Significativamente Oltre

innovazione

Un interessante studio del CNR, pubblicato sul Corriere di ieri, sulla distribuzione di (domini) Internet in Italia

internet

Se non lo avete letto, vi riporto in sintesi i risultati di uno studio CNR sulla distribuzione dei domini internet registrati in Italia:

un dato che secondo molti è una buona proxy per leggere una maggiore o minore propensione all’innovazione e allo sviluppo, ma anche il tasso di “alfabetizzazione digitale” dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni locali, il tasso di diffusione di “connettività veloce”, ed altre.

NUMERO DOMINI TOTALI (.IT) : 1.429.009

di cui:

NORD: 776.677 (54,35%) ovvero 340 domini su 10,000 abitanti

 CENTRO: 347.863 (24,34%) ovvero 354 domini su 10.000 abitanti

 SUD: 304.469 (21,31%) ovvero 180 domini su 10.000 abitanti

Una delle cose che viene fuori dallo studio è, ad esempio, il fatto che il “Web è piu’ diffuso dove reddito pro capite e tasso di scolarizzazione sono piu’ alti: la Rete dunque amplifica le differenze”?

Sarebbe interessante avviare una discussione insieme su questi dati, che sono sì sintetici, ma racchiudono tante realtà del nostro Paese su cui la Rete potrebbe incidere.

 Massimo Preziuso

La green economy un alibi per salvare un’idea di sviluppo energivora? I limiti di Copenaghen

di Fabio Travagliati

Un articolo come quello di Riccardo Petrella apparso sull’ultimo Monde Diplomatique testimonia la possibilità di un ambientalismo adeguato alla gravità della crisi ecologica attuale; capace non solo di vederne la disperata urgenza, ma di individuare la pressoché illimitata complessità di problemi che in essa si intrecciano, in un confronto finora squilibrato a favore dei poteri costituiti e delle idee dominanti, cioè degli stessi agenti che della crisi sono responsabili.

In vista della Conferenza sul clima programmata per dicembre a Copenaghen, Petrella innanzitutto analizza e duramente critica l’assurda contesa che, da un Summit all’altro, si riproduce praticamente invariata tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, con ciascuno che pretende solo dall’altro drastici tagli alle emissioni di Co2.

 Una sceneggiata in cui, scontata l’evidente maggiore responsabilità dei «ricchi», è difficile anche assolvere i «poveri», non solo preoccupati esclusivamente della propria salvezza, ma ormai acquisiti al produttivismo occidentale e, come tutti, lontanissimi dall’auspicare un reale cambiamento del sistema operante: che è la causa prima sia dell’iniquità sociale di cui sono vittime, sia del collasso degli ecosistemi di cui anch’essi sono responsabili.

E in ciò Petrella merita la nostra gratitudine per affrontare il problema con un taglio che – tranne rare eccezioni – anche gli ambientalisti più impegnati ignorano. «I paesi potenti non hanno alcun interesse a modificare le cause strutturali del disastro climatico. Al contrario tutti sembrano ormai convinti, al Nord come al Sud, che la soluzione alla crisi mondiale passi per il rilancio della crescita, dell’economia di mercato, ma di colore verde (automobile verde, energia verde, abitazione verde…).

Nessuno potrebbe contestare l’importanza e l’urgenza di ‘mettere al verde’ le nostre economie. Tuttavia, colorare di verde il sistema economico senza modificarne i principi e le modalità di funzionamento che sono all’origine della crisi, ha poco senso (…).

Abbiamo davvero bisogno di altre centinaia di milioni di automobili e di camion, anche se verdi? Così milioni di abitazioni supplementari a energia passiva e attiva, a New York, Parigi, Francoforte, Osaka, Dubai, Los Angeles… non risolveranno niente per miliardi di persone povere, senz’acqua potabile né servizi sanitari, senza abitazione decente, senza accesso alla sanità e all’istruzione base».

Sono parole su cui dovrebbero riflettere i tanti ambientalisti che credono di poter arrestare il collasso degli ecosistemi affidandosi al «green business», di fatto identificando il problema ambiente soltanto con il mutamento climatico; il quale certo, nell’impazzimento delle stagioni e nel moltiplicarsi di fenomeni meteorologici «estremi», ne costituisce la conseguenza più grave, ma non può essere considerata la sola, col rischio di mancare l’intero obiettivo.

Come appunto dice Petrella, «la vampirizzazione» dell’agenda relativa all’ambiente da parte della questione energetica «costituisce un’evidente mistificazione delle priorità del mondo».

A cominciare dall’acqua, gigantesco problema di cui Petrella è studioso di fama mondiale. L’acqua dolce, necessaria garanzia della nostra salute e insostituibile alimento di ogni forma di vita, oggi va facendosi sempre più scarsa: certo a causa del riscaldamento atmosferico e conseguente scioglimento dei ghiacciai, ma anche (e questo quasi sempre si dimentica) per via del moltiplicarsi delle attività industriali, non soltanto forti consumatrici d’acqua, ma agenti di gravi forme di inquinamento.

Per continuare con la quotidiana produzione di miliardi di tonnellate di rifiuti non trattati e non trattabili, tra cui scorie tossiche e radioattive; con mari e oceani sistematicamente invasi da idrocarburi e immondizie di ogni tipo, sovente secondo criminali operazioni di lucro; con milioni di intossicati e migliaia di morti da pesticidi tra i lavoratori agricoli; con malformazioni e tumori che si moltiplicano specie tra i giovani nei territori a intensa industrializzazione; con tossicità diffusa anche sotto l’innocua apparenza di sostanze e oggetti d’uso quotidiano (plastiche, vernici, colle, conservanti, detersivi, additivi, ecc.).

E’ accettabile tacere tutto ciò e puntare solo sulla «green economy», creando l’ottimistica attesa di un futuro libero da inquinamento e da scarsità energetica, con sicuro rilancio di produzione e consumi?

 «Negoziare il futuro dell’umanità unicamente a partire dall’energia (…) è una grave colpa storica», è il duro, lucido, sacrosanto giudizio di Petrella. Il quale, proprio sulla base di queste verità avanza ben poco ottimistiche previsioni circa la prossima Conferenza di Copenhagen.

E al proposito commenta la recente convocazione da parte del governo danese di un World Business Summit, organizzato «per ottenere il sostegno delle imprese e della finanza». Al termine del quale è stata emessa una dichiarazione «i cui propositi sono tutti centrati sulla priorità da dare alle innovazioni tecnologiche, ai meccanismi di mercato e agli strumenti finanziari favorevoli al mondo dell’impresa privata», mentre è mancato qualsiasi altro impegno.

 «In queste condizioni – conclude Petrella – è difficile pensare che eventuali proposte contrarie agli orientamenti e agli interessi del mondo degli affari abbiano qualche possibilità di essere prese in considerazione». Di fatto i responsabili del nostro futuro «hanno di nuovo imposto le logiche economiche, soprattutto finanziarie, per risolvere il disastro ecologico.

 Una volta di più, insomma i cosiddetti «grandi» non solo sottovalutano la crisi ecologica e ignorano le vergognose iniquità che pure appartengono al mondo loro affidato, ma puntano a legittimare il dominio del capitalismo, il culto della ricchezza individuale, il primato del consumo.

Consumo «sempre energivoro, ma verde», ribadisce Petrella, mentre sembra abbandonare ogni speranza nella prossima Copenhagen.

Come dargli torto? E però, fra circoli culturali, gruppi pacifisti, centri ecologisti, organizzazioni femministe, ecc. si avverte un fermento, certo non chiaramente definito, ma presente e vivo, e – parrebbe – disponibile a un discorso radicale.

Forse il mio è solo un esorcismo, un’illusione scaramantica. Ma insomma, come immaginare che si continui a tollerare indefinitamente la sceneggiata di questi Summit che si susseguono senza senso né conseguenze di qualche utilità?

Voglio dire, una sorta di Seattle ecologista a Copenhagen sarebbe davvero impensabile?

Auguri ad Ivan Scalfarotto (Vice Presidente PD) ed a I Mille

Ivan scalfarotto

Siamo lontani da Natale, ma in questo periodo tocca fare, con piacere, molti Auguri.

Dopo Bersani e Letta, tocca ad Ivan Scalfarotto per la sua nomina a Vice Presidente del PD.

La vittoria di Scalfarotto rappresenta un successo, speriamo non l’ultimo, per i tanti movimenti associativi che sono cresciuti negli ultimi anni attorno al Partito Democratico.

I complimenti vanno fatti in particolare a I Mille, gruppo nato nel 2007 (ricordo di aver partecipato al loro primo incontro), che ha da sempre supportato il suo membro Scalfarotto e che oggi vede raggiunto questo importante traguardo.

Va aggiunto che la Mozione Marino, come fu per Letta e la Bindi alle Primarie 2007, ha dato un importante contributo di innovazione al PD, che a mio avviso continua a crescere e a rafforzarsi (seppure) lentamente e in maniera silenziosa.

Buon lavoro.

Massimo Preziuso

ACCADE DOMANI, online gli oltre 400 progetti ricevuti – Complimenti ad Italia Futura

Italia Futura

E’ bello notare  il successo di questa iniziativa di Italia Futura, una Associazione che sta dimostrando di avere un enorme potenziale di “novità” al suo interno.

ACCADE DOMANI, un concorso che finanzierà con 30,000 di Venture Capital un brillante progetto di “Micropolitica”, ha infatti ricevuto la partecipazione di 400 progetti

Vi invito a “leggere” tra i progetti presentati, perchè vi si trova uno spaccato della creatività di noi italiani.
 
Aggiungo che sarebbe l’ora che anche i Partiti Politici ragionassero in questi termini, promuovendo “Bandi di innovazione”, “Concorsi di Idee” con cui “conoscere” e “sostenere” lo spirito creativo-imprenditoriale che è un po’ in ognuno di noi, a partire dal livello locale.
 
A mio avviso, questo è un ottimo modo per coinvolgere cittadini e favorire processi imititativi di innovazione: anche questo è fare Politica nel ventunesimo secolo.
 
Complimenti ad Italia Futura.
 
Massimo Preziuso

Ed ecco il Partito Democratico


 

Dopo le belle elezioni primarie di ieri, 25 Ottobre 2009, viene voglia di scrivere qualcosa: perchè sono state un successo, sotto vari punti di vista.

– 3 milioni di votanti sono tantissimi, soprattutto se si pensa che l’Italia non sta vivendo un momento di “euforia” (come invece accadde nel corso delle primarie del 2007).

– Ha vinto la squadra di Pierluigi Bersani, il nuovo Segretario, perchè è quella che meglio garantisce all’elettore – simpatizzante quel connubio necessario tra “esperienza e valori” del Passato e “visione e progettualità” per il Futuro.

– I “competitors”, Franceschini e Marino, hanno dimostrato, da subito, apertura e rispetto verso il nuovo Segretario: questo porterà ad una sana dialettica ed un irrobustimento dell’azione politica del Partito nei prossimi mesi.

– Con queste Primarie si disegna  una squadra di Segretari Regionali “giovani e preparati” (con Amendola in Campania, Martina in Lombardia, Speranza in Basilicata, Basso in Liguria, Serracchiani in Veneto, e tanti altri): emerge, dunque, una nuova classe dirigente.

– Queste elezioni hanno finalmente portato al centro Temi che erano stati lasciati troppo a lungo in periferia: dal Lavoro quale diritto fondamentale, alla Green Economy quale opportunità di sviluppo economico e culturale, alla Ricerca e Innovazione quale necessità per competere in un mondo che cambia rapidamente, all’Immigrazione e la Diversità viste come opportunità di crescita per la società tutta,  alle Alleanze politiche “per tornare a governare il Paese”.

Ebbene, in questo fine 2009, dopo un anno di seria crisi e di immobilismo (della Politica e dell’Economia), si apre uno spiraglio per agire e far cambiare rotta all’Italia: un Paese che ha dimostrato, in queste elezioni, di voler esserci e di saper scegliere in maniera critica.

A Bersani il delicato ma possibile compito di raggiungere questo obiettivo, cominciando (questo il mio suggerimento) dal tema fondamentale dell’Organizzazione (centrale e periferica) del Partito Democratico.

Buon lavoro, Segretario.

Massimo Preziuso

Un vero innovatore segretario del PD

Un vero innovatore segretario del PD

(di Alessia Centioni – IE Brussels)

bersani

 

 

 

 

 

 

Cari Innovatori e Innovatrici,

domenica 11 ottobre in qualità di delegata del Belgio ho partecipato alla Convenzione Nazionale del PD per confermare il mio sostegno a Luigi Bersani.

Il  suo discorso pacato, puntuale e misurato ha espresso quel che il popolo dei riformisti italiani si aspetta dal suo leader. Non uno spot, niente demagogia.  Solo un programma, articolato da realizzare con impegno ed  efficacia razionale. Un’analisi lucida della drammatica situazione in cui oggi l’Italia si trova, un’alternativa concreta su cui puntare per risollevarsi e guardare al futuro che è già qui. A noi innovatori non piacciono le parole da comizio, le platee infiammate che si perdono nel vuoto delle parole. A noi innovatori non piacciono i colpi bassi tirati a chi non ha potere di replica. Non crediamo in un partito che si arrocca su posizioni elitarie illudendosi di poter far da solo consegnando il paese nelle mani di un potere arrogante e personalistico.

 La coerenza, questa si, la pretendiamo, e solo in Luigi Bersani e nella sua politica possiamo dire di trovarla. Una politica  che guarda diritta alla Green Economy, all’abbattimento delle corporazioni, al welfare, alla centralità del ruolo della donna, alla laicità.

 La continuità di un partito  che lavora per l’Italia e lo fa insieme agli altri, una politica coraggiosa che accetta il sostegno  di  quanti vogliono cambiare.

 Rinnovo tutto la stima a Luigi Bersani, il segretario che scegliamo il 25 ottobre

L’Italia c’è: la Consulta boccia il Lodo Alfano perchè incostituzionale

corte costituzionale

 

 

 

 

 

 18:11 Consulta: serviva legge costituzionale

La Consulta – secondo quanto appreso dall’Ansa – ha bocciato il ‘lodo Alfano’ per violazione dell’art.138 della Costituzione, vale a dire l’obbligo di far ricorso a una legge costituzionale (e non ordinaria come quella usata dal ‘lodo’ per sospendere i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato). Il ‘lodo’ è stato bocciato anche per violazione dell’art.3 (principio di uguaglianza). L’effetto della decisione della Consulta sarà la riapertura di due processi a carico del premier Berlusconi: per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

Un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile per la Green Economy and Society in Italia

svilupposostenibile

Se si vuole essere protagonisti nella nuova epoca della Sostenibilità, questo è il tempo delle grandi innovazioni, soprattutto in Italia.

Tante sono le cose da fare, nel settore pubblico ed in quello privato, nei mondi della scuola, della ricerca, dell’industria, dei media, della finanza ed altri ancora.

Ma la prima cosa di cui un Paese come il nostro ha bisogno oggi è la nascita di una struttura di Governo che attui e coordini tutto il complesso di “politiche pubbliche” necessarie all’avvio di un percorso che ci porti ad una Green Economy and Society.

Una soluzione in tal senso è la nascita di un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile (MISS), che accorpi in sé il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM).

In tal modo, il MISS si doterebbe della forte capacità di impatto sul mondo industriale dell’attuale MSE (che è l’amministrazione di riferimento per i settori portanti dell’economia italiana) e dell’esperienza e competenza in tema ambientale del MATTM (che è l’amministrazione preposta all’attuazione della politica ambientale), migliorando efficacia e efficienza della spesa pubblica.

Il Ministero per lo Sviluppo Sostenibile diverrebbe così, insieme al Ministero dell’Economia, il motore delle politiche di sviluppo (sostenibile) dei prossimi decenni in Italia.

Una proposta come questa, oggi, è chiaramente una provocazione, ma un Paese moderno, perché possa cambiare davvero, ha il dovere di discutere anche di provocazioni.

Massimo Preziuso

La pesante partita di Obama

obama

di Rocco Pellegrini

Obama sta giocando tutto il suo prestigio e la sua influenza per far passare la riforma sanitaria e la riforma dei mercati finanziari ma il Congresso, spinto dalle forti resistenze del paese reale, gli sta mettendo i bastoni tra le ruote. Cerchiamo di capire perché e cosa c’è in gioco.

Il 29 settembre scorso, “la commissione Finanze del Senato ha bocciato con 15 voti contro 8 la proposta di creazione di un ente pubblico che faccia concorrenza effettiva alle grandi assicurazioni. Una misura contenuta nel testo iniziale della riforma presentato da Obama, che comunque, di fronte alle enormi difficoltà che il progetto incontra, ha da tempo mostrato disponibilità ad accogliere un compromesso”.

Così si legge in un articolo del Corriere della Sera che racconta gli ultimi accadimenti del progetto di riforma sanitaria in discussione nelle assemblee elettive negli USA. Obama ha impegnato in questa partita, che è un cavallo di battaglia storico per i democratici anericani, tutta la sua autorevolezza come si capisce dall’intervento al Congresso del 10 settembre 2009.

A noi europei, e soprattutto a noi italiani abituati al sistema sanitario nazionale che garantisce assistenza pubblica gratuita per tutti, tanta resistenza ed avversità ad una legge che ci sembra naturale e che dovrebbe dare a 45 milioni di americani (oggi esclusi da qualsiasi forma di assistenza) la copertura sanitaria, appare largamente incomprensibile.

Bisogna, però, calarsi nella realtà americana e, soprattutto, nella cultura americana per capire le ragioni di uno scontro così duro, rispetto al quale anche una personalità carismatica e popolare, come è Barack Obama, appare in grande difficoltà.

Dal testo del suo discorso e da tante altre dichiarazioni, sia del presidente che del suo entourage, appare evidente che l’amministrazione democratica non vuole fare passi indietro ed è disposta a giocarsi “tutto” pur di non fare la fine che fece l’amministrazione Clinton quando provò a far passare la sua riforma sanitaria che pure era, senz’altro, meno ambiziosa di questa prodotta dal nuovo presidente.
La presa di posizione della Commissione Finanze del Senato non è un fulmine a ciel sereno perché durante tutta l’estate negli USA il dibattito sulla riforma è stato ampio e molto diffuso, e spesso ha assunto toni molto aspri perché la destra repubblicana, ridotta al lumicino dopo la dissoluzione dell’eredità della vecchia presidenza Bush, ha visto nella lotta contro questa riforma la tanto attesa occasione per recuperare un rapporto con una parte importante della pubblica opinione.

Sono voltate parole grosse, le solite accuse di socialismo, addirittura ci sono state campagne televisive ed in rete che hanno pargonato Obama ad Hitler perché, tramite la riforma sanitaria, lo Stato avrebbe voluto controllare la vita e la morte dei cittadini americani.

Mettendo da parte, però, simili eccessi cerchiamo di dare una risposta al perché di un simile scontro. Chi vincerà questa partita? Come sarà il probabile compromesso verso il quale le cose sembrano andare?
Solo un indovino particolarmente ferrato potrebbe rispondere a simili domande. Quel che serve a noi qui è capire lo scenario degli interessi in gioco, il resto è al di là della nostra portata.
In primo luogo sarà necessario fare due conti per capire la dimensione economica delle forze coinvolte. Usando Google Finance è possibile ricavare un insieme di oltre 6500 imprese attive sui mercati americani.

 

Diamo uno sguardo a questa tabella che, senz’altro, ci aiuterà a capire:

 

All Sectors       22.912  
Financial          4.897  21.37%
Services          4.166  18.18%
Energy            3.295  14.38%
Technology        2.920  12.74%
Healthcare        1.915   8.36%
Basic Materials    1.700   7.42%
Cons. Non-Cyclical 1.412   6.16%
Capital Goods     0.700   3.06%
Utilities           0.678   2.96%
Cons. Cyclical     0.570   2.49%
Conglomerates    0.339   1.48%
Transportation     0.320   1.40%

 

I valori sono in trilioni di dollari, cioè in migliaia di miliardi di dollari e si riferiscono ai mercati del 29 settembre scorso.

Il primo valore rappresenta la capitalizzazione complessiva del mercato. L’ordine dei settori è per importanza quantitativa. Il settore Healthcare rappresenta le case farmaceutiche e tutti quelli che operano nel settore medicale in senso più vasto, comprese case di cura ed ospedali.

E’ chiaro che è fortemente interessato alla riforma sanitaria. La Technology è a lei avversa. Come vedete, rappresenta quasi il 13% di tutto il mucchio. Ma gli interessi non finiscono qui. Dalla tabella evinciamo che il settore più importante in assoluto con più del 21% del totale è il settore finanziario, all’interno del quale un ruolo non indifferente è giocato dal sistema assicurativo.

La sanità americana è fatta tutta dal sistema delle assicurazioni private, tranne qualche ramo marginale di assistenza agli anziani, e come racconta Obama nel suo intervento, rappresenta oltre un sesto della spesa complessiva del sistema America.

E’ un sistema pieno di corruzione e molto costoso che è totalmente avverso alla riforma democratica. Si tratta di una lobby che si è presentata col cappello in mano di fronte al consumatore americano quando, qualche mese fa, la crisi sembrò travolgere tutto ma che oggi ha riacquistato forza ed in buona parte ha restituito i prestiti ricevuti dallo stato per riacquistare iniziativa senza controllo.

Proprio per tener sotto controllo questa parte della problematica, Obama ha deciso di abbinare al discorso sulla riforma sanitaria un altro importante discorso sulla riforma dei mercati finanziari parlando a Wall Street il 14 settembre 2009 per ragionare sulla crisi e sulle soluzioni che l’amministrazione americana vuol realizzare per stabilizzare i mercati finanziari ed evitare nuove e più drammatiche crisi nel futuro.
Per capire dai numeri come e quanto queste potenti forze economiche abbiano recuperato dai minimi della crisi sarà il caso di dare uno sguardo ai numeri del 3 marzo 2009 quando tutto sembrò crollare e lor signori chiesero l’intervento dei contribuenti di tutto il mondo:

 

All Sectors       14.150 
Services          2.939  20.77%
Financial          2.302  16.27%
Energy            2.220  15.69%
Technology        1.577  11.14%
Healthcare        1.523  10.76%
Cons. Non-Cyclical 0.967   6.83%
Basic Materials    0.966   6.83%
Utilities           0.500   3.53%
Capital Goods     0.381   2.69%
Cons. Cyclical     0.343   2.42%
Conglomerates    0.221   1.56%
Transportation     0.210   1.48%

 

Come potete notare il settore finanziario era sotto ad un treno ma le dimensioni della ripresa le capiamo meglio se compariamo con la terza ed ultima tabella i valori del 3 marzo con quelli del 29 settembre:

 

All Sectors         8.762  61.92%
Financial           2.595  112.73%
Services           1.227  41.75%
Energy             1.075  48.42%
Technology         1.343  85.16%
Healthcare         0.392  25.74%
Basic Materials     0.734  75.98%
Cons. Non-Cyclical  0.445  46.02%
Capital Goods      0.319  83.73%
Utilities             0.178  35.60%
Cons. Cyclical       0.227  66.18%
Conglomerates      0.118  53.39%
Transportation       0.110  52.38%

 

Guardate quanto ha recuperato il settore finanziario! Di fronte ad un recupero del 60% circa di tutto il mercato il settore finanziario supera abbondantemente il 110% ed è quasi doppio rispetto a tutti gli altri, tecnologia esclusa che pure ha buone performance benchè inferiori a quelle del settore finanziario.
Appare evidente da queste assai eloquenti cifre di come questo settore abbia rialzata la testa ed oggi rialza anche il bastone del comando. Nel nostro piccolo è notizia odiena che le due maggiori banche italiane hanno deciso di non usufruire dei cosiddetti Tremonto Bond prefendo rivolgersi al mercato. Tremonti le ha accusate di preparare la prossima crisi giocando alla finanza creativa nuovamente.

Indizzi di questi comportamenti vengono da tutto il mondo. Si capisce, dunque, tornando al nostro ragionamento quanto sia grande l’interesse e quanto forti le lobby che Obama sta sfidando. Ma ciò non basterebbe se ad esse non si aggiungesse una consumata visione americana che è contro l’assistenza pubblica e che vede nell’intervento dello stato il peggiore di tutti i mali.

L’idea che chi ha poco deve soffrire è un’idea molto forte nelle comunità 

protestanti americane e si è portati a pensare che chi non ce la fa a fare da solo è meglio che non sia aiutato perché ciò indurrebbe comportamenti parassitari.
 
Dunque la montagna che si para davanti ad Obama sembra assai difficile da scalare e tuttavia io penso che il presidente riuscirà ad avere un qualche risultato. In fondo questa ripresa economica è una ripresa senza occupazione ed i numeri staranno pur dalla parte della banche ma gli interessi delle persone? Forse, anzi sicuramente, non del tutto.
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