Significativamente Oltre

Europa e Mediterraneo

Il Movimento 5 stelle assorbirà il PD senza che questo se ne accorga

imagedi Salvatore Viglia su Politicamente Corretto

Stanti così le cose è facile, ad essere un po’, almeno un po’, lungimiranti, capire che il futuro politico sarà tutto in rete. La strada è quella del partito unico che deciderà sulle leggi da votare.

L’attuale PD è un figurante di un film in bianco e nero.  Radere al suolo politicamente, negli uomini e nelle intenzioni, l’attuale partito Democratico è un imperativo categorico e si sarebbe dovuto già fare da un pezzo per avere voce nel capitolo attuale.

Nessuna alternativa esiste se non questa. C’è chi vedrebbe in Renzi la soluzione. Figuriamoci se il buon Matteo si andrebbe ad impelagare in una guerra persa impugnando lo scettro della presidenza del consiglio in una mano e nell’altra la bandiera bianca della resa incondizionata. E poi, senza aver vinto le primarie non accetterebbe mai. Anzi, probabilmente se ci vede bene, in futuro non si ricandiderà neanche alla primarie. Il problema insormontabile è la squadra. Vogliamo parlare delle deroghe oppure stendiamo un velo pietoso anche sul listino del segretario che avrebbe attinto, stando ai suoi proclami, dalla società civile? Ma lasciamo stare e parliamo di confronti. Avere contatti con il M5S significa adottare la rete come mezzo. Non appuntamenti, incontri, abboccamenti, tavole rotonde ma la rete. Un consesso universale complessivo di confronti attraverso un processo di democrazia ancora sconosciuto ma partecipativo. Yes, we can? No! Yes, it must…yes, it shall, tanto per parafrasare adattando lo slogan copiato da Obama.

IE, per esempio, non si addice a convivere con mummie alessandrine, neanche rivisitare anacronisticamente la storia costituente di un partito che partiva malissimo definendosi addirittura “Democratico” come se fosse stato possibile immaginare un partito antidemocratico. Noi siamo italiani e la nostra storia differisce da quella americana. Ma si sa che siamo abituati ad emulate le sintesi linguistiche dell’inglese. Ci piace. Il PD non esiste più. Forse non è mai esistito. Ce ne accorgiamo solo oggi con una consapevolezza implacabile e decisamente disarmante. E’ una inutile, pesante ripetizione complessiva di tutti gli errori commessi sino alle primarie scorse ed all’interno di esse. Un PD come questo nuoce e non serve a nessuno.

Il M5S ha posto una questione epocale: l’azzeramento dei partiti, di tutti i partiti ed il processo comincerà dall’interno di ciascuno di essi. Quando il PD si accorgerà e capirà questa realtà resterà di stucco nel bel mezzo del nulla. Finirà per ultimo ad approdare alla rete cercando di mostrare il suo essere progressisti in quella veste senza comprendere che la rete è tutto. E’ il setaccio dal quale si rastrellano le decisioni politiche, progressiste o no. Il PD finirà per essere assorbito dal M5S e, senza accorgersene, cambierà pelle amalgamandosi con Grillo, sia che lo voglia e sia che non l’abbia voluto.

Sabato 9 Marzo: “Diamo vita a Città della Scienza” – Rilanciamo Bagnoli, Napoli e il Paese a partire dalla cultura e dalla scienza

Sabato 9 Marzo a Città della Scienza, a partire dalle ore 10,00, vari gruppi di ricercatori, associazioni, reti di operatori dell’informazione e il comitato scientifico di Città della Scienza promuovono un incontro di riflessione su quanto accaduto Lunedì 4 e sulle proposte per rilanciare Bagnoli, Napoli e il Paese tutto, a partire dalla cultura e dalla scienza.

Tra i promotori dell’incontro gli Innovatori Europei e tante altre realtà locali e nazionali.

Segnaliamo l’adesione del Primo Vice Presidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella.

Vi aspettiamo!

Il Movimento 5 stelle è la Rivoluzione francese “italiana” senza ghigliottine né sangue

imagedi Salvatore Viglia

Solo chi non vuole vedere, non capisce cosa stia accadendo nel paese. Grillo è una macchina schiacciasassi che sta travolgendo ed appianando tutto quello che incontra. Di questo il paese ha bisogno per poter riscrivere un nuovo copione. Le resistenze più o meno giustificate di attaccamento al vecchio, alle segreterie antiche dei partiti presiedute da facce verdi ed avvilite con le tasche piene di soldini e privilegi, sembrano culottes al paragone dei perizoma. Quella di Grillo è una novità risolutiva la cui portata è pari a quella che la Rivoluzione francese rappresentò per la Francia prima e per il mondo poi. Certo è che la mente non riesce ad associare una rivoluzione senza la violenza, i forconi, i giustizialismi sommari. Ciò che il M5S ha messo su è un impasto che lievita giorno per giorno. Nessuno, nemmeno Grillo stesso può prevedere con certezza cosa succederà domani mattina. Questa è una pagina di storia che ha a che fare con l’innovazione purissima della comunicazione e della rivisitazione di concetti cui la politica non ha saputo adeguarsi. E’ una naturale evoluzione della vita “agevolata” dall’iniziativa di un movimento che ha messo in moto un motore che va da solo ormai in una sorta di moto perpetuo. E’ una speranza, forse è la speranza, quella verde, serena anche se lontana dall’attuarsi. Non neghiamoci di aver bisogno di sperare. E’ umano anche questo. Nelle roccaforti delle “Bastiglie” allestite alla bisogna si cerca di addossare la colpa dello sfacelo del paese proprio a Grillo che non c’era, che non voleva venire e che si è trovato, per coscienza, a farsi portavoce della gente comune. Non è leale questo atteggiamento e non lo serebbe per chiunque si trovasse al posto di Grillo. Il mal comune mezzo gaudio rassicura i galli sui cumuli di immondizia per troppi anni adagiati a non fare nulla. Questa Rivoluzione italiana è degna di attenzione critica e non di approssimazione qualunquista. Se qualcuno si lusinga ancora sull’innocua presenza del M5S avrà a che fare con una realtà implacabile.

Sabato 9 Marzo ore 10 – Sala Newton di Città della Scienza: “Una Stanford del mediterran​eo a Bagnoli”

citta della scienza

INNOVATORI EUROPEI vi invita a partecipare – Sabato mattina, 9 marzo, ore 10 – ad un incontro presso la Sala Newton di Città della Scienza per una riflessione tra società civile su quanto accaduto e sul rilancio della città e dell’Italia a partire dalla cultura e dalla scienza.

A valle del dibattito lanciamo il progetto “Una Stanford del mediterraneo a Bagnoli“.

Vi aspettiamo,

Gli IE

N.B. La pagina Facebook dell’iniziativa è https://www.facebook.com/events/362821520500709/

E adesso incontriamoci a Bagnoli

citta della scienzadi Michele Mezza per Innovatori Europei

Non penso di poter scrivere cose particolari su Bagnoli.

So solo che quel pezzo di terra era stata una straordinaria spugna di sogni e speranze, dopo la dimissione del 1986.

Rileggiamoci il libro di Ermanno Rea: passione e mestizia, quasi un presentimento. Con la chiusura della fabbrica chiude il futuro, senza fabbrica non siamo niente.

Incredibilmente senza fabbrica sono stati niente proprio quel fior fiore di intellettuali e dirigenti politici che  erano nati sul lavoro e la fatica altrui. Ora che c’era da inventare un nuovo futuro nulla.

Per venti anni un frustrante gioco di carte: autorizzazioni, società pubbliche, nomine, dimissioni, sostituzioni, convegni.

E Città della Scienza rimaneva sola. Doveva essere il primo germe di una straordinaria proliferazione.

Rimase una fortezza assediata e questa notte è caduta. Ora che accade?

Si spengono le fiamme e si ricomincia con le carte: ci vuole uno shock, un trauma.

Io propongo che  il popolo del sapere a Napoli chieda l’intervento dell’Unione Europea, dei caschi blu, come a Kabul, per gestire a marce forzate un progetto di insediamento di campus della ricerca.

Convochiamoci a Napoli, a Città della Scienza, nel cortile e promuoviamo una conferenza dei servizi immateriali che incardini a Napoli un cantiere reale per Bagnoli.

Subito però, o perderemo faccia e futuro. Il secondo dopo la prima.

Raccogliamoci da qui.

La pagina dell’evento su Facebook: https://www.facebook.com/events/362821520500709/

Ecco i primi aderenti (per adesioni infoinnovatorieuropei@gmail.com):

Michele Mezza

Massimo Preziuso

Luisa Pezone

Anna Dauria

Marco Race

Alessandro Migliardi

Maurizio Imparato

Cetti Capuano

Alfonso Gentile

Emilia Vitale

Alessandro Santise

Sarah Scognamiglio

Stefania Arminio

Nico Cimino

Cristiano Orefice

Luigi Petrazzuoli

Maurizio Imparato

Marina Ravallese

Luca Lopez

Maria Grazia Biggiero

Alessio Viscardi

Annacarla Tredici

Alice Mandrone

Giuliana Ferraboli

Elvira Erman

Anna Paola Merone

Vincenzo Fiorillo

Verio Massari

Marina Cassese

Carmine D’Onofrio

Pasquale Luongo

Guido Visciano

Francesco Enrico Gentile

Giuseppe Spanto

 

Italia e U.E. nel bipolarismo mondiale

 Il presidente Usa Barack Obama, la cancelliera tedesca Angela Merkel e l'ex presidente cinese Hu Jintao.

di Stefano Schembri

Washington contro Pechino. Sembra sempre di più questo l’assioma geopolitico moderno, in un mondo che dopo la caduta del muro di Berlino, torna per la prima volta a vedere un paese, la Cina, scalfire l’unipolarismo a stelle e strisce instauratosi a seguito dell’implosione Sovietica.

Ma possiamo veramente dire che i prossimi decenni saranno caratterizzati solamente da questi due attori? E quale ruolo potrà avere in tutto ciò il nostro paese?

Un’analisi più approfondita sui paesi in sviluppo ci mostra che oltre alla Cina, altri paesi si stanno affacciando sulla scena globale. Parlo degli ormai noti BRICS (Brasile, Russia, India, la Cina stessa e Sud Africa), ma anche di Indonesia, Viet Nam e Malesia, i quali grazie al bassissimo costo della mano d’opera possono ora attrare massicci investimenti esteri e raggiungere tassi di crescita dal 5 all’8%, che per paesi come il nostro rappresentano un miraggio.

A ben vedere, dunque, le prospettive per l’Italia, sono abbastanza tetre. A seguito delle politiche di austerity del governo Monti, il nostro tasso di crescita del PIL oscilla fra lo 0 e il -1%, al di sotto del già basso tasso di crescita medio dei paesi dell’euro-zona (un po’ meglio va per i paesi dell’Unione Europea che non hanno aderito all’euro). Ma non è finita qui: l’Italia, sesta potenza mondiale fino a un decennio fa, dopo esser stata scavalcata da Cina e Brasile negli anni passati, si appresta a finire in decima posizione a seguito dell’ininterrotta crescita di Russia e India. Secondo le previsioni, tuttavia, questo è un destino comune per i paesi europei, e non ci vorrà molto prima che Brasile, Russia e India, superino anche il PIL di Regno Unito, Francia e perfino di quello che viene considerato il ‘treno d’Europa’, la Germania.

C’è però un dato che può farci sorridere, e deve farci ragionare, ossia il considerare i paesi europei in maniera congiunta, e non singolarmente. L’Unione Europea, risulterebbe cosi la prima potenza mondiale, con un Prodotto Interno Lordo di 16 trilioni di dollari. Anche se calcolassimo la sola euro-zona, essa costituirebbe comunque la seconda potenza mondiale, ad un passo dagli Stati Uniti, e di gran lunga sopra la Cina. Una super potenza del genere, di certo stravolgerebbe gli equilibri mondiali, e mediante una maggiore integrazione (alludo in particolare ad una integrazione fiscale) potrebbe intraprendere politiche congiunte che le permettano di aumentare anche quel tasso di crescita che al momento oscilla fra il +3% della Germania e il -7% della Grecia.

I dati parlano chiaro, non costituiscono una teoria economica, ed i nostri governi europei ne sono certamente a conoscenza. Una maggiore integrazione è dunque un auspicio di cui i vari leader dovrebbero tener conto, ma la storia ci insegna che sono più frequenti le spinte separatiste (Lega Nord in Italia, indipendentismi Catalani e Baschi in Spagna, ecc.) che quelle unitarie. Inoltre, nei confronti dell’Unione Europea molte critiche sono state fatte a seguito della crisi che ormai colpisce i nostri paesi da circa 5 anni. Non sono da sottovalutare la proposta di un referendum per l’uscita dall’U.E. del Primo Ministro inglese David Cameron, o del leader del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo, così come le politiche anti europeiste del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán.

Se si tratta di populismo o meno potremmo discuterne a lungo, quel che è certo è che nel contesto geopolitico mondiale, con un cospicuo numero di paesi in rapida crescita economica, il ruolo dell’Italia come singolo ha una rilevanza limitata, per giunta in diminuzione, mentre quello dell’Unione Europea in quanto blocco unito, è ben altro discorso. Del resto, senza richiamare citazioni storiche ed erudite, basta il celebre proverbio  ‘l’unione fa la forza’ a rendere il concetto.

Basta con gli imbrogli, è ora di giocare a carte scoperte

SPECIALE ELEZIONI POLITICHE 2013

di Antonio Diomede (pubblicato su www.reasat.it)

Vedo, un po’ divertito, ma non tanto, tutti i giorni in tv e sulla stampa le varie tesi sull’analisi del voto degli italiani. Nei dibattiti radiotelevisivi e sui giornali si ascoltano e si leggono le più fantasiose motivazioni per giustificare il pauroso vuoto politico e di potere creatosi in un paese europeo, l’Italia, dopo quello del 1918-1922 per il quale Mussolini marciò su Roma, e quello tedesco della repubblica di Weimar del 1929-1933 a causa del quale un imbianchino, un certo Adolf Hitler, diede vita alla più spietata dittatura mai esistita dai giorni della Creazione. Giornalisti e politici, ognuno dice la sua in base alle proprie idee o posizioni del proprio partito, ma tutti sono d’accordo nell’affermare che  “il risultato del voto, piaccia o non piaccia è l’espressione del popolo e come tale, in democrazia, va rispettato”. Tutto Ok, sembra non ci sia nulla da dire. Invece, per come si è svolta la campagna elettorale ci sarebbe tanto da dire. Infatti in una “vera democrazia”, quella sancita dalla Costituzione per capirci, l’elettore non va confuso e, soprattutto, durante la campagna elettorale non dovrebbe essere ammesso  “il falso ideologico” che, oltre tutto, è punibile dal codice penale (artt. 476,477 e 478). Invece la campagna elettorale si è svolta con lo stile “del mercato delle vacche” dove tutto si compra a buon prezzo. Abbiamo assistito a leader politici e candidati che promettevano falsamente di tutto pur di carpire la buona fede dell’elettore per accaparrarsi il voto. Berlusconi ha promesso il rimborso dell’IMU sulla prima casa tant’è che alcuni pensionati sociali subito si sono presentati alle Agenzie delle Entrate per richiedere il modulo di rimborso. Così di voti ne ha presi un botto e c’è mancato poco che non vincesse ancora! Ma non è tutto; ha anche promesso un condono tombale senza specificare per chi e per cosa. Bersani ha promesso un po’ di tutto e un po’ di niente. Ha perfino, vagamente, detto che avrebbe rivisto la “Gasparri” e il “conflitto d’interessi”. Grillo, ha promesso  di togliere tutti i privilegi alla classe politica. D’accordo, ma quando promette la riforma del Paese non sa di cosa parla. Non sa che, ad esempio, Berlusconi & C. anche se dovessero essere sbattuti fuori dal Parlamento, continueranno a governarci almeno per altri dieci anni attraverso i suoi uomini piazzati nei posti di comando dell’amministrazione pubblica. Ad esempio, nei Ministeri, i Capi di Dipartimento, i Direttori Generali e tutto lo staff dirigenziale è occupato dai suoi fedelissimi e fino a quando non andranno in pensione, con le laute liquidazioni che si ritrovano, sono inamovibili. Altro esempio. Le Autority italiane sono nominate dai capi dei Partiti. Pertanto l’AGCOM e l’Antitrust, fino a scadenza (ma sono state appena nominate) sono dominio di Monti e Berlusconi. In queste condizioni, qualsiasi riforma verrebbe uccisa prima di nascere e quand’anche nascesse verrebbe boicottata nella pratica attuazione. Poi, nel nostro settore, ci sono i Corecom di nomina partitica. Tutte bocche da sfamare che come uccellini appena nati vorrebbero prendere il volo per dominare lo spazio politico insieme alla mamma. Infine ci sono le lobby, sempre pilotate in maggioranza da Berlusconi, pronti a minacciare crisi di mercato se non si soddisfano le loro tasche.  Allora che si fa? Preso atto che ci stiamo giocando la democrazia e se ciò non è ancora avvenuto lo dobbiamo proprio a Grillo che è riuscito ad ammortizzare la rabbia dei giovani e di larga parte dei lavoratori e del ceto medio attraverso la formazione del Movimento 5 Stelle; considerata l’inesperienza “governativa” dei singoli senatori e deputati eletti nel Movimento 5 Stelle; bisognerebbe aiutarli a capire come “gira il mondo della burocrazia ministeriale e delle lobby” in modo da non farsi abbindolare (circuire) da codesti abilissimi signori veri professionisti nel farsi i cazzi propri a scapito del Paese. Scusate lo sproloquio, non lo farò mai più, mi è venuto spontaneo nella penna e mi spiace cancellarlo. Per quanto ci riguarda noi siamo a disposizione nell’interesse generale del Paese.

ll Gelato di Viola

grillodi Michele Mezza

123 mila firme in poche ore raccolte sul web da una gelataia fiorentina che vive a Venezia -Viola Tesi-  ha dimostrato che qualcosa di rilevante è accaduto anche in politica, nel secolo della rete. Dopo l’informazione, la formazione, le professioni, i servizi, la pubblica amministrazione, la ricerca, la finanza, anche la politica è investita dall’ondata di disintermediazione che disarciona i giganti e premia i nani.

Un fenomeno complesso e ingovernabile, che , a poche ore dal trionfo, porta persino il Gigante a 5 stelle ad inseguire la gelataia di Venezia, imprecando contro la nanetta che si è intrufolata nel suo giardino.

E’ la rete, bellezza, verrebbe da dirgli.

La pancia conta quando è alla pancia che si parla. Ed affiora  ora il vecchio richiamo solidarista ed emancipatorio di una base sociale che viene da sinistra  ma trascende la sinistra- non   ha votato PD, ignora Vendola, non parla con Ingroia, perché da tempo non vi vede la potenza trasformatrice della realtà. Ma quando si trova in mano le chiavi di Palazzo Chigi il primo istinto è quello di guardare da dove si è venuti.

Ma chi sono e cosa è successo?

Loro sono  quello che fanno, ed è accaduto quanto doveva accadere. Ne più ne meno.

Loro, i grillini, anzi il movimento 5 Stelle, votanti e votati, sono esattamente come appaiono. Giovani, ma non giovanissimi,  precari ma non disoccupati, tecnici, ma non esecutivi, impiegati, ma non placati, cattolici, ma non subalterni, laici, ma non ideologici. Soprattutto digitali, ma non smanettoni.

E’ un movimento della rete, ma non sulla rete. Per certi versi  i 5 Stelle non sono molto dissimili dalle primavere arabe.

In Algeria, Tunisia, Egitto è pure sorto un movimento di protesta, composto da giovani, professionisti ed emarginati. Si disse è la rivoluzione di Facebook. In realtà, questo è il nodo che la politica tende ad esorcizzare, quel movimento, e ancora di più Grillo, non cresce perché usa la rete per parlare, ma perché usa la rete per produrre. Abbiamo di fronte un movimento che si caratterizza per un nucleo di  operai del web: informatici, mediatori, broker, insegnanti, amministratori, imprenditori.

Questa è l’aristocrazia operaia di Grillo. Attorno a questo nucleo  si sta raccogliendo un mosaico di  ceti e figure sociali  convergenti: giovanissimi irridenti, giovani ambiziosi, famiglie silenziose, anziani ignorati, lavoratori in esubero.

Il movimento si è agglutinato per condensazione, come i fenomeni tipo Occupy, dove ci si aggrega per singole convergenze, per condivisione di isolate tematiche, senza la pretesa, ne l’ambizione, di costituire una visione organica. La frammentazione sociale non permetterebbe di ripercorrere la vecchia strada del partito forte, gramsciano, che dall’astronave all’ago, assume un’unica visione del mondo. Quell’approccio è stato del tutto rimosso, insieme alle macerie del Muro di Berlino. Qui è rintracciabile una prima rilevante contraddizione di Grillo come leader: ogni volta che tenta una stretta, di imporre un metodo leninista, perde pezzi e capacità di guida nei nuovi movimenti a rete la direzione è il punto finale di una lunga coda, non la testa  iniziale.

Il linguaggio connettivo è il brusio della rete che prende tono per i lavori nella rete. L’elemento unificante è  l’estraneità, prima, l’ostilità, poi, per le elites: tutte le elites. In particolari quei salottini, meglio ancora quei tinelli, dove gli staff dei decisori, le figure adiacenti ai  leaders, i frequentatori degli amministratori. I sobborghi del potere, più che il vero potere. I riti delle terrazze, dello scambio di privilegi, di mance di prevaricazioni.

Questa è la cultura della rete. Forse , si dirà, la cultura di ogni opposizione che contrappone ai poteri costituiti, che se ne vuole liberare.

In realtà la rete produce distanza e indifferenza, più che ostilità. Gran parte dei grillini, soprattutto i nuclei storici, in Emilia e in Piemonte ad esempio, sono  figure che vivono autonomamente in circuiti professionali o formativi che non hanno nulla da chiedere alla politica per se stessi. Si tratta di ceti che vivono di competenze, specializzazioni settoriali, flessibilità nell’uso del proprio tempo, controllo delle ambizioni di consumo, versatilità nel muoversi nel paese e fra paesi.

Ragazzi che per il proprio equilibrismo fra saperi e fra condizioni, trovano mercato. La rete  è la scorciatoia, che trasforma l’idea o la disponibilità in opportunità. Un ceto  non reattivo alla politico, ma insofferente, proprio perché non chiede, per l’etica, e le competenze. Di fronte al combinato disposto di un degrado morale e di una palese incapacità scatta la contrapposizione: si può fare meglio, si deve fare bene.

Qui si crea un cuneo che scompone la base sociale delle due forze tradizionali: che scava nel mondo del lavoro, e distoglie il mondo delle proprietà. Si crea un popolo della comunicazione, che conscio del proprio isolamento , ma anche della propria abilità, e del proprio tempo, investe in relazioni: si clicca per condividere la propria riprovazione che diventa rabbia e poi sfida.

Proviamoci è lo slogan. La grande prova , non a caso, è nei feudi: l’Emilia rossa, il Veneto verde, la Sicilia azzurra.

Il territorio produce il salto di qualità, ma  comporta anche le prime contraddizioni. Come spiega il saggio della direttrice dell’istituto Cattaneo, Elisa Gualmini, Il Partito di Grillo, sono state le elezioni amministrative del 2010 ha dare la consapevolezza che la sfida era vincente: Parma, ma soprattutto Budrio.

Nel paese rosso al 70%, i grillini , mail dopo mail, forum dopo forum, “I like” dopo “I like”, censiscono le forze e mettono in rete i mestieri che non corrispondono alla rappresentatività della sinistra: informatici, consulenti, cottimisti delle filiere di arredamento e ceramiche. Arriviamo per la prima volta a voti in doppia cifra.

Reddito di cittadinanza, connettività, energie rinnovabili, KmZero, diffidenza per l’Europa. E’ il programma di una community  da maso digitale. Il lavoro è ormai un dato anagrafico da risarcire, non da organizzare: non il conflitto ma l’indennità per la disoccupazione.

L’unico incaglio al momento sono proprio le amministrazioni locali. Le prime esperienze segnano alti e bassi. E trovano, sul territorio un’unica resistenza, la Lega di Maroni. I dati elettorali, soprattutto in Lombardia vedono, straordinariamente, la Lega non solo sopravvivere dopo il bombardamento dei mesi scorsi, ma addirittura trovare una via per un nuovo radicamento. Nelle regionali Lombarde, fra lista ufficiale della Lega e Lista civica Marroni vediamo che il bottino elettorale dei lombardi è incrementato addirittura, spalmandosi sul territorio, in  maniera proporzionale al tessuto produttivo.

La debolezza nelle grandi città- la lega è sopravanzata dal PD in tutti i capoluoghi provinciali della Lombardia, e vince in tutte le provincie- indicherebbe un carattere arretrato del voto leghista. In realtà nelle città ormai risiedono elites e ceti amministrativi e commerciali, mentre si snodano nel territorio extra urbano le filiere produttive e della ricerca applicata.

La lega si è nutrita di un tessuto sociale straordinariamente americano. Grillo invece si è aperto un varco nella giungla metropolitana, insidiando per la Lega anche nelle campagne industriali.

Andremo ad un conflitto finale o si ipotizza un colpo di scena fra i barbari sognati e i sognatori cittadini? Questo è il vero interrogativo che la sinistra dovrebbe porsi: impedire la convergenza di una Lega senza Berlusconi e un grillismo amministrativo.

In questo quadro la televisione è usata da grillo come carica al contrario: meno la vedi meglio stai, meno ci sei più comunichi, meno ti fai coinvolgere , più sei popolare. Grillo cavalca un trend storico: la TV come disvalore, così come ogni consumo di massa, tanto più se legato alla spesa pubblica, come la TV, è un disvalore.

Il trionfo arriva quando la lontananza dalla TV diventa incubo per la TV, che comincia a cercarti ossessivamente, parlando di te, senza te. Tanto più che avendo solo una bandiera popolare, il rifiuto dei politici, e tanti programmi settoriali, non declinabili in TV- energie, agricoltura, lavori digitali, No Tav, ambiente- la rete e’ il catalogo ideale per dare ad ognuno il programma on demand.

Anzi la TV diventa l’uniforme della politica, l’emblema del regime: Vespa, ma anche Santoro, con il loro sovraesporsi ai partiti diventano i bersagli più facili da inquadrare: non ci vengo perché sei il nemico.

In questo quadro da catalizzatore dei movimenti, che trovano un provider che li porta  alle soglie del potere, si aggiunge l’effetto Monti. Con il Governo tecnico, Grillo estende il suo marketing: diritti e qualità della vita, ma anche fisco e sviluppo. Dobbiamo parlare alla pancia di una maggioranza silenziosa orfana e disgustata da Berlusconi. 

In poche settimane Grillo diventa  “neo cons” : assume un carattere da anarco – conservatore, all’americana. La rete in questo  lo aiuta ancora: la natura individualista, competitiva, anti statalista, comunitaria, cooperativa, ma non solidarista, diventa un ambiente coerente per ibridare la cultura di una movimento nato a sinistra ma diventato digitalmente populista, tout court.

Si verifica in politica quanto è già in atto in altri segmenti sociali. Nell’informazione i grillini sono l’enorme proletariato digitale dell’informazione senza contratti  né testate, che chiedono connettività, copy-left e  ricerca. Lo stesso vale nelle professioni, nei saperi, nell’assistenza, nel commercio: un’ondata di auto-imprenditori che incalzano i titolari di ogni funzione chiedendo di condividerla. Il grillisom è la  fase supresa del networking, per parafrasare Lenin.

Non si aggredisce, ne comprende il fenomeno, se non si decifra il processo di riconfigurazione di ogni verticalità fordista in una nuova orizzontalità a rete.

Il combinato disposto di un’anima di equo sostenibilità di sinistra, con un’aggressività di individualismo competitivo di destra porta grillo ad un nuovo interclassismo  digitale, che gli permette , unico sul mercato politico, di parlare i nativi digitali, e tramite loro, di trainare l’attenzione delle generazioni emancipate. E di dettare l’agenda politica.

La dinamica della campagna elettorale lo ha dimostrato.

Il sito  http://www.twazzup.com/?q=giannino&l=it che misura le citazioni e la tracciabilità  dell’attenzione della comunità di twitter per singoli soggetti, traducendoli in TPH ( tweets per  ogni ora) il 18 febbraio dava questa classifica dei contendenti alle elezioni.

grillo          1128

giannino      898

berlusconi   811

monti           703

bersani        474

ingroia           94

vendola         53

Il dato risentiva, ovviamente, delle perturbazioni del giorno. E quel giorno Grillo aveva lanciato la sua ennesima provocatoria sfida al sistema e Giannino invece stava incubando la bomba Zingales.

Ma strisciando l’insieme dei dati nelle settimane precedenti, si notava come in quasi ogni giorno della campagna elettorale si era consumata una perturbazione che aveva fatto impennare i dati delle citazioni in rete per le liste dei grillini .

Un’attenzione che  si gonfiava nelle piazze più che nelle arene televisive e si depositava nella rete. Un fenomeno di curiosità di tipo “serendipico”, ossia di ricerca di cose nuove senza sapere bene cosa  che si concludeva sempre con il piacere  di essere stupiti da quello che si trovava attorno a Grillo. Un’ansia di nuovo che addirittura tracimava oltre i confini  dei 5 stelle, arrivando ad investire anche soggetti in qualche modo affini, nella loro eccentricità, come  il movimento di Giannino.

Con alti e bassi,   il pendolo “serendipico”, in una relazione di causa ed effetto  veniva sempre attratto dalla capacità di Grillo, e in subordine di Giannino e ,infine, dello stesso Berlusconi, di determinare la cosi detta agenda – setting del dibattito elettorale. Mentre rimanevano inerti, sostanzialmente marginali, personaggi tutti da salotto televisivo, come Vendola e  Ingroia, o schiacciati nel ruolo di bersaglio come Monti e,  in mezzo come snodo fra le due realtà-quella dinamica di Grillo, innanzitutto, Giannino e Berlusconi e quella inerte di Vendola, Ingroia e Monti – la macchina da guerra di Bersani.

Nell’ultima settimana  ha preso forma lo tsunami. E il gruppo si sgrana con un gerarchia che poi sarà , nei suoi trend premianti, riprodotta dal voto.

Bersani, che aveva registrato nell’arco del mese precedente una media TPH attorno a 300, con l’ultimo rush finale propagandistico non sfonda il muro delle 500 citazioni medie per ogni ora della giornata. Vendola e Ingroia, non si fuoriescono dalla gabbia di quota 100, e Monti, che pure aveva un valore doppio di Vendola , attorno a 230,non supera mai le 350 citazioni.

Grillo invece, che  pure all’inizio della campagna elettorale aveva un valore non dissimile da Bersani- 300/350 TPH- si impenna prepotentemente ,e supera con forza, nel corso delle 24 ore di ogni giorno dell’ultima settimana preelettorale,  quota 600, arrampicandosi, nelle ultime, decisive,36 ore sul tetto delle 2.000 citazioni per ora.

Il 23 febbraio, il giorno prima del voto, e  dopo  la manifestazione di Piazza S. Giovanni, è il  momento di svolta, che tutti i sondaggisti concordano nel ritenere decisivo per orientare le due paludi  che incombevano sul risultato: gli indecisi e i potenziali astenuti.

Grillo trova un canale forte di comunicazione con i due universi di  voto inespresso. In particolare appare visibile la  dinamica , nell’ultima settimana che porta a concentrarsi su Grillo l’attenzione dell’area di simpatizzanti ex PD , in maniera  decisamente più marcata  rispetto a quella  di provenienza PDL, che pure all’inizio della campagna  aveva costituito lo zoccolo duro del consenso alle liste 5 Stelle.

La tracciabilità di questo processo in rete conferma che ormai l’opinione pubblica reale non si discosta dall’opinione media della rete. Soprattutto l’indice di socialità, cioè di circolarità della relazione, calcolabile con i grafi che misurano l’interattività della comunicazione che si realizza negli spazi web. Più i flussi di comunicazione sono interattivi, producono cioè un dialogo multipolare, più le opinioni che vi si formano hanno un valore universale. Grillo ha raccolto vision, protesta e proposte, e le ha  trasformate in un flusso  circolare di reciprocità. Chi ha concepito questo disegno ha studiato molto da vicino il fenomeno Obama, arrivando ad applicare la regola David Axelrod, il consulente del presidente americano, che in Italia non si è ripetuto con il suo sodalizio con Monti, secondo il quale Obama vince non perché usa la rete per parlare con i suoi elettori, per questo c’è la TV, Obama vince perché fa parlare i suoi elettori fra di loro.

E questo lo ha scoperto anche la gelataia di Venezia.

E ora inizia un’altra storia, sulla rete.

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