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ENERGIA NUCLEARE O RINNOVABILI: LA MIA RISPOSTA A CHICCO TESTA
(sul suo nuovo ed interessante blog “pro-nucleare” http://www.newclear.it)
Egregio Chicco.
Leggo con piacere gli interventi su questo Suo interessante Blog.
Mi dispiace, però, notare di essere in disaccordo su temi così “innovativi” ed “importanti” come quelli della scelta di una “nuova” politica industriale energetica.
Provo a spiegarmi meglio.
E’ evidente a tutti che le dinamiche della domanda di energia (dei consumi, in generale) vedono un nuovo baricentro che si sposta rapidamente verso Oriente, per fattori geopolitici e demografici, frutto della globalizzazione.
E’ vero anche che, per far fronte a questa rapidità, i Paesi “emergenti” (Cina e India, in particolare) stanno portando avanti politiche energetiche basate sulle cosiddette “infrastrutture energetiche puntuali” (principalmente Carbone, Idroelettrico e Nucleare).
La cosa che non capisco è il ragionamento consecutivo che Lei sostiene, ovvero che, dato che due Paesi emergenti (con popolazioni di miliardi di persone, e “Governi non perfettamente democratici”) come la Cina e l’India (e aggiungiamo anche la Russia) rispondono a bisogni “rapidi e pressanti” derivanti da una crescita repentina ed inaspettata, nella maniera più ovvia per loro, principalmente Carbone e Nucleare, un Paese (piccolo e maturo – anzi decadente) come l’Italia debba rispondere a “loro” da Follower in una gara al consolidamento di Monopoli nell’industria Energetica (ricordiamo che Nucleare e Carbone sono industrie naturalmente oligo-monopolistiche, con tutte le conseguenze sui prezzi, e non solo, che tutti conoscono).
Il ragionamento che io mi aspetterei, invece, da un Paese maturo e decadente, ma con una enorme tradizione di cultura e storia, come l’Italia (l’Europa sta già invece muovendosi, con grande piglio, in questa innovativa direzione) è quello di guardare al futuro: ad un mondo in cui l’energia è distribuita, è (idealmente) prodotta e consumata nello stesso luogo (o comunque, nelle “aree in cui si vive”), in cui i livelli di emissione di CO2 scendano a livelli ottimali, ed il consumo diventi “sostenibile” e “consapevole” nel rispetto dell’ambiente e degli altri.
Ebbene, tutto questo passa per una scelta NETTA che è quella dell’EFFICIENZA ENERGETICA, delle RINNOVABILI, e del CLEAN BEHAVIOUR.
Questa scelta non è in disaccordo con la scelta di investire in ricerca e sviluppo nel settore del Nucleare, ma lo è con quella di investire, oggi, in infrastrutture energetiche – nucleari, togliendo risorse all’industria energetica del futuro, perché si avrebbero effetti di spiazzamento (economici e culturali) enormi ed irreparabili, a mio avviso.
Spero di poterne discutere ancora con Lei, perchè io credo che è proprio sulla decisa e rapida definizione di una nuova politica energetica che il nostro Paese può ripartire.
Con rispetto.
Massimo Preziuso
OBAMA TELLS OUR FUTURE
PRODI FOR PRESIDENT (DEL PD)
di Massimo Preziuso
Oggi sento di dover scrivere su Romano Prodi. Per un semplice motivo.
Due giorni fa, ho letto una sua Lectio Magistralis fatta in un’ Università spagnola, sui temi dell’Economia Industriale, che mi ha lasciato positivamente entusiasta.
Il titolo della lezione era “L’industria: passato o futuro della nostra economia?”, e la Tesi del Professore che, dopo anni di pesante sbilanciamento delle economie europee verso il “terziario avanzato”, questa crisi ci dice che è importante “tornare” o “rinforzarsi” nell’economia reale – manifatturiera, esistendo già interessanti correlazioni tra “peso industriale manifatturiero” e “resistenza alla crisi economica”.
Sembra, infatti, che Paesi più manufatturieri come la Germania, la Francia e l’Italia vengono intaccati meno dalla crisi rispetto ai Paesi fortemente orientati al terziario avanzato (servizi finanziari etc) come Regno Unito, Irlanda e altri.
Ebbene, io ho totalmente condiviso l’impostazione dello studio e, soprattutto, la sua conclusione, che intravede in maniera chiara il futuro delle economie e società europee nelle Energie Pulite e nelle Bio Tecnologie.
Ora voi direte: ma che centra questo con il Titolo “Prodi for President (del PD)”?
Provo spiegarlo: fin dall’Aprile scorso, quando il Professore lasciò il PD mi ero convinto della grossa perdita che il Partito avrebbe avuto da questo “episodio”
Per vari motivi: in primiis per il fatto che Prodi rappresenta il Padre del Partito Democratico, e che moltissimi elettori e simpatizzanti erano stati attirati da questo nuovo progetto proprio grazie al Professore.
Bene, dopo questo articolo mi sono anche ricordato di quanto “lucido ed innovativo” sia il pensiero del Prodi politico ed economista industriale, che, unico in Italia, sa tracciare un futuro netto e deciso per l’Europa (Energie Pulite e Bio Tecnologie).
Infine, ieri ho letto che Prodi ha rinnovato la Tessera del PD.
Allora, mi son detto: ora speriamo che Franceschini e il Partito Democratico tutto si diano una mossa e convincano il Professore a “prendersi” il ruolo che gli è naturalmente dovuto dalla nascita del Partito.
Romano Prodi for President (del PD), dunque.
Anche se già so quanto sarà difficile vedere questo importante passaggio realizzarsi.
Massimo Preziuso
CONTRO IL NUCLEARE IN ITALIA
Come Innovatori Europei da anni ci battiamo per la promozione di serie politiche di innovazione energetica (Rinnovabili, Smart Grids, Consumo Efficiente, Efficienza Energetica).
Questa partenza strana (soprattutto perchè fuori dal tempo e dalle circostanze in cui l’economia si trova oggi in tutto il Mondo) verso il Nucleare, imposta dal Governo italiano, è davvero troppo.
A chi un minimo conosce l’Industria del Nucleare, è evidente la enormità dell’errore insito in questa scelta di Politica Economica (perchè di quello si tratta) e culturale (perchè di quello si tratterà), fatta nel peggiore momento di crisi economica degli ultimi 50 anni, a livello mondiale: il 2009.
Su Facebook vi è una PETIZIONE CONTRO IL NUCLEARE: Io l’ho firmata!
Massimo
RIFLESSIONI DEMOCRATICHE
di Enzo Tripaldi
Out Veltroni ecco il suo vice, via libera a Dario Franceschini dall’assemblea plenaria del PD, ancora una volta chiamata a ratificare decisioni già prese e soprattutto poco numerosa vista la gravità del momento.
Un PD che soffre, traballa, infila sconfitte elettorali, stretto fra la morsa dei valori di Di Pietro, temi etici e l’avanzata interessante dell’UDC.
Una classe dirigente che aveva chiamato alla testa del partito Veltroni, considerato l’unico in grado di arginare l’avanzata del centrodestra. Sino al punto di organizzare primarie dall’esito scontato (come non ricordare l’invito a non correre a Bersani). Salvo pochi mesi dopo dimenticarsene.
Una classe dirigente che ha mal digerito una sconfitta (prevedibile) alle elezioni politiche quasi che il segretario avesse una bacchetta magica che gli permettesse di cambiare la realtà nei desideri.
Quasi che l’umore del Paese fosse mutato per una congiunzione astrale, rispetto alla quale anche il PD non avesse responsabilità.
Una classe dirigente che si è – chi più chi meno – chiamata fuori da ogni elezione persa, un segretario che con il passare del tempo ha smarrito la sua capacità di guida politica.
Nulla di irrimediabile, può succedere, ma nelle analisi sin qui mancano alcuni passaggi di riflessione.
Inclusivo, troppo inclusivo questo PD. E’ mancata la definizione di un profilo identitario cui ha fatto seguito una inclusività spinta, ma esclusivamente annunciata e quindi declinata sempre a livello di massimi sistemi, di approcci generali, conditi da qualche luogo comune.
Una inclusività che ha poggiato solo sul connubio DS – DL lasciando fuori quello che storicamente c’era fra queste due forze politiche.
Si è stretta un’alleanza strategica (e non politica) con IdV, poteva starci intendiamoci, non recisa però colpevolmente quando Di Pietro ha cominciato a lavorare più come antagonista che come alleato (vedi il famoso gruppo unico non realizzato).
La vocazione maggioritaria che perde di credibilità con l’assenso allo sbarramento al 4 % alle Europee, sintomo più di una debolezza che di un partito che fa leva sulle sue proposte, ovvero di una azione volta a ribadire il suo “peso maggioritario” dalla alchimie delle leggi elettorali
Ancora la logica del supermarket, laddove ognuno può trovare il prodotto che più gli aggrada, che induce a discutere senza scendere mai nel pratico, nello specifico, con il risultato che quando la realtà ti costringe a farlo, sei alquanto impreparato ed il PD ripropone in piccola scala tutte le criticità dell’Unione (scaramucce, distinguo, fughe in vanti, ecc.).
In piena bufera economico – finanziaria con una coperta troppo corta, sarebbe forse stato il caso di “stoppare” la riforma federale, o quantomeno di congelarla, anche a costo di perdere le simpatie di qualche esponente nordista e di lavorare per favorire il dimagrimento dello Stato, perché quindi non rilanciare il tema del contenimento dei cosiddetti costi della politica?
Un partito ossessionato dal timore di una leadership forte, indiscussa, quasi che Tony Blair condizionasse la sua azione politica rispetto agli umori di caminetti e cabine di regia. A riprova di ciò l’incredibile richiesta a Franceschini di non proporsi come nuovo possibile segretrario, dopo la sua reggenza. Allucinante.
Come occorrerà continuare è giusto che lo decida il popolo del PD, attivisti e simpatizzanti, semplici elettori, oggi considerazioni sulla guida e su un nuovo percorso che porti a definirla appaiono, vista la tornata elettorale di giugno, non proprio opportune.
Metà ottobre potrà essere tardi o meno, dipende da come ci si arriverà, con quali regole, con quali propositi e con quali obiettivi.
RIFLESSIONI POST MORTEM/1
di Michele Cipolli – IE Toscana
Dovrebbero farle chi la storia la conosce meglio di me, ma l’omertà ha preso il sopravvento anche nel PD. Veltroni sta zitto per il bene del partito (quale?) … e si aprono così dietrologie spicciole tra cui aggiungo la mia. Ma forse sono più sincere e genuine di quelle spiattellate da firme autorevoli che hanno il privilegio di orientare le opinioni dai media dominanti.
Ricordo il luglio 2007, quando ero fiducioso corsista ULIBO; il governo Prodi cominciò a dare i primi segni di cedimento proprio quando la comunità finanziaria lanciava i primi warning sul problema subprime; il crollo finanziario prossimo venturo era ampiamente noto a tutti gli addetti ai lavori, però nessuno sapeva quanto fosse grande e pervasivo. Quel bel percorso di apprendimento, discussione e condivisione di un progetto politico venne bruscamente interrotto due mesi dopo per il repentino decollo del PD di Veltroni ed il governo di centrosinistra ebbe vita breve.
Lo scenario e le prospettive erano cambiate nel mondo e così l’equilibrio di potere nel partito. Anche i buoni progetti dovevano essere rivisti per seguire la nuova rotta.
Adesso il triste ma corretto addio di Veltroni alla segreteria, il perpetuarsi della perdita di reputazione da parte dei maggiori esponenti e del PD, la lotta tra correnti e capi bastone che rappresentano il passato e che faranno sempre perdere ogni progetto progressista. Il caso ed il destino non c’entrano in questa storia; non vi è leadership nel centro sinistra (le parole Obama e Italiano sono inconciliabili) e non si costruisce un progetto progressista a partire dalle segreterie; e inoltre cercando di lottare sulllo stesso piano dei marpioni amici di Berlusconi (non sono scaramantico …), cercando di entrare in affari per gestire clientelarmente il potere, si perde senza dignità come sta accadendo inesorabilmente.
I pochi giovani entrati nel PD o si sono allineati o ne sono usciti a breve giro di posta. Secondo voi che significa? Un progetto gestito male da persone con scarsa autorevolezza, reputazione e trasparenza politica non può che fallire e lasciare più di un terzo del paese in mano a banditi arroganti che niente hanno a che fare con lo stato di diritto. Vergogna! La sinistra ed il centro sinistra pagano questa irresponsabilità (talvolta sfociata in collusione), che proviene proprio da chi dovrebbe promuovere i diritti e i valori dello stare insieme, della collettività. E invece sono (siamo) stati superati su tutto. I giochi di potere e l’ipocrisia, oltre che l’evidente incapacità sono stati smascherati dagli elettori e probabilmente nessuno degli attuali pseudo-leader potrà invertire ala tendenza.
Congresso e primarie nazionali il prima possibile; ottobre potrebbe dare qualche spiraglio di ripresa economica e voglia di ricostruire ma secondo me è troppo tardi. Molti voti alle europee sono ormai persi a vantaggio di Di Pietro e Casini, occorre effettuare una svolta innovativa il prima possibile, concentrata sulle persone, nuove e/o giovani. Ma non mi fido di quelle che sono entrate dalla porta di servizio in questi ultimi tempi poichè il reclutamento ha seguito regole poco chiare. Tutto nuovo dalle fondamenta, pena il PD al 15% e anche meno, per la gioia di chi questo fallimento lo aveva previsto già nel 2007 (non dico chi, ma erano in molti).
Un caro saluto a tutti voi, io non perdo la speranza ma probabilmente voterò altro alle prossime. Non ce la faccio a sostenere ulteriormente questa gente, ci meritiamo molto di più come tanti nostri concittadini.
Michele Cipolli
PAPA’ NON ROMPERE
di Aldo Perotti
E’ così pure Walter ha mollato. Non credo ci ripensi. Con ogni probabilità si dedicherà all’Africa, come sta facendo Prodi del resto, e come fanno spesso le persone capaci e volenterose (ne conosco qualcuna). Sembrerebbe proprio che sia più facile fare del bene in Africa che in Italia.
Ormai parecchi anni fa, frequentavo l’università, mi ero alzato sul tram per cedere il posto ad una signora molto in la con gli anni, la quale mi rispose stizzita di farmi gli affari miei; avevo sottolineato la sua condizione di persona anziana; condizione che evidentemente l’arzilla rifiutava con tutte le sue forze.
L’Italia è così. Non vuole sentire se non complimenti, battute di spirito, inviti a cena, sottili allusioni. L’Italia ama essere corteggiata a suon di balle, essere presa in giro, lusingata all’inverosimile. Adora il pettegolezzo, non si preoccupa del portafoglio, non pensa mai al futuro e si gode il presente.
Il mio errore dell’epoca è stato ed è l’errore di Veltroni e di tutta la sinistra (Soru ha fatto lo stesso errore); i boy scout e le loro buone azioni sono definitivamente passati di moda nel nostro paese, spazzati via da una cultura edonistica che è riuscita addirittura a diventare maggioranza in un paese ormai solo”incidentalmente” cattolico. ( Quando un settimanale come Famiglia Cristiana si becca la querela di un ministro appare chiaro che il sistema di valori giudaico-cristiani che ha costruito l’Europa che conosciamo non abita più le stanze della politica e del potere).
E cosi chiunque tenti di affrontare i problemi, ma anche solo di riconoscerli, è un disfattista, un “corvaccio”, che non sa godersi la vita apprezzando quello che ha e quante cose belle gli offre la televisione.
Hai il conto in rosso ? Corri, corri che c’è la partita. Non trovi lavoro ? E’ perché ti vesti male. Dovresti sbottonare la camicetta ed accorciare la gonna. Sei cosi bella. Non puoi pagare il mutuo ? Ma dai, una soluzione la troviamo.. aggiungiamo qualche rata. Molti, moltissimi, corrono incontro e abbracciano chi gli promette felicità e amore eterno; i più smaliziati, è purtroppo sono una minoranza, vivono quotidianamente nel sospetto domandandosi “dov’è la fregatura?”.
Del resto chi dice la verità, è attento, scrupoloso, anche all’interno delle famiglie, diventa subito un pessimista, musone e rompiballe. “Lo dico per il tuo bene” è universalmente nota come una delle frasi più inutili della storia dell’umanità.
Eppure Veltroni e gli altri insistono. In ogni sua frase, nei suoi discorsi, anche nell’ultimo c’è sempre sottesa quella frase … “lo dico per il tuo bene”… il risultato è inevitabile … “papà non rompere”.
In una situazione del genere la sinistra, il Partito Democratico, è ancora di fronte ad una scelta chiara ed abbastanza semplice. O sceglie di assecondare il paese e scende sullo stesso piano degli avversari promettendo l’impossibile ed offrendo scenari ancora più idilliaci (ma probabilmente non è nelle sue corde), oppure attende preoccupato l’evolversi dei fatti, il risveglio delle coscienze, sperando che dalla “notte brava” il paese ritorni tutto intero anche se malridotto.
Gli uomini ? La leadership ? Assolutamente ininfluenti. Se la mia immagine del paese è anche solo in parte rispondente al vero nessun “grillo parlante”, nessun “boyscout”, nessun “buon padre di famiglia”, può sperare di contrastare l’affascinante imprenditore a bordo della sua Ferrari. Aggiungo che se qualche “papà di larghe vedute” in un’ottica di minor danno volesse in qualche modo assecondare il gigolò nell’illusione di poter controllare la situazione, potrà pure rimediare qualche passaggio in macchina, ma certo non farà del bene ed alla fine non ne otterrà che un maggiore rimorso.
Ci sarà qualcuno in grado di far capire al paese che la situazione mondiale richiede impegno e sacrificio, che si deve investire sulla scuola, sulle infrastrutture, sull’ambiente?
Chi avrà la capacità e la forza di dire “tu stasera non esci, devi studiare e mettere in ordine la camera, che a giugno hai gli esami” ?
UN IMPRENDITORE A GUIDA DEL PD
Non credete che un imprenditore alla guida del PD potrebbe ridare slancio al Paese tutto?
SIATE AFFAMATI, SIATE FOLLI
L’ALTRA FUGA DI CERVELLI
di Ainhoa Agulló
Il fenomeno migratorio, attualmente al centro di numerosi e accesi dibattiti, non costituisce, invece, una realtà moderna, ma esso ha accompagnato, fin dalle origini della storia, l’essere umano. Secondo i dati dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e dell’OCSE, agli inizi del secolo scorso, i migranti nel mondo erano il 3% della popolazione globale, percentuale che si è mantenuta costante finora.
Tuttavia il fenomeno migratorio, nell’attualità, deve essere collegato a quello della Globalizzazione che, trasformando i mercati del lavoro mondiali, ha incrementato le disuguaglianze economiche e sociali e ha così costretto le persone ad abbandonare le proprie nazioni. Infatti, la particolarità che contraddistingue questo periodo storico deriva dal fatto che il tasso di crescita annua dei migranti internazionali si è incrementato di quasi un 3%, e continua ad aumentare. Secondo l’OCSE, gli immigrati verso i maggiori Paesi industrializzati sono triplicati rispetto agli anni ’60 e costituiscono il 7,5% (75 milioni di persone) del totale della popolazione dei Paesi OCSE, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni.
Per quanto riguarda l’Europa, secondo le previsioni, tra una quarantina di anni, un terzo dei suoi cittadini supererà i 65 anni di età. Per questo motivo, comincia, da subito, ad avere bisogno sia di manodopera ma soprattutto di cervelli venuti dall’estero, disposti a trasferirsi e a lavorare nel continente europeo, in condizioni simili a quelle che può offrire la Silicon Valley in California o Sidney in Australia. Si deve tener conto, inoltre, che attualmente un alto numero dei cervelli “locali” europei sono in fuga verso i Paesi che investono in R&D&I, malgrado la Strategia di Lisbona, che cerca di creare le cosiddette “reti di contenimento territoriali”, volte a valorizzare il capitale umano e sociale, acquisito sul territorio dell’Unione. È questo il motivo reale per il quale l’Europa sta cercando di introdurre la cosiddetta Carta Blu europea, ovvero un permesso unico, di lavoro e di residenza, per gli immigrati altamente qualificati, in risposta alla famosa Green Card americana. La Carta Blu rientra perciò nella logica dei programmi di “immigrazione selettiva”, che mirano a soddisfare il fabbisogno sempre più pressante dei Paesi occidentali.
È ovvio che le migrazioni internazionali sono conseguenza, in molte occasioni, di conflitti interni, internazionali e/o di disastri ambientali. La maggioranza delle persone che decide, però, di abbandonare il proprio Paese, lo fa, in realtà, per motivi fondamentalmente di carattere economico. Perciò, all’interno del gruppo dei migranti “economici”, conviene fare un’ulteriore distinzione, fra le “semplici” migrazioni per lavoro (che costituiranno una manodopera più o meno specializzata) e la cosiddetta “fuga di cervelli”, più conosciuta con l’assettico termine di brain drain.
Malgrado il fenomeno non sia molto publicizzato, è ormai accertato che a tentare il “salto” verso l’Europa (e, più in generale verso i Paesi industrializzati) sono i più istruiti, sia tra gli immigrati regolari che tra quelli in situazione irregolare. In concreto, per quanto riguarda l’Italia, più del 41% degli immigrati dichiara di essere in possesso di un diploma di scuola superiore (mentre per gli italiani questo dato riguarda solo il 33% della popolazione) e il 12% ha seguito una istruzione universitaria (di fronte ad un 10% di italiani), nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni. Lo stesso studio, visto da una prospettiva di genere, dimostra, inoltre, come le donne sono, in media, più istruite degli uomini, anche se con grandissime differenze da nazione a nazione.
Ci troviamo così di fronte ad un immenso spreco di capitale umano nel fenomeno migratorio, che si manifesta sotto due aspetti:
– da una parte il brain drain, che presuppone un impoverimento culturale per i Paesi di origine, che si vedono privati dei loro migliori cervelli;
– dall’altra (soprattutto tra gli immigrati in situazione irregolare), si produce un mancato utilizzo delle risorse umane qualificate, nei Paesi di destinazione, fenomeno conosciuto come brain waste.
La Banca Mondiale, fino a poco tempo fa, aveva fatto riferimento ad un aspetto positivo della fuga di cervelli, ovvero alla cosiddetta “Nuova Economia del Brain drain”, o, meglio, del brain gain, ossia del guadagno: secondo questa teoria, la richiesta di immigrati qualificati nei Paesi industrializzati avrebbe ripercussioni positive sui loro Paesi di origine, non solo in termini di rimesse, aspetto più evidente a tutti: i flussi di capitali provenienti dai migranti girerebbero attorno ai 150 miliardi di dollari, il doppio rispetto al 2000 e cinque volte di più rispetto al 1990; secondo questa teoria, i governi dei Paesi in via di sviluppo verrebbero sollecitati, attraverso le richieste di alti profili professionali, a migliorare i propri standard di istruzione, avendo, come conseguenza, un innalzamento complessivo del livello di vita del Paese stesso. Più recentemente, però, sempre la Banca Mondiale ha ammesso che ciò ha pure un impatto negativo, da un punto di vista eminentemente economico, se si tiene conto delle risorse investite nella loro istruzione, senza il tornaconto del loro utilizzo posteriore da parte del Paese che ha investito nella loro formazione.
Per questo motivo, negli ultimi anni, stanno acquistando particolare importanza le cosiddette diaspora options, che prevedono una brain circulation (o brain exchange), e collocano il migrante, in quanto conoscitore di territori, al centro dei progetti di cooperazione, volti a favorire uno sviluppo parallelo e sinergico tra i Paesi di origine e quelli di destinazione. Si richiede, perciò, l’implementazione di una interazione bidirezionale, che permetta, in tal modo, un movimento circolare. In questo senso, il Parlamento Europeo, in un suo rapporto sulle relazioni UE/Regione mediterranea (regione particolarmente colpita dai flussi migratori, a livello globale), già nel 2001, ha considerato che la politica migratoria deve avere la sua ragione di essere nell’organizzazione della circolazione di persone. Se non si risponde a tale domanda di organizzazione, si favorisce l’immigrazione clandestina. Per tale motivo, è necessario considerare le migrazioni al centro della cooperazione, elaborando una politica migratoria articolata sulle necessità di co-sviluppo. Bisogna tenere anche conto, nei Paesi di accoglienza, di un adeguato utilizzo delle professionalità e del bagaglio di studio dei migranti, giacché ciò permette di favorire la loro integrazione e di ridurre il rischio di fenomeni di rigetto nelle società di accoglienza.
Ciò, per quanto riguarda i cervelli in fuga, implica la necessità di creare un sistema che permetta agli emigrati di continuare a lavorare fuori casa (e perciò che li consenta di crescere, da un punto di vista professionale), senza che tale cosa produca un impatto negativo per il proprio Paese, e che, contemporaneamente, essi vengano considerati come un “contributo” dal Paese di accoglienza.
Alcuni dei cervelli in fuga, a tal fine, propongono che i Paesi di origine stabiliscano (attraverso le organizazioni internazionali di competenza in materia) il pagamento di una tassa per l’assunzione di personale qualificato nei Paesi industrializzati. Ma il dubbio che si pone è se tale proposta permetterebbe, veramente, ai Paesi di origine, di riassorbire i costi dell’istruzione, impedendo un acquisto “a costo zero” da parte dei Paesi che “importano” cervelli, come finora è avvenuto.