cambiamento
Un buon 2017 per la Basilicata
Auguri di un buon 2017.
La speranza, o se vogliamo la necessità, è che ci sia, finalmente, il cambio di paradigma tanto atteso.
Che la politica sia un po’ meno “politics” (dinamiche attuate dai partiti o gruppi di pressione per riuscire ad ottenere il potere politico) e decisamente più “policy” (gestire la cosa pubblica), e che lo sguardo sia puntato non più all’orizzonte temporale della prossima elezione, per la quale è necessaria una quotidiana creazione del consenso in modi più o meno banali, ma al futuro delle prossime generazioni.
Che poi, in fondo, è quello che gli amministratori della cosa pubblica dovrebbero fare: identificare gli scenari di sviluppo locale e globale del prossimo futuro, ed impostare un impianto legislativo di creazione del valore e sostenibilità nel lungo termine (su scala generazionale, appunto) cercando di risolvere o almeno calmierare i principali problemi socio-economici del territorio.
La situazione appare particolarmente sentita nella nostra Basilicata, dove vuoi per la crisi che ormai ci attanaglia da un lustro abbondante (ed in cui vista la fatica quotidiana si è portati, inevitabilmente, a concentrare i propri sforzi sul breve termine), vuoi per la virata particolarmente forte sulla “politics”, con gruppi, fazioni e correnti che fanno a braccio di ferro per accaparrarsi il pezzo di torta principale (accompagnato magari da buone bollicine…prosit!), si è ormai perso di vista l’obiettivo di lungo periodo.
Eppure, a guardare numeri e statistiche, le problematiche sembrerebbero ben chiare ed identificabili.
Sul sito http://www.istat.it/it/basilicata e sul portale http://www.istat.it/it/archivio/16777 sono disponibili gli indicatori per le politiche di sviluppo.
Alcuni dati sono estremamente significativi nella loro durezza.
Nel decennio 2006-2015
A) il tasso di disoccupazione giovanile è passato dal 31.9 % al 47.7%
B) La disoccupazione complessiva sul totale della popolazione dal 10.6% al 13.7%
C) l’incidenza della disoccupazione di lunga durata (persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi) è passata dal 57.4 % al 65.6%
D) il tasso di giovani NEET 15-29 anni è passato dal 23.9% al 28.7%
E) il livello di istruzione della popolazione adulta (% di popolazione 25-64 anni in possesso almeno di diploma superiore) è sceso dal 49.9% al 41.1%
in termini demografici, l’indice di vecchiaia (percentuale di over 65 rispetto agli 0-14) è passato dal 138% al 170%, e l’età media della popolazione regionale è passata da 41.9 anni a 44.7 anni.
Contemporaneamente troviamo nel 2015 un 25% di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà, e complessivamente, quasi 230.000 abitanti a rischio di povertà o esclusione sociale (1).
(1) L’indicatore è dato dalla somma delle persone a rischio di povertà, delle persone in situazione di grave deprivazione materiale e delle persone che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa. Le persone a rischio di povertà sono coloro vivono in famiglie con un reddito equivalente inferiore al 60 per cento del reddito equivalente mediano disponibile, dopo i trasferimenti sociali. Le persone in condizioni di grave deprivazione materiale sono coloro vivono in famiglie che dichiarano almeno quattro deprivazioni su nove tra: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo); non potersi permettere 3) una settimana di ferie lontano da casa in un anno 4) un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, 5) di riscaldare adeguatamente l’abitazione; non potersi permettere l’acquisto di 6) una lavatrice, 7) un televisione a colori, 8) un telefono o 9) un’automobile). Le persone che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa sono invidividui con meno di 60 anni che vivono in famiglie dove gli adulti, nell’anno precedente, hanno lavorato per meno del 20 per cento del loro potenziale.
Mentre, nell’ambito della competitività e del tessuto imprenditoriale, abbiamo osservato:
I) Una riduzione degli investimenti fissi in percentuale del PIL dal 24.33 % del 2006 al 20.12% del 2013;
II) Una riduzione degli investimenti PRIVATI in % del PIL dal 21.45% al 17.87%;
III) Un numero di occupati nei settori manufatturieri ad alta tecnologia e nei servizi ad elevata intensità di conoscenza ed alta tecnologia pari a 3.000 (su 180.000 occupati nell’anno 2013, appena l’1.6%. In Lombardia la percentuale è del 4.93% con 212.000 addetti “hi-tech”, nel Lazio addirittura del 6.17% con 136.000 addetti hi-tech);
IV) Il tasso a sopravvivenza a tre anni delle imprese nei settori ad alta intensità di conoscenza è passato dal 63.2% del 2007 al 43.7% del 2014;
V) Un tasso di iscrizione netto nel registro delle imprese (iscritte meno cessate) passato dal +0.8% del 2006 al -0.7% del 2015 , risulta negativo anche il tasso netto di turnover delle imprese (differenza tra tasso di natalità e mortalità), -1.5% nel 2014. Si è passati da 32.207 imprese del 2006 (con picco di 32.855 nel 2008) a 30.747 nel 2014.
Si rileva dunque un quadro di estrema fragilità, di progressivo impoverimento, di invecchiamento della popolazione, complice anche dinamiche demografiche che portano i giovani ad emigrare fuori regione, ed un tessuto economico/produttivo debole, con riduzione degli investimenti pubblici e privati, numero di imprese e di occupati nei settori hi-tech estremamente basso, scarsa propensione al rischio di impresa ed elevata mortalità delle stesse, complice anche decifit strutturali ed infrastrutturali (in reti sia fisiche che virtuali), che riducono la mobilità, l’incontro e lo sviluppo di persone, merci, idee, da cui possono nascere le soluzioni ai problemi di oggi e le idee per i settori economici portanti del domani.
In verità i problemi, già di per sé gravi, hanno conseguenze che si riverberano appunto su scala generazionale, ai quali la “policy” dovrebbe porre rimedio, prima che la nostra Regione si incammini in una spirale di declino inarrestabile, ed al proposito possono essere utili un paio di esempi.
L’elevato numero di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà (25%), ed i numerosissimi abitanti a rischio povertà o esclusione sociale (oltre 200.000), sono spesso costretti a privazioni significative, in termini di alimentazione, di cure mediche, di istruzione o di sviluppo cognitivo e attività ludico-ricreative. Queste privazioni in particolar modo sui figli, e nei primi anni di vita dei bambini (anche a causa dei forti stress ambientali durante i quali il flusso di informazioni verso la corteccia prefrontale si interrompe, riducendo anche la creazione di sinapsi) riducono significativamente lo sviluppo cerebrale, cosa ormai accertata universalmente nelle neuroscienze vista la vivacissima neuroplasticità del cervello dei bambini, che vengono privati di stimoli, cure e attenzioni, ed energie. Si è dimostrato che il volume cerebrale di bambini che hanno vissuto al di sotto della soglia di povertà è dall’8 al 10% inferiore, in età adulta, rispetto a pari età che non hanno dovuto subire le medesime privazioni, ed i risultati in test intellettuali, i salari massimi ai quali possono giungere e la produttività lavorativa risulta, in modo analogo, inferiore.
(cfr https://www.scientificamerican.com/article/poverty-disturbs-children-s-brain-development-and-academic-performance/ ; https://www.scientificamerican.com/article/poverty-shrinks-brains-from-birth1/ )
È pertanto necessario fare il possibile, in termini di sviluppo della regione nel lungo periodo, per ridurre la percentuale di adulti in povertà o a rischio esclusione, o qualora questo non fosse possibile in maniera drastica fin da subito, provare a garantire ai bambini nella fascia 0-6 anni il miglior supporto possibile in termini di educazione, supporto e sviluppo.
È un processo che necessità appunto di “policy”, e senza allontanarci troppo verso i paesi nordici come Danimarca, Svezia, Norvegia, dai quali purtroppo siamo distanti anni luce, abbiamo all’interno del nostro territorio nazionale esempi di amministrazioni che hanno dedicato una porzione consistente del bilancio allo sviluppo psico-fisico, culturale ed educativo dei bambini. È il caso di citare la città di Reggio Emilia, che stanzia ogni anno oltre il 20% del proprio bilancio per il percorso educativo e formativo dei bambini 0-6 anni. Non si tratta di approccio del tipo “politics”, i bambini non hanno diritto di voto e non possono “ricambiare” il favore dei fondi stanziati per loro, ma piuttosto di buona policy, lungimirante, le cui conseguenze si misurano su una scala temporale generazionale.
(Altra problematica analoga riguarda l’effetto dirompente e devastante che avrà fra 25-30 anni il metodo pensionistico contributivo, in cui la prestazione previdenziale dipende dalla quantità di contributi versati, unita alla disoccupazione durante la quale, per sua stessa natura, non viene versato alcun contributo, e che genererà una numero spropositato di pensionati sotto la soglia di povertà. La cosa, unita al fatto che ad oggi le famiglie costituiscono il principale ammortizzatore sociale dei giovani disoccupati, può avere un effetto sociale devastante; ma chiaramente argomenti di tale portata vanno trattati in sede nazionale e non regionale).
Il secondo esempio riguarda chiaramente l’andamento demografico, con riduzione della popolazione ed incremento dell’età media e dell’indice di vecchiaia. La mancanza di un tessuto economico produttivo forte, e di investimenti mirati su cluster tematici, ha fatto sì che la crisi economica globale colpisse in maniera più forte qui da noi. L’elevato livello di disoccupazione, in particolar modo quella giovanile, e la mancanza di misure di impatto sul problema, ha generato un flusso migratorio di giovani, in particolar modo quelli con formazione universitaria e post-universitaria, con il risultato di drenare competenze e professionalità fuori dalla regione, di innalzare la vita media e l’indice di vecchiaia della popolazione residente.
La cosa, senza misure significative per invertire la tendenza, avrà come conseguenza una riduzione della forza lavoro specializzata e di creazione di imprese con elevato livello di conoscenza, una riduzione generale del tessuto economico produttivo, ed un contemporaneo aumento delle spese socio-assistenziali per gli anziani, con conseguente taglio di risorse su altri settori.
Dei pochi giovani che restano, alcuni diventano NEET, talmente scoraggiati dallo stato di fatto delle cose da non cercare neanche più occupazione, rifugiandosi negli ammortizzatori sociali garantiti dalla famiglia, alcuni entrano nel sistema della “politics”, provando tramite l’aspetto relazionale ad ottenere un piccolo posto o contratto di lavoro nel pubblico, ma chiaramente non è in grado di invertire la tendenza complessiva, e una piccola percentuale prova ad andare avanti, creando e rischiando in prima persona nel settore privato, o da dipendente, o mettendosi in proprio.
Una buona policy dovrebbe avere l’obbligo morale di invertire questa tendenza, concentrandosi sulla creazione di lavoro, sul provare a far rientrare i cervelli in fuga, o, nel caso peggiore, a non farne partire altri nel prossimo futuro.
Abbiamo le basi su cui partire. Un capitale umano straordinario, con alcune competenze di assoluta eccellenza. Centri di ricerca di caratura nazionale (Università, CNR), alcuni poli industriali di primissimo livello (Fiat-SATA a Melfi).
Serve una visione, quello che la buona politica dovrebbe avere.
Possiamo provare ad esempio ad investire in maniera significativa in ambito fin-tech, una volta completata l’infrastuttura di banda larga ed ultralarga sul territorio regionale.
Possiamo sfruttare il polo fiat-sata, alcune competenze interne all’Università, ed eventuali partnership (ad esempio con Pisa), per creare un polo avanzato di robotica e meccatronica, grazie al quale sarà possibile rilocalizzare nel nostro paese le industrie 4.0. Chiaramente essendo la robotica un’attività piuttosto capital intensive ma poco labour intensive, non genererà un significativo numero di posti di lavoro “generalisti”, ma un numero ridotto di competenze piuttosto specifiche. L’investimento è però in grado di generare un vantaggio competitivo nell’evoluzione del lavoro industriale.
Un numero significativo di posti di lavoro, perlatro non sostituibile nel medio periodo da intelligenze artificiali, importante nella nostra regione, e che avrà uno sviluppo nei prossimi decenni, è quello dei servizi alla persona (sanitari, socio-assistenziali, di supporto e di servizio) su cui la regione dovrebbe puntare in modo forte.
E poi vi sono chiaramente gli altri due cluster, quello energia e ambiente (che necessita di un articolo a parte) e quello dell’osservazione della terra sul quale si può procedere con investimenti piuttosto mirati.
Penso ad esempio alla civionica, la branca dell’ingegneria civile (quindi su strutture e infrastutture) che si occupa di structural health monitoring, controlli e monitoraggi su strutture ed infrastrutture esistenti (il mondo delle costruzioni nei prossimi decenni è destinato a muoversi sempre più verso la gestione e manutenzione del patrimonio edilizio ed infrastrutturale esistente) con sensori e sistemi di controllo da remoto, interfacciati su piattaforme e sistemi SDI (spatial data infrastructure) per la loro gestione, programmazione e manutenzione in tempo reale; oppure alla difesa del territorio dal rischio sismico e idrogeologico.
Ci sono diverse idee possibili, ma è importante che la POLITICA locale inizi ad avere una visione di lungo termine, un approccio da seguire senza disperdere tempi, risorse, e senza lotte interne per il “controllo” di un territorio che altrimenti rischia di dissolversi senza avere più molto da “controllare”. C’è bisogno di idee, competenze, e di una politica che si rinnovi. BUON 2017.
Ing. Rocco Tolve
“Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno.” Antonio Gramsci
Il PD si è “schiantato” nelle città. Ora una nuova classe dirigente locale attorno alla nuova Forma Partito
di Massimo Preziuso
E’ successo quello che mi aspettavo, e di cui scrissi ad Aprile scorso.
Ripresentando all’elettore – cittadino italiano una classe dirigente locale chiusa al cambiamento e al rapporto con i nuovi ceti sociali, in assenza di quella nuova Forma Partito che poteva e può avviare un cambiamento nel rapporto tra centro e periferia (e tra Governo e Partito), il Partito Democratico si è “schiantato” nelle grandi città, anche nelle roccaforti dove è arrivato agilmente primo al primo turno, come a Bologna e Torino, ma rischia al secondo.
Ma è soprattutto a Napoli (11% di voti alla lista del Partito!) e a Roma (17%!) che il PD deve completamente rinnovare il proprio personale politico e tornare seriamente a costruire Progetti partecipati, se non vuole perdere anche la leadership nazionale a breve, in favore del Movimento Cinque Stelle. O di un un Centrodestra , frammentato e indefinito in tutta Italia, che a Milano (città in cui il PD a guida Sala è forte e competitivo) torna in pochi mesi competitivo, mettendo in campo una figura di manager – politico naturale come quella di Stefano Parisi, che potrebbe assumere facilmente il ruolo di leader e rinnovatore nazionale.
Bene allora la scelta di stamane di Matteo Renzi di commissionare il PD napoletano (e chiaro che a breve lo stesso andrà fatto per quello romano), ma solo se questo sarà preludio di rinnovamenti sostanziali e generali.
Il “sistema chiuso” dei Partiti nei territori non regge più, anche perché ieri nelle medie e grandi città è totalmente emerso il “nuovo elettore” italiano , che va al voto affamato di visioni, narrative e figure nuove, come quelle che Virginia Raggi e Luigi de Magistris hanno saputo raccontare.
Si apra allora una seria riflessione su come si mette in campo una competente e preparata classe dirigente locale e, in contemporanea, si dia attuazione alla nuova Forma Partito del Partito Democratico, con la quale riprendere a tessere il dialogo con la nuova società italiana, emersa pienamente ieri.
Perché l’Italia non innova più
di Leonardo Maugeri (su Il Sole 24 Ore)
In questi ultimi mesi mi sto occupando di trovare finanziamenti negli Stati Uniti per alcune start-up molto innovative in settori in cui le loro invenzioni avrebbero un’immediata e dirompente applicabilità – se di successo. La relativa facilità sia del contesto, sia di trovare interlocutori pronti a rischiare il loro denaro, mi ha spinto a un amaro parallelo con quanto avviene in Italia.
Mentre l’America continua a rigenerarsi e a uscire da ogni crisi grazie a moti periodici di innovazione, l’Italia non inventa più da troppi anni. E questa è una causa del suo declino economico.
Resoconto di Progetti per un’altra Italia in Europa, 30 novembre, Roma
Progetti per un’altra Italia in Europa
30 novembre 2013, ore 10 – 14
Via Sant’Andrea delle Fratte 16, Roma – Sala delle Conferenze, Partito Democratico
Esperti nazionali ed internazionali provenienti dal mondo accademico, dalle istituzioni, dal mondo delle professioni e dell’impresa, molti giovani in una sala entusiasta ed interessata. Si parlava di progetti per un’altra Italia in Europa, quella che noi Innovatori Europei auspichiamo da anni.
Dopo i saluti istituzionali pervenuti dalla Ministra Bonino, dalla Presidente della Camera Boldrini, dal segretario del Partito Democratico Epifani, dal Vice Ministro Catricalà, dal Vice Presidente vicario del Parlamento Europeo Pittella e un comunicato di supporto e stima all’iniziativa da parte del Sindaco di Roma Marino, il video messaggio del capogruppo alla Camera dei Deputati Speranza ha aperto i lavori.
Massimo Preziuso, presidente IE, ha fatto un veloce excursus sul progetto che, nato nel 2006 quale luogo di elaborazione e di proposta politica progettuale indipendente, sostenendo l’idea della urgenza di fondare un nuovo soggetto politico riformista ed europeista, rimane oggi un movimento autonomo che spazia in Europa e nel mondo.
Gli interventi, grazie agli autorevoli relatori, hanno sottolineato – auspicando nuove direzioni di crescita politica ed economica per l’Italia in Europa e nel mondo in un contesto caratterizzato dalle difficoltà degli Stati Uniti, dalla complessità della crescita cinese ed indiana, delle nuove opportunità del sud est asiatico, e la naturale ma culturalmente difficile convergenza con realtà come la Turchia o il nord Africa – l’urgenza di un rafforzamento della strategia politica ed industriale.
E’ altresì apparso evidente come oggi l’Italia può essere leader nel software e nell’industria ad alto contenuto di intelligenza, e come il progetto IE, calatosi nel vivo della costruzione di reti di collaborazione per la valorizzazione della italianità nel mondo è linfa vitale per il rilancio di un progetto comune a supporto dell’Italia e italianità nel mondo.
E’ stato così facile avviare i lavori alla conclusione, ricordando come IE in alcuni comuni italiani ha già dato il via ad esperienze politiche indipendenti con programmi basati su un nuovo policy making rivolto alla trasformazione delle città intelligenti e della loro governance in ottica progressista. Dai lavori emerge con chiarezza la necessità di un Paese che produca e consumi ricchezza in maniera diffusa e metta in una nuova rete saperi e produzioni in cui città medie e grandi, attorno ad una Capitale intelligente, rimangano protagonisti.
La necessità di dare fiato ad un largo movimento europeo, condiviso con molti dei relatori presenti, in un percorso congiunto tra le diverse realtà europeiste sui temi caldi e più che attuali delle prossime elezioni europee (nel semestre di presidenza italiana in Europa sarà necessario l’avvio della costruzione di una comunità euromediterranea, che includa e renda protagonista il nostro mezzogiorno) ci vedrà protagonisti del rilancio italiano in Europa a partire dalla prossima campagna elettorale .
La costruzione in itinere di una leadership italiana in Europa e nel Mediterraneo passa proprio da una rinnovata capacità di elaborazione di progetti complessi e di lungo periodo. Questo continuerà ad essere il nostro intento ed il nostro impegno.
Mediocrità, maschilismo ed autoritarismo nel comitato dei “saggi” di Napolitano
Oggi il Paese vive un passaggio fortemente negativo.
Nel provare a gestire una crisi politica che sembra non avere soluzioni il Presidente della Repubblica Napolitano ha dato vita, in poche ore, al Comitato dei “saggi” che dovrebbe governare questo vuoto di potere.
La politica, i partiti politici, i cittadini sembrano sempre più relegati nel ruolo di spettatori passivi ed invisibili.
Nonostante la gestione negativa del governo tecnico Monti, il Presidente Napolitano continua sulla strada del “presidenzialismo”, questa volta nominando un “governo” misto, tutto al maschile e anche un po’ “mediocre” per la presenza di molti normali profili burocratici-istituzionali.
Non si vede poi la presenza di donne, e questa è una disattenzione grave.
Una democratica indignazione ci assale nel constatare questa inedita quanto impensabile “soluzione governativa”.
Denunciamo apertamente questa visione maschilista ed autoritaria che appare una esplicita provocazione della gestione più obsoleta del potere maschio e connivente.
Ci appelliamo al Partito Democratico: si fermi la deriva iper – presidenziale, si blocchino questi stanchi rituali di palazzo voluti o il rischio di omicidio di quei pochi partiti rimasti in vita sul proscenio italiano sarà imminente.
Regione Lazio : la fase egemonica dell’eclettismo
di Pierluigi Sorti
Nell’ arco politico regionale, ormai, i percorsi politici, sia nel centro sinistra come nel centro destra, obbediscono solo a linee orizzontali.
E non sempre i confini si identificano solo con le aree di appartenenza che infatti , non di rado, estendono i loro confini in reciproca sovrapposizione.
Il fenomeno si evidenzia nel pullulare di associazioni tematiche, molte volte ispirate dai dirigenti in carriera, coscienti pienamente della caduta di attrazione delle rispettive sigle di partito.
Solo con tali modalità possono essere facilitati incontri e dialoghi di cittadini, anche privi di tessere di partito, ma assai poco inclini a dichiarare le proprie vocazioni elettorali e che comunque non vengono richiesti di farlo.
La diagnosi del quadro complessivo si completa nella constatazione , evidente soprattutto a Roma, delle genesi più disparate dei presupposti di base dei temi sul tappeto e delle soluzioni politiche proposte.
Anche le altre aree provinciali laziali, contraddistinte essenzialmente dal tratto , più o meno dissimulato, dell’ antagonismo alle prevaricazioni romane, presentano il sintomo significativo della rottura di una visione politica geograficamente unitaria.
Dai problemi occupazionali a quelli urbanistici , dalla crisi delle politiche abitative al dissesto sanitario regionale, le relative soluzioni proposte , permeate dei più variegati criteri ispirativi, scaturiscono da disparate genesi ideologiche in un processo di mutui ma continui scambi di volubili opinioni dello spazio temporale di un mattino.
L’ osservatore attento coglie il fenomeno crescente di un eclettismo di vedute il cui continuo variare finisce per smarrire i vantaggi del confronto e scadere nelle forme deteriori del peggior sincretismo .
Ma forse la Regione Lazio è lo specchio fedele delle tendenze nazionali più deprimenti di queste stesse ultime ore : dalle convergenze di Bertinotti e Violante in tema di privilegi di casta, dalle analogie di comportamento di Lega e Margherita nell’opacità dei loro criteri amministrativi in una cornice in cui spicca il desolante silenzio di Pd e PdL e partiti minori, impotenti tutti a una decorosa reazione politica .
Anche l’ aforisma del carattere individuale delle responsabilità penali , genera, nel conforto illusorio dell’ oblio, la latitanza di tutti i partiti e dei loro dirigenti, incapaci di percepire politicamente il diffondersi di una metastasi che percorre ormai la nazione tutta.
Giuseppina Bonaviri candidata sindaco a Frosinone
Giuseppina Bonaviri Candidata Sindaco a Frosinone – Amministrative 2012
Con determinazione verso il cambiamento (#bonaviriafrosinone)
La mia candidatura nasce dalla forza e dalla volontà di alcuni movimenti della società civile che non trovano riferimenti nelle segreterie di partito. La Rete Indipendente “
Nuove idee per Frosinone” chiese a me, proveniente dalla società civile e dal mondo del volontariato e associazionismo -negli ultimi anni ho militato attivamente nella fila del centrosinistra locale e regionale- di accettare una candidatura a Sindaco di Frosinone.
Dopo lunghi mesi di confronti e dibattiti, avendo aperto un confronto diretto con la cittadinanza attiva del nostro territorio, abbiamo deciso di fare un passo avanti nel rispetto della città di Frosinone . Dare un taglio al vecchiume politico che avanza, nel segno della discontinuità e della trasparenza, dell’onestà e della lealtà significa fare pulizia. Siamo contro gli inganni e lo strapotere, contro gli abusi, le vessazioni a cui ci ha sottoposto vergognosamente l’attuale classe dirigente. Hanno svenduto Frosinone ai poteri forti per i loro personali affari di bottega. Non c’è nulla da spartire con i fautori che, a destra come a sinistra -una sinistra che nella nostra terra continua a colludere con i giochi di prestigio dei partiti- hanno voluto il disastro amministrativo e morale di Frosinone. Mettiamo in discussione la gestione politica del nostro territorio di questi ultimi venti anni e, soprattutto, non accettiamo il ritardo culturale che si respira a causa della sordità del governo locale.
Abbiamo fatto una scelta diversa e molto coraggiosa. C’è un terza strada tra antipolitica e voglia di lasciar perdere: la scelta di candidarsi come Indipendente. All’agitarsi e all’arruffare degli attuali gruppi di potere noi contrapponiamo passione e coraggio. Le nostre due liste civiche sono le uniche di puro civismo: non dipendono e non sono collegate a nessun partito, per scelta, ne tantomeno sono appendici di trasversalismi e ambiguità.
TUTTE FACCE NUOVE – GIOVANISSIMI E DONNE – MAI CANDIDATI PRIMA,VISI PULITI; NESSUN COLLUSO O RICICLATO PROVENIENTE DAI CARROZZONI PARTITICI, NESSUN VECCHIO ED USURATO AMMINISTRATORE.
Abbiamo scelto di dar voce a chi non l’ha mai avuta. In questa visione rinnovata della res pubblica il nuovo significa capacità di sintesi, onestà, voglia di volare alto mentre la cosiddetta “esperienza amministrativa” consuma e nasconde corruzione, malaffare, conflitto tra potere e stato di diritto centro della questione morale nelle istituzioni. Prima di tutto vogliamo tagliare con determinazione legacci e legami con i vecchi schemi partitici. Partiamo con la nostra sola forza delle idee e queste sono la nostra unica risorsa.
LE NOSTRE IDEE SONO IL NOSTRO UNICO FINANZIAMENTO.
Non aderiamo allo scontro tra bande dietro cui si nasconde una egemonia precisa che ha prodotto distruzione di valori, mercificazione, svendita del merito e dei talenti e che ha espropriato un intero popolo dai propri diritti e da un processo di democrazia partecipativa. Risorgere è anche sperare. Si chiede un ricambio e noi lo assicuriamo: chi pensa ed osa ha già vinto. La civiltà del dialogo, la capacità di ascolto, il rigore intellettuale fa poi la differenza. Noi donne, eredi di un pensiero della differenza, non siamo invisibili e non ci spaventa di certo la sfida nell’affrontare un sistema allo sbando. Mettiamo al centro l’uomo e il bene comune per un progetto di città libera, visibile, che lavora , che cammina sulle proprie gamba: FROSINONE, UNA PICCOLA CAPITALE.
Questa è la città che vogliamo.
Seguitemi, vinciamo insieme!
Condividete le mie idee. Ci conto! #bonaviriafrosinone
Sito: http://bonaviriafrosinone.wordpress.com
E mail: bonaviriafrosinone@gmail.com
Gruppo Facebook: http://www.facebook.com/#!/groups/bonaviriafrosinone/
I miei tweet su: https://twitter.com/#!/GBonaviri (hashtag: #bonaviriafrosinone)
I miei post su: http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=1533944338