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Primarie

Che vergogna i media nazionali: ora ci provano con la “guerra dello spread”

 
Che vergogna i media nazionali.
 
Prima provano a far perdere Pierluigi Bersani alle primarie e ora cercano di aumentare una normale instabilità politica, conseguente ad un inaspettato e repentino annuncio di dimissioni di un Premier di sabato notte, auspicando una “guerra dello spread”, mentre alla fine di oggi i rendimenti decennali dei BTP saranno al più saliti di uno 0,3% in termini assoluti (con un impatto sul pagamento di interessi, a voler esagerare, di 1 miliardo di euro sull’economia di un Paese che produce ricchezza e debiti intorno ai 2000 miliardi l’anno).
 
Crediamo pure che, prima di tutti, il più grande partito politico del Paese – il Partito Democratico – dovrebbe reagire a tutto questo.
 
Non è possibile continuare ad assecondare questa velleità di comunicazione, errata e fuorviante, che ci vuole sempre e comunque vittima dei mercati internazionali, che ci sta totalmente immobilizzando.
 
Il Paese oggi, anche grazie al lavoro dei due Super Mario, è indipendente dalla “variabile Monti” e forse anche da quella “debito sovrano”, mentre lo è molto meno dalla “variabile economia”, su cui si dovrebbe rapidamente cominciare a parlare, a partire dalla politica, ma anche sui media nazionali.
 

Ombre e luci del governo tecnico, un anno dopo

di Fondazione Etica – 8 dicembre

Bollettino di guerra: così suonano sinistramente i numeri che i media, in questo periodo, bombardano sui cittadini, a conferma, in verità, di quanto già sanno. Quei numeri, infatti, parlano di loro, i cittadini, certificando beffardamente l’impoverimento che ogni giorno sperimentano sulla propria pelle.

L’elenco fa paura: Pil in diminuzione, crollo dei consumi, aumento senza precedenti della disoccupazione, soprattutto giovanile, imposizione fiscale ai massimi storici. Schizzano debito pubblico e spesa pubblica. Le banche sono soffocate da crediti a rischio contenzioso, le piccole imprese non hanno accesso al credito, le famiglie non riescono a pagare i mutui. Una situazione esplosiva anche dal punto di vista sociale.

Se questo è il quadro del Paese un anno dopo, occorre dire con chiarezza che il governo tecnico ha fallito. Almeno rispetto al programma che esso stesso si era dato: rigore, equità e crescita. Non serve schierarsi in Montiani e Nonmontiani: serve leggere i fatti con la massima obiettività. Il resto è solo opportunismo pre-elettorale, che non riguarda chi ha a cuore il Paese.

Sul rigore il governo Monti ha fatto molto, chiamando gli Italiani a pagare un prezzo pesantissimo. E loro lo hanno pagato in silenzio, contando che lo sprint mostrato dai tecnici nei primi mesi sarebbe stato impiegato, nel tempo, anche per equità e crescita. Non è stato così.

Il tempo c’era, ma è mancato anche solo l’avvio di un’azione pensata per ricostruire la speranza di un intero Paese.  E con essa la sua fisionomia.

Il governo ha le sue ragioni nel sostenere di non aver potuto fare tutto quello che avrebbe voluto: sia per le forti pressioni subite da più parti, sia per gli ostacoli che gli sono stati frapposti dalla sua stessa maggioranza parlamentare, sia per l’esiguità del tempo a sua disposizione.

Ma queste motivazioni possono servire per capire, non bastano per giustificare.

Innanzitutto, perché il dibattito parlamentare non è una iattura italiana, ma l’antidoto universale alla democrazia di ogni Paese moderno. Qualunque Esecutivo, perciò, per quanto tecnico, deve imparare a farci i conti. Limitarsi a contrapporre l’efficienza decisionista dell’esperto ai riti complessi del dibattito politico rende sicuramente l’idea della frustrazione provata da questo governo, ma al contempo ne rivela una inadeguatezza di fondo. Quella di non aver imparato a trasformare la competenza in capacità politica, che è, poi, quello che viene richiesto ad ogni Governo.

In secondo luogo, questo Esecutivo aveva a suo vantaggio un’arma potentissima: la minaccia di dimissioni, che i primi mesi sarebbe stata davvero efficacissima. Con essa i ministri avrebbero potuto far passare, se non tutte, molte delle misure che ora dicono non aver potuto varare. Non hanno saputo sfruttare il momento.

Certo, Monti ha fatto moltissimo per evitare il baratro e gli sono tutti riconoscenti per aver preso in mano una situazione disperata. Questo è un punto fermo.

Tuttavia, non può cancellare la responsabilità: non tanto di aver fatto solo una parte del lavoro, quanto di averne scaricato i costi sulla parte più debole della popolazione, lacerando così una pace sociale già fragile che non sarà facile ricomporre.

L’esperienza del governo tecnico è servita quantomeno a dimostrare  quanto ci sia bisogno, in Italia, di una classe di governanti capaci e con una visione politica. Non basta l’esperto come non basta il politico puro: governare richiede entrambe le doti, con una capacità di sintesi acquisita con il tempo e l’esperienza. Non si può non ripartire da questo dato.

Fare una nuotata nell’acido solforico significa essere innovatori?

grillodi Salvatore Viglia

Grillo sta dimostrando che il suo sistema di parlamentarie porterà in parlamento ragazzi scelti in rete.

Non vi è dubbio che il sistema riserva delle incognite e non necessariamente positive. Fondamentalmente ci troviamo a fare i conti con un sistema di democrazia del tutto nuovo le cui conseguenze non sono facilmente diagnosticabili.

Certo che , stanti così le cose, Grillo porta in grembo chiunque che, presentatosi davanti ad una tele camerina, dice che lui è bello e bravo. Nulla di più se vogliamo. Quindi, parlamentari che dall’interno, con la loro provabilissima inefficienza possano essere facilmente pilotabili da qualche mente. Oppure l’intento è proprio quello di minare le istituzioni dall’interno per farle implodere. Per essere un sistema innovativo, non ci piove, ma per esserlo a pieno titolo nel significato completo del termine deve prescindere dalla logica titolo di questo articolo. Le primarie di Bersani, invece, sotto una forma innovativa, proporrebbero il vecchio stanziale sui territori cooptando soggetti dai consigli degli enti pubblici. Nulla di innovativo a ben vedere ed inoltre deresponsabilizzerebbe il partito da scelte sbagliate. Oggi, essere innovatori significa ritorno ad una normalità a misura d’uomo per facilitare ed agevolare il vivere di tutti nell’ottica del bene comune. Non è affatto vero, anzi per nulla vero, che innovatore significa proporre astrusità nuove non verificabili prima in “laboratorio.”

Più che di politici irresponsabili e responsabili, si deve parlare di politici delinquenti e non delinquenti

di Arnaldo De Porti

Perché continuare ad adoperare una dialettica politica soft quando una buona parte di chi intenderebbe governarci si esprime in maniera ipocrita, perversa e non particolarmente pulita nella fedina penale, atteso che nel parlamento ci sono circa un centinaio di persone che hanno avuto a che fare con la giustizia, taluni già con sentenze passate in giudicato ?

Dove trovano il coraggio gli Alfano, i Cicchitto, i Gasparri e tanti altri ad esprimersi come sono soliti fare quando anche i sassi hanno capito che raccontano frottole unicamente allo scopo di non perdere il potere. Per fortuna esistono anche coloro che hanno un sussulto di orgoglio e dignità, come l’ex Ministro Pdl, Franco Frattini ed altri, che prendono le distanze da questa situazione al punto di perorare la causa dell’attuale primo Ministro, Mario Monti.

 Ci sono al parlamento soggetti politici che io non utilizzerei nemmeno per fare i conti della spesa al supermercato e quindi costituiscono un danno incommensurabile per la gestione del Paese. Basta sentirli quando parlano nell’emiciclo per rimanere davvero sconcertati per la loro ignoranza politica, ma anche per il loro populismo da mercato ortofrutticolo…

E’ ora che gli Italiani si sveglino da subito, anche con maniere forti nell’ambito della legalità, perché altrimenti non saremmo secondi  non solo alla Grecia, ma anche a tanti altri paesi  ai quali, anche adesso, le statistiche, ci accostano  (rilevamenti  Censis – Istat  docent!).

Invito tutti a pazientare sino alla nuove elezioni dando la possibilità a Mario Monti di condurre a termine ciò per il quale il Capo dello Stato lo ha indicato come unico soggetto serio e capace. Poi, alle elezioni, vanno banditi definitivamente sia il berlusconismo, cancro che sta allargando la sua metastasi nel nostro paese, nonché tutti coloro che lo hanno appoggiato e vorrebbero ancora appoggiarlo per via del potere.

Operare a questo modo infatti  non significa solo essere irresponsabili, come ha detto giustamente Bersani, ma delinquenti a tutti gli effetti in quanto rubare serenità, ricchezza comune, libertà, tra l’altro umiliando le persone serie e per bene che altro sta a significare se non delinquenza ?

Subito alle elezioni. Napolitano frusti i cavalli

 di Salvatore Viglia su L’Unità online

Non è certo questo il tempo per i tatticismi. Andiamo subito alle elezioni per scegliere un governo politico. Sotto gli occhi di tutti sono chiarissime ormai le posizioni assunte dai partiti.

Il rientro in campo di Berlusconi significa una cosa sola, che a destra vi è il nulla assoluto. Le lamentele, le indignazioni di quanti non vedono con favore questo rientro, sono a dir la verità e purtroppo, fuori luogo.

E continuiamo a dirci la verità tanto per non essere fraintesi, affideremmo il governo del paese a Casini che si propone in verità per candidare a sua volta Monti? Affideremmo il paese a Fini oppure a Montezemolo, e per fare cosa? Forse Gasparri, no, Matteoli? La Santanché oppure Meloni? Lo stesso Alfano non ne avrebbe le fattezze checché.

La colpa della discesa in campo del Cavaliere è tutta da attribuire alla destra attuale che non presenta neanche per nomea personalità in grado di guidare quel carro.

Il Presidente Napolitano non deve ostinarsi a protrarre questo “scristo” inutilmente. Tenere per le briglie tutti al solo fine di protrarre la via crucis di un mesetto, francamente ci sembra una esagerazione.

Non avremo nessun beneficio da questa agonia masochista. Un mese non è un anno e ciò che non si è fatto in un anno non si farebbe certamente in trenta giorni.

Ci meraviglia però come non sia il PD a recarsi al Quirinale con la richiesta formale al Presidente Napolitano di sciogliere le Camere e di indire le elezioni, se possibile, domani mattina.

A Bersani, dopo la vittoria delle primarie con i numeri che il partito vanta secondo i sondaggi, manca solo questo atto che altro non significherebbe che manifestazione di forza e determinazione. Non c’è altro da fare.

Gli spread scendono, nonostante i Media vogliano mercati incandescenti, mentre il governo Monti va a finire

di Fabio Agostini

Nel ragionamento precedentemente svolto da Massimo sulla assenza di correlazione tra Spread e fine del Governo Monti, manca una delle spiegazioni, secondo me la più plausibile.

Mentre nel 2011 e fino a metà del 2012 gli spread erano correlati alla politica dei singoli paesi, oggi sono più legati alla politica della BCE (non che la politica interna non conti più niente ma certo influenza meno i mercati).

In Italia,  i media a cui Massimo si riferisce hanno fatto passare la riduzione dello spread come il “dono” di Monti, mentre invece, per correttezza, deve essere attribuito l’eventuale donatore è  Draghi.

Infatti, se si guardano bene gli spread (non solo quello dell’Italia ma anche quello degli altri paesi dell’area Euro) questi sono scesi vertiginosamente dopo le dichiarazioni a fine luglio di Draghi.

La storia dello spread, se si guardano i picchi, parla chiaro e in maniera evidente della quasi indifferenza del mercato a Monti o Berlusconi o altri (la situazione finanziaria dell’Italia non si risolve con un cambio di governo, né da un giorno ad un altro, cosa nota ai mercati):

– Max ad Agosto 2011 dovuto alla situazione italiana e una politica inerte (al governo c’era Berlusconi).

– Max a Novembre/Dicembre 2011 con al governo Monti, era chiaro che nessuno degli attori del mercato credeva che Monti avrebbe potuto frenare il treno del debito.

– Min a Marzo 2012 raggiunto dopo che la BCE ha stampato in due battute circa 1000 miliardi di euro.

– Max a Luglio 2012 raggiunto perché i mercati non credono che stampare i soldi sia sufficiente, ma sia necessaria una azione incisiva della BCE

– Infine, il 27 Luglio Draghi parla di aiuti illimitati attraverso acquisti di bond sul mercato secondario a patto di prestabilite condizioni che i governi dovranno rispettare.  Per il mercato è sufficiente, da lì gli spread scendono e, come Massimo sottolinea, diventano meno sensibili alle vicende politiche interne

La freddezza dello Spread e la fine del governo Monti

 di Massimo Preziuso su L’Unità online

E, ancora una volta, i media tradizionali non raccontano la verità.

In quelle che sembrano essere le fasi finali di un governo Monti preso nella morsa berlusconiana, una cosa salta infatti agli occhi.

Tutti i giornali nazionali e le televisioni raccontano di una eccessiva ”tensione dei mercati finanziari”, di “spread in crescita” per paura della fine del governo dei tecnici.

Se si segue bene quello che realmente accade in queste ore, in realtà la musica è diversa.

Si evince una certa freddezza dei mercati ai fatti politici del Belpaese.

Gli spread nei fatti, dopo una singola giornata di “sell” speculativo, rimangono sui livelli medi dell’ultima settimana (intorno ai 330 punti base tra BTP e BUND decennali), mentre le borse si muovono poco sotto la parità.

Questo è un fatto importante, forse quello decisivo.

I mercati finanziari, motore della distruzione creatrice che portò Monti alla Presidenza del Consiglio un anno fa, oggi sono indifferenti ad una eventuale e forse auspicabile crisi di governo.

Le spiegazioni possibili possono essere diverse.

– Si potrebbe dire che i mercati oggi ritengano compiute le riforme necessarie a rimettere in marcia l’Italia.

– Si potrebbe pure pensare che gli operatori finanziari invece credano che i “tecnici” abbiano arrecato più danni (economici e sociali) che benefici (finanziari) al Paese..

– Oppure che, a livello internazionale, oggi l’Italia è vista come un Paese che ha trovato una forte direttrice politica per i prossimi anni, che è quella progressista ed europeista a guida Partito Democratico (che proprio in queste ore è ai massimi assoluti, al 38% di consenso).

Qualunque sia la verità, è chiaro che il tempo dei “tecnici” è finito. E questo è un fatto notevole, perché dice che in Italia si sente di nuovo bisogno di politica seria, che rinnovi dalle fondamenta il nostro Paese.

Il ritorno di Berlusconi nel vuoto assoluto del centro-destra

 di Massimo Preziuso su L’Unità online

So di essere provocatorio, ma sarò contento, mio malgrado, se Silvio Berlusconi nelle prossime ore deciderà di tornare sulla scena politica.

Questo perché egli rappresenta ancora oggi l’unica leadership politica (sic!) all’interno del centro – destra italiano.

Non sono un suo elettore, ma credo che da quelle parti non esista alcun confronto possibile, ahinoi, in termini di capacità politiche, con il Cavaliere.

E questo è stato di nuovo dimostrato in queste ore, mentre un PDL totalmente disgregato, voleva a tutti i costi andare alla completa auto-distruzione in Primarie che assomigliavano più ad un cast televisivo che ad un fatto politico.

Berlusconi, uscito da un silenzio durato mesi, torna alla ribalta mediatica ed in poche ore annulla il caos, scendendo in campo a 75 anni, e manda in tilt il governo Monti subito dopo.

E Alfano, la Meloni e tutti gli altri, ancora una volta dovranno mettersi a lato, e procrastinare le proprie velleità politiche.

Credo che Berlusconi (sic!) sia l’unica possibilità per provare a tenere in piedi, e a rinnovare dall’interno (quello me lo auguro vivamente) ma senza accelerazioni masochiste, tutto il centro – destra italiano.

E la presenza di una proposta alternativa di destra è necessaria affinché questo Paese possa finalmente giungere ad una legislatura politica, di piena ricostruzione e rinnovamento politico, a guida Partito Democratico.

Buona politica a tutti.

 

 

 

Che il PD dica no alle privatizzazioni e segua Bersani nel Mediterraneo

di Massimo Preziuso (su L’Unità)

Le privatizzazioni proposte stamattina dal senatore Nicola Rossi di Italia Futura, quale tema fondamentale per lo sviluppo italiano, non centrano davvero nulla con il Partito Democratico di Pierluigi Bersani.
E ascoltare Rossi che “boccia” (lui) una potenziale alleanza con il PD è offensivo per un simpatizzante democratico.
La verità è che privatizzare in un periodo in cui gli asset (mobiliari ed immobiliari) sono a valori di mercato bassissimi e la liquidità in Europa è molto scarsa, vuol dire una sola cosa: fare regali a pochi e continuare ad indebolire il Bel Paese.
Così come l’idea liberista di tagliare “tout court” spesa pubblica durante una crisi da dopoguerra, senza fare distinzioni tra spesa produttiva e improduttiva, ammazza l’economia reale.
Questa cosa andrebbe detta a chi – nel Partito Democratico – si ostina a proporre alleanze a soggetti come Italia Futura, almeno fino a quando essi si fanno portatori di questi temi e interessi.
L’Italia ha bisogno di acquisire spazi culturali e politici, prima ancora che economici, e sicuramente non di svendere patrimonio pubblico, che è ricchezza culturale e bene comune, ancora prima che finanziaria.
E’ forse ora che un Partito che naviga intorno al 36% di consenso, e sfiora picchi del 50% se mette insieme i partiti di centrosinistra, si faccia promotore di una netta politica progressista ed europeista, senza più pensare a voler incuriosire o sedurre piccole realtà politiche, che possono solo rovinare la navigazione dei prossimi anni di un Partito che può e deve essere il motore del cambiamento italiano dei prossimi decenni.
Che il Partito Democratico allora si dedichi ad una cosa semplice ma piena di significato: lo sviluppo della nostra cultura e della nostra economia nel Mediterraneo, come in questi giorni il candidato premier Pierluigi Bersani sta indicando nel suo viaggio libico.
Per farlo, si dedichino da subito energie, a Brussels e a Roma, per definire politiche di sviluppo economico sostenibile centrate sul Mare Nostrum.
E per cominciare – torno a proporlo, qualche anno dopo – si disegni da subito un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile (nel Mediterraneo).
Il momento giusto e ultimo è questo. Non sciupiamolo.

Primarie: Renzi credeva fosse Grillo ed invece era un”calesse”

di Salvatore Viglia (su L’Unità)

Se Bersani fallirà, saremo severi con lui. Su questo non ci piove. A ben vedere, la vittoria non giustificherà una nuova possibilità.

Nessun’altra possibilità neanche per il buon Matteo che ha tentato di incantarci però con un pacchetto ben assortito di demagogia e manierismo barocco forbito di parole, gesti, opere ed omissioni.

Non ci ha convinto neanche nel pieno del marasma ghiacciato della disillusione, non ci convincerà mai più allora. Ad un certo punto ha creduto d’essere il Grillo della sinistra ma invece si è accorto di essere un “calesse” come nel titolo di un film del compianto Troisi.

Un incrocio tra Grillo e Benigni, seppur nella pittoresca fusione delle tipologie, non poteva bastare a Renzi stante la mancanza di un “sacco” personale ed originale dal quale estrarre farina che fosse sua.

La politica e gli uomini devono cambiare e lo devono fare attraverso il processo e la parentesi Bersani. Pier Luigi è colui sul quale pesa la responsabilità delleresponsabilità, quella di traghettare e condurre il generale ed auspicato cambiamento del paese da una sponda all’altra del fiume.

E’ chiamato a disinnescare un ordigno nucleare a prezzo della sua stessa vita politica, del partito nel quale agisce e del destino prossimo futuro del paese. Parliamoci chiaro, e diciamolo una volta per tutte, qui in ballo c’è molto di più del default economico.

C’è assai di più del prestigio internazionale che lascia, in fin dei conti, il tempo che trova. Siamo chiamati a predisporre le forze sul campo per difendere la reputazione e la dignità di un intero popolo fucina di eccellenze umane senza precedenti che da Mani pulite ad oggi non solo non ha fatto progressi, ma è addirittura peggiorato. Da oggi pensiamo seriamente al da farsi, mettiamoci un punto. In bocca al lupo.

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