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IL PD E GENERE E GENERAZIONI

Il Partito Democratico e il confronto tra le differenze di genere e intergenerazionali – (dal Gruppo Sapere e Innovazione)
Le dimensioni dell’erranza, delle diversità, dei generi e delle generazioni interagiscono a vicenda, complementandosi. Le generazioni nelle epoche, nel corso della storia remota o recente, riguardano tutti, per i risvolti interrelazionali che stampano in noi solchi, tacche, tappe del tempo di appartenenze o differenze, che comunque segnalano la comunicazione e l’interazione tra più persone. Le generazioni delle donne apportatrici di cambiamento nel ’68, rappresentano quella fascia femminile che ha cominciato a pensare su di sé, a praticare un lavoro di riflessione sul proprio sé, cambiando così i destini tradizionali delle donne. Le relazioni tra generazioni che rivelano spesso punti oscuri e nevralgici di pregiudizio, in questo peculiare momento epocale, di passaggio e transizione generazionale sono inedite e memorabili. I cambiamenti apportati dalle “state giovani” del ’68 hanno generato differenti relazioni intergenerazionali. Per esempio non esistono passaggi di modelli. Le “ereditiere”, le giovani generazioni femminili, non hanno accettato la “consegna”, in vissuti di mancato riconoscimento e disdetta dell’eredità dove non esiste trasmissione, accettazione, integrazione e consegna di eredità. Non si effettuano passaggi di modelli tra uomini, si verifica assenza di conflitto intergenerazionale, senza imbarazzi e pesantezze perché il pregiudizio entra in questi vissuti, nella difficoltà di comunicazione, sorta dalla crisi di un modello tradizionalista di patriarcato, dalla nascita dei nuovi padri. Dalla crisi del modello assolutista del maschio, gli uomini hanno compreso la possibilità di crearsi spazi per ripensarsi come genere, portatori di un’acquisita eredità femminile postsessantottina, come ambito e spazio per riflettere e che il maschio, l’uomo forte per obbligo e non per scelta del passato non poteva legittimare.
Il pregiudizio intergenerazionale ha sempre rappresentato una particolare modalità di comunicazione, di espressione nelle relazioni tra generazioni. L’atteggiamento pregiudiziale, il cattivo giudizio degli adulti nei confronti dei giovani ha diverse radici, significati, motivazioni e giustificazioni, impedendo la rigenerazione ricorsiva, l’erranza, i passaggi di consegne di eredità tra generazioni, tra epoche, nella trasmissione di significati, valori racchiusi nella memoria storica remota e recente, nell’impegno intellettuale e culturale al servizio del sociale per sostenere i valori etici della “comunità educante”, della società aperta al cambiamento, gli ideali democratici della “Resistenza” alle dittature, contro sciovinismi e imperialismi, i valori, le conquiste, i diritti acquisiti con le rivendicazioni e trasformazioni del movimento sessantottesco che devono essere tramandati di padre in figlio, dove la società sia una grande famiglia educante con punti e figure di riferimento tra generazioni, dove esistano “padri” e “madri” che trasmettano i valori dell’appartenenza alle generazioni che hanno vissuto e sofferto un tempo di lotte di rivendicazioni, di traguardi e conquiste che non va dimenticato, scadendo nell’oblio della modernità. La trasmissione della memoria storica di generazione in generazione “…per non dimenticare” e non ripiombare negli errori della storia, nell’intolleranza cieca nei confronti delle diversità, nello spettro dei conflitti civili armati, nelle dittature di qualsiasi colorazione, nei nazionalismi esasperati, negli sciovinismi ed imperialismi esacerbati da conflitti. Il “filo rosso” della storia unisce le nuove generazioni ai vecchi “padri” della resistenza prima e del ’68 poi, per tramandare e portare avanti il vero impegno intellettuale, culturale, quindi etico nella società contemporanea, nell’attualità del presente, in prospettiva futura, per le nuove generazioni, come eredi ed ereditiere dei movimenti di emancipazione tra i sessi, tra classi sociali, per la conquista di libertà e parità di diritti, per la risoluzione del sottile contrasto dicotomico tra differenza e discriminazione, in vista dell’abolizione di pretese, prevaricazioni classiste, di subdole manovre revisioniste e, addirittura, negazioniste della storia, della verità ed obiettività del relazionarsi degli eventi, al fine della messa in discussione, la confutazione logica del principio di autorità assoluta, per l’emancipazione dal patriarcato, dal dominio e strapotere “dell’uomo forte”. Devono convivere, finalizzate al confronto e all’arricchimento reciproco, le diversità di pensiero, di genere, tra sessi, culturali, etniche, razziali, religiose, ma non devono sussistere, in uno stato di democrazia e progresso, diversità discrimianti e differenze discriminate circa i diritti inalienabili dell’uomo.
di LAURA TUSSI

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