Significativamente Oltre

Prodi

LOCRI. Prodi: le Regioni del Sud spingano unite per un’Europa mediterranea

di CONSUELO NAVA* (su Zoom Sud)

Per l’idea di ricordare Franco Fortugno a 10 anni della sua scomparsa con una lectio magistralis di Romano Prodi su “Europa e Mediterraneo nella confusione totale”, va fatto un plauso a M.Grazia Laganà che a Locri, alla presenza di una affollatissima platea, ne ha voluto ricordare umanamente il legame personale con il congiunto e compianto uomo politico calabrese, prima che la condivisa esperienza politica. Paolo Pollichieni, direttore del Corriere della Calabria, ha saputo presentare la figura del professore Prodi, le sue esperienze negli anni, per le sue capacità predittive e fattive di questioni ancora oggi aperte per il paese e per il sud, sul tema dell’innovazione e delle riforme, ma anche delle responsabilità delle classi dirigenti, della necessità di liberarsi tanto dalla ‘ndrangheta quanto dalla malapolitica e di una speranza per un futuro possibile.

Di fatto R.Prodi nella sua lectio magistralis, dissertando sul ruolo del Mediterraneo nelle mutate politiche di un’Europa, “non più un piccolo condominio”, ha proposto un ragionamento sulla necessità di “interpretare il cambiamento con un’idea della politica che non sia solo un problema di forza assoluta”. E’ una citazione dell’incipit di R.Prodi relativamente alla mutazione dei rapporti di forza dello scenario politico Europeo, conteso tra populismi ed il ritorno di nuove forme di nazionalismo, ma che può restituire la traccia con cui il professore ha riferito sull’idea di possibile sviluppo per tutti i paesi del Sud e per il Mezzogiorno d’Italia. Una necessità che l’Europa torni “l’unione delle minoranze ed il Sud organizzi dinamicamente alleanze utili”.

Una politica Europea e Meridionale capace di costruire “poteri bilanciati” rispetto all’asse politico ed economico del Nord d’Europa e di un rilancio della “via della seta” della Cina, diventato punto di riferimento per misurare la stabilità economica mondiale. Questioni non lontane dalla comprensione di alcune vicende legate alla nostra economia, quella della Calabria, per es., che secondo quanto auspicato da Prodi, possa ancora aspirare ad uno sviluppo fatto “per poli, punti di forza ed avanzamento, per cui diventa urgente organizzare una strategia territoriale prodotta da alleanze tra le regioni del Sud”, che peraltro oggi demograficamente pesano pochissimo nell’economia umana e nella geografia politica del paese.

Prodi ammette che vi sia stata da sempre una difficoltà nel far cogliere lo scenario mediterraneo come il possibile spazio geografico ed economico di interesse per l’Europa anche ai tempi della sua presidenza alla comunità europea. Ma ne ravvisa ancora oggi la necessità alla luce delle nuove questioni delle guerre libiche e del terrorismo mediorientale. Il Professore attribuisce tali scenari alla carenza di una “politica estera della mediazione” che provoca, unitamente all’esplosione demografica delle popolazioni del sub-sahara, l’ondata della nuova migrazione nel nostro paese. Ricorda a tutti come la migrazione sia diventata questione “solo quando ha interessato anche il Nord Europa” e che la politica della Merkel sull’accoglienza siriana abbia comunque dimostrato come si possono mettere insieme “generosità ed interesse politico” alla luce di una convenienza a poter accogliere “una nuova economia con un popolo che ha il 40% dei laureati, il 50% dei diplomati e solo il 2% degli analfabeti”.

Su questo aspetto, di contro, nella sua lectio, continua a lanciare l’allarme per l’Italia, che in una sola generazione perderà 5 milioni di abitanti e rammenta al Sud che “non c’è futuro se una parte di popolazione emigra e l’altra è vittima”. In tal senso fa solo un riferimento alla necessità che anche in Calabria si possa “produrre cambiamento per costruire il nuovo con le nuove persone”, ma di ricorrere ad un forte dinamismo nelle decisioni da prendere, un atteggiamento che non sia pigro e scevro dalla coscienza di scenari di contesto e di visioni oltre l’Europa.

Così si riferisce alla questione del “porto di Gioia Tauro”, asserendo che c’è ancora un grande spazio all’interno della politica Euromediterranea, ma che occorre dirsi anche la verità, occorre conquistare questa economia e geografia con l’idea che a fermare il suo sviluppo non sia stato solo la carenza “delle infrastrutture e di fatti tecnici”, ma piuttosto il peso di un “controllo sociale” (così delicatamente il prof. Prodi parla di un porto interessato da fatti ambientali) che negli anni ha fermato gli investitori stranieri. Esorta a partire da questa consapevolezza e rilanciare in uno scenario mutato e continua “ve lo dico con il cuore… I cinesi hanno comprato metà del Pireo e c’è una lobby che dal Pireo va al Nord Europa, faranno ferrovie e strade, ma soprattutto libera economia”.

Le stesse alleanze che Prodi auspica per l’Europa, tra Francia, Italia, Spagna, le augura per l’Italia tra le regioni del Mezzogiorno, “occorre coordinare l’azione delle regioni meridionali, diventa urgente e vitale”. Il prof. non pensa ai fatti di emergenza, ma pensa ad una normalità per invertire la corrente, “solo così anche il Mediterraneo potrà divenire un serio riferimento per l’Europa”.

La platea del cine-teatro di Locri è stata attenta e in ascolto. La lectio magistralis priva della presunzione delle ricette e della consolazione di una sicura e riconosciuta esperienza sui temi, ha mostrato un Romano Prodi, che “sullo stato di confusione dell’Europa”, per fatti politici ed economici da seconda globalizzazione inoltrata, fonda la sua idea con un Sud protagonista, bisognoso di nuovo capitale umano prima che di altre risorse e di una politica delle scelte e non dei poteri assoluti, da affidare a chi è capace di “interpretare il cambiamento che comunque è già in atto”.

*ricercatrice universitaria

E adesso PD e M5S eleggano Romano Prodi Presidente della Repubblica

 di Massimo Preziuso
 
E’ arrivato il momento di auspicarlo nettamente.
Che Pierluigi Bersani si concentri sul goal principale. Romano Prodi Presidente della Repubblica.
Possibilmente con il sostegno di un Movimento Cinque Stelle “progressista”.
Tutto il resto risulterà conseguente, per il Partito Democratico, per il Movimento Cinque Stelle e per il Paese.

Le lezioni su La7 di Romano Prodi: istruzioni per l’uso

Pubblichiamo con piacere questo ottimo articolo di Alessandro che ci spiega perchè il Professore – che è stato nei fatti il motore della nascita di Innovatori Europei nel 2006/7  – ha tanto da dare e da dire nel 2011 ad un’Italia carente di visione politica (e credibilità) internazionale.
 
 

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E’ giunto il momento di aggiornare, brevemente, la parte dello Spazio della Politica dedicata alla “prodologia”, la disciplina che si occupa dello studio di Romano Prodi. Ne abbiamo parlato già a fine 2009, in un articolo in cui notavamo il suo attivismo nei rapporti internazionali e in particolare con la Cina, e a fine 2010 ne “L’eterno ritorno di Romano Prodi”, abbiamo esposto un punto di vista volutamente provocatorio sulla forza della sua leadership rispetto al resto del panorama politico-economico del Paese. Proprio in questi giorni, alla notizia della presenza televisiva di Prodi si è affiancata quella dell’uscita di un nuovo libretto, dal titolo “Futuro cercasi”. La dignità scientifica della prodologia può essere messa in discussione: perché Prodi? Perché ancora lui? Non è vecchio? Perché dobbiamo essere governati da Prodi e non da tanti Massimo Zedda?

A partire da questi presupposti, è interessante chiederci di che cosa parlerà Prodi nelle sue già celebrate lezioni su La7 e, soprattutto, perché è importante occuparcene, mantenendo un’attenzione sui temi, ancor più che sulla sua “campagna” per la presidenza della Repubblica. Ecco quindi un piccolo riassunto apocrifo dei suoi corsi.

1. Il mondo visto dalla Cina. Gli scritti sul Messaggero e  le conferenze degli ultimi anni (in gran parte consultabili qui) testimoniano un fatto: Prodi si è rimesso a studiare. I suoi studi si concentrano proprio su quella idea ambiziosa di “formazione globale” di cui tante volte su Lo Spazio della Politica abbiamo cercato di seguire le tracce. Perciò Prodi cercherà di raccontare ai suoi ascoltatori-studenti i cambiamenti e le contraddizioni del mondo, dalle opportunità e i rischi per l’Africa alla Cina, su cui come sappiamo Prodi ha accumulato un notevole capitale di conoscenza e di relazioni. Prodi cercherà di raccontare la Cina agli italiani attraverso piccole immagini efficaci per i cittadini e per le imprese, come questa di Wenzhou. Spiegherà che non dobbiamo avere paura di una “spartizione cinese dell’Europa”, ma dobbiamo pensare piuttosto a un “rinascimento cinese”, riprendendo la visione del suo collega alla CEIBS David Gosset, direttore dell’Academia Sinica Europea, nell’ultimo volume del rapporto Nomos & Khaos. L’attualità e la sua storia personale imporranno a Prodi una particolare attenzione per l’Europa: sugli squilibri attuali, sulle incertezze dell’ultimo decennio, sulle responsabilità della sua classe dirigente.

2. Il “capitalismo senza volto”. La raccolta di scritti pubblicata dal Mulino nel 1995 nella collana “Tendenze”, e intitolata “Il capitalismo ben temperato”, si apre con lo scritto del 1991 “Esiste un posto per l’Italia tra i due capitalismi?”. In esso Prodi si inserisce sul dibattito in corso sulle varietà dei capitalismi (richiama spesso che i suoi lavori risalgono allo stesso periodo di quelli di M. Albert), affrontando alcuni nodi irrisolti del caso italiano, quello appunto del “capitalismo senza volto”. Tra i saggi vi è anche un programmatico “La società istruita. Perché il futuro italiano si gioca in classe”. I temi affrontati dal Prodi studioso, e i nodi irrisolti del Prodi politico, saranno ripresi in un contesto, con la ripresa di una discussione sulle politiche industriali, che non può non considerare l’apporto dell’economia digitale. E ormai, quanti capitalismi esistono? Come abbiamo scritto in passato, il puzzle si è complicato. Mentre gli economisti si dividono, dobbiamo aggiungere il capitalismo brasiliano, il capitalismo turco e molti altri a una visione troppo ristretta. E Prodi aggiungerà: “Non pensate mica di poter dire ai cinesi che sono “renani”, perché si sentono piuttosto del “delta del fiume delle perle” o di quelle robe lì…”. Mentre si delibera sul modello perfetto o sui modelli meno imperfetti, sarà pur vero che qualcuno dovrà lavorare, competere, dare da mangiare ai propri figli, abbattere o accrescere il debito pubblico, portare rubinetti italiani in Estremo Oriente passando per Suez. Questo modo di ragionare resta prezioso: o ci appassioneremo alla realtà dell’Italia o non ce la caveremo affatto. In questo, Prodi può comunicare a una vasta platea la sua eredità fondamentale, che è stata colta una volta per tutte da Edmondo Berselli con queste parole:

Piuttosto che occuparsi dell’ultima impalpabile variazione della teoria sraffiana del valore, e della produzione di sofismi a mezzo di sofismi, valeva la pena di mettere sotto osservazione l’economia italiana nel suo aspetto fenomenologico. Ed ecco allora voluminose ricerche sull’industria delle calzature, sulla produzione di piastrelle del distretto ceramico di Sassuolo, sull’industrializzazione diffusa delle Marche, in sostanza sull’Italia osservata da vicino, e non fantastica o immaginaria.

3. Il futuro del welfare. Proprio Edmondo Berselli ha messo lo zampino anche nella terza grande questione di cui si occuperà Prodi: il futuro del welfare. Già durante la presentazione del libro postumo del suo amico, “L’economia giusta”, Prodi aveva sottolineato questo punto:

Ogni giorno viene tolto un pezzettino dello Stato sociale… Andiamo avanti in questa situazione di essere costretti ad arretrare nelle conquiste sociali o possiamo fare un salto in avanti tramite un discorso di solidarietà e riorganizzazione della nostra società? (…)

Nonostante la vorticosa crescita che dà un senso tutto opposto alla società cinese e indiana rispetto alla nostra, non di ritirata ma di grande avanzamento, però la differenza tra ricchi e poveri aumenta anche in queste società. (…)

È interessante, perché in tutte le analisi del mondo trovo in questo momento un solo Paese in cui per un periodo medio di un terzo di generazione la distanza è diminuita, ed è il Brasile. Questo in fondo social-liberal-mercat-cristianesimo che ha fatto Lula, in questa meravigliosa sintesi di una vita diversa da tutti gli altri, è uscito sconfitto in tre elezioni e a fare una sintesi di tutto. E a interpretare in modo notevole questi fatti. E riesce – in una situazione di sviluppo – eh eh, a non aumentare queste differenze che sono, come dice Edmondo, caratteristiche di una società puramente mercantile.

Riassunto delle puntate precedenti. Negli anni ’90, Bill Clinton, nella sua strada per i successi nell’abbattimento del debito pubblico degli Stati Uniti, ha affermato di voler chiudere la storia del “welfare come lo conosciamo”. Il punto è stato condiviso da Blair. Come sappiamo, nella spesa pubblica italiana le voci della pubblica amministrazione, della previdenza e della sanità hanno un peso determinante. Ma che cosa può esserci alla fine del welfare come lo conosciamo, concretamente? Se consideriamo la sua fine naturale, possono esserci gli effetti della crisi del debito europeo sulla lotta contro il cancro, che forniscono un’immagine del futuro possibile. Durante il congresso europeo di oncologia a Stoccolma, notevole attenzione è stata dedicata a uno studio sull’aumento dei costi delle cure, e un recente articolo pubblicato su “The Lancet Oncology” ha lanciato l’allarme della crisi del costi, in particolare nei Paesi che invecchiano. In Grecia, la Roche ha sospeso la fornitura di anti-tumorali ad alcuni ospedali greci fortemente indebitati.

Sintetizzando, la domanda “ci sarà una piazza Tahrir italiana in autunno?” (ne abbiamo parlato qui e qui) è ritenuta più interessante della domanda “ci saranno i soldi per i farmaci contro il cancro negli ospedali pubblici italiani in autunno?”. La seconda domanda è più farraginosa e parla di una cosa precisa: è prodiana. Ma parla di un futuro prossimo possibile dell’Europa e dell’Italia, e merita di essere considerata.

Come si vede da queste anticipazioni, con le lezioni di Prodi – magari la sua voce sonnecchiante, col bofonchiare imperturbabile in italo-bolognese, inglese o cinese, andrà intervallata da qualche servizio appassionante, chiedere per informazioni ad Al Jazeera e ai documentari di Niall Ferguson, astenersi CCTV – il nostro dibattito pubblico compirà qualche passo avanti. Gran parte del dibattito pubblico italiano, difatti, si avviluppa sul concetto di “informazione”. In realtà, seppur in un sistema televisivo anomalo, disponiamo di molta informazione. A volte ci manca la formazione. Per questo abbiamo ancora bisogno del vecchio Professore.

Votiamo Partito Democratico : e’ il momento di dimostrare che l’Italia puo’ essere diversa (di Romano Prodi)

romanoprodi
Dopo un ottimo Franceschini ieri a Porta Porta, con ottimo tempismo Romano Prodi invita oggi a votare Partito Democratico alle Europee.
Queste sono Elezioni cruciali per il Paese, forse più di quelle del 2008.

Votiamo Partito Democratico : e’ il momento di dimostrare che l’Italia puo’ essere diversa (di Romano Prodi)

Care amiche e cari amici,
nel momento in cui ribadisco la mia già provata volontà di rimanere al di fuori della politica del nostro Paese, sento il dovere, come semplice cittadino, di sottolineare l’importanza del voto a cui noi italiani siamo chiamati.
Anzitutto un voto per l’Europa . In questa linea richiamo la necessità di rafforzare il Partito Democratico ricordando come esso abbia sempre con convinzione sostenuto le grandi scelte europee quali l’euro e l’allargamento che , come si è dimostrato in questa fase di durissima crisi , sono la principale difesa per l’Europa e l’Italia.
La seconda ragione nasce dall’intensificarsi di numerosi segnali di allarme e di interrogativi da parte di tanti amici ed osservatori stranieri per la caduta di dignità e per la qualità democratica del nostro
paese, segnali che ho colto con sofferenza nella mia attività internazionale. Di fronte a questo il Partito Democratico, pur nel suo non facile cammino, è l’unica concreta risposta.
Non è tempo né di astensioni né di sofisticate distinzioni. È il momento di dimostrare che l’Italia può essere diversa , che ha profonde radici etiche e che è ancora capace di contribuire alla crescita democratica di una nuova Europa.

Con amicizia
Romano Prodi
Bologna 3 giugno 2009

INTERVISTA: ON. MIGLIAVACCA

Intervista all’on. Maurizio Migliavacca dell’Ulivo, Membro della IV Commissione Difesa e componente autorevole del Comitato dei 45 per il Partito Democratico

di Salvatore Viglia

Lei è uno dei 45 del Comitato per il Partito Democratico. Non sembra essere in compagnia di giovani quarantenni. E’ un problema.

Noi facciamo un partito nuovo anche per favorire un ricambio delle classi dirigenti e le regole che abbiamo sostanzialmente definito nella riunione di lunedì 18, vanno in questa direzione.
Primo, potranno votare i sedicenni. Quindi, ci sarà una quota di giovani elettori significativa, di ragazzi e ragazze che potranno pesare nel voto. Secondo, potranno essere candidati i sedicenni ciò significa che si avrà la possibilità di avere l’immissione di energie fresche. Terzo, lo stesso metodo elettorale che abbiamo adottato, cioè il meccanismo delle liste plurinominali, cioè 5 nomi per fare una lista da presentare in ogni collegio con una raccolta di firme piuttosto bassa, cento, è un meccanismo assolutamente favorevole ai giovani, alle donne, alle forze nuove. Come l’esperienza ci insegna, semmai, è la preferenza quella che consolida le figure radicate già portatrici appunto di consensi consolidati.
Mi pare che siamo sulla strada per dare il giusto spazio ai giovani per fare del 14 ottobre prossimo, una occasione di rinnovamento della politica.

Non eluda la domanda, faccia un nome che l’aggrada alla guida del PD.

Capisco la sua curiosità ma non sono in grado di dirle un nome per la semplice ragione che stiamo ancora definendo le regole e le candidature. Sarà questione delle prossime settimane, abbia un po’ di pazienza. Mi impegno a farglielo sapere quando appunto ci saranno le condizioni per farlo.

Romano Prodi parla di un nome forte. Cosa intende con questo?

Sicuramente deve essere un segretario autorevole, riconoscibile nel paese quindi dotato di prestigio e con capacità politiche di governo, che sappia dare voce al nuovo partito che nasce e che sappia trasmettere anche agli italiani le idee forti, le idee guida di questo nuovo partito. Deve essere una personalità di primo piano. Credo che le primarie saranno l’occasione per poter scegliere tra più personalità di primo piano.

La questione del sodalizio tra DS e Margherita sta tutta nella concezione di uno Stato laico, è possibile adoperare una sintesi, non è che il problema si presenterà all’improvviso in tutta la sua portata?

Credo che ci siano le condizioni perché il partito nuovo, sia un partito assolutamente laico. Siamo laici. I DS su posizioni di autonomia ed anche la stragrande maggioranza dei componenti della Margherita che, non a caso sui DICO, hanno dato una prova di indipendenza. Ci sono tutte le condizioni perché sia un partito laico. Poi, non mi nascondo che su questo o su quell’altro tema etico, su questo o su quell’altro tema che riguarda i diritti civili ci potranno essere dei distinguo, potranno emergere posizioni, sfumature diverse,
ma a quel punto, saranno le regole della democrazia a decidere. E’ un partito democratico, quindi, saranno i militanti, saranno gli organismi democratici a decidere dentro una ispirazione laica a stabilire nel merito e per le soluzioni da adottare.

In Europa siederete nei banchi del PSE?

Penso di sì. Penso che la forza delle cose spinga questo partito ad avere un rapporto organico con i socialisti. In Europa c’è un bipolarismo, una forza di centrodestra rappresentata dal partito popolare e una forza di centrosinistra rappresentata dal partito socialista. Esistono poi alcune forze intermedie ma che non hanno assolutamente né la massa critica, né le caratteristiche per rappresentare un terzo polo. In definitiva, il PD, nelle forme che si decideranno, starà dove stanno i progressisti in Europa.

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