Significativamente Oltre

Kyoto

Il summit di Copenaghen sul clima: too big to fail

cop15_logo_img
Il Summit sul clima in corso a Copenaghen non potrà fallire, perche’ è “too big to fail”.

Non si arriverà alla definizione puntuale di un nuovo Trattato internazionale, come è normale che sia, ma credo che la giornata di domani sarà cruciale per lo sviluppo delle prime vere politiche globali, quelle sul clima appunto, che, va detto, rappresenteranno il primo vero “test” sugli effetti della globalizzazione e sulla stabilità delle nuove relazioni economiche e politiche del pianeta, in un mondo totalmente cambiato in un decennio o forse meno.

Detto questo, sull’argomento “clima” l’Italia risulta ancora impreparata.

Spero allora che, a breve, si cominci a prenderlo sul serio, definendo e strutturando competenze nuove nel Paese.

Mi riferisco, in particolare, alla necessità delle nostre piccole e medie aziende, così come delle piccole e medie amministrationi pubbliche, di vedere il “fattore ambientale” per quello che è: la piu’ importante leva di cambiamento ed innovazione per aziende, territori e sistemi-paese.

Spero, poi, a proposito di tariffe incentivanti alla diffusione di tecnologie verdi (Conto Energia et alia), che se ne rivedano i criteri di attribuzione anche in base a parametri di localizzazione e di sviluppo di attività imprenditoriali (e di lavoro), perchè altrimenti si rischia, come già oggi appare evidente, di trasformare una industria “labour intensive” – quella delle rinnovabili – in una industria “puramente finanziaria”, e questo sarebbe il più grave errore possibile.

Spero, infine, che anche i Partiti politici (in particolare il PD ) approfittino di questo “cambiamento di paradigma” per ripensare il modello “leggero” su cui stanno derivando (mi riferisco in particolare al nuovo PD di Bersani – che può e deve essere il Partito dell’ambiente e dell’ innovazione in Italia – che ha appena lanciato, in sostituzione dei classici “dipartimenti”, una serie di “forum tematici” su questi temi, denunciando una certa disattenzione) e trovare un nuovo baricentro di azione proprio attorno al nuovo corso della “sostenibilità”, ambientale e non solo, che sta inesorabilmente prendendo il centro della scena nel dibattito pubblico mondiale.

Ancora 24 ore e sapremo come va a finire – a Copenaghen – ma io sono ottimista, soprattutto per il dopo.

Massimo Preziuso

Aspettando il Global Kyoto a Copenhagen

copenhagen

di Massimo Preziuso


Le prime forti aperture della Cina ( “Taglio gas serra, la Cina apre: -40% entro dieci anni “ ), dopo quelle degli Stati Uniti di Obama, ad una politica globale di contrasto al Cambiamento Climatico, danno ragione a chi sosteneva che il Tema dovesse essere affrontato e regolato da una “regia” mondiale, ovvero che non potesse essere semplicemente regolata dalle forze di mercato.
Ne sono personalmente molto felice. Spiego perché.
Nel 2007, dopo i primi studi sul tema del Cambiamento Climatico, scrissi un piccolo articolo presso Peking University dal Titolo “Globalization and Climate Change: need of a Global Governance System”, contenente le premesse del mio lavoro di Tesi di Ph.D., che aveva avuto forti stimoli dal confronto con la realtà cinese.
A Settembre, tornato dalla Cina, fui invitato ad un incontro in LUISS, e comunicai la mia visione delle cose al Ministro degli Esteri inglese David Miliband: nemmeno lui, un politico – innovatore, prese sul serio quella mia osservazione, non considerando forse, a quel tempo, il Cambiamento Climatico quale problema di Governance.
Da quel Paper iniziai a fare ricerca di Ph.D. sulla necessità di un “Global Kyoto” che rimettesse in piedi un sistema energetico, culturale, geopolitico, ambientale ed economico, ormai in totale declino, grazie proprio alla “minaccia-opportunità” rappresentata dal Cambiamento Climatico.
Vivendo in quel periodo (2007-2008) a Londra ebbi la fortuna di vivere di persona la fase di prima euforia per la Green Economy, cominciata con l’assegnazione, ad Ottobre, del Premio Nobel per la Pace ad Al Gore ed al Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici.
Ricordo le prime iniziative imprenditoriali e finanziarie promosse nella City (la nascita dei primi Fondi di Investimento Green, i primi Green Clubs, etc.), che nascevano in contemporanea all’ improvvisa e forte crisi delle Borse.
Nel giro di pochi mesi, nascevano a Londra le prime importanti iniziative istituzionali, come il Centro di Ricerca istituito in LSE da Sir Nicholas Stern, che aveva pubblicato lo “Stern Review on Climate Change” (su commissione del Governo Inglese), e le importanti iniziative di importanti banche d’affari, fino a poco prima lontane dalle tematiche ambientali.
Da Londra il dibattito “ambientale” si è poi rapidamente diffuso in tutto il mondo (dagli Stati Uniti all’Europa tutta, per poi passare al Sud America, ed infine alla Cina).
Nel Luglio-Agosto 2008, al Summit del G8 di Hokkaido, in Giappone (a cui ero stato invitato ad andare con il “G8 Research Group on Climate Change Oxford – LSE”) il Cambiamento Climatico è finalmente stato riconosciuto quale “global issue”.
Da quel momento si sta attendendo Novembre 2009, quando al vertice delle Nazioni Unite di Copenaghen si dovrebbe sancire la nascita del Global Kyoto, ovvero di una politica globale di contrasto al cambiamento climatico. E la Cina, insieme agli Stati Uniti, sarà il principale “protagonista” di quella scelta.
Intanto, ancora oggi alcune importanti personalità pubbliche (italiane) criticano la scelta della Green Economy come se fosse qualcosa su cui si può scegliere se e quando aderirvi. Ancora non si vuole capire che su temi così complessi non vi è da scegliere, ma solo da ascoltare e rispondere a quelle che sono le evoluzioni naturali del sistema economico, culturale e politico del Pianeta.
Oggi è evidente che quella traiettoria naturale porta il nome di sostenibilità (ambientale), che vuol dire rispetto dell’ambiente, ma anche molto di più.
Speriamo che non si aspetti ancora troppo (in Italia), per capirlo e rispondere alla realtà.
Massimo Preziuso

News da Twitter
News da Facebook