Significativamente Oltre

mediterraneo

Messaggio del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Coesione Territoriale On. Graziano Delrio – Convegno 21 Giugno a Roma su “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese”

Delrio

Roma, 20 giugno 2014

Gentile Presidente Preziuso,  gentili “Innovatori Europei”,

impegni precedentemente assunti non mi hanno consentito di raccogliere il Vostro invito.

Desidero comunque farvi giungere il mio apprezzamento per l’organizzazione dell’ evento di riflessione e approfondimento sui temi del Mezzogiorno.

Senza dubbio il gap infrastrutturale e logistico rappresenta, per le aree interessate, una delle più pesanti diseconomie e ingiustizie sociali perché il  sistema Paese possa realmente essere competitivo ed in grado di posizionarsi al centro di nuovi scambi che pure il processo di globalizzazione ha attivato, in particolare nell’area del Mediterraneo.  

Stanno progressivamente migliorando, in tempi recenti, i risultati legati all’utilizzo delle risorse europee, ma deve esser ancora compiuto quello scatto che consenta, attraverso  progetti e investimenti, di mettere in moto un meccanismo virtuoso di rilancio del Paese.

Di fronte a tale realtà, e all’obiettivo di Sbloccare l’Italia, è sostanziale che la Programmazione delle risorse della Politica di Coesione per il nuovo ciclo di spesa sia al massimo delle proprie possibilità di efficienza e raggiungimento degli obiettivi.

Certo che in futuro non mancheranno ulteriori occasioni di confronto, Vi formulo i miei più calorosi auguri per i Vostri lavori e Vi ringrazio per il contributo che darete.

 

Graziano Delrio

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Coesione Territoriale

Messaggio del Presidente del Consiglio On. Matteo Renzi – Convegno 21 Giugno a Roma su “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese”

renzi

Gentile Dottor Preziuso,

il Presidente Renzi La ringrazia per il cortese invito. Purtroppo, a causa di impegni già in agenda, non potrà essere presente; desidera comunque far giungere a tutti i partecipanti i migliori auguri di buon lavoro e di pieno successo del Convegno.

Con i saluti più cordiali

La Segreteria del Presidente del Consiglio dei Ministri

Innovatori europei: per il Sud una nuova fase da protagonista?

sud

Articolo pubblicato sul sito del Partito Democratico

L’associazione Innovatori europei ha organizzato per il 21 Giugno al Nazareno, presso la sala delle conferenze della sede nazionale PD a Roma un convegno fortemente caratterizzato fin dal titolo: “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del paese”, con uno sviluppo degli interventi che vuole dimostrare come la ripresa dell’Italia sia pura illusione se non si attribuisce, una volta per tutte, al Sud un nuovo ruolo: non più inerte beneficiario di provvidenze utili a consolidare rapporti clientelari ma parte orgogliosamente e consapevolmente integrata nel territorio nazionale, organica allo sviluppo dell’intero paese.

Certo, non è una tesi completamente nuova, ma è la prima volta – da quanto ci risulta – che il tema è trattato in maniera così approfondita.

La scaletta degli interventi è infatti estremamente ricca, tanto da costringere gli organizzatori a dividere l’evento in due sessioni, una più tecnica e politica al mattino e una al pomeriggio che si propone di mostrare come il mondo si muove così rapidamente da non lasciare scampo a chi non accetta le sfide del nuovo mondo globalizzato.

Ed è proprio qui che si tocca di nuovo con mano lo “spirito del cambiamento” in atto nel paese: come affermano gli Innovatori europei, appena è iniziata a circolare la voce che si stava organizzando al Nazareno un convegno su questo tema, sono arrivate da ogni parte d’Italia tantissime richieste per poter assistere o anche per dare il proprio contributo al successo della manifestazione.

È segno che sta per iniziare una nuova fase? O che forse è già iniziata?

Fonte, Europa Quotidiano

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Programma del convegno: Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del Paese

Innovatori europei: per il Sud una nuova fase da protagonista? (Articolo di Europa Quotidiano su convegno 21 giugno)

Il 21 giugno al Nazareno (sala delle conferenze del Pd) il convegno “Logistica e infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del paese”

L’associazione Innovatori europei ha organizzato per il 21 Giugno al Nazareno di Roma un convegno fortemente caratterizzato fin dal titolo: “Logistica e Infrastrutture. Il ruolo del Mezzogiorno e il suo contributo all’economia del paese”, con uno sviluppo degli interventi che vuole dimostrare come la ripresa dell’Italia sia pura illusione se non si attribuisce, una volta per tutte, al Sud un nuovo ruolo: non più inerte beneficiario di provvidenze utili a consolidare rapporti clientelari ma parte orgogliosamente e consapevolmente integrata nel territorio nazionale, organica allo sviluppo dell’intero paese. Certo, non è una tesi completamente nuova, ma è la prima volta – da quanto ci risulta – che il tema è trattato in maniera così approfondita.

La scaletta degli interventi è infatti estremamente ricca, tanto da costringere gli organizzatori a dividere l’evento in due sessioni, una più tecnica e politica al mattino e una al pomeriggio che si propone di mostrare come il mondo si muove così rapidamente da non lasciare scampo a chi non accetta le sfide del nuovo mondo globalizzato. Ed è proprio qui che si tocca di nuovo con mano lo “spirito del cambiamento” in atto nel paese: come affermano gli Innovatori europei, appena è iniziata a circolare la voce che si stava organizzando al Nazareno un convegno su questo tema, sono arrivate da ogni parte d’Italia tantissime richieste per poter assistere o anche per dare il proprio contributo al successo della manifestazione. È segno che sta per iniziare una nuova fase? O che forse è già iniziata?

Cosa ci dice l’evasione fiscale nel nostro territorio

immagine di Giuseppina Bonaviri

 “Il Sole” ha pubblicato la stima dell’evasione fiscale nelle 103 province italiane elaborata dal Centro Studi Sintesi. Il Centro ha incrociato i dati, relativi al 2011, del reddito disponibile pro-capite, con il benessere effettivo delle famiglie ed ha ricavato una graduatoria, in cui tanto più alta è la differenza fra i due dati, tanto maggiore è stimato l’ammontare del reddito che è sfuggito al fisco. La provincia di Milano è considerata con 152 punti quella con il minore tasso d’evasione;  quella di Ragusa, con 52 punti, la meno virtuosa. Nel Lazio, la provincia di Roma occupa l’11° posto,con 123 punti; le altre quattro, sono nella parte finale della graduatoria: Frosinone è all’86° posto, Rieti e Latina all’94°, Viterbo al 98°.  

 Fanno riflettere le stime dell’evasione fiscale, nel 2011, nelle province italiane pubblicate dal quotidiano economico della Confindustria, sia per i livelli di evasione stimati paragonabili a quelli delle province meridionali maggiormente in ritardo nello sviluppo sia per l’arretramento  della situazione socio-economica, nel 2012 e nel 2013, come più volte denunciato anche da Confcommercio, Confindustria Lazio e da Cgil, Cisl, e Uil.

Nel corso degli anni ci è stato fatto credere che un maggiore benessere potesse essere conseguito allentando “lacci e lacciuoli”: liberare le risorse morali e culturali della società civile ed i vincoli della Pubblica Amministrazione, per inseguire le migliori opportunità, sperando che questo condizioni fossero sufficienti ad una crescita complessiva. Ciò non si è verificato e la crisi mondiale ha ulteriormente aumentato le disuguaglianze e gli squilibri esistenti nel nostro territorio e fra questo ed il resto della regione, in particolare con la Capitale.

Eppure per quanto grave dovremmo evitare di soffermarci sul riflesso economico ed osservare le conseguenze che un così elevato tasso di evasione fiscale produce nella sottostante situazione sociale e della convivenza civile.

Una prima considerazione è che le dimensioni dell’evasione nel nostro territorio è tipica di economie locali in cui situazioni di eccellenza sopravvivono in un contesto di sottosviluppo. Assumerne consapevolezza significa intervenire in quell’indispensabile potenziamento del territorio che l’accordo di programma di 80 milioni di euro, dovrebbe iniziare a rendere possibile, per invertire la tendenza. Il secondo elemento di questa strategia è recuperare un’autonomia fiscale a livello comunale in grado d’essere meno gravosa sulle attività produttive e con l’auspicio di far emergere, con accordi sugli oneri sociali ed i contratti, le attività economiche in nero. Un’esigenza questa di cui si dovrebbe farsi carico anche la Regione Lazio.

Una seconda considerazione che scaturisce dalla stima dell’evasione fiscale è che il reddito sottratto al fisco attraverso l’economia sommersa e il lavoro nero, chiama in causa un’emergenza economica e sociale più vasta: i finanziamenti al consumo e alla produzione al di fuori dei circuiti legali. Non è questa una novità per la provincia di Frosinone: la Rete La Fenice e Libera denunciarono già nel dibattito pubblico avvenuto a Frosinone nel dicembre 2012 -in occasione della prima conferenza tematica “ Per una Regione libera dalle mafie e dalla corruzione”- le dimensioni gigantesche del fenomeno e l’inquinamento che produce nella vita collettiva: Cassino e Frosinone- secondo le stime  2011/2012 dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della nostra Regione- si trovavano ai primi posti tra i comuni dell’intera Regione come il paradigma negativo di quello che succede in una regione amministrata male. Infatti il lavoro senza tutele e l’immissione illegale di capitali che non di rado sconfina nell’usura e nell’espropriazione di proprietà ed attività economiche per quanti non  sono in grado di assolvere agli impegni assunti, sono forme di subalternità fisica e psicologica delle persone di cui occorre avere piena consapevolezza nell’interesse di tutti.

C’è infine un aspetto nell’evasione fiscale che sembra essere divenuto retorico ma che, invece, non lo è affatto: il venir meno del rispetto della legalità. La trasgressione dell’obbligo fiscale è una insidia per il più generale rispetto delle leggi e dell’autorità dello Stato. Deve inquietare in pari misura i responsabili della cosa pubblica ed i cittadini: i primi per la delegittimazione del proprio operato, i cittadini per il venir meno della consapevolezza d’esser essi stessi parte di una unica comunità. L’intreccio sempre più stretto tra corruttela e criminalità e non soltanto quella organizzata, favorisce un clima opaco e lesivo del libero svolgimento delle attività istituzionali ed imprenditoriali, alimentando l’incertezza del diritto, minando la sensibilità e la coscienza morale del paese con un sentimento diffuso di sfiducia che, di per sé, è nocivo allo sviluppo dell’intera Nazione.

 

 

 

Regione e petrolio, ultima chiamata (per la Basilicata)

Sarebbe interessante un confronto pubblico tra gli schieramenti elettorali (e i rispettivi candidati governatori) su un progetto condiviso e definito per la Basilicata petrolifera, che identifichi il traguardo da raggiungere

di MASSIMO PREZIUSO su Il Quotidiano della Basilicata

IN QUESTI giorni mi è capitato di leggere una serie di notizie che riguardano il tema del petrolio della Basilicata, terra da molto tempo paragonata ad una sorta di Arabia Saudita di cui ad oggi, forse, in pochissimi, hanno potuto constatare i tratti positivi. E’ di qualche giorno fa la bocciatura da parte del Consiglio di Stato del cosiddetto “bonus benzina”, con il rischio per i cittadini lucani del rimborso delle somme già percepite.

In molti ritennero quella iniziativa poco pertinente, in quanto sembrava voler risolvere la normale e forte tensione legata alla intensa estrazione petrolifera in una Regione – in questo caso poi riconosciuta per la sua formidabile qualità “ambientale” – con un contributo economico di qualche centinaia di euro per abitante, per di più vincolato all’acquisto di una benzina più cara che nel resto della penisola.

Aldilà della beffa per i cittadini, è bene che questa strana forma di compensazione ambientale termini e ceda il passo ad una visione strategica della royalty petrolifera quale moltiplicatrice di sviluppo (tema su cui ricercatori ed industria energetica studiano da tempo).

Nel contempo si legge di 2 miliardi di euro che il governo dovrebbe trasferire alla Basilicata, forse già a partire da settembre, tramite una cabina di regia nazionale, che accompagni finalmente all’operatività quel   piano di sviluppo infrastrutturale ed occupazionale, di cui si parla da tempo, anche nel memorandum di intesa Stato – Regione del 2011.

Dal 2011, va poi detto, la Regione risulta ancora più centrale nei piani di sviluppo (energetici) nazionali ed euro – mediterranei (si legga la Strategia Energetica Nazionale approvata quest’anno).

Volendo allora essere ottimisti ed ipotizzando che queste risorse arriveranno davvero, si può affermare che questa sia l’ultima chiamata per il rilancio di una strategia di sviluppo legata alla attività estrattiva, in una Regione che esce fortemente provata (tra le altre, nell’ordine del 10% di ricchezza regionale prodotta), da una crisi iniziata nel 2007, oggi arrivata alla sua durissima coda finale, che ha colpito ancora maggiormente quel Mezzogiorno troppo poco presente, per limiti culturali e logistici, sui mercati internazionali.

Se a questi fatti si aggiunge che molti dei leaders politici lucani, soprattutto del centrosinistra, oggi ricoprono incarichi di primissimo piano nel governo e nelle istituzioni, vi è spazio affinché questa opportunità venga colta pienamente: cominciando da subito, con un lavoro da svolgere a Roma, per far sì che la Cabina di regia nazionale, che dovrebbe gestire la allocazione ottimale di queste importanti risorse aggiuntive (2 miliardi di euro equivalgono 20-25% del PIL regionale, per intendersi), e più in generale il tema delle royalties, sia composta da un mix perfetto di personalità e professionalità (europee, nazionali e locali) che possano lavorare insieme per segnare almeno un goal concreto in tempi accettabili.

Uno tra questi goal può riguardare la realizzazione di quella grande infrastruttura di alta velocità ferroviaria Taranto – Potenza – Salerno, su cui anche il sottoscritto e gli Innovatori Europei dibattono da tempo (anche partecipando alla Viggiano Sustainable Development School e su questo giornale, con un contributo dal titolo “L’alta velocità ferroviaria per il rilancio della Basilicata”, pubblicato ad ottobre 2012), che potrebbe finalmente dare il senso di una voglia di “futuro connesso” ad una Regione che da decenni vive culturalmente e fisicamente isolata, rischiando di scomparire, prima o poi, dalla mappa geografica.

Una infrastruttura ferroviaria, questa, che colleghi rapidamente tre regioni meridionali (la Puglia, la Basilicata e la Campania) così fortemente complementari, e che permetta a persone e cose di dialogare pienamente, finalmente, con l’Italia, con l’Europa e un domani molto prossimo con l’area mediterranea e asiatica (tramite le strategiche “porte” di Napoli e di Taranto).

Su questo tema, se si vuole cominciare con passo deciso, e viste le imminenti elezioni regionali, sarebbe altresì interessante un confronto pubblico tra gli schieramenti elettorali (e i rispettivi candidati governatori) su un progetto condiviso e definito per la Basilicata petrolifera, che identifichi il traguardo da raggiungere.

Che sia quello ferroviario, aeroportuale o legato ad una piattaforma di rilancio industriale o turistico, alla fine, poco importa: basta che sia uno solo e sostanziale.

Sarà così la popolazione a scegliere, insieme alle istituzioni – locali, nazionali ed europee – in quale direzione vuole andare.

E’ finita la recessione?

di Francesco Grillo su Il Messaggero

Periodicamente ai malcapitati premier che provano a guidare l’Italia attraverso la crisi economica più lunga e brutale dalla seconda Guerra mondiale, capita di dover vedere segnali di ripresa per iniettare nel sistema le dosi di fiducia che sono necessarie per reagire. Esattamente un anno fa, a Monti parve di vedere la luce alla fine del tunnel. Dopo un altro anno di recessione, è il Ministro dell’Economia a invocare stabilità per consolidare l’inversione del ciclo economico che, secondo Saccomanni, dovrebbe consolidarsi subito dopo l’estate.

Tuttavia, stavolta c’è il rischio che la luce sia, davvero, quella di un Tir,  di un ulteriore aggravamento della congiuntura che si sta avvicinando ad un Paese già fortemente debilitato: infatti, proprio nella stessa settimana nella quale in Italia  si annuncia la fine della crisi, l’Economist dichiara, sulla base dei dati macro che arrivano da mesi da tutto il mondo,  esaurita la grande spinta propulsiva che le economie di Cina, India, Brasile e Russia sono riuscite ad imprimere per vent’anni all’economia mondiale e iniziata la “grande decelerazione” che rischia di penalizzare ulteriormente chi per vent’anni è rimasto fermo.

Se così fosse entreremmo in una fase successiva a quella genericamente chiamata della “globalizzazione”: utilizzare i mercati emergenti come possibile sbocco delle esportazioni non basterà più e i margini di crescita del benessere di una qualsiasi società, e ancora di più per quella italiana, verranno interamente giocati nella partita della innovazione. E ancora di più risulterà indispensabile, sciogliere quei nodi strutturali che ancorano – aldilà di eventuali rimbalzi tecnici –  l’economia italiana ad un trend di lungo periodo che continua ad essere fortemente negativo.

È comprensibile, quindi, invocare stabilità politica per poter trasformare un piccolo aumento di fiducia in aspettative; sarebbe un errore tragico incoraggiare l’idea che, forse, ce la potremmo fare – ancora una volta – senza completare quei cambiamenti che gli ultimi due governi hanno solo cominciato. Del resto è lo stesso Enrico Letta a ricordare che la stabilità stessa è un valore solo se serve ad affrontare le questioni sulle quali ci giochiamo il futuro.

In un contesto sempre più dominato dall’investimento in competenze e talento, come farà a sopravvivere un Paese che spende, dopo vent’anni di interventi marginali, in pensioni quattro volte di più di quello che spende in educazione, dagli asili alle università? Come possiamo sperare di ridurre e qualificare la spesa pubblica se non stabiliamo – aldilà della battaglia infinita sul tetto agli stipendi dei manager – criteri oggettivi per valutare le prestazioni di chi gestisce i soldi dei contribuenti e vi leghiamo la remunerazione e la conferma? Come si può pensare di attrarre investimenti esteri in Italia, se secondo le classifiche della Banca Mondiale ci collochiamo per la capacità di far rispettare i contratti nei tribunali, al centosessantesimo posto nel mondo, dopo il Madagascar e lontanissimi dalla Grecia? E con quali argomenti possiamo trattenere le imprese italiane che trasferiscono – una dopo l’altra – la sede all’estero, se non mettiamo mano ad un ridisegno globale dei meccanismi di distribuzione, definizione e accertamento delle imposte che vada aldilà del gioco a somma zero su IVA e IMU?

Sono queste le sfide da vincere per crescere davvero: avere il coraggio di discutere dei tabù dei diritti acquisiti e della intoccabilità del posto pubblico; proporre una vera strategia di cambiamento sulla giustizia e sul fisco che superi la logica delle guerre di posizione che hanno congelato tutto per decenni; trovare le parole per convincere anche i privilegiati che conviene mettersi in discussione.

All’ISTAT nelle stesse ore dell’annuncio di Saccomanni, è toccato certificare la serie negativa più lunga che l’Istituto abbia mai registrato nella sua storia di misurazioni: da ieri siamo all’ottavo trimestre consecutivo di contrazione del Prodotto Interno Lordo.

Per uscire dal tunnel è necessaria la fiducia nei nostri mezzi. Ma anche la consapevolezza che non può finire a tarallucci e vino. Che dalla crisi si esce cambiando. Spostando, cioè, risorse dalla conservazione di privilegi non più sostenibili a utilizzi che siano funzionali a farci trovare un ruolo in un contesto di competizione globale che è assai diverso da quello dal quale siamo praticamente usciti circa vent’anni fa.

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