Significativamente Oltre

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DEI DELITTI E DELLE PENE

Dei Delitti e delle Pene.
di Luigi Restaino

Il buon vecchio Mastella (quasi 10 legislature) è Ministro della Giustizia di questo Governo: di quale competenza specifica sia dotato in materia è noto solo a pochi. Orbene Meritocrazia e Competenza appaiono alquanto vuoti concetti a mirare simili avvenimenti. Dall’alto questi esempi illuminano l’agire umano, e conseguenza vuole che Merito e Competenze non alberghino nei luoghi decisionali se non per puro caso, lì dove invece potere politico (leggi consenso: ovvero numero di voti) occupa il proscenio.
Il potere dell’esempio va oltre il senso dell’azione: non si può urlare ai quattro venti la priorità del merito e della competenza, ed assegnare poi le posizioni di prestigio e di responsabilità in funzione di altri parametri, e questo vale in italia in tutti i campi, dalla politica, alla pubblica amministrazione, dall’università, all’impresa (pubblica e privata)…
Una nuova coerente linea guida politica è necessaria!

Ma non parteciperò oltre alla critica, di moda in questi giorni, ma userò il Ministro per parlare di Giustizia, ovvero dei delitti e delle pene. Quale deve esser dunque il senso della giustizia e della relativa pena? Il dibattito sull’indulto è stato animato, ed abbiamo compreso che non abbiamo carceri a sufficienza. Orbene è forse il caso di costruire nuovi carceri? Significa forse che prevediamo nei prossimi 5/10 anni più criminali di quanti ne abbiamo oggi? dichiariamo il fallimento della politica? E poi chi deve essere incarcerato? Contuinamo ad arrestare poveri tossicodipendenti e spacciatori da bassifondi? E’ necessario prevedere la carcerazione per chiunque commetta un reato? o esistono altre forme di punizione e redenzione? penso ai lavori per fini sociali, penso a confische economiche (per reati contro il patrimonio o amministrativi), penso alla riparazione del danno ed indennizzi. Solo delinquenti pericolosi socialmente andrebbero custoditi in carcere (e non certo a spese della comunità, ogni qual volta possibile). E infine, per i cultori del recupero sociale, quanto è utile il carcere per recuperare un delinquente? E’ purtroppo arcinoto che spesso si rileva la migliore scuola del crimine per giovani alle prime armi e spesso una tappa obbligata nelle carriere criminali.
Ed infine il carcere preventivo: è impossibile pensare a valutare in anticipo da parte del GIP le motivazioni di arresto? Credo che la Giustizia nel nostro Paese abbia bisogno di grande Innovazione, e di respiro Europeo, sia per quanto riguarda la Magistratura che arranca per mancanza di mezzi fra scartoffie ed archivi cartacei, sia per quanto relativo agli istituti di pena ed alle modalità stesse di punizione, e forse, ma dico solo forse, una personalità più compentente sarebbe stata necessaria.

ECCO I “NOSTRI” CANDIDATI

In questi ultimi 15 giorni pre-primarie stiamo organizzando vari appuntamenti di discussione nei vari territori, a supporto dei “nostri” candidati (pochi ma buoni).

Eccone una lista “work in progress” (aggiungeremo info e nuovi nomi nelle prossime ore):

Andrea Masconi – Candidato Costituente nazionale e regionale – Collegio genova 9 – valbisagno-parenzo

Adriana Albini – Costituente Nazionale – Collegio Sesto San Giovanni (Mi)
Letizia Ciancio – Costituente Nazionale – Roma – Tomba di Nerone

Alessia Maneschi – Costituente Regionale Campania – Collegio Arenella (Na)

Daniele Mocchi – Costituente Regionale Toscana – Collegio Carrara – Lunigiana

Matteo Nerbi – Costituente Regionale Toscana – Collegio Carrara – Lunigiana

Maria Teresa Ferrigno – Collegio Estero – Sud America

Nina Luzzatto Gardner – Collegio Estero – America del Nord

Remo Pulcini – Costituente Regionale – Messina

Alberto Zigoni – candidato per l’assemblea regionale – collegio 8 Treviso (circoscrizione Veneto 2)

Dario Mastrogiacomo – Costituente Nazionale – Bologna

IMMIGRAZIONE E PD

IMMIGRAZIONE: E’ SEMPRE UN BENE O SI FA DEL MALE AGLI STESSI IMMIGRATI ?

Mi capita di riflettere sulle dinamiche migratorie e non sempre ho una risposta che giustifichi questo fenomeno che va risolto presto e con determinazione in sede politica.

Una volta il mondo era più “piccolo” – si fa per dire – nel senso che grandi distanze non consentivano la migrazione veloce da una parte all’altra del globo. Tutti ricordano i tempi biblici dei nostri avi quando dovevano varcare l’oceano per guadagnarsi da vivere in America, ma anche situazioni più recenti come le emigrazioni nella vicina Svizzera ove anch’io, a cavallo degli anni 50-60, sono andato a lavorare.

Va detto però, per addentrarmi su ciò che sto per scrivere, che in quest’ultimo caso e cioè negli stati più o meno confinanti, esisteva una certa affinità di abitudini, di pensiero, di religione e quant’altro che permettevano un discreto inserimento delle persone per motivi correlati appunto al costume, alla razza e soprattutto alla mentalità: come dire, sia pur con qualche distinguo, che lavorare in Svizzera o Germania era un po’ come lavorare in Italia, a casa nostra per intenderci, prescindendo dalla grande e dolorosa nostalgia verso la terra che avevamo lasciato per lavoro.

Domanda: “Per coloro che provengono dalle parti più disparate dei continenti è così, oppure, noi che accogliamo gli immigrati, magari con spirito cristiano, facciamo invece loro del male ?” Questa è la domanda che mi pongo dopo il triste fenomeno che stiamo ormai vivendo da anni.

Dopo l’esperienza infatti che tutti noi abbiamo vissuto e stiamo vivendo con una immigrazione, soprattutto dai paesi africani, io penso che, accettando questa gente sulla quale non voglio emettere giudizi né positivi né negativi, si finisce per essere correi di un fenomeno assolutamente negativo: si sradica infatti questa gente dalle loro abitudini, dai loro costumi, dal loro modo di vivere al punto che molta di questa gente immigrata, magari allettata dall’obiettivo di avere tutto ciò che non c’era o non c’è nei loro paesi di origine, si accorge che l’obiettivo fallisce immediatamente in quanto non hanno i soldi per soddisfare, come vorrebbero, ciò che vedono. Come dire: qui da noi si finisce per incoraggiare il disadattamento di questa povera gente che prima, a casa loro, pur senza accorgersene, era pur sempre radicata al suo modus vivendi. Bello o brutto, accettabile o non che fosse.

Ed allora si delinque, si stupra, si vedono varie razze sempre con il telefonino in mano, magari seduti per terra, vicini alle fermate dei tram o dei treni, mezzi questi ultimi che, insieme con il cellulare, forse offrono loro l’impressione di stabilire un virtuale contatto con le loro terre di origine. Perché questa è una sommaria chiave di lettura in chiave psicanalitica.

Temo che sia tardi per dire che l’emigrazione di questo tipo è più dannosa che altro, soprattutto per i diretti interessati. Ma anche per noi, più fortunati, non è un bel vivere accanto a gente che viene venderci di tutto nelle nostre case. Andiamo a Venezia , Firenze o Roma: ci sono chilometri di “vu’ cumprà” che di certo non abbelliscono le nostre città d’arte…

Non sarebbe stato meglio dare loro una mano nei loro paesi di origine, ovviamente nei limiti del possibile da parte delle istituzioni mondiali, circostanza che quasi sicuramente avrebbe avuto un ritorno economico anche verso chi li aiuta ?

Il discorso sarebbe lungo e non si può certo spiegare in quattro righe, ma il senso mi pare possa essere facilmente recepito. A mio avviso, fra i tanti errori, la Lega di cui io non faccio certamente parte, aveva visto abbastanza giusto.

Ed ora che fare ? Io mi auguro che il partito democratico che sta per nascere, affronti questo problema al più presto. Questo è il mio “Think Tank” da Innovatore europeo da mettere a disposizione della società nel nuovo millennio.

Arnaldo De Porti – Innovatori Europei Belluno

NOSTRI CANDIDATI ALLE PRIMARIE

Ciao a tutti.

Si è conclusa ieri una fase molto impegnativa verso le primarie del Partito Democratico.

Come Innovatori Europei credo abbiamo svolto un eccellente lavoro:

– avviando circa 50 gruppi territoriali in supporto a Letta in tutta Italia, Europa e Mondo

– aiutando e sostenendo la candidatura di alcuni di noi, in maniera naturale come sempre, senza dover “implorare” nessuno (come invece è chiaro molti hanno fatto).

A breve pubblichiamo sul Sito i nomi e i collegi in cui Innovatori Europei sarà presente il 14 Ottobre con candidati espressione del movimento.

Intanto, Buon Partito Democratico a tutti, perchè da adesso comincia una fase ancora più importante, quella del coinvolgimento degli elettori affinchè si rechino al voto per apportare il loro contributo di democraticità .

A presto,

Massimo Preziuso

LA VIA DEMOCRATICA

Scelgliere il dialogo al posto di populismo e demagogia

di Tommaso Visone – Innovatori Europei

Le proposte formulate nel corso dello schietto ed ironico V-day (il cui nome è ripreso non a caso da una “brillante” sentenza della Corte di Cassazione) hanno suscitato un vespaio di polemiche che, per modalità ed argomentazioni, descrivono perfettamente la crisi del dibattito politico nel nostro Paese. A parte la reazione illuminata di chi (Cacciari, Bertinotti e la Bindi) si è sforzato di esporre una critica sensata alle idee del comico genovese, interrogandosi sui motivi del suo successo e della sua provocazione, si è assistito ad un continuo rigetto acritico (od in casi minoritari ad una, egualmente grave, adesione incondizionata) di affermazioni che, pur se lontane dall’essere pienamente condivisibili, toccano alcune problematiche vive nelle coscienze popolari.

Non si tratta di farne, come si sente da tanti benpensanti che al momento di scegliere le proprie alleanze elettorali si turano sin troppo facilmente il naso, semplicemente una questione di demagogia o di populismo (caratteristiche indubbiamente presenti ma denotative di un fenomeno più profondo); la peculiarità delle esternazioni grilline è la seguente: reificano lo sdegno dei cittadini.

Se i cittadini esprimono questo sdegno non è un caso. Il livello di degenerazione del sistema politico italiano è pari solo al declino costante del Paese in tutti gli ambiti di competizione internazionale: dal turismo alla produttività, dalla ricchezza alla qualità della vita. Se si apre un giornale per informarsi sullo stato del confronto politico, teoricamente atto a trovare delle soluzioni a queste cogenti questioni, si resta allibiti di fronte alla meschinità delle discussioni all’ordine del giorno. Si va dallo sciopero fiscale (illegale) alla costante accusa (eversiva) d”illegittimità nei confronti di un governo eletto democraticamente, dai ricatti (disgustosi) di un politicante che tiene in pugno una maggioranza-che definire condizionabile sarebbe un eufemismo-alla costante difesa (ipocrita) degli interessi costituiti a danno di quelli dei precari e dei giovani (purtroppo siamo ormai in presenza di un sinonimo). Come se non bastasse questo, si resta sgomenti a sentire l’argomentazione manichea di una classe politica che, ridotta allo stile espositivo paternalistico e volgare costruito negli ultimi tempi, non riesce (e non vuole) ad esprimere una visione od una critica che vada al di là di una contrapposizione categorica tra due assoluti. Il dibattito ed il dialogo sui contenuti (e non sugli slanci pseudomoraleggianti) appaiono stranieri in Italia. Questo anche grazie- per fare un esempio tra i tanti- agli anni passati in compagnia della propaganda di Schifani e Bondi, da un lato, e di Lusetti ed affini, dall’altro, i quali non hanno fatto altro che occupare (con l’avallo dei rispettivi leader) gli schermi televisivi e le tribune politiche ripetendo “la sinistra (o la destra nel caso di Lusetti) è brutta e cattiva” oppure loro (gli avversari politici) sono “pericolosi”, “banditi” o (minaccia suprema per quella parte del Paese rimasta culturalmente a combattere la Guerra fredda) “comunisti”.

Conseguentemente, ci si renderà conto che, se la demagogia ed il populismo sono rispettivamente “lo sfruttamento di alcuni difetti che si attribuiscono al popolo ( faciloneria, bramosia, superficialità, corruttibilità)” e la “convinzione che nel popolo”- in contrapposizione all’infida classe politica- “risiedano tutte le virtù civiche” (M.Tarchi), tutto lo stile politico italiano degli ultimi vent’anni è descrivibile attraverso questi due concetti. Risulta, dunque, naturale che cittadini educati attraverso un linguaggio ed una prassi populistica e demagogica siano più propensi ad esternare il loro sdegno utilizzando questa forma mentis . Affermazioni esacrabili e sitgmatizzabili -come “dobbiamo distruggere i partiti”- risultano dunque figlie precipue di un contesto comunicativo che ha fatto della banalizzazione e dell’attacco indiscriminato le sue peculiarità. Ma, indipendentemente dalla forma e dalla sostanza delle proposte scaturite dall’iniziativa di Grillo, i problemi che hanno condotto a quest’ultima restano, gravi e imprescindibili.

Tenendo presente le osservazioni di cui sopra, le vie che si aprono oggi a chi voglia fare politica sembrano due. La prima è quella sopra descritta, caratterizzata da un mix di populismo e demagogia, dallo scontro mediatico interno all’elitè politica che conduce inevitabilmente al distacco tra questa ed i cittadini ed alle conseguenti forme (che nel caso del comico genovese meritano una critica nel contenuto e non di principio) di movimentismo contro il potere. La seconda è la via del dialogo sul tenore delle riforme tra le forze politiche e la società civile al fine di delineare una piattaforma (che sia il più possibile condivisa ed all’avanguardia) per il rilancio del paese. Questa strada, che- ad avviso di chi scrive- resta la migliore in un contesto democratico (in quanto “…la democrazia è una pratica estremamente complessa, che rifiuta improvvisazioni, facili generalizzazioni, più o meno ingegnose innovazioni, ed è per di più un meccanismo molto delicato che si guasta al minimo urto”, N.Bobbio) appare oggi semi-deserta. Le uniche positive eccezioni sembrano essere E.Letta, che ha lanciato una piattaforma di discussione a Piacenza (sul modello del festival della letteratura di Mantova) per il suo programma come candidato segretario del P.D e l’iniziativa di Coalizione Generazionale. Nel caso della piattaforma organizzata da Letta è stato possibile ascoltare (ed intervenire!) per ore gli interventi degli esperti e della società civile su tematiche come la forma strutturale ed organizzativa che dovrà assumere il futuro Partito Democratico o, ad esempio, la questione meridionale. Nel caso di Coalizione Generazionale si è, invece, lanciato un invito alla partecipazione dei giovani per la costruzione del proprio futuro mediante la presentazione di liste undertrentacinque che supportino una piattaforma di idee innovative su cui gli stessi giovani sono chiamati al confronto ed al dialogo. I punti toccati dalla discussione instaurata da Coalizione Generazionale appaiono fondamentali: partiti e nuova classe dirigente, sistema elettorale, precarietà del lavoro e welfare, Unione Europea (della quale purtroppo si parla sempre troppo poco), università e ricerca (altro punto tristemente abbandonato dal dibattito politico), pensioni, sviluppo italiano e riforma delle professioni.

In entrambi i casi (E.Letta e Coalizione Generazionale) si è di fronte ad una positiva eccezione che privilegia il dialogo nel merito alle aggressioni mediatiche. Rifiutando queste ultime ci s’incammina nell’unica via percorribile per una soluzione duratura alla crisi della politica e della democrazia, quella che passa dal confronto critico tra le idee.

NATALITA’: DISAGIO GENERAZIONE

‘In questo momento sta nascendo un bambino’ è il libro-saggio-quasi romanzo di Enrico Letta. Un’analisi sui più giovani e sul loro futuro

di Adriana Albini

Una ricercatrice guarda subito ai numeri, e il libro-saggio-quasi romanzo firmato Enrico Letta, In questo momento sta nascendo un bambino edito da Rizzoli (da oggi in libreria) ha una solida base scientifica, prima ancora che politica.

In Italia la natalità è bassissima. Sembra essere, con il Giappone, il paese ad alto sviluppo che si riproduce di meno. Nella presentazione pubblica a Piacenza del suo libro, Letta ha citato la copertina dell’Economist di qualche tempo fa sul “restringersi delle popolazioni”, dove un piccolo bimbo giapponese appare sotto un’etichetta Made in Japan-limited edition. Anche in Italia, apparentemente, vi è “produzione limitata” di figli, anzi pare che tra le dieci città europee con meno natalità ben sette siano italiane. E pensare che abbiamo avuto a lungo la fama di popolo prolifico! «L’evento è felice per definizione e per la spontanea emozione che suscita», scrive Letta riferendosi alla nascita.
In realtà nel volume, un ritratto particolareggiato di una società che sta creando notevoli difficoltà per le generazioni più giovani, non si parla solo di nascite, si prende la scarsa natalità come spunto di meditazione per comprendere una società radicalmente cambiata in poco tempo. Dove si verifica una dilatazione dei tempi di attesa per un diplomato o laureato di un lavoro ragionevolmente stabile, retribuito in modo che consenta progetti di vita, e di un affitto abbordabile. Spesso nel lavoro flessibile ci sono poche tutele, diversamente che in molti paesi all’estero.

Non solo: non è mai il proprio turno. In politica, nell’università, nei posti di responsabilità, c’è sempre qualcuno prima, bisogna aspettare la prossima occasione. Bisogna cambiare per ridare fiducia e allora sarà più facile anche combattere l’antipolitica.

Natalità come spunto di In questo momento sta nascendo un bambino, e come metafora, dato che molte speranze di cambiamento sono riposte nel PD-Partito Democratico che nasce il 14 ottobre. Alcuni temi salienti affrontati in altrettanti capitoli del libro sono: Più anziano più giovane, 2013 per chi suona la campanella, Se nasce femmina, I conti sulle spalle: uno zaino più leggero. In queste analisi si affronta la necessaria convivenza nella società e la “realizzazione” sociale di anziani e giovani, il futuro dei bambini che andranno a scuola tra sei anni e voteranno tra diciotto (sedici?), il maschile-femminile, il debito pubblico, per finire con 2057 adulto in un’Europa centenaria.

La piramide demografica si è infatti rovesciata. Un tempo vi erano pochi anziani e tanti bambini. Ora la sopravvivenza è molto alta, nel 2007 si arriva come aspettativa a 83 anni per le donne e 77 per gli uomini, con variabilità da nazione a nazione e da regione a regione, presto sarà di cento anni.

Avranno dunque un grande peso sulle spalle i giovanissimi: tante pensioni, e per molti anni, perchè da pensionati ormai si possono vivere tranquillamente trenta o quarant’anni. E la pensione degli ora trentenni chi la pagherà?

Pensiamo dunque a ricette di rinvigorimento, ottimismo e incentivazione: meritocrazia è una parola che mi viene sempre in mente, pur senza dimenticare le fasce deboli e svantaggiate, pari opportunità vere, dove le quote rosa ora quasi necessarie saranno un tenero ricordo. Inoltre, non bisogna ignorare temi un tempo cavalli di battaglia della destra, sicurezza, sgravi fiscali per piccole imprese, incentivi ad assumere.

Quando si parla di produttività e senso di responsabilità sul lavoro, dell’importanza di avere verifiche in modo da impiegare chi davvero ha voglia di impegnarsi, c’è sempre il timore di «non dire qualcosa di sinistra». Invece l’incontro a Piacenza, i forum organizzati intorno a Enrico Letta, hanno visto presente anche una nuova classe dirigente riformista, «operai dell’ingegno», come mi è stato detto da un vicino di sedia al dibattito sulla libertà. E i neolaureati di ora hanno talvolta un “salario” che potrebbe farli definire i metalmeccanici di oggi. Solo che per loro non c’è un sindacato.

Ho seguito spesso con interesse su mentelocale.it di Genova la Rubrica di Alessio Caldano Noi trentenni tutti Peter Pan; dietro alla piacevole autoironia leggo le avventure, i pensieri, il sottile disagio di una generazione costretta dalle circostanze a non crescere.

Forse la proposta recentissima di Zapatero, 210 Eu di contributo per l’affitto ai ragazzi dai 22 ai 30 anni che vogliono rendersi indipendenti, potrebbe essere un’idea, tra le tante idee che “stanno nascendo”.

Versione originale su : http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_18845
Nella foto: Il bimbo giapponese sulla copertina dell’Economist © foto: www.economist.com

INCONTRO GRUPPO I.E. LONDRA

Oggi incontro il Gruppo di Innovatori Europei di Londra, con Davide Tiberti e altri amici.

Stiamo cercando di costruire un bel gruppo anche in UK perchè qui è grande la comunità di italiani che si interessano di Innovazione, Ambiente e politiche europee, con un occhio vicino al Partito Democratico.

Parleremo di cosa possiamo costruire insieme nei prossimi mesi, oltre alle attività operative per le Primarie di Ottobre in supporto a Letta (vi ricordo che è possibile votare dall’estero e se avete bisogno di informazioni, contattateci a info@innovatorieuropei.com).

Londra, la Francia e Brussels sono l’inizio di un percorso che speriamo ci porterà a realizzare Gruppi di Innovatori Europei in tutta Europa e non solo.

Intanto, in tutta Italia i gruppi locali di Innovatori Europei stanno proseguendo nella loro attività politica:
trovate la Rete organizzativa su www.innovatorieuropei.com/organizzazione/

Un saluto da Trafalgar Square.

Massimo Preziuso

MA IL GOVERNO STA SVECCHIANDO

di Enrico Letta, “Corriere Economia”, 10 settembre 2007

Sì, ha ragione Dario Di Vico. L’Italia costituisce, per più di un motivo, un’anomalia in Europa. E senza dubbio sul ricambio generazionale il nostro Paese si distingue in negativo. Abbiamo, infatti, la classe dirigente meno giovane della media degli altri Paesi europei: è innegabile che oggi in Italia si è considerati “giovani” a 55-60 anni, mentre i quarantenni sono destinati ancora a un lungo tirocinio. Io stesso, che ero il più “giovane” quando, a 32 anni, sono diventato ministro per la prima volta, lo sono ancora oggi, che di anni ne ho 41. E’ anche per questo che ho scelto di mettermi in gioco. C’è resistenza all’idea che il ricambio generazionale sia prioritario e alla consapevolezza che la classe dirigente debba formarsi ed essere selezionata attraverso la competizione. E non attraverso la cooptazione. E’ in questo la nostra diversità, ciò che condanna l’Italia a non essere proiettata verso il futuro, imponendole invece di guardare solo al passato.
Di Vico, dunque, lunedì scorso su Corriere economia ha posto un tema chiave per la società italiana, sollecitando l’attenzione sul ricambio generazionale attraverso cui inevitabilmente passa la modernizzazione del paese. E’ vero, in molti settori, soprattutto là dove si seleziona la classe dirigente, non c’è competizione ma, al contrario, si risponde a logiche di cooptazione. Soprattutto nella politica, nel mondo accademico e in tanti campi della vita associata prevale l’idea che la competizione, lungi dall’essere un sano meccanismo di selezione, sia negativa e in alcuni casi addirittura distruttiva. Oggi chi lancia una sfida, chi si mette in gioco, chi vuole competere, difficilmente è cooptato. Il coraggio delle scelte, della competizione non è premiato. E questo perché la cooptazione premia la fedeltà e sposta inevitabilmente in là l’età della responsabilità, mentre la competizione premia il merito. Il paragone con l’economia appare naturale: il monopolio danneggia i consumatori, distorce la concorrenza, avvilisce gli stimoli a migliorarsi. Il mercato ha invece bisogno di regole certe, ma anche di aperture e di competizione. Eppure, chi è dentro il sistema vuole il monopolio, tutt’al più l’oligopolio. In economia, ma non solo.
Vorrei, però, che descrivendo un problema, non si generalizzasse. In questo anno di governo Prodi ci sono stati esempi virtuosi importanti. Ne ricordo due, potrei citarne altri. Riguardano due luoghi notoriamente “senior”, gli Esteri e i Servizi Segreti: il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo, nominato dal governo Prodi, ha 52 anni ed è il più giovane funzionario scelto per quell’incarico; Franco Gabrielli, il nuovo Direttore del Sisde, è nato nel 1960. In organismi di diretta competenza del governo, dunque, è stata realizzata una rilevante inversione di tendenza.
E’ quello che occorre se si vuole modernizzare il paese. Le primarie e la realizzazione del Partito democratico costituiscono un’occasione straordinaria per rilanciare competizione e partecipazione, far prevalere il merito, promuovere il ringiovanimento e una più ampia presenza delle donne. A cominciare dalla politica. A patto, però, che si parta dall’idea che tutti sono contendibili e che la discussione deve essere vera, aperta, leale e non artificiosa. Tanto più che, per sua definizione, il sistema delle primarie punta a includere e non ad escludere.
Anche per questo ho deciso di candidarmi. Perché credo nella competizione e perché ritengo che la realizzazione del partito democratico sia un’occasione per dare una risposta alla domanda di buona politica che viene dalla società, e insieme per smuovere energie e competenze nuove nella partecipazione alla cosa pubblica.

UNA RICERCATRICE PER IL PD

Ecco “UNA RICERCATRICE PER IL PD” scritto dalla amica Adriana Albini – Innovatori Europei Genova e rappresentante di APD Liguria.

Adriana qui si schiera (con molti altri esponenti di APD Liguria, come Basso e Zara) a favore della candidatura di ENRICO LETTA alla SEGRETERIA DEL PD.

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