli Francesco
Quercioli Maria
Soldi Luca
Soldi Martina
Surace Marco
Toccafondi Maurizio
Tucci Massimo
Vanni Gianfranco
Zecchi Stefano

Mali e Monti

montidi Salvatore Viglia

 …improvvisamente ci  troviamo al cospetto di Monti-Diabolik senza la maschera del burocrate integerrimo.

Allora, mettiamo un po’ in ordine i fatti adottando il criterio deduttivo: il paese, da buffone e bananaro è divenuto serio ed integerrimo; da irresponsabile è divenuto responsabile.

Tutto ciò perché il governo presieduto dal prof. Monti è entrato come fa un aspirapolvere in una stanza sporca di farina. Chiunque avrebbe potuto, usando una maschera ben congegnata, aspirare quella farina dando subito la sensazione della pulizia.

Accigliato, triste, impermeabile ad ogni smitizzazione od enfasi, il prof. Monti ha afflitto gli italiani con il suo eloquio mortale per un anno e passa nelle vesti di Presidente del consiglio.

Oggi, che le sue dimissioni lo rendono “libero”, sorride spesso, cammina spedito, si ferma a battibeccare con i giornalisti, si concede qualche lusso.

Il prof. Monti ha tolto la maschera e con le labbra ancora sporche di melassa corre a comprarne barattoli e barattoli. Sorride il professore finalmente a mo’ di “ghiglia” come diceva Totò preferendola al ghigno.

Egli conosce la soluzione delle soluzioni: per favore toglietevi dai piedi e lasciatemi lavorare riferendosi ai partiti.

In un colpo solo, mister professore, offende la storia di tutti giusta o sbagliata che fosse e se ne crea una sua, tutta sua, improvvisamente.

La competizione elettorale personalizzata

monti_bersanidi Mario Di Gioia

Spero che non si pensi di commettere lo stesso errore fatto in  passato, quello di concentrare l’attenzione sulla competizione personalizzata, prima con Berlusconi, ora con Monti, sarebbe grave, sbagliare può essere umano ma perseverare credo veramente sia da “incapaci politici”.

Temo però che stia fatalmente accadendo, accodandoci passivamente alle esigenze delle trasmissioni televisive e radiofoniche delle reti Mediaset e Rai che, notoriamente devono parteggiare per il possibile vincitore per ottenerne dei vantaggi successivi, e alle esigenze giornalistiche che hanno interesse a alimentare commenti da gossip per vendere qualche copia in più piuttosto che gestire correttamente la condizione politica e il futuro economico, ma ancor di più quello sociale di questo, sempre più sgangherato, paese.

La verità è che non stiamo parlando ai cittadini del progetto futuro per l’Italia, di chi ad esempio indichiamo per la poltrona del Quirinale, per dare continuità alla Presidenza attuale di Napoletano, non stiamo parlando di come si intende uscire dalla situazione di disoccupazione sempre più pericolosa per la contrapposizione e conflitto sociale che rischia il paese, non stiamo parlando ai ceti sociali una volta considerati il “ceto medio” ipotizzando ad esempio le possibili soluzioni per ritornare ai piccoli esercizi commerciali evitando i grandi centri commerciali che, come si è visto sono gestiti spesso dalla malavita che dispone di ingenti somme economiche e che attraverso questi centri può disporre di ulteriori economie cash, non si capisce cosa stiamo proponendo per i piccoli artigiani che subiscono sempre più le condizioni capestro degli istituti di credito e sono costretti a pagare, per conservare il lavoro ad affermare che “senza il nero” non si sopravvive giustificando in questo modo l’evasione fiscale, non comprendendo che proprio questo è l’obiettivo dei poteri forti, ovvero, costringere tutti ad essere evasori per giustificare le proprie responsabilità.

Non capisco ad esempio perché nessuno apre bocca sull’unica capacità industriale del nostro paese di uscire dalla crisi mettendo a disposizione della cultura e del turismo somme di investimento che possano garantire al paese incassi di valuta estera proponendo soluzioni di intrattenimento ben programmate e di effetto nei nostri centri storici e nelle città d’arte che, nel nostro paese certamente non mancano.

E’ di destra questo ragionamento?

Forse, ma se questo discorso è di destra che si dica almeno qualcosa di sinistra, ovvero alla “classe operaia” come promettiamo di rilanciare il mercato dell’auto?

Di sostenere Marchionne e la famiglia Agnelli per investimenti in America o in Russia?

I russi nuovi ricchi stanno comprando il nostro paese come i cinesi stanno acquistando tutti i piccoli esercizi commerciali nelle nostre città, lungi da me il pensiero razzista, ben vengano investimenti stranieri in Italia, ma anche questo deve essere oggetto di programmazione e di organizzazione delle nostre città, altrimenti corriamo il rischio di veder espatriare i vecchi proprietari con i pochi fondi ricavati dalle cessioni degli esercizi stessi.

Un dibattito su queste questioni credo indispensabile ad evitare di contribuire alla pubblicità di Berlusconi e di Monti, errori del passato ma sempre a rischio presente.

Un’agenda per il Sud

suddi Francesco Grillo (pubblicato su Il Mattino) 

È verissimo che il Mezzogiorno è quasi scomparso dal confronto sugli “impegni per il governo del Paese”, come ha lamentato nel suo ultimo discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica. È, tuttavia, altrettanto vero che, come dice lo stesso Napolitano, vale per un’Agenda per il Sud – ancora di più che per un programma di sviluppo dell’intero Paese – un presupposto di ordine non solo economico ma morale: la rinuncia a quel “assistenzialismo”, a quella dipendenza dal sussidio e dalla spesa pubblica che è la ragione ultima del sotto sviluppo civile, prima ancora che economico di una parte così grande del Paese.

Del resto, nella stessa agenda Monti manca una riflessione specifica sulle caratteristiche che fanno delle Regioni meridionali quelle che maggiormente stanno soffrendo la crisi ma anche quelle che, paradossalmente, proprio per questa ragione, potrebbero maggiormente contribuire a portare l’Italia fuori dalla recessione. E manca ancora all’”Agenda”, una strategia che dia una soluzione al puzzle – concretissimo, urgente – che chiunque voglia provare a governare l’Italia, si troverà a dover affrontare.

Come faccio nei prossimi sette anni a spendere ventidue miliardi di euro (dei trentacinque che la Commissione Europea alloca all’Italia) in progetti di innovazione tecnologica, risparmio energetico e ricerca in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria? Se ogni anno queste quattro Regioni – le ultime quattro per tasso di occupazione tra le duecentocinquanta regioni dei ventisette Stati dell’Unione Europea – perdono, come avverte ISTAT – centomila persone quasi tutte giovani, laureate o laureande? Come posso spendere così tanti soldi – praticamente quasi tutti quelli che Bersani e Monti invocano per innescare un processo di crescita Keynesiano, se ho il vincolo di doverli usare in territori che risultano desertificati da un’erosione del talento e dell’entusiasmo che sono il presupposto di qualsiasi scommessa imprenditoriale? L’aritmetica suggerisce che la risposta al paradosso può essere solo di due tipi: o provo a spostare le risorse per investimenti strutturali che spetterebbero al Mezzogiorno al Nord, dove ci sono imprese e lavoratori qualificati; oppure sposto invece al Sud capitale umano che possa assorbire gli investimenti. La prima strada è apparsa, spesso, l’unica, estrema possibilità da perseguire attraverso complessi negoziati con la Commissione per non perdere i finanziamenti; la seconda richiede, appunto, un’innovazione fortissima nelle scelte di governo e di politica economica di cui nei programmi elettorali non c’è traccia.

Invertire l’esodo di giovani che fa del Sud una sorta di clessidra anagrafica – con molti vecchi, tanti bambini e sempre meno persone in età di lavoro – comporta infatti scelte drastiche. Indubbiamente, può essere interessante la proposta – già avanzata da deputati appartenenti a diversi gruppi – di utilizzare l’arma dell’incentivo fiscale: una riduzione del livello di imposizione nazionale o locale per chi – lavoratori o imprese – decida di trasferirsi al Sud. Tuttavia, ancora più importante è che le Regioni del Sud facciano nei prossimi mesi scelte in termini di un numero limitato di settori produttivi, territori, ambiti accademici nei quali sia possibile sviluppare propri vantaggi competitivi difendibili a livello internazionale: aree specifiche nelle quali offrire opportunità mirate di inserimento e di valorizzazione del proprio patrimonio di conoscenza per giovani da attrarre da altre Regioni, ma anche per imprese, università del Nord (e di altri Paesi) che possano trovare nel Sud la convenienza ad investire e radicare tecnologie in territori meno congestionati.

Tali scelte dovranno essere estremamente focalizzate per avere qualche possibilità di essere prese in considerazione da chi ha il mondo come suo punto di riferimento. Ma potranno andare oltre i settori industriali che spesso associamo all’idea stessa di investimento tecnologico. Il turismo, ma anche il presidio del territorio per aumentarne la sicurezza, la sanità e la mobilità nelle città sono tutti ambiti nelle quali il Mezzogiorno potrebbe sperimentare innovazioni più avanzate in grado di cogliere opportunità di maggiori dimensioni e di affrontare problemi particolarmente gravi.

Il ruolo del Governo dovrà essere quello di assicurare due condizioni. Innanzitutto, regole stringenti – a partire dalla competizione tra amministrazioni di diverso livello per la titolarità delle risorse, nonché da un forte favore per chi riesca a coinvolgere i privati nel finanziamento e nella selezione dei progetti – che diano un forte peso ai risultati, assumendosi, se possibile un ruolo da protagonista nella definizione dei nuovi regolamenti comunitari; in secondo luogo le condizioni di contesto – a cominciare da quelle relative alla legalità e al funzionamento dei mercati – che sono indispensabili per la sostenibilità di un qualsiasi investimento in innovazione.

In questo senso, il Sud potrebbe, anzi, funzionare da piattaforma per sperimentare le riforme da molti invocate, prima che esse siano estese al resto del Paese. Sul fronte della legalità, nel Mezzogiorno andrebbero, ad esempio, anticipate modifiche nei meccanismi di confisca e valorizzazione dei beni sequestrati alla Mafia; ma anche forme di responsabilizzazione dei tribunali rispetto al servizio erogato ai cittadini e ai tempi dei processi, e innovazioni dell’organizzazione e della distribuzione sul territorio delle stesse forze dell’ordine e dell’esercito.

E lo stesso vale per modifiche – minori adempimenti burocratici per la valorizzazione di beni culturali, ad esempio; modifiche nelle regole del mercato del lavoro; semplificazioni nei meccanismi di determinazione delle imposte e di contrasto all’evasione fiscale – che possano dare agli innovatori la possibilità di concentrarsi sul proprio progetto nei territori nei quali le Regioni del Sud decidessero di concentrare gli investimenti.

Se è vero che è da Napoli, da Palermo, da Bari, dalla Calabria sono partite le scosse telluriche che hanno messo progressivamente in ginocchio l’intero sistema Italia, è altrettanto vero che è dal Sud che deve cominciare una strategia che riesca a smentire chi continua a pensare che rigore, crescita ed eguaglianza sono termini di un’equazione che costringe chi governa a fare scelte dolorose e, inevitabilmente, impopolari.

Del resto è in un Mezzogiorno – nel quale si è liquefatto (come hanno dimostrato le elezioni in Sicilia) il “voto di scambio” per esaurimento di risorse con le quali scambiare, appunto , consenso – che si gioca buona parte dell’esito della prossima campagna elettorale.

2006->2013: giovani e donne nel Partito Democratico

pddi Massimo Preziuso (su L’Unità)

 

Nel 2006, con alcuni amici romani fondammo un gruppo che si chiamava Giovani e donne per il Partito Democratico .

Ci battemmo, a cominciare dalle reti civiche uliviste romane, poi in tutta Italia, per il coinvolgimento di tanti giovani e donne in quello che sarebbe poi divenuto il più grande partito politico italiano.

Questo perché già da allora sapevamo che, senza giovani e senza donne, il PD non avrebbe mai potuto diventare quello che oggi sta per risultare: uno straordinario luogo di innovazione politica.

A giugno 2006, entrati da protagonisti nelle Associazioni per il Partito Democratico (APD), portammo il tema della partecipazione femminile e del coinvolgimento di giovani al primo incontro fondativo ufficiale del Partito Democratico, che si tenne all’hotel Radisson di Roma.

Ad ottobre 2006, avviato il coordinamento nazionale dei gruppi “giovani e donne” delle APD, che divenne poi la base per la nascita della associazione Innovatori Europei, scrivemmo un documento dal titolo “perché giovani, perché donne“, in cui spiegavamo il perché di quella scelta di voler rappresentare quelle che allora erano forti “minoranze”.

Da allora tante iniziative sono partite e finalmente, tra qualche mese, grazie a queste primarie,  tanti giovani e donne entreranno nel Partito Democratico.

Sembrava un’utopia, rischia di diventare realtà.

Complimenti a tutti noi per questa volontà di rinnovamento.

Buon 2013.

Giovani e donne per il Partito Democratico: le quote Rosa e le quote Arancio nel 2006

quote-rosaA proposito del “voto di genere”: nel 2006, alcuni di noi fondarono un gruppo, poi entrato nelle APD ed infine divenuto Innovatori Europei, che si chiamava Giovani e Donne per il Partito Democratico 

A giugno 2006 portammo il tema della partecipazione femminile e della necessità di quote Rosa – ma anche del coinvolgimento necessario di Giovani – al primo incontro fondativo del PD, che si tenne all’allora hotel Radisson di Roma.

Se oggi il Partito Democratico è arrivato al minimo “33% di candidate donne” è anche un pochino grazie a noi.

Oggi e domani si giunge ad un importante risultato. Finalmente.

 

Le bugie: via maestra della politica

bugiedi Giuseppina Bonaviri

Quello della menzogna, quindi dell’ingiustizia, come parte integrante della politica è un problema antico avendo a che fare con la potenza meglio con l’oggetto intrinseco della politica. Nessuna forma di governo é estranea a questo problema. Le decisioni, in uno Stato democratico, devono essere vagliate e votate dal popolo. La decisione tuttavia è un momento, l’ultimo, e non il solo. “ Per giungervi l’attore -individuale o collettivo – deve disporre di conoscenze e quindi poter contare sulla certezza delle sue fonti. Diversamente la sua decisione sarà manipolata e la sua libertà condizionata”.

Chi mente secondo Kant pensa di potere gestire il futuro degli altri. Con la menzogna si pone l’Io in una condizione di onnipotenza perché mentendo per il bene dell’altro si ritiene di poter dominare gli eventi quindi di avere un potere assoluto su quelli possibili che determineranno l’esistenza altrui. Questo potere assoluto – che nessun uomo può e deve avere – è la ragione fondamentale per cui, secondo Kant, la bugia in politica (meglio la “ragion di stato”) è da respingere.

La menzogna non può essere condizione di dialogo perché non può essere condizione di giustizia né di convivenza. Questa dimensione nella politica è la non-moralità.

Con il pareggio di bilancio introdotto in costituzione, è stata respinta ogni opportunità che lo Stata spenda per il benessere dei cittadini e delle imprese, in quanto non in grado di immettere liquidità nel sistema finanziando ricerca, innovazione, competitività e stato sociale.

Viene naturale chiedere ai partiti e alle grandi coalizioni nascenti come alla politica internazionale quali verità ci raccontano o quali bugie ci nascondono dentro patti-compromessi-accordi super partes. Il popolo italiano ha enormi risorse critiche e saprà, comunque, trarne le più giuste conclusioni tenendo a cuore solo il bene futuro dell’intera Nazione.

Giuseppina Bonaviri

Ecco perchè la patrimoniale è cosa giusta ed eticamente corretta

patrimonialedi Arnaldo De Porti 

Non è necessario far ricorso a teorie economiche keynesiane o a patti faustiani per capire ciò che dette teorie e patti non riescono a far capire ai comuni mortali,  anche perché queste ultime, anziché farci capire,  portano fuori strada: mi riferisco specificatamente alla  precaria situazione economico-finanziaria che l’Italia sta vivendo.

Partiamo subito dalla considerazione che, in quest’ultimo decennio, in Italia c’è stato uno sbilanciamento enorme della ricchezza a danno dei percettori di reddito fisso a tutto vantaggio di pochi che hanno approfittato delle prime contrattazioni con la nuova moneta, e cioè l’euro, praticando una parità doppia rispetto alle vecchie gloriose mille lire: 1 euro uguale 1000 lire, invece di 2000, cosa ormai nota, trita e ritrita di cui sono a conoscenza anche i sassi.

In questo breve volgere di tempo dalla venuta dell’Euro i commercianti, le industrie e quant’altro (senza voler fare di ogni erba un fascio, dato che i commercianti virtuosi hanno avuto solo la colpa di doversi adeguare per non fallire) hanno intascato il doppio rispetto a quanto valeva prima la lira, mentre i titolari di reddito fisso, sono stati costretti a comperare la metà dei prodotti a causa del dimezzamento illegittimo del potere di acquisto determinato da chi, in posizione di dominanza, ha potuto approfittarne, arricchendo indebitamente i loro portafogli.

Detto questo, non è necessario essere dei soloni della finanza, per capire che c’è stato uno spostamento della ricchezza a favore di pochi ed a danno di molti, circostanza che, in assenza, anzi in presenza di una politica oscena fatta da politici altrettanto osceni (ferme restando le eccezioni), ha determinato questo ingiusto sbilanciamento che sta sfociando, Monti o non Monti, Bersani o non Bersani) in una forte conflittualità civile che, a mio avviso, non tenderà a rallentare nemmeno durante l’inizio di azioni volte a concretizzare un avvio verso il risanamento, come si prefiggono i potenziali vincitori delle prossime elezioni politiche.

Detto questo, le colpe risultano evidenti. E, di conseguenza, chi è colpevole deve pagare. Anche perché oltre ad esserci dei colpevoli, ci sono anche dei disonesti profittatori che hanno portato all’estero, nei paradisi fiscali,  le ricchezze accumulate indebitamente. A danno delle fasce deboli.

Se non mi sono spiegato, ciò sta a significare che dobbiamo andare tutti a SQUOLA, con la q. Compresi certi economisti che abbiamo.

Nel nome della patrimoniale

patrimonialedi Fabio Agostini

In Italia, la necessita’ di assegnare le parole ad esclusivo uso di una  parte politica, ha lasciato il paese fermo al dualismo di Peppone e Don Camillo dove, se parli di stato sociale (pensioni, istruzione, sanita’), se parli di un sistema impositivo equo, se parli di patrimoniale, allora sei un comunista da cui ben guardarsi; mentre se parli di liberalizzazioni vere e non quelle finte di Monti, se parli di privatizzazioni vere e non finte come quelle di Amato, se dici che tutto il casino sull’art.18 e’ solo un polverone inutile, allora sei necessariamente di destra o peggio ancora fascista.
 
In Italia e’ difficile se non impossibile immaginare che una persona possa condividere le idee dello stato sociale e di un sistema privato o di mercato che dir si voglia;
 
sembra impossibile che uno parli di patrimoniale o sistema impositivo equo ed economia libera. Se nella gran confusione nessuno se ne e’ ancora accorto, socialdemocrazia liberale, il pensiero del tanto acclamato quanto poi velocemente dimenticato Einaudi (Agosto del 2011), e’ proprio la coesistenza di queste idee.
 
Cosi’ come il pifferaio magico che suonando portava a spasso i topi, la politica Italiana di sinistra, meglio se estrema, usa la parola Patrimoniale per attirare voti, i voti di quelli che si riconoscono, piu’ per credo religioso che per altro, nel Peppone di cui sopra. Ed ecco che la parola patrimoniale e’, nei salotti della “sinistra moderata”, come l’Innominato del Manzoni, mentre viene sventolata del duo politico Vendola-Di Pietro.
 
Di questi sinistroidi Italiani io ho le mie riserve: Di Pietro ministro dei trasporti, Vendola braccio destro di Bertinotti, la sinistra in generale, sostenevano il governo Prodi del ’96, governo in cui il ministro degli interni era Napolitano, che non era stato eletto nel collegio uninominale ne’ in nessuno dei collegi proporzionali nei quali era candidato. 
In Italia c’e’ d’aver paura dell’anti-democrazia piu’ che dell’anti-politica. 
In generale poi, la sinistra Italiana, ha politiche economiche che, a mio avviso, sono piu’ di stampo ideologico e poco si addicono ad un modello di socialdemocrazia liberale che coniughi la necessita’ di uno stato sociale con la consapevolezza dell’esistenza di un libero mercato privato in settori non definibili sociali come tali.
 
Anche se non mi riconosco nella sinistra Italiana per via delle politiche economiche, la patrimoniale, dal punto di vista fiscale, e’ un’idea tanto nobile quanto condivisibile e da appoggiare. Tuttavia penso che il concetto di patrimoniale nella testa di queste persone sia concepito come: stante tutte le tasse attuali, colpisco il patrimonio di per se e non la rendita generata dal patrimonio; insomma una sorta di esproprio proporzionale con scorporo per utilizzare termini da legge elettorale Mattarella, tanto cara alla sinistra.
 
La tassazione di sinistra in Italia e’ tanto ideologica quanto dannosa e stupida: basta pensare alla tassa sul deposito titoli che colpisce e punisce piu’ il concetto di deposito titoli che non la rendita generata dalla ricchezza, in quanto e’ un importo fisso per scaglioni di importi. In altre parole piu’ hai e meno paghi.
 
La patrimoniale ha un senso se vista all’interno del sistema fiscale e non come un pezzo a se stante. L’introduzione della patrimoniale richiederebbe una revisitazione profonda del sistema fiscale incluso il sistema redistributivo.
 
In temini sintetici il sistema impositivo e’ fatto di tasse dirette che colpiscono reddito e patrimonio, e tasse indirette come l’IVA, le accise, i bolli, notoriamente inique perche’ incidono sulla parte del reddito destinato al consumo e non sul reddito per se. Argomentazioni a favore della patrimoniale sono il fatto che oggi, in Italia, il sistema fiscale e’ sbilanciato verso l’imposizione indiretta generando un carico fiscale iniquo. La patrimoniale andrebbe utilizzata per semplificare il sistema fiscale e per riequlibrare il gettito tra imposte dirette e indirette al fine di ridurre le seconde e redistribuire equamente il carico fiscale delle prime tra reddito e rendita generata dal patrimonio.
 
La patrimoniale ha un senso logico ed e’ giusta quando erode la rendita e non il valore di cio’ che produce la rendita. Il patrimonio, e quindi la ricchezza che produce rendita, puo’ esse costituito da attivita’ reali (immobili e terreni) o attivita’ finanziarie (titoli). L’IMU, di cui se ne fa un’uso distorto in quanto finanzia le spese dello Stato e non le spese sostenute per l’erogazione di servizi da parte dall’amministrazione dove l’immobile e’ ubicato, colpisce l’immobile in quanto tale, tassandolo simultaneamente sia come ricchezza sia come fruizione di servizi. L’IMU dovrebbe essere una tassa funzionale al federalismo e decentramento dello Stato, una tassa volta a finanziare gli organi governativi territoriali per l’erogazione dei servizi a livello locale e non volta a finanziare la spesa del governo centrale.
 
Una tassa sulla rendita da patrimonio dovrebbe adempiere la funzione di finanziare lo Stato: in tal senso reddito e rendita dovrebbero essere equiparati se non si vuole incorrere nel rischio che lo Stato si trasformi in un Robin Hood all’incontrario dove il povero finanzia il ricco. Le storture del sistema impositivo si riflettono poi sul sistema redistributivo se la rendita viene privilegiata rispetto al reddito.
 
In Italia di esempi ce ne sarebbero a migliaia, uno dei quali potrebbe essere il mio che da studente, negli anni ‘90, il cui reddito familiare era eccessivo per l’assegnazione di un posto camera dell’universita’, vedevo persone che dormivano alla casa dello studente con cellulari, avevano la loro auto, e vestivano con capi di abbigliamento che io neanche potevo sognare di comperarmi. Come diavolo era possibile che con mio padre pensionato, mia madre insegnante e la casa dove abitavamo di proprieta’ sulla quale pagavamo l’ISI – oggi IMU – eravamo considerati piu’ ricchi di quelli che io reputavo paperoni?
 
Era veramente tutto dovuto all’evasione? Certo, se sei un libero professionista e guadagni 100 ma ne dichiari 20 su cui paghi 2 di tasse, sei considerato “povero” perche’ il tuo guadagno e’ solo 20 e quindi ti viene assegnato l’alloggio anche se in realta’ paghi solo il 2% di tasse su quello che in realta’ guadagni: 5 volte tanto quello che dichiari.  Tuttavia, sapendo che la ricchezza deriva dal reddito (anche se evaso), sapendo che la ricchezza e’ molto piu’ difficile nascondere, era chiaro come il sistema fiscale Italiano punisse il reddito ineludibile (pensione e lavoro dipendente) lasciando non solo impunita l’evasione, ma anche la rendita che da essa se ne generava.
 
La patrimoniale dovrebbe essere vista come una tassa che equipari la rendita al reddito: se lavoro e guadagno 30 mila euro l’anno e pagho il 35% di tasse perche’ se ho 3 milioni di euro in BOT o BTP che mi rendono l’1% (30 mila euro) ci devo pagare solo il 12,5%? e non solo, visto il fatto che non costituiscono reddito in base all’erogazione di servizi, magari ho pure l’ospedale gratis, l’alloggio per mio figlio studente, e cosi’ via.
 
Io si, sono per la patrimoniale, ma non intesa in senso punitivo: non devo punire il ricco perche’ e’ tale espropriandolo di quel che ha. La patrimoniale deve fare in modo che la rendita finanziaria e le altre rendite vengano sommate insieme ai redditi sui quali venga poi applicata l’aliquota fiscale e sui quali redditi piu’ rendite vengano poi stabiliti i criteri economici di erogazione dei servizi. Se cosi’ fosse, anche rimanendo impunita l’evasione sul reddito, non appena il reddito evaso si trasforma in ricchezza sarebbe soggetto a tassazione su patrimonio equiparato e reddio e quindi non piu’ ineludibile o soggetto a trattamento privilegiato. Se questa rivisitazione del sistema fiscale venisse posta in atto, si libererebbero risorse prevalentemente volte al consumo per via di una redistribuzione del carico fiscale tra fasce di reddito  e rendita realmente percepita.
 
Tuttavia sono rassegnato al fatto che in Italia una vera socialdemocrazia liberale non esistera’ mai. La nostra politica di destra mai pensera’ ad una patrimoniale che equipari rendita a reddito perche’ e’ da comunisti cattivi, mentre coloro che gridano ad una tassa che colpisca il patrimonio sembrano essere piu’ interessati all’effetto pifferaio piuttosto che alla realizzazione dell’idea, visto che urlano patrimoniale come slogan di rivincita per le elezioni senza neanche dirci cosa intendono per patrimoniale, perche’ in realta’ neanche loro lo sanno.
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