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VELTRONI A CAPO DEL PD!
da Repubblica
Fassino: “Veltroni a capo del Pd? Avrà il sostegno di tutti i Ds”
ROMA – Ora, è quasi ufficialmente in corsa. Il sindaco di Roma, da molti evocato, e dai sondaggi esaltato, potrebbe essere il primo leader del Partito democratico. Il pressing di queste ore si rafforza con le parole di Piero Fassinio: “Mi auguro che Walter Veltroni, che in questo momento sta riflettendo sulla sua eventuale candidatura, risolva positivamente questa riflessione scegliendo di candidarsi”. Parole che irrompono nel dibattito sul futuro partito unico del centrosinistra. Una vera e propria benedizione da parte del leader della Quercia. Frutto, forse, anche di una serie di riunioni che Veltroni ha avuto ieri con D’Alema (al mattino, in Campidoglio) e Fassino (alla sera).
La posizione di Fassino si spinge più avanti di quella sostenuta da D’Alema: “Sarebbe un buon candidato premier”: come a dire che la nomina a segretario potrebbe essere inutile. O forse controproducente.
Fassino, invece, prevede che la candidatura di Veltroni alla guida del Pd “sarebbe sostenuta da tutti i Ds con grandissima convinzione. Ma soprattutto sarebbe una candidatura attorno alla quale si potrebbe raccogliere un consenso politico e sociale molto largo nella società italiana”.
Il diretto interessato, finora, ha taciuto. Nell’ultima riunione del Comitato dei 45 non ha fatto mistero dei suoi dubbi sulle regole per le primarie di ottobre (liste bloccate e collegate ai candidati leader). Ed è noto che preferirebbe altri tempi e altri modi per una eventuale “discesa in campo”. Ma a questo punto, con l’imprimatur della segreteria di via Nazionale, Veltroni è chiamato ad un risposta. Che non potrà più farsi attendere.
DON RODRIGO E IL PARTITO NUOVO
di Fernando Cancedda
“Questo partito nuovo non s’ha da fare né domani né mai”.
Immaginate una stradina solitaria di campagna, fiancheggiata da ulivi, e la tranquilla meditazione di un galantuomo bruscamente interrotta da quella singolarissima intimazione. A chi assegnereste in questo caso il ruolo di don Abbondio, dei “bravi”, di don Rodrigo o di altri personaggi coinvolti nello scenario manzoniano? Il gioco è divertente ma i nomi veri limitatevi a immaginarli, potreste beccarvi una querela per diffamazione. Quanto al ruolo dei promessi sposi, lo assegniamo a noi, a tutti “democratici” in attesa di quella benedetta “novità”.
Proviamo insieme a immaginare il seguito di quel colloquio, liberandolo tuttavia dalla minacciosa brutalità del modello, che non si conviene più allo spirito dei nostri tempi.
“Partito nuovo? – potrebbe subito precisare uno dei “bravi” – chiamatelo pure come volete, purché quell’aggettivo, “nuovo”, resti sempre tra virgolette. Figurarsi. Da che mondo è mondo le rivoluzioni, le innovazioni sono servite a stimolare la fantasia dei potenti o degli aspiranti tali per escogitare metodi sempre più raffinati per tenere a bada le masse. Chiamatelo anche Partito democratico. E’ bene infatti che la democrazia sia proclamata, dichiarata, esaltata, difesa, esportata. Praticata, dipende”.
“Ma come – sospira il galantuomo, affidandosi al suo entusiasmo per la grande democrazia americana – e il sogno americano allora?”
“ Il sogno americano, certo – interviene il secondo “bravo” – il sogno è fondamentale, meglio se individuale e non collettivo. Vuol dire che qualunque cittadino, purché abbia la fortuna, la capacità, i mezzi e la volontà necessari, lottando e sgomitando senza guardare in faccia nessuno, potrà riuscire ad entrare nel ristretto numero dei potenti. Se la novità che aspettate è questa, possiamo metterci d’accordo”.
Il galantuomo prende coraggio. “Noi però vogliamo affermare il principio: una testa, un voto. E non basta: vogliamo anche più giovani e più donne al vertice del partito e delle istituzioni”.
“Beh, ora non vi allargate, adelante Pedro con Juicio – replica il “bravo”, prendendo in prestito una battuta dal vecchio copione – tutti avrete certamente il diritto di dare o negare il voto ai candidati delle nostre liste, ma quelli li dovremo scegliere noi, giovani e donne compresi. Non si è fatto così anche per il Comitato dei 45”?
Il galantuomo, subodorando l’imbroglio, decide allora di osare: “E se le liste le facessimo noi, noi cittadini elettori, anche quelli non iscritti, proponendo le candidature dal basso?” Una risata colossale rischia di seppellire il galantuomo: “…ma tutti i nostri candidati saranno proposti dal basso!”, gli gridano i “bravi”, allontanandosi sghignazzando.
Preoccupato ma non depresso, il galantuomo riprese la sua meditazione, pensando a come fare perché quelle candidature “dal basso” non fossero davvero le stesse suggerite dall’alto. E a noi non resta che darci da fare, sperando che anche questa storia abbia il lieto fine che piaceva tanto a Manzoni.
PD: E ORA LA PARTECIPAZIONE!?
di Massimo Preziuso
E’ passato un biennio molto intenso, che ha dato molti cambiamenti al nostro Paese.
Attraverso unaa sudata e dura transizione, è nato un Governo di Centro Sinistra che sta effettivamente rilanciando il Paese.
Ricordo con grande piacere i mesi di Febbraio, Marzo, Aprile e Maggio 2006: sentivo che eravamo in una Fase di importante cambiamento, e di rilancio.
Così effettivamente è stato.
Grazie a quella transizione politica, un sogno sta diventando realtà: la creazione di un Partito Nuovo, il Partito Democratico appunto.
Tanti di noi ci hanno creduto in questi ultimi mesi e anni, e ora siamo a un punto cruciale.
Grazie al Premier Prodi, ai Partiti dell’Ulivo, ai Leaders dell’associazionismo, e grazie a tutti noi, in Italia nell’ultimo mese (dopo i Congressi DS e Margherita) si è aperta uno spazio enorme di opportunità o di minacce.
Ci si può domandare: perché opportunità o minacce?
Lo spiego subito: con i Congressi di Aprile e gli ultimi incontri sul Partito Democratico, si sta fortemente realizzando l’idea di far nascere un Partito nuovo, con il contributo di gente nuove: si apre una voragine, appunto.
Ora dipenderà da noi se questa voragine si riempirà di opportunità o di minacce per il Futuro del nostro Paese.
Se migliaia, anzi centinaia di migliaia di persone si renderanno conto della potenzialità che questo momento storico e politico ha per il futuro di tutti noi, e quindi parteciperanno, in maniera organizzata, convinte nei prossimi 12 mesi alla formazione del Partito Democratico, saremo davanti a un CAMBIAMENTO DI PORTATA RIVOLUZIONARIA in ITALIA.
Se questo non avverrà, andremo incontro a 50 anni di decadenza politica, economica e sociale.
Speriamo bene, che dire di più.
PS: aggiornamento al 19/6 – dopo l’incontro di ieri del Comitato per il PD, possiamo davvero dire che gli spazi per la partecipazione attiva si sono aperti.
L’INTRALLAZZO
di Fernando Cancedda
Dal siciliano “’ntrallazzu”: groviglio, intreccio disordinato. Nel dizionario Devoto-Oli: “traffico reso possibile dal ricorso alla segretezza o alla illegalità”.
Nel leggere oggi il verbale degli interrogatori di Stefano Ricucci, come ieri i testi di numerose intercettazioni, la metà degli italiani si domanda: quanto ha pesato, pesa e peserà l’intrallazzo nella politica nostrana? L’altra metà la domanda non se la pone neppure, tanto è convinta che politica e intrallazzo siano la stessa cosa. I politici invece parlano dei “veleni”, e non del tutto a torto perché anche le rivelazioni possono far parte di un intrallazzo. Minimizzandone il contenuto, però, danno involontariamente l’idea di pensarla come la seconda metà di cui sopra.
E’ allora questo che bisognerebbe far presente ai nostri carissimi leaders e anche all’ottimo Veltroni quando chiede : “vorrei sapere perché riemergono, due anni dopo, le dichiarazioni di un personaggio come Ricucci, volte a spargere veleno su persone che onorano la vita istituzionale del nostro paese, sulla vita economica della mia città e del mio paese”.
Non sarebbe difficile rispondergli che solo adesso i verbali sono stati legalmente comunicati alle parti ma non è questo il punto. Da quei testi, tutti da verificare e forse anche “avvelenati”, emerge da anni, con implacabile monotonia, un modo assai discutibile di gestire le inevitabili relazioni tra politica e affari. Per non parlare del linguaggio. L’ “ ‘a Frà, che te serve?” di indimenticata memoria non è paragonabile per gravità alle frasi disinvolte che si leggono in questi giorni, che tuttavia denotano anch’esse un’incomprensibile (e indecorosa) confidenza tra chi ha effettivamente il compito di onorare la vita istituzionale del nostro paese e chi, “furbetto” o meno, si dà da fare per tutelare interessi privati. Nel costume del futuro partito democratico, se davvero vuole essere “nuovo”, si dovrà fare attenzione anche a questo.
IL PARTITO DEMOCRATICO E LA FANTAPOLITICA
di Salvatore Viglia
La fusione tra DS e Margherita, ha sancito la realizzazione del nuovo centro. La novità ha posto non pochi problemi e perplessità soprattutto su due questioni nodali: la laicità dello Stato ed il posizionamento in Europa di una compagine così assortita, fare o non fare parte del PSE europeo. Senza scrollarsi di dosso, neanche per un attimo, il politichese impregnato di demagogia, Rutelli ha dato già una risposta sebbene sibillina, al secondo quesito: «Non ho dichiarato: mai col Pse»
intendendo aver detto invece: «mai nel Pse», cosa assai diversa. Insomma, due partiti, da un lato, i DS meno comunisti e, dall’altro, la Margherita, meno democristiani. Comunque la si voglia mettere, è un evento importante che non può passare inosservato. Soprattutto per gli effetti “esterni” e di riflesso. Si pensi al fallimento dell’idea di Pier Ferdinando Casini della creazione di un grande centro. Così come la delusione di Mastella che ci credeva tanto. Vedersi soffiare il centro, che era la sua minaccia, sotto il naso . A patto che non si decida di accettare l’esistenza di due centri che, anche da un punto di vista geometrico, non trovano accoglienza né nella matematica, né nella logica. Casini, avendo rifiutato Berlusconi, con chi stipulerà alleanze? Non si sa. Mastella, come un asino tra i suoni, allibito e stordito al cospetto del progetto Partito Democratico già realizzato, aspetta che gli venga un’idea. Senza contare l’adesione di Follini che, a questo punto, è data per scontata.
Per cambiare definitivamente volto alla politica italiana, sarebbe suggestivo che il Cavaliere chiedesse di farvi parte. «Siamo pronti a larghe intese» parole sue uscendo dal congresso DS. Ci è piaciuto credere che egli, almeno per un momento, avesse pensato di aderire al progetto PD. Perché no? Scaricato ormai dalla Lega, abbandonato da Casini e la sua Udc, diffidato da Fini a riproporre le larghe intese, potrebbe pensare di entrare definitivamente nella storia di questa Repubblica con una decisione veramente titanica. I DS non sono più comunisti ma centristi di nuova forgia, i democristiani della Margherita, meno democristiani e più duttili ai cambiamenti, più versatili dei “fondamentalisti” dell’Udc, quindi.
Un Partito Democratico con DS, Margherita e Forza Italia, diventerebbe una forza concepita per governare a lungo. Riposizionerebbe An alla destra dello schieramento e costringerebbe al ricompattamento i partiti della sinistra compresi i fuoriusciti dai DS. Il resto, frattaglie che, con una legge elettorale, a questo punto, convenientemente severa negli
sbarramenti, sarebbero costrette a decidere una collocazione fuori dalle retoriche.
Potremmo giurare su un Partito Democratico con Forza Italia. Una soluzione che farebbe entrare il Paese nella vera seconda
Repubblica. Fantapolitica? Forse, ma stimolante. Siamo sicuri che uno come Berlusconi, sarebbe capace di una scelta del genere. Invece, farà il Partito Unico Delle Libertà, con chi? Con Fini che non crede sia possibile dall’oggi al domani per non dire che non lo vuole affatto? Con chi? Con Bossi che non si fida dei partiti unici? Con chi, con Casini e l’ossessione delle sue radici democristiane? Con l’IdV di Di Pietro? Forse con i Verdi?
Non resta che Mastella: il classico pezzo in più che ritroviamo quando rimontiamo il motore della nostra auto: non sappiamo a cosa serviva, dove stava e dove dobbiamo metterlo.
FARE CULTURA CON LE ICT
Determinismo utopico e determinismo distopico, qual è la giusta via di mezzo? Alcune considerazioni sul proprio modo di porsi di fronte alle Nuove Tecnologie (atteggiamento iniziale, atteggiamento attuale, possibili sviluppi futuri).
di LAURA TUSSI
Le tecnologie informatiche vengono presentate come capaci di indurre delle trasformazioni radicali nello spazio in cui vengono introdotte.
Le reazioni a questa innovazione negli strumenti di comunicazione ed elaborazione delle conoscenze vengono classificate come deterministiche, in quanto considerano le tecnologie in grado di apportare ipso facto delle innovazioni nel processo di insegnamento/apprendimento. In questo ambito vengono ulteriormente distinti due atteggiamenti determinismo utopico, che assume che le modifiche indotte abbiano una valenza necessariamente positiva, e produce atteggiamenti affini al fanatismo filo-tecnologico determinismo distopico, che giudica l’innovazione tecnologica come una minaccia per l’umanità, e genera atteggiamenti di tipo irriducibilmente conservatore problematiche, che accettano il nuovo senza rinunciare ad un approccio critico-progettuale.
La distinzione tra i due tipi di reazioni, in cui la prima opzione ricalca quella tra apocalittici e integrati di U. Eco, ci sembra necessiti di ulteriori articolazioni, in quanto trascura la variabilità del grado di padronanza degli strumenti informatici. Questo fattore può influenzare in modo profondo la percezione della loro utilità e applicabilità al contesto didattico e alle esigenze della vita quotidiana. Si può essere “deterministi utopici”, ma sufficientemente padroni delle tecnologie e dei loro risvolti per farne un uso consapevole; e viceversa ecc.
Più interessante ci appare la sottolineatura del concetto di sapere tecnologico, che constata l’irrompere nella tradizionale distinzione scolastica e idealistica tra “sapere” e “tecnica” di un sapere diffuso, non settoriale, che modifica gli atteggiamenti e i comportamenti di apprendimento, che si trasforma in “cultura” e contribuisce a migliorare la qualità dell’istruzione.
Nella nostra esperienza, questi assunti trovano in effetti delle conferme. Anche le discipline umanistiche stanno fruendo in misura sempre più cospicua delle possibilità offerte dai nuovi media. Affinché tali trasformazioni abbiano un esito didattico positivo è comunque necessario un alto grado di consapevolezza delle tecnologie adoperate, che altrimenti possono pericolosamente trasformarsi in feticci autosufficienti e fini a se stessi.
UN MODO CREATIVO DI PORSI DI FRONTE ALLE NUOVE TECNOLOGIE. EDUCARE ALL’INTROSPEZIONE E ALL’INTERIORITA’.
Laboratorio di didattica autobiografica. Scrittura riflessiva e narrazione di sè
Premessa
Mi sono sempre posta di fronte ad internet e in genere alle innovazioni tecnologiche per fare ricerca, in ambito scolastico e per svolgere una mia attività parallela a tutto ciò che è scuola, ma non per questo scindibile. Questa semiprofessione od hobby o interesse è da me definito giornalismo culturale e divulgativo e ormai da anni mi servo delle ICT per divulgare notizie, per scrivere, per portare avanti una mia personale ricerca…che per esempio nella scuola trova un ampio raggio di applicazione.
Introduzione
La scrittura di sé, della propria storia di vita o autobiografismo (dal greco autobiograjh)??consiste essenzialmente in una pratica pedagogica, comunicativa, di lunga tradizione, già utilizzata, in tempi antichi da Marco Aurelio, S. Agostino, Pascal, Rousseau ed, in seguito, anche da tutta la letteratura femminile relativa alla tematica di emancipazione della donna nel ‘900 (Cfr. De Beauvoir, Cardinal, Aleramo, Weil).
Il metodo (auto)biografico inizia a svilupparsi come corrente educativa, in situazioni di grande povertà e miseria esistenziale, intorno alla figura dello studioso Paulo Freire, che approntava una nuova pedagogia sociale, “della strada”, raccogliendo e utilizzando le tragiche storie di vita dei campesinos nelle favelas brasiliane (anni ‘60 e ’70). Letteratura personale attiva, racconto in prima persona è l’autobiografia (dal greco), oppure letteratura personale passiva o biografia, quando gli autori scrivono storie di vita altrui.
Il racconto, la narrazione della personale storia di vita emancipa il soggetto da ogni rischio di manipolazione, di “revisionismo storico” della propria esistenza. L’autobiografia risulta un metodo pedagogico ricognitivo che pone una storia di fronte al legittimo autore, ricostruendo e rimembrando una memoria personale, nel desiderio di autorappresentazione che genera uno specchio di eventi condivisi da altri. Il segreto dell’altruità e alterità a cui attende il biografo consiste nella capacità di essere nel “qui e ora” e nei topoi del passato, ingenerando e suscitando la reminescenza di sé (anamnesi), in una prospettiva di bi-locazione cognitiva: capacità di scoprirsi dotati della possibilità di “dividersi senza perdersi”, nel rimembrare ri-evocativo degli eventi. L’autobiografia non rappresenta solo la sede del ritorno a ciò che si è stati in passato, ma il desiderio di nuove esplorazioni nei meandri dell’esistenza, dove la memoria risulta depositaria dell’esperienza, consentendo al ri-cordo di prendere forma.
La narrazione di sé consiste in un metodo cognitivo che include la memoria, la reminescenza nella prospettiva di percorso auto ed etero-educativo per una autodidattica dell’intelligenza, nel cui ambito la retrospezione attua un’educazione della mente attraverso il pensiero attivo, evolutivo, prima condizione per un lavoro di scavo interiore, introspettivo.
Raccontare la propria biografia educativa, in una nuova prospettiva didattica dell’intelligenza, attraverso il metodo autobiografico finalizzato allo sviluppo cognitivo del discente (soggetto), significa riappropriarsi di un personale potere autoformativo (facoltà di dominio), confrontando, anche in ambito scolastico, le esperienze di educazione istituzionale con processi di autoformazione, emergenti da diversi tipi di legame emotivo/affettivo con gli altri, le cose, se stessi.
L’autobiografia educativa possiede un valore regolativo, perché esplicita al soggetto narrante le modalità per cui ha acquisito, tramite processi cognitivi di apprendimento, nozioni e capacità (apprendimento cognitivo). L’autonarrazione risulta una presa di distanza per rivedere e verificare lo sviluppo evolutivo personale e raccontarlo all’alterità/altruità, in una prospettiva di riappropriazione della responsabilizzazione individuale rispetto alla propria autoformazione.
L’attenzione per i processi mentali non deve rappresentare un’occasione episodica in ambito didattico, ma un’occupazione costante di ogni singolo docente, per esplicitare al discente quali operazioni mentali compiere al fine di risolvere compiti e problemi di natura teorica e pratica.
Il nostro modello di attività mentale è sistemico: ogni manifestazione del pensiero può essere studiata solo in correlazione con le altre.
“Pensare” significa mettere in relazione diverse componenti del pensiero, nella loro intrinseca dinamicità e interattività, in una prospettiva di rivalutazione della natura processuale e dinamica dell’esistenza mentale.
L’intelligenza è l’identità stessa del soggetto: significa approssimarsi all’”altro”, al suo modo di attribuire senso e significato alla realtà: le cose, gli altri, il mondo, se stessi. Secondo Bruner l’intelligenza è ricerca continua di significati per “leggere dentro” ai vari aspetti ontologici dell’esistenza.
Il potenziale intellettivo è contrassegnato da una macro-attività: il potere metacognitivo. Il soggetto intelligente per assolvere al compito di significatore della realtà, utilizza tutte le risorse a disposizione, quindi la facoltà metacognitiva, per poter descrivere il lavoro della mente rispetto ai singoli domini mentali, potenziandoli attraverso la pratica intellettiva.
Dominio autocognitivo – (esercizio rimemorazione, pensiero retrospettivo) consiste nell’e-vocazione del proprio passato attraverso l’introspezione, in un’attività autocognitiva.
Dominio estatico – (attesa estatica) implica l’uscita da sé, accogliendo tutte le sensazioni che derivano dalle percezioni, limitandosi, metacognitivamente, a descrivere ciò che si percepisce.
Dominio eterocognitivo – (pensiero costruttivo) dove la cognizione lavora sugli altri, verso le cose esterne, con cui la mente organizza il reale, mediante classificazioni, attraverso un pensiero costruttivo.
Dominio interpretativo – (pensiero categorizzante) utilizza modalità metaforiche, immagini simboliche per interpretare la realtà attraverso modelli mitici, entità umane o sovraumane che hanno potere di verità assoluta.
Le finalità didattiche del metodo autobiografico consistono nella messa in luce di stili, codici, funzioni comunicative, norme e regole di interazione per imparare a pensare: sperimentare il piacere e l’emozione di questa attività liberatoria, riabilitando la facoltà di pensiero, nell’attribuzione di senso e significato alla realtà (ermeneutica interpretativa), stimolando il potenziale cognitivo del soggetto.
Lo stile educativo del “formatore autobiografo” è caratterizzato: dalla capacità di ascolto non scadente nel lezionismo
dall’attività dialogica, evitando l’univocità dell’interrelazione comunicativa dalla facoltà e predisposizione a domandare e problematizzare per ottenere l’interscambio dialogico proficuo, nel confronto tra “diversità” intersoggettive.
Contenuti e metodologia
In questa tipologia di laboratorio, a base pedagogica, si è voluto impostare un lavoro creativo a livello cognitivo/apprenditivo ed anche con un particolare sfondo e richiamo didattico per l’impostazione e la metodologia di esecuzione dei contenuti, basati sul metodo di narrazione di sé, in forma prima orale e collettiva, di seguito più intimistica, scritta, sotto forma di diario, sia personale che ripartecipato tramite la lettura in classe reciproca e comunitaria. “L’uomo che non ritorna su quanto ha vissuto resta alla superficie di se stesso Non c’è esperienza nel puro accadere degli eventi” J. Thomas
Così il gruppo classe diviene una risorsa inesauribile ed imprescindibile a livello esperienziale di autonomia per ogni singolo elemento a livello didattico e interdisciplinare, sulla base del metodo cognitivo e metacognitivo autobiografico ed introspettivo, legato ad un discorso di pratica pedagogica più estesa a livello educativo che ritrova i suoi addentellati e retaggi nella pratica e cultura educativa militante a livello sociale di “pedagogia della memoria” o retrospettiva/introspettiva come cura e riappropriazione di sé, sulla base di un processo di auto ed eteroreferenzialità con l’altro da sé, il diverso, l’altrui differenza soggettiva, come veicolo alla riscoperta, alla conoscenza di sé, autostima, tramite un progetto multidisciplinare di “educazione interiore” e permanente. “L’educazione interiore, come contemplazione, meditazione, autoriflessione, lungi dall’essere soltanto una via ascetica, laicamente costituisce un programma che donne e uomini si sono sempre dati per ampliare pensiero ed intelligenza, per conoscere di più se stessi: attraverso l’esplorazione della loro autobiografia, una maggiore attenzione per la dimensione affettiva, lo sviluppo dell’immaginazione. Pedagogisti, insegnanti ed educatori hanno responsabilità e ruoli nelle attività di ascolto ed interpretazione delle esigenze più nascoste della mente, al fine di formare altri adulti con il compito di educare all’apprendere da se stessi ed a conoscersi, creando spazi e momenti per l’educazione al “sentirsi persone”.
Nei laboratori tenuti dalla sottoscritta si sono indagate essenzialmente delle tematiche argomentative comuni all’età dell’adolescenza, ma si sono verificate anche delle “trasposizioni”, delle “proiezioni” di progettualità nel futuro, in immedesimazioni verso molteplici e poliedrici “io futuri”. Attraverso l’utilizzo di mappe concettuali si sono ricavate le parole chiave, si sono sviscerati i concetti fondamentali relativi a determinati argomenti riguardanti a loro volta l’ampia gamma di eventi appartenenti alle esperienze di vita dell’essere umano, per esempio, oggi parliamo di:
GLI STATI D’ANIMO, I SENTIMENTI
Amicizia
Amore
Solitudine
Gioia
E si studia ed indaga, tramite un discorso interrogativo, dialettico, analitico a livello collettivo, d’insieme, coinvolgente il Gruppo Classe, che prevede anche la partecipazione interattiva dell’insegnante, uno tra i tanti “sentimenti” posti in campo d’analisi e di discussione, mettendone in evidenza “metafore”, “Luoghi comuni” “Ricordi personali o archetipi”, “collegamenti” ed ulteriori concetti ricollegati alla parola chiave
Poi per esempio si valutavano alcuni Continua Apicali (Jung) o Peak Experiences (Maslow) dell’esistenza:
Nascita
Morte
Vita
Fantasia/creatività
Gioco/avventura
Ogni ragazzo, dopo ampia discussione collettiva in classe e dopo aver steso in gruppo una mappa concettuale, attraverso una precedente tipologia di brain storming relativa all’argomento, sceglie alcune parole della mappa per rielaborarle ulteriormente sotto forma di testo creativo e di discorso, tramite i compagni e l’insegnante. Tale pratica sfocia in un elaborato scritto di un episodio relativo a degli eventi analizzati che hanno fortemente caratterizzato il passato dell’allievo o che semplicemente riaffiorano in modo istantaneo ed istintivo alla memoria, alla mente.
I laboratori sostanzialmente si basano e sottendono il loro focus educativo ed esperienziale sulla referenzialità reciproca della metodologia del racconto autobiografico relativo a determinati argomenti predisposti, prescelti sia dalla classe sia dall’insegnante “Nel momento relazionale dell’incontro tra chi è protagonista di una vicenda e qualcuno che si dimostra interessato ad essa subentra l’effetto di eterostima: il narratore si riconosce nelle parole altrui, di attenzione e conferma”. Di seguito si prosegue con la riscrittura su quaderno di tali eventi ed episodi riaffioranti dal ricordo evocativo ed introspettivo, tramite le abilità metacognitive del:
-rievocare (ricordare a voce, raccontando)
-commemorare (ricordare insieme)
-rimembrare (ricostruire riassemblare “membra” di eventi)
-rammentare (riportare alla mente)
-ricordare (riportare al cuore)
con metodologie di riflessione metacognitiva, che caratterizzano la vita passata, ma anche il futuro, la personale interiorità e progettualità che viene in questo modo riacquisita, recuperata, ripartecipata e riattualizzata per l’avvenire più recente o remoto. “La missione di questo insegnamento è di trasmettere non del puro sapere, ma una cultura che permetta di comprendere la nostra condizione e di aiutarci a vivere; essa è nello stesso tempo una maniera di pensare in modo aperto e libero”.
Educare all’interiorità
L’educazione interiore risale, da un’antica tradizione ascetica, agli sviluppi più recenti della psicanalisi. In pedagogia si è smarrita la dimensione che si rivolge allo studio e all’analisi dell’interiorità, dell’anima (in accezione junghiana) e di tutto quanto è recondito nelle istanze dell’inconscio. Attualmente le scienze dell’educazione volgono la propria attenzione ad una pratica dal retaggio remoto: l’autobiografia, quale libera e spontanea anamnesi della vita. L’autobiografia nasce come genere letterario, fino ad approdare, in chiave pedagogica, a molteplici sviluppi di carattere psicosociale, attraverso la considerazione ed analisi emotiva di storie di vita (biografie), giungendo a porsi all’attenzione accademica e ai più svariati esiti psicopedagogici, come chiave di espressione dell’interiorità e porta di accesso ad una dimensione nascosta dell’anima, per riscoprire quella dimensione più genuina, creativa e meditativa legata al mondo intrapsichico dell’immaginario.
L’educazione interiore non è soltanto un percorso ascetico e spirituale, ma quale pratica di contemplazione, meditazione e autoriflessione, costituisce, laicamente, un programma che uomini e donne hanno sempre intrapreso e perseguito al fine di sviluppare le potenzialità del pensiero introspettivo, per poi ampliare l’acume intellettivo, giungendo ad un contatto più stretto, ad un rapporto più viscerale e sentito con il proprio sé e creare, plasmare, un io più emancipato, maggiormente predisposto alle interrelazioni, sviluppando rapporti profondi e proficui con le persone. Attraverso l’esplorazione di un’autobiografia, ogni individuo che intraprende il percorso di conoscenza del proprio sé giunge a recuperare una maggiore attenzione per la dimensione affettiva di moti emozionali latenti e ad arricchire l’immaginazione creativa. Il testo si rivolge agli operatori sociali, agli educatori, agli insegnanti e a tutti quanti pongono alla base delle dinamiche educative l’importanza del ritorno a se stessi, del rimembrare degli eventi nell’introspezione, nella narrazione di sé e autobiografica, per creare nelle istituzioni, negli ambiti predisposti alla diffusione di cultura e alla pratica educativa, un ampio margine di riflessione, da parte di ogni individuo, sulla propria storia, l’esistenza, analizzando le vicende belle o tristi o dolorose, rivivendo frustrazioni affettive o gioie d’amore, ripercorrendo successi o insuccessi formativi ed emotivi, riscoprendo ansie, delusioni, felicità piccole e grandi e tutte le amenità del vivere quotidiano. Dunque questo stimolo culturale volto al recupero del proprio mondo interiore dovrà investire gli spazi della cultura e dell’educazione per creare molteplici agorà di riflessione, al fine di permettere alle persone di “sentirsi persone” di nuovo con la ripartecipazione di se stessi con gli altri. In contesti esistenziali dove prevale la logica schiacciante del pensiero unico con i miti del successo e dell’effimero, con il primato dell’economico, in metropoli che diventano lo specchio decadente di un ormai fatiscente capitalismo ed un erroneo progresso, occorrerebbe il rilancio del senso della polis e della piazza. Ma per ritornare a questo è giunto il momento di ripensarsi, riesplorare gli errori e le inquietudini di ogni singolo, per recuperare un senso collettivo e globale dell’essere in questo mondo.
SUMMER SCHOOL: MEZZOGIORNO EUROPA
Dal 12 al 15 Luglio si tiene la interessante Summer School di MEZZOGIORNO EUROPA.
Chi fosse interessato a parteciparvi, mi scriva a INFO@INNOVATORIEUROPEI.COM, che io credo di andarci.
Massimo
MANIFESTO – INNOVATORI EUROPEI
IL MANIFESTO DI INNOVATORI EUROPEI
Innovatori Europei nasce nel 2006, dall’idea di un gruppo di amici di portare un serio contributo alla realizzazione della Società della Conoscenza.
Ad oggi è presente in molte parti d’Italia e di Europa, con gruppi territoriali che operano con una visione comune.
La Community si occupa di innovazione e politica e vuole sperimentare forme moderne di organizzazione: parola d’ordine è “Talento & Innovazione”, elementi questi necessari per costruire l’Europa del futuro.
La scelta di occuparsi del Web 2.0 e di impegnarsi per la costruzione del Partito Democratico, con una visione europea, è la conseguenza di un preciso ragionamento:
– il Web 2.0 è il Luogo in cui oggi si può fare innovazione, promuovendo la partecipazione “bottom-up” di tutti i cittadini alla formazione delle scelte sociali, economiche e politiche.
– Il Partito Democratico è il “potenziale” contenitore politico in cui supportare Innovazione e Partecipazione
– L’Europa, poi, è il perimetro d’azione in cui muoversi, il luogo in cui confrontarsi con la novità.
Innovatori Europei è dunque:
• Un Think-Tank in cui convogliare energie nuove, tramite forme di partenariato, e con cui promuovere in concreto miglioramento Sociale, Economico e Politico
• Un Centro di Riferimento per una Rete variegata di attività da svolgere in tutta Europa
• Un Medium aperto al contributo di tutti con una Redazione di più di 50 persone
• Un esempio reale di applicazione del Web 2.0 per la creazione di “intelligenza collettiva”
• Un contributo concreto alla creazione di una Società della Conoscenza
Stiamo completando il nostro processo di radicamento nei territori.
A Settembre 2007 organizzeremo la giornata nazionale degli Innovatori Europei.
Sottoscrivete questo Manifesto e dateci il vostro contributo: INFO@INNOVATORIEUROPEI.COM
NASCE COALIZIONE GENERAZIONALE
Nasce COALIZIONE GENERAZIONALE.
Alla iniziativa ho aderito personalmente perchè credo che sia il momento di unire le FORZE DI TUTTI I GIOVANI, andando aldilà dei colori di Partiti, o ideologie!
Bisogna ridare slancio a questo Paese con idee nuove e originali (e ce ne sono moltissime in giro!).
Massimo