Significativamente Oltre

E’ IL TEMPO DELLE SCELTE

LA CULTURA DEL NOSTRO PIANETA E’ IN PERICOLO. E’ il tempo delle scelte

(pubblicato su RESET di Novembre all’interno di Progetto “Kyoto of the cities” (di Gabriele Mariani) *)

La nostra cultura ha conosciuto e conosce ancora momenti splendidi, là dove l’uomo viva senza traumi il suo rapporto con la natura. Questo pare si possa intendere anche dal racconto della Bibbia, ove il peccato non arrivi a rompere gli equilibri.

Ma questa età felice può non finire, se l’uomo saprà amare le proprie origini.

La natura soddisfa tutte le nostre esigenze, e vivendo in simbiosi con essa e godendone i frutti ci fa crescere. Ce ne accorgiamo quando la natura ci manca. Ed è bello apprendere ancor oggi dai libri di protagonisti del secolo appena trascorso, quale Rigoni Stern (che amo ricordare), come l’uomo che viva la natura ne alimenti anche la propria cultura.

Intendendo per cultura non tutto quanto faccia (o dia l’illusione di fare) dell’uomo un essere potente e superiore agli altri esseri viventi, ma la sapienza che deriva dalla conoscenza del proprio ambiente vitale e dal modo di gestirlo, preservandone la ricchezza. Perché mentre imparava a gestire il rapporto con elementi vitali quali la terra, l’acqua e il fuoco, l’uomo è cresciuto dallo stato semplicemente esistenziale a quello di essere razionale, in grado di stabilire e di scegliere da sé come operare per il meglio.

Così è stato sino a quando non capitò che l’uomo si sentisse minacciato dalla natura. Perché ovviamente il rapporto con la natura non è stato sempre idilliaco, e l’avvicendarsi delle stagioni e i fenomeni che nei secoli hanno modificato l’ambiente hanno sviluppato negli uomini dei meccanismi di difesa, che nel tempo talvolta purtroppo sono diventati aggressivi. L’uomo ha cercato di modificare la natura a proprio vantaggio, com’era ovvio e ragionevole, ma spesso dimenticando le regole e i limiti che la natura stessa ci insegna.

Ne è nato un conflitto, e dove la natura ha avuto il sopravvento sono rimasti solo i resti.

Perché paradossalmente, l’uomo per fare ordine crea il disordine. Il consumo dell’energia, che secondo le leggi della fisica può produrre un lavoro più o meno utile, è cresciuto a dismisura senza regole e senza freni, sino allo spreco, creando in molti casi danni non rimediabili nel breve arco dei tempi che l’umanità sa gestire.

Oggi la nostra cultura e i nostri costumi, troppo dipendenti dall’uso dell’energia, sono in pericolo. E’ tempo di rimetterli in discussione, e non solo per noi stessi, ma guardando anche a quello che ci circonda.

Infatti il colonialismo politico ed economico delle nazioni più avanzate che, per iniziativa propria o per una felice posizione geografica, hanno imboccato per prime la via dello sviluppo, monopolizzando per decenni i consumi dell’ energia e appropriandosi delle fonti, dovrà fare i conti con i mercati che loro stessi hanno sviluppato, e con i popoli che, per la crescita demografica e il migliorato stile di vita, incrementano esponenzialmente i propri consumi.

E la tentazione è più forte per chi ha avuto di meno….

E ciò in relazione al risveglio politico e sociale in quei paesi che per decenni sono stati relegati ai margini, accontentandosi di vivere di luce riflessa dai paesi ricchi.

Chi ha meno certezze ha anche più coraggio, o la forza della disperazione, ed è più disposto a rischiare. Le promesse dei paesi ricchi non hanno più credibilità e solo dove si fa qualcosa assieme si ottiene credito.

Ma nonostante la prospettiva di un inizio di esaurimento delle fonti energetiche più sfruttate, di natura fossile, i paesi ad elevato sviluppo economico, dove la crisi energetica è comunque già in atto, egoisticamente non sono disposti a sacrificare il proprio benessere. I paesi in via di sviluppo a loro volta incrementano un uso irrazionale delle stesse fonti di energia manipolandole nel modo più pratico e veloce. La mancanza di mezzi e di una seria cooperazione da parte dei paesi ricchi non li incoraggia all’impiego di tecnologie più avanzate, sia dal punto di vista ecologico che dell’efficienza. E così succede che, “nel fai da te”, chi ha sete di sviluppo e possiede una risorsa ne faccia un uso incontrollato ed anche “improprio”, diventando una minaccia anche per coloro che sinora li hanno sopravanzati .Intendendosi per “improprio” l’attitudine allo sfruttamento delle risorse su basi poco scientifiche e poco ecologiche. Come avviene in paesi quali la Cina, dove si allagano intere Regioni per fare energia idraulica e si inquina a dismisura l’atmosfera con l’uso del carbone senza trattare le emissioni e gli scarti..

Oggi per uso improprio è da intendersi principalmente quello su vasta scala di idrocarburi quali petrolio e derivati, gas e carbone senza limiti alle emissioni: le maggiori cause di una produzione enorme di gas tossici e di CO2 che la natura non riesce più a riciclare e che determinano il riscaldamento e le modifiche, talora devastanti, del clima del nostro pianeta .

Il cosiddetto “effetto serra”.

L’incremento dei consumi di combustibili di origine fossile per la produzione di energia elettrica è stato talmente rapido ed imponente da causarne la crescita spaventosa e non prevista dei prezzi, senza con questo che se ne riducano significativamente i consumi.

E paradossalmente l’uso dei cereali per produrre carburanti sintetici da sostituire agli idrocarburi rischia di contrastare la lotta alla fame nel mondo.

Per la prima metà di questo secolo gli indici di previsione degli incrementi globali dei consumi energetici nel mondo , e contemporaneamente le aspettative di riduzione attraverso l’educazione al risparmio, sono valori in continua evoluzione, anche a causa della crisi economica e politica. Pertanto è meglio riferirsi solo ai dati di tendenza, orientati comunque verso un netto incremento dei consumi, con una varia distribuzione sul pianeta.

Come fonte dei dati possiamo riferirci all’IEA (Int. Energy Agency) e al suo outlook annuale.
In effetti in Occidente, auspicando che si possano assumere comportamenti più virtuosi, o volontariamente o come effetto della crisi, i dati dei consumi potrebbero mantenersi più stabili, mentre in Oriente si é imboccata decisamente la strada della crescita, con incrementi medi del PIL di dieci punti annui. In Cina e in India in particolare, incoraggiati dalla necessità dell’Occidente di sviluppare nuovi mercati e di assumere manodopera a basso costo.

Così ogni anno in Oriente si incrementano gli impianti di produzione di energia elettrica di circa 200 gigawatt, un valore circa doppio di quello degli impianti operanti attualmente in Italia .

Pertanto ogni comportamento virtuoso dell’Occidente non basta a contrastare la crescita globale dei consumi e delle conseguenti emissioni. E ciò nonostante che per circa due terzi la produzione di energia elettrica sia ancora concentrata in Occidente.

E’ difficile parlare di risparmio a chi é ancora in gran parte sotto la soglia di povertà.

Quindi le prime esigenze sono quelle di promuovere l’educazione al risparmio energetico e contemporaneamente lo sviluppo su vasta scala di nuove risorse energetiche non inquinanti, alternative alle risorse fossili.

L’educazione al risparmio energetico diventa un fatto di costume, da sviluppare per noi e da insegnare ai nostri figli come rispetto della natura e di coloro che vivono situazioni precarie.
Ora il vero problema è che non esiste “sviluppo sostenibile” se la migliore educazione al risparmio si limita alla installazione di lampadine di basso consumo e a distribuire meglio i propri consumi nella giornata, per evitare i picchi.

 Occorre investire nell’acquisto e nell’ammodernamento delle macchine e dei sistemi che migliorano il nostro stile di vita ma che hanno consumi elevati, e cogliere così due obiettivi: riduzione dei consumi e rilancio dell’economia.

I Governi del mondo attraverso il cosiddetto protocollo di Kyoto hanno avviato una azione di natura politica tendente a educare i popoli, anche attraverso sanzioni, a ridurre e/o a modificare le emissioni e le relative cause. Ma i primi a non rispettare gli obiettivi sono state nazioni come Stati Uniti e Russia, fra i maggiori consumatori (anche se produttori) di energia. Ed ora anche Cina ed India, in pieno sviluppo, reclamano per sé meno vincoli.

E’ difficile convincere i popoli dei paesi in via di sviluppo, se la logica è che hai meno diritto ad inquinare perché hai un’economia più arretrata.

Anche il commercio di questi diritti (l’ Emission Trading System) non può essere l’obiettivo principale dell’azione intrapresa per coinvolgere tutti i popoli della terra..

Le riduzioni auspicate del 20% delle emissioni al 2020 (rispetto al 1990) rimarranno una mera aspettativa fintantoché la dipendenza dai combustibili fossili non verrà ridotta drasticamente.
Sia per la trazione che per la produzione di energia elettrica.

La possibilità di catturare la CO2 e reiniettarla nel sottosuolo è una soluzione, e si sta studiando, ma, sia dal punto di vista tecnico che economico, non trova per ora larga applicazione. Forse potrebbe essere imposta se i costi dei combustibili tornassero ai livelli di dieci anni fa.

Oggi nel mondo oltre due terzi dell’ energia elettrica è prodotta ancora da combustibili fossili.
La sostituzione su scala industriale dei combustibili fossili con risorse energetiche rinnovabili (specchi solari, eolico, fotovoltaico, biomasse etc..) comporta due generi di difficoltà: i costi e la scala degli impianti. E’ noto che occorrono alcune centinaia di ettari di terreno per produrre poche decina di megawatt, là dove una centrale tradizionale produce 1000/1500 megawatt. L’impiego di tali risorse su vasta scala richiede situazioni culturali e geografiche particolari, quali la gestione diretta, su scala domestica e/o di piccole comunità, di impianti locali, con esigenze più limitate e non continuative di consumo. Inoltre il costo del kilowattora prodotto è in generale più elevato.
L’Italia incentiva l’installazione di pannelli fotovoltaici, nonostante che il costo del Kilowattora prodotto sia dell’ordine di cinque/dieci volte superiore al costo del prodotto tradizionale. Questo è un bene comunque perché incentivando l’applicazione di una tecnologia promettente se ne favorisce lo sviluppo dell’efficienza e la conseguente riduzione dei costi.

La Smart Grid, ovvero la rete intelligente, é il sogno di stabilire un rapporto di scambio diretto fra tutti i produttori e i consumatori, con una rete simile a Internet, che possa eliminare il vincolo delle politiche delle grandi compagnie e dei governi che gestiscono le risorse.

Le difficoltà derivano dal fatto che nella rete elettrica non è come su WEB, dove può andarci di tutto. Una rete elettrica per operare deve essere monitorata e controllata da un sistema centrale.

La nostra nazione, che impegna attualmente una quantità di energia prodotta pari a circa 100 gigawatt, è dipendente per circa il 15% dei consumi dall’estero, in particolare dagli impianti ad energia nucleare che la Francia e la Svizzera hanno costruito ai nostri confini.

Per far fronte autonomamente ai nostri consumi noi abbiamo la necessità di programmare la costruzione entro il 2020 di almeno dieci centrali da 1500/2000 megawatt, a meno di non voler continuare a comprare energia facendo finta di non conoscerne la provenienza.

Solo l’energia nucleare può dare il contemporaneo vantaggio di un’alta concentrazione di produzione di energia e assenza di emissioni di CO2 e di altri gas.

E’ forse il tempo di rinnovare le scelte che in modo non molto razionale e consapevole abbiamo fatto in occasione del referendum nell’87.

Se vogliamo essere sinceri le scelte le hanno già fatte gli altri per noi, ce lo dimostra anche Chicco Testa nel suo recente libro: Tornare al nucleare ?

Non possiamo più dire di no al nucleare di ultima generazione, già sperimentato e collaudato in oltre 400 impianti nel mondo, senza con questo trascurare lo sviluppo delle risorse alternative che daranno in un futuro prossimo un contributo essenziale, in mancanza di altre risorse.

Nulla che l’uomo ha scoperto o ha inventato è in sé un bene o un male, dipende dall’uso che l’uomo ne fa. Lo sfruttamento per fini pacifici della grande potenza concentrata nell’atomo é un dono di Dio, se contribuisce a elevare lo stile di vita e allontana la tentazione di usi aggressivi.

Il problema è convincersi che si può convivere con un rischio calcolato. Che dopo il disastro di Cernobyl, dovuto a un grossolano errore dell’uomo, l’energia nucleare per scopi pacifici ha causato di fatto molte meno vittime di altre attività industriali e/o di attività normali della nostra vita di ogni giorno, verso le quali non abbiamo questo rifiuto. E questo perché l’industria nucleare ha molti più controlli ed é in continua evoluzione, sia dal punto di vista delle tecnologie che della sicurezza e dei sistemi di trattamento delle scorie.

La terra nella sua evoluzione, a partire dal primo Big Bang, ha sviluppato sempre migliori condizioni di vita, almeno sul lungo periodo. Può esserci una spiegazione religiosa, oppure è solo perché nella natura c’è uno” slancio vitale”, che non si esaurisce . James Lovelock, ambientalista, noto quale inventore della teoria di Gaia, considera la terra un organismo vivente alla ricerca continua di equilibrio,coadiuvata dalla specie umana come parte attiva e interagente, e ha dichiarato che considera l’energia nucleare una risorsa irrinunciabile per affrontare i cambiamenti climatici.

*profilo

Laureato in ing.meccanica al Politecnico di Milano nel 1969, ha lavorato come progettista tre anni alla F.Tosi di Legnano.Assunto nel ’73 alla Snamprogetti( ENI) ha ricoperto vari ruoli e varie responsabilità sino al 2006.Dall’Ufficio Macchine é passato alla Divisione Infrastrutture dove é stato Resonsabile delle Tecnologie ,del Marketing e infine Direttore della Divisione sino al 1988.Direttore commerciale della Snamprogettisud sino al1992.In seguito Presidente del Consorzio Alta Velocità Cepavdue e Direttore Realizzazione Progetti.

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