Significativamente Oltre

google

Si apre formalmente la guerra dell’algoritmo.

di Michele Mezza

Con il fondo pubblicato oggi, venerdi 28 novembre sul Corriere della sera, a firma del vice direttore Daniele Manca, dall’esplicito titolo “Noi nudi davanti a Google”, diventa così senso comune anche in Italia il tema della dittatura dell’algoritmo.

Per la prima volta l’emergenza di un nuovo potere digitale che incrina e squilibra il sistema delle relazioni sociali ed istituzionali sopravanza la solita predicazione sui diritti negati alla rete.

Il voto del parlamento Europeo sul potere dominante che il gruppo di Mountain View ha ormai accumulato in Europa, con la conseguente necessità di separare l’attività del motore di ricerca dall’offerta dei servizi accessori , tipica norma anti trust che il liberalismo americano ha insegnato al mondo, rende più concreta e visibile il nuovo conflitto.

Persino una vestale del libero mercato anglo americano, come il magazine Economist rileva il problema, mettendo il copertina il logo di Google con la domanda: Schould Govermment break up digital monopolies?

Al momento, almeno in Italia, a guidare la critica a Google rimane la fragile tematica della privacy. Ossia di un sistema di diritti , tutti interni alla sfera del potere dell’individuo, assolutamente e liberamente negoziabili ,in cambio di servizi e commodities. Cosa che Google sa benissimo e pratica su scala planetaria. Tu mi concedi le informazioni sul tuo profilo io ti faccio fare bella figura nel lavoro e nelle tue relazioni supportando il tuo sapere e la tua potenza di calcolo. Diciamo che il pericolo viene identificato prioritariamente nei Cookies più che nell’algoritmo.

E’ questo uno scambio che noi stessi pratichiamo da tempo, quando usiamo una carta di credito o un telepass.

Diverso diventa invece il tema che affiora dal voto del parlamento europeo e dalla copertina dell’ Economist. Quanto può essere tollerata l’efficienza e la potenza tecnologica di un unico gruppo quando questo gruppo insidia l’autonomia e la sovranità di stati, comunità, e individui, nell’organizzare i propri saperi e trasmettere le proprie culture ai successori? In realtà è questo il vero tema.

Siamo , niente più e niente meno, che a quel 24 gennaio del 1984, quando l’Apple trasmise nel corso della finale del Super Bowl americano a San Francisco lo shoccante spot televisivo di Ridley Scott sul nuovo personal computer di Steve Jobs. Lo spot , faceva il verso al libro di Orwell 1984, e ammiccava allo scontro con un granbde fratello tecnologico e cvulturale che di identificava con l’allora gigante IBM, e terminava con l’esortazione: affinchè il 1984 non sia un 1984.

Il tema si p ripropone: la rete per non essere un grande fratello deve emancipare la conflittualità dei saperi o omologare in virtù di un gigantismo tecnologico? E l’accresciuto protagonismo del software nella nostra vita quotidiana può permetterci di delegare, come quotidianamente facciamo oggi, ogni nostro pensiero alla sintesi digitale che Google ci ammannisce con i suoi servizi? La prospettiva di aprire la scuola elementare al pensiero computazionale, come si chiede a gran voce, può essere occasione di un ennesima delega a Google che produce i principali tool tecnologici per la formazione di base? E ancora, l’imminente riorganizzazione del sistema editoriale e giornalistico, insieme a quello televisivo, può essere condotto semplicemente importando algoritmi di Google, come sta avvenendo?

Allarma che perfino una comunità di esperti e intellettuali critici, come quella raccolta dalla commissione sui diritti della rete, insediata dalla presidenza della Camera e guidata da Stefano Rodotà, continui, all’alba del 2014, a porre il tema di promuovere l’accesso alla rete, purchessia , piuttosto che rendere evidente che oggi, come spiega Bauman, il vero digital divide non riguarda l’uso di questa o quel congegno digitale quanto l’impossibilità di concorrere alla creazione di senso comune. E l’algoritmo è oggi linguaggio e strumento per organizzare pensieri e parole del senso comune. Più ancora di quanto cinema e letteratura potessero fare negli anni precedenti. E se su questi due settori prima gli USA, e poi la stessa Europa, hanno introdotto palesi eccezioni al liberalismo economico, codificando la necessità di proteggere i propri pensieri e le proprie opere, con leggi che supportavano l’eccezione culturale, non si vede perchè su una materia mille volte più pervasiva e minacciosa dobbiamo preoccuparci solo di come Google venda i nostri dati a produttori di biscotti.Non è questo tema per rifondare una nuova sinistra su un nuovo conflitto?

Un bit più di Google

bit_01di Michele Mezza

L’altro giorno , come con forse eccessiva petulanza vi ricordavo, ho presentato il mio libro Avevamo la Luna – vi ho mai fatto accenno che è  uscito?- alla fondazione Di Vittorio con interlocutori davvero particolari, come il vice ministro allo sviluppo economico Stefano Fassina, il presidente di Tiscali, ex presidente della Regione Sardegna Renato Soru, il presidente della stessa Fondazione Ghezzi, con il direttore Prof Pepe, e l’on. Walter Tocci.

Un parterre de Roix tutto politico per una discussione tutta politica. Finalmente. In questi mesi, trovandomi dinanzi a platee generaliste, ho dovuto camuffare il mio libro da un testo sul costume degli anni ’60. In realtà, almeno tale era l’intenzione, volevo scrivere un libro sulla sinistra di oggi.

E sono andato nella tana del lupo a discuterlo. La Fondazione Di vittorio è un organismo collaterale della CGIL. E il tema del lavoro, punto nevralgico del mio ragionamento, è un valore sacro. Così come per Fassina, che ha scritto un saggio  intitolato Per il Lavoro.

Ho affrontato il toro per le corna: oggi il baricentro economico  sta inesorabilmente uscendo dal campo del lavoro e saldamente radicandosi nel campo del sapere, anzi della circolarità del sapere. Chi controlla la mobilità dei pensieri controlla le relazioni sociali e dunque la politica. Questo in sintesi il mio ragionamento.

Devo dire che sia Fassina che Tocci hanno mostrato un atteggiamento estremamente aperto e comprensivo. Fassina ha ammesso che sul tema innovazione e politica le denunce del mio libro sui ritardi della sinistra sono fondate e che in quel triennio, 62/64 , si perse una grande occasione. Tocci  è andato più in là, parlando di un sano estremismo del libro che deve fare piazza pulita dei retaggi ideologici che ancora rimangono nel cuore della sinistra italiana.

meno sorridente il direttore della Fondazione Di Vittorio, che ha iscritto il mio libro in un filone che ha definito degli storiografi di Lotta Continua, affermando che la causa del declino della sinistra è che l’avversario non ci concede di condividere il suo potere in fabbrica.

Ma per tutti, sia i sorridenti che i digrignanti, il tema rimaneva la centralità del lavoro.

Voglio qui in tre righe spiegare finalmente cosa intendo io per centralità del sapere.

per farlo mi appello, secondo le vecchie procedure terzo internazionaliste, ad una citazione dei sacri testi:

capitolo 13 del 1° libro de Il capitale di tale Karlo Marx: Il Darwin, scrive il ragazzo, ha diretto l’interesse storia della tecnologia naturale, cio è sulla formazione degli organi vegetali ed animali come strumenti di produzione della vita delle piante e degli animali. Non merita eguale attenzione la storia della formazione degli organi produttivi dell’uomo sociale, base materiale di ogni formazione sociale particolare?

E lo stesso autore, che di lavoro una qualche conoscenza aveva, così concludeva: occorre scrivere una storia critica della tecnologia.

Intendo dire che fino dalla metà del XIX° secolo, si coglieva il processo per cui il macchinismo stava trasferendo funzioni essenziali dall’attività umana alla fase di concepimento delle macchine. Era proprio quello il momento in cui il capitale sanciva il suo predominio: era il capitale a progettare le macchine e tramite quelle ha determinare le relazioni sociali.

oggi che il software sta automatizzando la maggioranza delle nostre attività cerebrali e neuronali, interferendo con il nostro modo di pensare a maggior ragione dovremmo organizzare tempi e modi per interferire con lo sviluppo delle intelligenze artificiali che stanno contribuendo a formare il 70% del valore prodotto dall’umanità.

In sostanza , la carica conflittuale del movimento operaio va riprogrammata per esprimersi nei luoghi e nei termini di una negoziazione dell’algoritmo.

Tanto più che, come spiegano gli scienziati, l’informatica non serve a produrre le app su facebook o su Apple ma ha riprogrammare la vita, attraverso le biotecnologie. Attività che non possiamo non presidiare politicamente.

Questo è il senso del mio ragionamento e il vero messaggio che Olivetti trasmetteva con il suo discorso esattamente di 54 anni fa, del 8 novembre del 1959, quando parlava dell’informatica come tecnologia di libertà che avrebbe emancipato l’uomo dal peso del lavoro manuale.

Dunque il cuore oggi del potere è il controllo dell’algoritmo. per questo rilancio una proposta concretissima: perchè il governo , o almeno la sinistra al suo interno, non chiede una norma che premi con una defiscalizzazione  tutte le aziende o le partite Iva che investono sul proprio software, ossia che non acquistano prodotti intelligenti già fatti ma che attivano ricerche e adeguamenti di software autonomo? Perchè non indirizzare la poyt6enza del sistema informatico italiano che  porta questo paese ad essere il primo produttore di app del mondo, a produrre software originali per il sistema produttivo nazionale? Non è questo un modo per non toglierci il cappello nemmeno dinanzi a Google?

Proprio come  Di vittorio ci ha insegnato , quando diceva che non dovevamo piegarci dinanzi al padrone e  che dovevamo sapere una parola più di lui. perchè dobbiamo toglierci il camice bianco dinanzi  al padrone che progetta e dobbiamo rassegnarci a sapere un bit meno di Google?

Il sorpasso delle conversazioni sulle domande (di Michele Mezza)

Il sorpasso delle conversazioni sulle domande. Così potrebbe sintetizzarsi la notizia di ieri del tutto ignorata da media e politica- che vede per la prima volta Facebook sopravanzare frequenza la homepage di Google. E’ ovvio che se aggiungiamo tutte le applicazioni del gruppo di Mountain View allora Google è ancora in testa. Ma il fatto che il social network più popolare per un’intera settimana riesca a superare il motore di ricerca più cliccato dovrebbe dirci molto.
Intanto , dovrebbe avvisarci che qualcosa di rilevante sta accadendo sulla rete: la socialità sta diventando il linguaggio dominante. La rete serve circolarmente a cooperare, in qualsiasi forma, dalla più frivola del cinguettio fra due adolescenti, alla più solenne delle ricerche scientifiche di gruppo. In rete si conversa per creare insieme. E non si domanda più solo a chi sa tutto. Anche quest’ultima cattedrale del top down si sta sbriciolando. Google che aveva dato il più possente colpo di piccone alla cultura dall’alto, ed allo stato proprietario, comincia a vacillare anch’esso sotto la pressione della cultura che ha contribuito a diffondere. Il vaso di Pandora è ormai irrimediabilmente aperto: ne sta uscendo una forza al momento non riducibile ad un singolo asseto di potere, come è il protagonismo collettivo.
La seconda cosa che ci dice l’evento è che ormai la conversazione è una pretesa sociale, un senso comune: io partecipo solo se sono ascoltato. Internet diventa allora la social listening technology.
Si rovescia il paradigma di Guttemberg: con il libro vincevano quelli che parlavano, coloro che dall’alto elargivano lezioni o comunicavano contenuti. Intendiamoci:una straordinaria stagione della civiltà, che ci ha portato a salire sulle spalle dei giganti. Ora però muta il contesto. Vince chi ascolta, chi , di volta in volta, sale sulle spalle di milioni di nani. E’ un tornante radicale, che ci porta in un’altra dimensione psico-sociale. Ed infatti proprio oggi è stato diffusa una rigorosa ricerca della BBC,a livello internazionale, sul modo in cui gli internauti intendono la rete. 4 utenti di internet su cinque considerano l’accesso in rete un diritto primario, e la libertà di uso della rete una rivendicazione costituzionale. Cosa ci vuole di più per comprendere che questi due dati- l’affermazione dei social network e la pretesa sociale di accesso- sono destinati a mutare la natura e la forma delle relazioni sociali a partire dalla politica. I meccanismi di formazione e trasmissione del sapere sono la matrice dei rapporti sociali e di potere. Al di fuori di questa visione la politica perde la sua capacità di incidere e di rappresentare la vita delle persone e delle comunità, riducendosi a cerimoniale decadente. Del resto proviamo a fare la prova del 9: ammettendo che quanto abbiamo qui accennato sia vero tutto quanto è accaduto dal 1989 in avanti acquista un senso compiuto a no? Ossia lo sgretolamento della forma dei partiti di massa, la perdita di rappresentanza e di incidenza sociale del movimento del lavoro, l’incomunicabilità delle sinistre, in tutte le versioni, con le nuove generazioni, l’incapacità di aggredire i linguaggi comunicativi. Tutto questo assume una sua ineluttabilità razionale alla luce dei nuovi processi sociali indotti dalla rete. Mentre se non li consideriamo come centrali, dobbiamo rassegnarci a considerare tutto quanto accade come il risultato di un destino cinico a baro.
Allora, perché i dati che citavo all’inizio entrano nell’agenda politica? Perché chi si candida a governare città a regioni non fissa il diritto alla connettività come questione sociale?Non lancia il tema di un piano regolatore della comunicazione? Perché chi attende alla ricostruzione della sinistra non prende atto che è la rete la nuova fabbrica? Come dice Manuel Castells nel sul ultimo libro Comunicazione e potere (Bocconi editore, Milano 2009)” i media non sono il quarto potere. Sono molto più importanti; sono lo spazio dove si costruisce il potere. I media costituiscono lo spazio in cui le relazioni di potere vengono decise tra attori politici e sociali in competizione fra loro”.

Michele Mezza

GOOGLE BEHIND THE SCREEN

Andate a guardare come si vive nella Società più innovativa al mondo: GOOGLE

Con l’augurio di realizzare anche voi una innovazione come questa!

Massimo

INNOVAZIONE E RICERCA

di Rocco Pellegrini

Sta per arrivare la realtà virtuale che cura il dolore con la creazione di una sorta di mondo parallelo gestito dal software in cui il potenziale paziente affronta al meglio i suoi sintomi.
L’ipotesi è stata lanciata in precedenza da Virtual reality analgesia research center dell’Università di Washington.
La crezione virtuale di un ambiente virtuale in grado di indurre nei pazienti pensieri Positivi può influenzare fortemene le sensazioni dolorose.
Il tutto senza modificare le vie di trasmissione del dolore lungo il sistema nervoso ma riducendo l’attività cerebrale indotta dallo stimolo algido.
Si induce una modificazione dell’area cerebrale interessata controllata alla risonanza magnetica.
Lo stimolo doloroso indotto puo’ attivare molte regioni cerebrali contempoaneamente, interessando ampie fascie del cervello che risultano invece ridotte quando il soggetto si trova nel mondo virtuale.
Presso l’Università dell’Australia del Sud si stanno attivando ulteriori ricerche che presto porteranno dati interessanti, speriamo, anche in Italia.

I DICO

di Edgardo Canuto

Care Amiche, Cari Amici,
per chi non ha ancora avuto tempo di approfondire, invio il testo del Disegno di Legge approvato dal Governo relativo ai DICO – Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità (09 febbraio 2007).
Infatti, al di là delle sintesi giornalistiche, credo sia indispensabile – per fare le proprie valutazioni – leggerselo.
Tra l’altro il testo è snello e veloce. Quanta ipocrisia su questo argomento !!
Non è paradossale sentir parlare di “matrimonio di serie B” e sentire lezioni di morale cattolica e cristiana da persone che nella loro vita privata hanno fatto scelte contrarie appunto alla morale che invocano e che purtroppo vivono situazioni famigliari a volte imbarazzanti?
Nel privato ognuno faccia ciò che vuole (e che può) ma nel pubblico abbia almeno il buon gusto di essere coerente ….. e soprattutto abbia rispetto del privato e delle scelte altrui!!
Lo Stato (la Repubblica – come dice l’art. 3 della costituzione), ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Credo che riconoscere il diritto alla convivenza con i conseguenti diritti/doveri relativi all’ assistenza e solidarietà materiale e morale sia importante ed attuale.
Credo che tra i diritti inviolabili dell’individuo ci sia quello di decidere con chi passare la propria vita od una parte di essa, nella condivisione e scambio di affetto, amore ed attenzioni, ottenendo assistenza, garanzia e tutela dei propri diritti.
Sarebbe un bel segnale se la Politica Italiana riuscisse a dare dignità a scelte private di tanti cittadini.
Magari in tanti inizierebbero di nuovo a credere nella Politica, nella sua capacità di tutelare la democrazia, la libertà, i diritti ed i doveri, insomma il bene comune.
Speriamo bene .

Un saluto,
EDI CANUTO
Costituzione della Repubblica Italiana.
(estratto degli articoli 2 e 3)
Art. 2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

DICO – Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi.

Art. 1 (Ambito e modalità di applicazione)
1. Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il secondo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e delle facoltà stabiliti dalla presente legge.
2. La convivenza di cui al comma 1 è provata dalle risultanze anagrafiche in conformità agli articoli 4, 13 comma 1 lettera b), 21 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, secondo le modalità stabilite nel medesimo decreto per l’iscrizione, il mutamento o la cancellazione. E’ fatta salva la prova contraria sulla sussistenza degli elementi di cui al comma 1 e delle cause di esclusione di cui all’articolo 2. Chiunque ne abbia interesse può fornire la prova che la convivenza è iniziata successivamente o è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche.
3. Relativamente alla convivenza di cui al comma 1, qualora la dichiarazione all’ufficio di anagrafe di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, non sia resa contestualmente da entrambi i conviventi, il convivente che l’ha resa ha l’onere di darne comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’altro convivente; la mancata comunicazione preclude la possibilità di utilizzare le risultanze anagrafiche a fini probatori ai sensi della presente legge.
4. L’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dalla presente legge presuppone l’attualità della convivenza.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche all’anagrafe degli italiani residenti all’estero.
6. Ai fini della presente legge i soggetti di cui al comma 1 sono definiti “conviventi”.

Art. 2 (Esclusioni)
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano alle persone: a) delle quali l’una sia stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra o sulla persona con la quale l’altra conviveva ai sensi dell’articolo 1, comma 1, ovvero sulla base di analoga disciplina prevista da altri ordinamenti; b) delle quali l’una sia stata rinviata a giudizio, ovvero sottoposta a misura cautelare, per i reati di cui alla lettera a); c) legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune.

Art. 3 ( Sanzioni )
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di beneficiare delle disposizioni della presente legge, chiede l’iscrizione anagrafica in assenza di coabitazione ovvero dichiara falsamente di essere convivente ai sensi della presente legge, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 3000 a euro 10000.
2. La falsa dichiarazione di cui al comma 1 produce la nullità degli atti conseguenti; i pagamenti eseguiti sono ripetibili ai sensi dell’articolo 2033 del codice civile.

Art. 4 (Assistenza per malattia o ricovero)
1. Le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private disciplinano le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente.

Art. 5 ( Decisioni in materia di salute e per il caso di morte)
1.Ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e volere, al fine di concorrere alle decisioni in materia di salute, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
2. La designazione è effettuata mediante atto scritto e autografo; in caso di impossibilità a redigerlo, viene formato un processo verbale alla presenza di tre testimoni, che lo sottoscrivono.

Art. 6 (Permesso di soggiorno)
1. Il cittadino straniero extracomunitario o apolide, convivente con un cittadino italiano e comunitario, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, può chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per convivenza.
2. Il cittadino dell’Unione europea, convivente con un cittadino italiano, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, ha diritto all’iscrizione anagrafica di cui all’articolo 9 del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2004/38/CE.

Art. 7 ( Assegnazione di alloggi di edilizia pubblica )
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano tengono conto della convivenza di cui all’articolo 1 ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica.

Art. 8 ( Successione nel contratto di locazione )
1. In caso di morte di uno dei conviventi che sia conduttore nel contratto di locazione della comune abitazione, l’altro convivente può succedergli nel contratto, purché la convivenza perduri da almeno tre anni ovvero vi siano figli comuni.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di cessazione della convivenza nei confronti del convivente che intenda subentrare nel rapporto di locazione.

Art. 9 ( Agevolazioni e tutele in materie di lavoro )
1. La legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi dipendenti pubblici e privati al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza, prevedendo tra i requisiti per l’accesso al beneficio una durata almeno triennale della convivenza.
2. Il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altro convivente può chiedere, salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa, in proporzione dell’apporto fornito.

Art. 10 ( Trattamenti previdenziali e pensionistici )
1. In sede di riordino della normativa previdenziale e pensionistica, la legge disciplina i trattamenti da attribuire al convivente, stabilendo un requisito di durata minima della convivenza, commisurando le prestazioni alla durata della medesima e tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite.

Art. 11 ( Diritti successori )
1. Trascorsi nove anni dall’inizio della convivenza, il convivente concorre alla successione legittima dell’altro convivente, secondo le disposizioni dei commi 2 e 3.
2. Il convivente ha diritto a un terzo dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio e ad un quarto se concorrono due o più figli. In caso di concorso con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri, al convivente è devoluta la metà dell’eredità.
3. In mancanza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al convivente si devolvono i due terzi dell’eredità, e, in assenza di altri parenti entro il secondo grado in linea collaterale, l’intera eredità.
4. Al convivente, trascorsi almeno nove anni dall’inizio della convivenza, e fatti salvi i diritti dei legittimari, spettano i diritti di abitazione nella casa adibita a residenza della convivenza e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla quota spettante al convivente.
5. Quando i beni ereditari di un convivente vengono devoluti, per testamento o per legge, all’altro convivente, l’aliquota sul valore complessivo netto dei beni prevista dall’articolo 2, comma 48, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, è stabilita nella misura del cinque per cento sul valore complessivo netto eccedente i 100.000 euro.

Art. 12 ( Obbligo alimentare )
1. Nell’ipotesi in cui uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l’altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, purché perdurante da almeno tre anni, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza ai sensi dell’articolo 1.

Art. 13 (Disposizioni transitorie e finali )
1. I conviventi sono titolari dei diritti e degli obblighi previsti da altre disposizioni vigenti per le situazioni di convivenza, salvi in ogni caso i presupposti e le modalità dalle stesse previste.
2. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può essere fornita la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella delle certificazioni di cui all’articolo 1, comma 2. La disposizione di cui al presente comma non ha effetti relativamente ai diritti di cui all’articolo 10 della presente legge.
3. Il termine di cui al comma 2 viene computato escludendo i periodi in cui per uno o per entrambi i conviventi sussistevano i legami di cui all’articolo 1, comma 1, e le cause di esclusione di cui all’articolo 2.
4. In caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere fornita, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, da parte di ciascuno dei conviventi o, in caso di morte intervenuta di un convivente, da parte del superstite, la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella della iscrizione di cui all’articolo 1, comma 2, comunque successiva al triennio di separazione calcolato a far tempo dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale.
5. I diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalle disposizioni vigenti a favore dell’ex coniuge cessano quando questi risulti convivente ai sensi della presente legge.
6. I diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalla presente legge cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.

Art. 14 (Copertura finanziaria)
1. All’onere derivante dall’articolo 11, pari ad euro 4 milioni e 600 mila per l’anno 2008 ed euro 5 milioni a decorrere dall’anno 2009 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, iscritta all’U.P.B. dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

QUOTE MARRONI

I “diversamente onesti”.

Nella scorsa legislatura, fra Camera, Senato e Parlamento europeo, i soli pregiudicati erano 25, senza contare i condannati in primo e/o secondo grado, gli imputati rinviati a giudizio, gli indagati e i miracolati da prescrizioni, amnistie e leggi salvaladri. Nella nuova
> legislatura, fra conferme, bocciature e new entry, abbiamo mantenuto la quota di 25 condannati definitivi, piú 57 esponenti delle altre categorie penali: totale 82, ai quali vanno aggiunti i politici che prendevano soldi da Parmalat e che ­ come vedremo ­ incredibilmente non sono stati chiamati a risponderne (salvo un paio di eccezioni). Il che significa che, su 900 e rotti parlamentari, una novantina ha seri problemi con la legge. Uno su dieci. E la percentuale del 10 per cento è decisamente eccessiva anche per le aree piú disagiate del paese.

Non esiste quartiere a rischio, o periferia metropolitana in cui un abitante su dieci sia stato condannato o sotto processo. In Parlamento sí, tant’è che forse varrebbe la pena dirottare i presunti “poliziotti di quartiere” lontano da quelle zone ingiustamente screditate, per impiegarli
piú utilmente al pattugliamento delle aule parlamentari, dove statisticamente si rileva la presenza piú massiccia di devianza criminale.
Un tempo i condannati si dedicavano a lavori socialmente utili, come intrecciare cestini di vimini, per reinserirsi nella società. In Italia, da un certo censo in su, i condannati entrano in Parlamento. Una condanna, provvisoria o meglio ancora definitiva, ma anche un rinvio a giudizio, e persino un avviso di garanzia, fanno curriculum. Il tutto in un paese dove chi ha un parente condannato non può fare il carabiniere. E chi è condannato in proprio non può fare il vigile urbano né il segretario comunale. Ma il parlamentare sí. Appena un facchino dell’aeroporto di Linate viene sospettato di metter le mani nei bagagli dei viaggiatori, o un dipendente dell’Anas finisce sotto inchiesta per qualche irregolarità, le rispettive società giustamente lo licenziano in tronco. Ma se sotto inchiesta o sotto processo ci finiscono i dirigenti delle società medesime, allora scatta il garantismo selettivo: presunzione d’innocenza fino alla sentenza di Cassazione, e poi di solito non accade nulla nemmeno quando questa arriva.
Ogni anno la Corte dei conti segnala la presenza, nelle amministrazioni dei vari ministeri, di centinaia di condannati (non solo per reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche per violenza sessuale e per pedofilia) e non c¹è verso di mandarli a casa. Idem per il Parlamento: chi corrompe i
> giudici o aiuta la mafia o incassa tangenti a tutto spiano e poi (ma anche prima) ha l¹accortezza di rifugiarsi in una delle due Camere, diventa intoccabile. Come i furfanti nelle chiese e nei conventi del Medioevo. La legge proibisce ai condannati a pene complessivamente superiori a 2 anni per delitti contro la Pubblica amministrazione di candidarsi nei consigli comunali, provinciali e regionali; e prevede la sospensione degli eletti nei tre enti locali in caso di condanna al primo grado, e la loro decadenza in caso di condanna passata in giudicato. La regola, però, non vale per i parlamentari, per i ministri, per i presidenti del Consiglio. Una strana dimenticanza che ha una sola spiegazione: le leggi non le fanno i consigli comunali, provinciali e regionali. Le fa il Parlamento. Cosí i condannati che non possono piú metter piede negli enti locali trasmigrano alla Camera, al Senato, al Governo e all’Europarlamento. Lí si può tutto. Non si butta via niente.

Spesso ci raccontano che “abbiamo la classe politica che ci meritiamo”.
Può darsi che sia cosí, anche se le elezioni dovrebbero servire a selezionare il meglio che c¹è in giro, non il peggio. Altrimenti i parlamentari, anziché eleggerli con gran dispendio di denaro e di energie, tanto varrebbe sorteggiarli. Cosí, in un paese che ha tre regioni e mezza controllate dalla criminalità organizzata, verrebbe garantita un¹adeguata rappresentanza anche alla mafia, alla camorra, alla ¹ndrangheta, alla Sacra corona unita. Senza contare altri fenomeni criminali di un certo peso: pedofilia, stupri, furti, scippi, rapine, traffici di droga, di armi, di carne umana, terrorismo e cosí via. Ma forse la democrazia non è questo. Non è neppure andare a votare a scadenze piú o meno regolari. Democrazia è votare sapendo tutto di chi ci chiede il voto. In Italia, per i noti fattori che inquinano l¹informazione, soprattutto televisiva, questo è impensabile.
E la nuova legge elettorale (proporzionale senza preferenza) ha di gran lunga peggiorato le cose, espropriando gli elettori del diritto di scelta. I cosiddetti “eletti” vengono in realtà nominati a tavolino dai segretari di partito, che decidono chi andrà in Parlamento e chi no a seconda dell¹ordine in cui i singoli candidati vengono inseriti nelle liste.
Il tutto ben prima che il presunto “popolo sovrano” si rechi alle urne: in quel momento ormai i giochi sono fatti, e all¹elettore non resta che vidimare con il suo voto una scelta fatta da altri, altrove, in precedenza, in base a criteri piú o meno imperscrutabili. Il candidato in pole position non ha alcun motivo per incontrare i suoi potenziali elettori e per convincerli a votarlo, visto che ha già la poltrona assicurata. Quello in mezzo o al fondo della lista, idem: ha la bocciatura assicurata. Cosí le liste diventano inutili crittogrammi che si possono tranquillamente dare per letti: l¹elettore infatti non ha alcuna possibilità di premiare il candidato meritevole e di punire il non meritevole. Si sceglie la lista, a scatola chiusa.

Nei paesi civili chi finisce sotto inchiesta abbandona la politica, o almeno la carica che ricopre, in attesa di chiarire la sua posizione dinanzi alla legge. Se poi la chiarisce, dopo essersi difeso con le nude mani, senza coinvolgere il partito o le istituzioni che rappresenta, ritorna in campo.
Altrimenti se ne resta a casa, o eventualmente in carcere. In Parlamento, meglio di no. Il Parlamento come alternativa all¹ora d¹aria non è un bello spettacolo. Non c¹è nulla di peggio che vedere le Camere messe all¹asta al miglior offerente (dal caso Parmalat al caso Fiorani-Fazio, dalle leggi-vergogna di Berlusconi & C. ai tanti scandali di Tangentopoli) per ottenere leggi su misura. Parafrasando una fortunata campagna della nettezza urbana a Milano, “il Parlamento è anche tuo: aiutaci a tenerlo pulito”.

QUOTE MARRONI

Dove sono

> Camera 49
> Senato 26
> Parlamento europeo 7

Categorie penali*

> Condannati definitivi (o patteggiamenti) 25
> Prescritti definitivi 10 Assolti per legge** 1
> Prosciolti per immunità*** 1
> Condannati in I grado 8
> Imputati in I grado 17
> Imputati in udienza preliminare 1
> Indagati in fase preliminare 19

> Totale 82

* Quando un parlamentare ha piú processi, abbiamo registrato quello in fase piú avanzata (la prescrizione prevale sulle indagini in corso, ma non sulle condanne anche provvisorie).
** Il dato non tiene conto dei casi Berlusconi, Previti, Brancher e altri, usciti dai loro processi in base a leggi da essi stessi votate, perché rientrano anche in altre categorie penali per altri processi.
*** Si tratta della insindacabilità che ha salvato il leghista Speroni da un processo per reati ritenuti compiuti nell¹esercizio delle funzioni parlamentari.

L’hit parade dei partiti

> Forza Italia 29
> Alleanza nazionale 14
> Udc 10
> Lega Nord 8
> Movimento per l¹autonomia 1
> Dc 1
> Psi 1
> Gruppo misto **** 1

> Totale Destra 65

> Margherita 6
> Ds 6
> Udeur 2
> Rifondazione comunista 2
> Rosa nel pugno 1

> Totale Sinistra 17

> La classifica dei reati*****

> Corruzione 18
> Finanziamento illecito 16
> Truffa 10
> Abuso d¹ufficio, falso 9
> Associazione mafiosa 8
> Bancarotta fraudolenta, turbativa d¹asta 7
> Associazione a delinquere, resistenza a pubblico ufficiale, falso in
> bilancio 6
> Attentato alla Costituzione, attentato all¹unità dello Stato, struttura
> paramilitare fuorilegge 5
> Favoreggiamento, concussione, frode fiscale 4
> Diffamazione, abuso edilizio, lesioni personali 3
> Banda armata, corruzione giudiziaria, peculato, estorsione, rivelazione di segreti 2
> Omicidio, associazione sovversiva, istigazione a delinquere, favoreggiamento mafioso, aggiotaggio, percosse, violenza a corpo politico, incendio aggravato, calunnia, falsa testimonianza, voto di scambio,
ppropriazione indebita, violazione della privacy, oltraggio, fabbricazione di esplosivi, violazione diritti d¹autore, frode in pubblico concorso, adulterazione di vini ecc.

Quando questa è la realtà della legalità fra virgolette, cosa possiamo aspettarci di meglio da una sinistra che continua a litigare e a frammentarsi senza rendersi conto che la gabbia in cui si è collocata è trasparente? Noi tutti vediamo, sappiamo e giudichiamo. Uno strumento però in mano lo abbiamo e ritengo sia molto forte se utilizzato nel modo giusto.
Sono note da ieri le varie candidature alle primarie : che ne dite se incominciassimo a chieder conto dell’onestà sociale e intellettuale dei candidati? A verificare la bontà delle loro promesse elettorali attraverso l’analisi del loro impegno civile precedente? E non solo, ma anche a promettere astensione nei comuni o nelle frazioni dove già si sa di alcuni apparentamenti poco chiari? Sappiamo che le prossime elezioni saranno IL test per questa sinistra ,noi lo sappiamo ma i politici pare di no, è questo il momento giusto, secondo me, di chiamare a raccolta tutti i nauseati da questo tipo di politica per operare con forza e se serve con il ricatto.
Speravo di vedere in qualche comune o provincia un rappresentante di una lista nuove il PD, speravo, illusa come sono, che ci fosse un laboratorio di sperimentazione, evidentemente non basta sembrare puliti per esserlo veramente, bisognerebbe volare troppo alti e in questo paese non è per il
momento ancora possibile. Ecco perchè il ricatto giustifica il fine.
Questo deve diventare il nostro slogan

INNOVATORIEUROPEI.COM

condivisione di Idee

Il Partito Democratico deve essere un partito di progetto e di programma.

Un soggetto politico che riconosca il pluralismo culturale e la possibilità di una pluralità che generi una riforma morale della politica,occorre in primo luogo il riconoscimento da parte del nostro
partito e delle altre forze politiche organizzate di fare uno sforzo responsabile di una convergenza verso la società civile che intende condividere questo percorso per contribuire ad un cambiamento culturale e sociale nel metodo di fare politica, un metodo che deve salvaguardare la competenza ,la meritocrazia acquisire la fiducia dell’elettorato attraverso la capacità amministrativa e non altre vie clientelari,tutto ciò, per generare nel cittadino una cultura civica e di rispetto pubblico.

Un pluralismo che generi le condizioni per un cambiamento culturale e sociale nella mentalità politica per colmare il solco tra politica e cittadini,un percorso che va fatto attraverso la partecipazione,la trasparenza, programmare obbiettivi politici condivisi nell’interesse di tutti. Anche se purtroppo politicamente a volte si è impotenti nel promuovere obbiettivi comuni per l’ingerenza del potere economico sul potere politico;temi questi sicuramente da trattare in futuro.

Un partito che mira ad essere una casa più grande ha bisogno di un pluralismo più ricco dentro una intelaiatura unitaria,determinata da libertà, uguaglianza, solidarietà e laicità dello stato, concetti
condivisibili da tutte le componenti politiche e sociali intelaiate nel progetto politico.

Naturalmente nella confederazione di correnti del partito monolitico ci deve essere lo spazio per un pluralismo che riconosca e garantisca il ruolo delle minoranze.
Il mondo è cambiato. Occorre una risposta nuova a problemi nuovi; non è possibile attardarsi su cose datate.

A mio avviso il ritardo politico nasce nel 1978 quando abbiamo subito attraverso la violenza e il terrorismo il blocco del rinnovamento. XI legislatura si è impegnata a promuovere norme di rinnovamento rimaste purtroppo tuttora incompiute. Anche per colpa della destra che attua una
forma di conservatorismo e cosa più grave destre che rifiutano regole democratiche di alternanza politica .

Noi dobbiamo colmare quel ritardo attraverso il senso di responsabilità di tutti gli attori in campo lasciando da parte gli interessi personali ,salvaguardando gli interessi pubblici nell’interesse di tutti

buon lavoro -Adriano Pacioni

INNOVATORIEUROPEI.COM

MANIFESTAZIONE RAGAZZI A LOCRI

Carissimi/e,

E’ trascorso più di un anno dalle grandi manifestazioni di Locri scaturite dalla rabbia per l’omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale Francesco Fortugno, ciliegina sulla torta dopo decine di delitti impuniti perpetrati nella Locride ed in tutta la Calabria.
Dopo un anno e mezzo in Calabria si continua a morire, a pagare la mazzetta, a sopravvivere soggiogati dalla ‘ndrangheta.

Locri, marcia della speranza 4 novembre 2005Dopo un anno e mezzo noi ragazzi siamo ancora qui a combattere per contrastare ogni forma di mafia, da quella di strada a quella dei Palazzi, e riprenderci la nostra terra.
L’impegno che abbiamo portato avanti, concretamente e con coscienza, per restituire alla Calabria ed ai calabresi la dignità di vivere in maniera normale nella propria regione, continua giorno dopo giorno, così come il nostro porci come massa critica per monitorare e denunciare quanto c’è di poco chiaro nelle nostre massime amministrazioni.

Spesso, proprio qui, abbiamo fatto fatica a farci comprendere, sentire e ad accreditarci, ma, nonostante questo, abbiamo scelto di non arrenderci.
Perché nelle nostre orecchie risuonano ancora gli spari del 16 ottobre del 2005, perché i nostri cuori sono rimasti trafitti dalle lacrime dei parenti dei tanti morti ammazzati nelle strade, perché le nostre coscienze non possono permettere che si continui ad uccidere rimanendo impuniti e le nostre voci non possono rimanere mute davanti agli innumerevoli casi di “lupara bianca“, di persone scomparse, di famiglie straziate.

Di certo nessuno ridarà alle madri, ai padri, ai fratelli ed i figli il sorriso dei propri cari uccisi, nessuno saprà spiegare ad un bambino perché il suo papà non farà più rientro a casa, ma, proprio per questo, sta a noi scuotere i cuori e le coscienze di chi, davanti a tutto questo, si gira dall’altra parte e
continua a sopravvivere.
Perché cose del genere non accadano più.
Molto spesso ci si sente immuni al problema ‘ndrangheta, finché non ci troviamo a doverne affrontare la prepotenza.

Ce ne accorgiamo al momento di aprire un’attività, quando “qualcuno” bussa alla tua porta chiedendo un “contributo” per lasciarti lavorare, poi il “contributo” diventerà un quarto, metà, tre quarti del guadagno dell’attività e sarai costretto o a scendere a compromessi o a chiudere ed andare via.
Tutto normale, preventivato, anche se completamente assurdo.
Tutto consumato in silenzio.
Come quando ammazzano qualcuno a te caro e sai chi è stato, ma quel nome è troppo pesante da dire, così come diventa troppo rischioso chiedere che sia fatta giustizia, perché certi nomi sono impronunciabili. E allora si ingoiano bocconi amari e si continua la solita vita.
In silenzio.

Oppure può succedere che un giorno un ragazzo si senta umiliare dai compagni perché non ha la maglia firmata e non l’avrà mai perché in famiglia si fanno i salti mortali per arrivare a fine mese e allora, per dare una mano, per sentirsi qualcuno e farsi rispettare eccolo rivolgersi al “capetto” di turno, eccolo ipotecare la sua vita, vendere la sua dignità per diventare “qualcuno“. Che importa se poi rischia di finire in carcere per spaccio o per aver ucciso un uomo? Che importa se avrà buttato nel fango la sua coscienza? Perché, sia chiaro, alla fine chi ci rimette è la povera gente, non
“lorsignori“. No, quelli guardano dall’alto delle loro ville al Nord, sicuri ed al calduccio! C’è chi paga per loro.
In Calabria è rimasta solo la spietata manovalanza, quella che si occupa di tenere sotto controllo il territorio e soggiogare, sostituendosi allo Stato, i calabresi. E’ quella a cui ci si rivolge per comprare i propri diritti, quella che alimentiamo con l’ignoranza e la paura.

Ed è proprio questo il senso della manifestazione che noi ragazzi del Movimento Ammazzateci tutti stiamo promuovendo per il prossimo 17 febbraio a Reggio Calabria.
Noi vogliamo mettere in pratica le parole del Giudice Borsellino: Perché se continueremo a rivolgerci al capobastone per ottenere i nostri diritti, se lasceremo che la ‘ndrangheta continui ad interferire nelle nostre vite con arroganza e prepotenza, se ci faremo ingannare dai suoi diabolici sorrisi, non riusciremo mai a liberarci dal suo giogo.
Dobbiamo essere noi i primi a volerlo, noi i primi a ripudiarla, noi i primi a capire che le alternative ci sono, anche se costano fatica, anche se si penserà di essere da soli a crederci.
Perché non è così. Noi stiamo combattendo per questo, ci crediamo e la speranza che voi siate con noi è la forza che anima le nostre scelte.

E’ la prima manifestazione auto-convocata che organizziamo a Reggio Calabria, la prima completamente auto-finanziata, anche se non nascondo che vorremmo fare appello a tutti i calabresi, commercianti, imprenditori, mamme e papà, perché ci aiutino anche economicamente nell?organizzazione della manifestazione, vorremmo infatti chiedere una sorta di “pizzo legalizzato“, ovvero un contributo economico con tanto di certificato di acquisizione da parte loro di una azione antimafia dal nostro virtuale pacchetto azionario.

Manifesteremo perché sappiamo che le persone oneste sono di più, i calabresi, gli italiani. NOI SIAMO DI PIU’, e siamo quelli che hanno l’obbligo morale di reagire. Perché sono le nostre vite ad essere messe in gioco, per il nostro presente ed il futuro che affronteremo.
La scelta sta a noi.
Vedete, è facile dire “no alla mafia“.
Il difficile è scegliere davvero da che parte stare, rinunciare a quella vita facile che “lorsignori” vendono al prezzo della dignità, sporcarsi le mani per la collettività senza avere nulla in cambio se non la consapevolezza di essere dalla parte del giusto.

Noi abbiamo già deciso quale sarà la nostra strada e la stiamo portando avanti caparbiamente non solo in Calabria, ma in tutto il Paese. Perché è da stupidi pensare che il problema mafie sia solo di noi calabresi.
Purtroppo, se qui viviamo a stretto contatto con la violenza della ‘ndrangheta, piangendo morti su morti e ricercando senza tregua la giustizia, nel resto d’Italia la malavita ha già messo le radici nei Palazzi ed ovunque girino i soldi, corrompendo, taglieggiando e minacciando gli imprenditori così come
avviene dalle nostre parti, solo che se succede a Locri, è scontato, se accade in provincia di Milano inizia a diventare assurdo quanto inquietante.

Le mafie non sono un problema solo del Sud, ma sono il cancro dell’Italia intera e, finché si continuerà a fare il loro gioco ignorando e girandosi dall’altra parte, non potremo mai estirpare questa malattia.
Per questo il nostro appello non vuole fermarsi solo ai calabresi, ma vuole essere un richiamo per TUTTI gli italiani onesti, perché c’è sempre, in ogni regione, qualcosa che prende il nome di “mafiosità di comportamento“. E’ il pensare di poter essere diversi rispetto agli altri, il pretendere di poter
comprare e vendere dei diritti, il curarsi esclusivamente del proprio bene anche scapito degli altri.

Ed è questo che dobbiamo combattere in primis, perché è di questo che si alimentano le mafie.
Abbiamo avuto grandi esempi non solo in Calabria, persone che sono morte per vivere nella legalità compiendo con coscienza il proprio dovere. Tanti, troppi nomi dimenticati.
E continuiamo ad aggiungere volti e nomi alla lunga lista dei giovani morti ammazzati o scomparsi.
E nella disgrazia, non mancano degli esempi eroici, come quello di Liliana Carbone, mamma simbolo della Locride, che con forza chiede giustizia per suo figlio Massimiliano, ucciso da mano mafiosa il 24 settembre del 2004. Ma non è la sola, c’è la moglie di Renato Vettrice, scomparso sempre nella Locride da quasi due anni, c’è il coraggioso esempio della mamma e del fratello di Francesco Aloi, scomparso in provincia di Vibo, morto a dire degli organi competenti, ma senza che se ne sia stato trovato il movente. Casi di “lupara bianca” come quello del giovane Valentino. Casi che devono spingerci ad unire le nostre voci a quelle disperate di queste donne che chiedono semplicemente che la giustizia e la verità non siano solo termini sul vocabolario.

Voci che non possono rimanere inascoltate e che devono spingerci a lottare, a gridare, a voler esprimere, concretamente, il nostro NO ALLE MAFIE.
Perchè tutto questo non è normale. Non dobbiamo permettere che lo sia o lo diventi.
Il 17 febbraio noi scenderemo per le strade di Reggio, saremo ragazzi, ma vorremmo che con noi ci fossero sia quella società civile che si dice indignata davanti a tutto questo, sia le Istituzioni che promettono di impegnarsi contro le mafie, ma che più delle volte, purtroppo, ci accompagnano solo ai
funerali dei nostri morti.
Vorremmo che ci fossero tutti quei giovani che ci hanno incoraggiati da tutta Italia, quelli che si sono arrabbiati con noi dopo l’omicidio Fortugno, quelli che credono che sia un diritto ed un dovere cambiare questa terra e questa mentalità, quelli che sentono nel cuore, davvero, di voler NEGARE IL
CONSENSO ALLE MAFIE.

A proposito : Abbiamo attivato anche un blog per la manifestazione, lì potrete trovare tutte le informazioni utili “work-in-progress” fino al 17 febbraio.
L’indirizzo è http://17febbraio.ammazzatecitutti.org.

FATE GIRARE LA VOCE, FATE GIRARE IL PIU’ POSSIBILE QUESTO APPELLO!

Vi aspettiamo in tantissimi a Reggio Calabria il 17 febbraio, per gridare tutti insieme “Mafiosi, siete una razza in via d’estinzione perchè d’ora in poi vi negheremo il consenso!“.

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