Significativamente Oltre

Energia e Ambiente

INNOVATORI EUROPEI NEL FUTURO

INNOVATORI EUROPEI: LA RETE DEL FUTURO

Il Partito Democratico nel web per una nuova Società della Conoscenza

di LAURA TUSSI – Innovatori Europei

“Innovare” significa apportare il nuovo in un vissuto prestabilito, per modificare e rinnovare un contesto culturale predefinito e spesso arroccato su un passato appunto da rivedere e ripristinare con un approccio innovativo verso le cose, i saperi, le istituzioni, le culture proprie, nostre, altre e altrui.

Innovazione ed Europa si sviluppano in un sito tramite forme di e-democracy, in una rete di talenti, saperi, valori, orientati alla nascita del Partito Democratico, verso l’Assemblea Costituente, per realizzare partecipazione, tramite le Associazioni operanti per il Partito Democratico, attraverso la creazione di un portale web, centro catalizzatore di un network, di gruppi e persone residenti in Italia e in Europa.

Il risultato: un Think-Tank per il nascente Partito Democratico, per realizzare un’unica rete di associazioni, persone e operatori che basino la propria partecipazione su concetti e valori di innovazione, merito, conoscenza, sapere. Nella Community si crea politica e si sperimenta l’innovazione nel talento creativo delle persone orientate all’Europa del futuro, promuovendo la partecipazione “bottom-up” di tutte le cittadinanze che sperimentano, nelle politiche locali e globali, la formazione di priorità sociali, di scelte economiche, di innovativi orizzonti politici di partecipazione collettiva e comunitaria. Dunque un Think-Tank dove coinvolgere le potenzialità per la creazione di un’intelligenza collettiva, al fine di contribuire concretamente all’evoluzione di una Società della Conoscenza. L’innovazione e il cambiamento consistono nella trasformazione che un individuo sperimenta su un piano evolutivo, anche intenzionalmente, ossia voluto, provocato e indotto da uomini per il benessere o il malessere di altri uomini. In filosofia il cambiamento innovativo può definirsi il rendere o divenire diverso; nelle scienze sociali è riferito al mutamento sociale; in sociologia è legato all’evoluzione e al progresso; in pedagogia è un’esperienza temporale da cui si esce con diverse percezioni del sé. L’innovazione è un laboratorio in cui il soggetto si scopre “capace di…” ciò non si verifica se non vi è un contenuto come qualcosa da apprendere, capire, usare, costruire, così importante da rigenerare e sviluppare una parte nuova o rigenerare la parte sepolta dall’identità adulta, verso un cambiamento di innovazione, un mutamento di positività. Secondo i cognitivisti il cambiamento riguarda il soggetto attivo. L’educazione è concepita come evoluzione della mente, innescamento e attivazione di processi cui il soggetto può rispondere per cambiare, per evolversi, per rin-novarsi ed in-novarsi, ossia rendersi nuovo, innovativo, diverso da dentro, fondamentalmente, senza comunque perdere totalmente i propri capisaldi, i propri punti di riferimento, ma facendo memoria di sè e della Storia degli eventi. Il cambiamento nell’innovazione, inteso come trasformazione rappresentativa, avviene prima a livello cognitivo, poi emotivo e affettivo. Secondo la psicologia culturale postpiagetiana il cambiamento avviene quando il soggetto si accorge che da passivo ricettore diventa attore della formazione del proprio conoscere e si accorge di pensare di pensare: ciò genera il panico della mente necessario al cambiamento. Per la psicanalisi, Freud ha elaborato il modello psicanalitico di resistenza al cambiamento, oltre all’istinto di piacere subentra l’istinto di morte, meta di tutto ciò che è vivo è morte, ossia pulsione a ritornare allo stato inanimato, nella pulsione che è cambiamento apparente. Il cambiamento in base all’approccio fenomenologico, con Rogers, analizza il soggetto che tende all’autorealizzazione mediante una continua ricombinazione degli elementi del suo sé. Il cambiamento innovativo è un modo nuovo di guardare la realtà, lasciando immutati i fatti concreti e oggettivi da cui è composta e trasformando la loro interpretazione soggettiva. Secondo l’approccio sistemico, Bateson sostiene che la mente è un aggregato di parti e componenti interagenti e le differenze che percepiamo si trasformano nella mente in informazioni. L’informazione è un cambiamento in quanto processo soggetto a trasformazione. La Gestalt di Polster vede il cambiamento innovativo come effetto del contatto, in quanto far proprio l’elemento di novità o rifiutarlo, comporta l’interferenza nel sistema percettivo dell’individuo. Secondo Bion l’identità è la capacità di continuare a sentirsi gli stessi nella successione dei cambiamenti che si verificano in relazione a momenti di disagio e crisi, in corrispondenza delle fasi evolutive quali lo svezzamento, l’adolescenza, la vecchiaia. Il cambiamento comporta la perdita di rapporti e di relazioni precedenti e di alcuni aspetti della personalità, verso l’innovazione e la trasformazione intrise di molteplici potenzialità.

CI DEVI STARE

CI DEVI STARE ANDREA IACOMINI, CI DEVI STARE. – di Andrea Iacomini

Ci devi stare Andrea, come si dice a Roma. Ci devi stare anche dopo una campagna elettorale, un libro, due video, tutti sul PD. Ci devi stare se hai detto anche al portiere di casa tua che era una grande occasione, specie per le nuove generazioni e non lo è stata e non lo sarà.

Ci devi stare se ti dicono che “I posti in lista si chiedono” e ti sei sentito rispondere “per te comunque non c’è posto”. Stacci Andrea, non ti arrabbiare, se arrivano una serie di offerte, tutte con la clausola “ABBANDONA QUELLI CON CUI STAI PASSA CON NOI” e taci quando ti accorgerai che è un motivetto che da 13 anni risuona nelle tue orecchie, sibilato dai boss precari della politica romana.

Ci devi stare Iacomini se ti dicono di appoggiare Letta come tanti giovani come te e tu sei allergico alle lobbicine di imprenditori, finanzieri, super tecnocrati in erba che si preparano a prendere il posto di quelli che già ci sono e guai a te se fai notare che sono sempre gli stessi a questi convegni al Nord mentre poi tra la gente va alla grande un “certo” Grillo.

Ci devi stare Andrea, 2300 voti, molti dei quali presi grazie a questo progetto, a come lo abbiamo spiegato alla gente comune con la nostra faccia da schiaffi, a nulla servono o a poco se poi devi dare la precedenza a cantanti, amministratori delegati e non, ballerini, architetti, attori, giovani di belle speranze e compagne di potenti.

Ci devi stare Andrea, perchè tu, a 33 anni, i voti li hai presi e per partecipare ad un grande evento come il PD invece, i voti non dovevi prenderli. Tu non sei nessuno per la TV e i giornali. Nessuno per i capi dei partiti che governeranno il PD. Stacci Andrea, se Franceschini, invitato con tanto di libro recapitato sulla sua scrivania, passa davanti alla sala stracolma di gente per la presentazione del tuo libro (oltre 200 persone, quelle giuste per raccogliere le firme e presentare due liste in due collegi per le primarie) e neanche degna di uno sguardo quella marea umana ferma li.

Ci devi stare Andrea se le bozze del tuo libro, miseramente inviate per una prefazione ad un “candidato importante”, il tuo candidato (ne fa tante), giacciono da mesi nel cestino degli uffici del Comune di Roma. Fanno schifo. Ci devi stare “e stare zitto” consiglia qualcuno, “altrimenti a Roma hai chiuso”. Ci devi stare se ti dicono di tradire il tuo migliore amico perchè “sei un grande leader del futuro a Roma (ma solo se passi con….) e devi mandare a quel paese quei 4 sfigati del tuo gruppo.

Ci devi stare se qualche compagno di strada, quella mia, quella buona, ti lascia perché vuole uno stipendio mensile per fare politica (a Roma funziona cosi), glielo hanno consigliato “loro” quelli che da anni sono foraggiati in questo modo (che carriere!). E non provare a non starci se ti dicono che ti devi mettere in fila, ricominciare da capo, scegliere la cordata giusta etc.. perché il futuro partito è un miscuglio di identità e la tua non la puoi rivendicare. Ci devi stare se ti dicono che fai il vice segretario e poi ti tagliano da tutto.

Ci devi stare, e non fiatare (può essere pericoloso), se sommessamente, perché solo cosi sai fare o ti hanno insegnato a casa, chiedi di assumere maggiori responsabilità. Ci devi stare se il tuo telefono non squilla più. Se mentre fanno le liste non ti rispondono, se quando ti rispondono ti dicono che non le stanno facendo e invece le hanno chiuse ad agosto. Andrea ci devi stare e basta se provi a fare un video e chiedi un “CI STO!”ai tuoi elettori per farli partecipare alla costruzione di questa nuova avventura, il PD, raccogli 200 (ancora!) firme ed invece tu sei il primo che sta fuori!!

Ci devi stare pure se ti chiedono di fare un po’ di manovalanza (ancora) alla sede centrale perché tu i voti li devi andare a prendere al momento giusto. Ci devi stare quando dicono in giro che sei bello e spendibile per una futura presidenza di municipio, salvo poi ragguagliarti sul tema che la fila è lunga, troppo lunga per un signore anziano come te e che tanto si vota tra 5 anni e…chissà. Ci devi stare, non te lo far ripetere all’infinito, se ti dicono che sei il più bravo ma con il problema lavorativo da risolare fai politica a metà e questo ti limita.

Ci devi stare se ti chiama Fabrizio tuo elettore e dice che non ha passato il concorso (chissà perché). Se ti chiama Giulia e piangendo ti dice che non ha passato il test di medicina (ancora chissà perché). Se ti chiama Paola e ti dice che non ha una casa, è ragazza madre, i genitori sono gravemente malati ed allo sportello del municipio la prendono tutti per il ….Stacci se ad Adelmo, trentetrenne regista geniale, non finanziano il film, a Giuseppe amico e scrittore geniale nessuno apre neanche una porticina per farsi conoscere e fa il correttore di bozze per campare. Ci devi stare e stringere la mascella se nel tuo partito parlano di talenti e fanno emergere solo mostri.

Andrea ci devi stare se ti dicono di rassegnarti che la politica è cosi, che la vita è cosi, che il mondo è cosi. Stacci se Mario Adinolfi te lo dice da sempre che nei partiti, lobby per pochi, ti massacrano e che forse dovresti metterti al suo fianco ad urlare ai signori delle tessere e ti prende sempre per un coniglio o un coglione. Ci devi stare se ti avvisano che se passi con “Lambertow”, l’americano, è meglio che smetti di farti vedere tra il Marco Aurelio e Largo Loria. Prova a star calmo, tu che non ci riesci mai,e prova a starci se ti dicono di star fermo un giro che il tuo turno verrà. E goditi in silenzio chi ti dice che non sei tagliato per la politica e che devi cambiare mestiere perché ti manca il “pelo giusto”, quello sullo stomaco.

Ci devi stare se tante delle cose che pensi le dice Rosy Bindi ma hai la sensazione che smetterà di dirle dopo il 14 ottobre. Ci devi stare se gli ultimi sono diventati primi e primi gli ultimi. Se Gawronski e Schettini ti fanno simpatia. Ci devi stare se poi ti accusano di non aver fatto abbastanza, aver urlato abbastanza. Se le agenzie di stampa stracciano i tuoi comunicati perché non hai un ruolo o non dici cose interessanti. E stacci pure quando la giornalista del grande quotidiano tua coetanea ti dice che ti fa un pezzo e poi sparisce e tu torni a casa abbracci la tua donna la fai girare mille volte e le dici e le ripeti che l’ami salvo poi comprare il giornale il giorno dopo ed infuriarti con lei, la persona che ti sta accanto ogni giorno, come fosse colpa sua.

Stacci se vedi figli di boss Rai cantare e scrivere libri e tu ti sei autopubblicato il tuo con l’aiuto dell’amico di sempre. Vedi di imparare a starci se nei titoli di coda, nei servizi dei tg riconosci tanti nomi. Smetti di avere sempre quella curiosità fastidiosa che ti fa beccare “figli di” tra professori universitari, medici, giornalisti etc., oramai lo fan tutti e non si indigna più nessuno. E stacci e guai a te se muovi una foglia quando dicono che nel nuovo partito ci sarà ricambio generazionale e rispetto del principio di parità: ti stai svegliando troppo spesso di notte col batticuore per resistere a tale insulto(consultare liste per credere il 22 settembre).

Sai che dicono di te?Che in politica, quel mondo che ti sei scelto 13 anni fa, scegli sempre di stare con gente che ti usa e getta mentre dovresti credere più in te stesso. Prova a starci allora Andrea, dovunque andrai per sempre sarà cosi.

E io invece non ci sto. E Sono indignato.

BUONA STRADA AL PD, A VELTRONI, BINDI, LETTA ADINOLFI. AI MITICI SCHETTINI E GAWRONSKY. A ZINGARETTI CHE HO INCONTRATO UNA VOLTA A BRUXELLES ED HO TROVATO BRAVISSIMO. ALLA MARGHERITA ROMANA SU CUI SORVOLO. A TUTTI QUELLI CHE HANNO CREDUTO E CREDERANNO IN ME. A CHI SI AFFACCIA OGGI ALLA POLITICA E A CHI SE NE GUARDA BENE.

IMMIGRAZIONE E PD

IMMIGRAZIONE: E’ SEMPRE UN BENE O SI FA DEL MALE AGLI STESSI IMMIGRATI ?

Mi capita di riflettere sulle dinamiche migratorie e non sempre ho una risposta che giustifichi questo fenomeno che va risolto presto e con determinazione in sede politica.

Una volta il mondo era più “piccolo” – si fa per dire – nel senso che grandi distanze non consentivano la migrazione veloce da una parte all’altra del globo. Tutti ricordano i tempi biblici dei nostri avi quando dovevano varcare l’oceano per guadagnarsi da vivere in America, ma anche situazioni più recenti come le emigrazioni nella vicina Svizzera ove anch’io, a cavallo degli anni 50-60, sono andato a lavorare.

Va detto però, per addentrarmi su ciò che sto per scrivere, che in quest’ultimo caso e cioè negli stati più o meno confinanti, esisteva una certa affinità di abitudini, di pensiero, di religione e quant’altro che permettevano un discreto inserimento delle persone per motivi correlati appunto al costume, alla razza e soprattutto alla mentalità: come dire, sia pur con qualche distinguo, che lavorare in Svizzera o Germania era un po’ come lavorare in Italia, a casa nostra per intenderci, prescindendo dalla grande e dolorosa nostalgia verso la terra che avevamo lasciato per lavoro.

Domanda: “Per coloro che provengono dalle parti più disparate dei continenti è così, oppure, noi che accogliamo gli immigrati, magari con spirito cristiano, facciamo invece loro del male ?” Questa è la domanda che mi pongo dopo il triste fenomeno che stiamo ormai vivendo da anni.

Dopo l’esperienza infatti che tutti noi abbiamo vissuto e stiamo vivendo con una immigrazione, soprattutto dai paesi africani, io penso che, accettando questa gente sulla quale non voglio emettere giudizi né positivi né negativi, si finisce per essere correi di un fenomeno assolutamente negativo: si sradica infatti questa gente dalle loro abitudini, dai loro costumi, dal loro modo di vivere al punto che molta di questa gente immigrata, magari allettata dall’obiettivo di avere tutto ciò che non c’era o non c’è nei loro paesi di origine, si accorge che l’obiettivo fallisce immediatamente in quanto non hanno i soldi per soddisfare, come vorrebbero, ciò che vedono. Come dire: qui da noi si finisce per incoraggiare il disadattamento di questa povera gente che prima, a casa loro, pur senza accorgersene, era pur sempre radicata al suo modus vivendi. Bello o brutto, accettabile o non che fosse.

Ed allora si delinque, si stupra, si vedono varie razze sempre con il telefonino in mano, magari seduti per terra, vicini alle fermate dei tram o dei treni, mezzi questi ultimi che, insieme con il cellulare, forse offrono loro l’impressione di stabilire un virtuale contatto con le loro terre di origine. Perché questa è una sommaria chiave di lettura in chiave psicanalitica.

Temo che sia tardi per dire che l’emigrazione di questo tipo è più dannosa che altro, soprattutto per i diretti interessati. Ma anche per noi, più fortunati, non è un bel vivere accanto a gente che viene venderci di tutto nelle nostre case. Andiamo a Venezia , Firenze o Roma: ci sono chilometri di “vu’ cumprà” che di certo non abbelliscono le nostre città d’arte…

Non sarebbe stato meglio dare loro una mano nei loro paesi di origine, ovviamente nei limiti del possibile da parte delle istituzioni mondiali, circostanza che quasi sicuramente avrebbe avuto un ritorno economico anche verso chi li aiuta ?

Il discorso sarebbe lungo e non si può certo spiegare in quattro righe, ma il senso mi pare possa essere facilmente recepito. A mio avviso, fra i tanti errori, la Lega di cui io non faccio certamente parte, aveva visto abbastanza giusto.

Ed ora che fare ? Io mi auguro che il partito democratico che sta per nascere, affronti questo problema al più presto. Questo è il mio “Think Tank” da Innovatore europeo da mettere a disposizione della società nel nuovo millennio.

Arnaldo De Porti – Innovatori Europei Belluno

NOSTRI CANDIDATI ALLE PRIMARIE

Ciao a tutti.

Si è conclusa ieri una fase molto impegnativa verso le primarie del Partito Democratico.

Come Innovatori Europei credo abbiamo svolto un eccellente lavoro:

– avviando circa 50 gruppi territoriali in supporto a Letta in tutta Italia, Europa e Mondo

– aiutando e sostenendo la candidatura di alcuni di noi, in maniera naturale come sempre, senza dover “implorare” nessuno (come invece è chiaro molti hanno fatto).

A breve pubblichiamo sul Sito i nomi e i collegi in cui Innovatori Europei sarà presente il 14 Ottobre con candidati espressione del movimento.

Intanto, Buon Partito Democratico a tutti, perchè da adesso comincia una fase ancora più importante, quella del coinvolgimento degli elettori affinchè si rechino al voto per apportare il loro contributo di democraticità .

A presto,

Massimo Preziuso

LA VIA DEMOCRATICA

Scelgliere il dialogo al posto di populismo e demagogia

di Tommaso Visone – Innovatori Europei

Le proposte formulate nel corso dello schietto ed ironico V-day (il cui nome è ripreso non a caso da una “brillante” sentenza della Corte di Cassazione) hanno suscitato un vespaio di polemiche che, per modalità ed argomentazioni, descrivono perfettamente la crisi del dibattito politico nel nostro Paese. A parte la reazione illuminata di chi (Cacciari, Bertinotti e la Bindi) si è sforzato di esporre una critica sensata alle idee del comico genovese, interrogandosi sui motivi del suo successo e della sua provocazione, si è assistito ad un continuo rigetto acritico (od in casi minoritari ad una, egualmente grave, adesione incondizionata) di affermazioni che, pur se lontane dall’essere pienamente condivisibili, toccano alcune problematiche vive nelle coscienze popolari.

Non si tratta di farne, come si sente da tanti benpensanti che al momento di scegliere le proprie alleanze elettorali si turano sin troppo facilmente il naso, semplicemente una questione di demagogia o di populismo (caratteristiche indubbiamente presenti ma denotative di un fenomeno più profondo); la peculiarità delle esternazioni grilline è la seguente: reificano lo sdegno dei cittadini.

Se i cittadini esprimono questo sdegno non è un caso. Il livello di degenerazione del sistema politico italiano è pari solo al declino costante del Paese in tutti gli ambiti di competizione internazionale: dal turismo alla produttività, dalla ricchezza alla qualità della vita. Se si apre un giornale per informarsi sullo stato del confronto politico, teoricamente atto a trovare delle soluzioni a queste cogenti questioni, si resta allibiti di fronte alla meschinità delle discussioni all’ordine del giorno. Si va dallo sciopero fiscale (illegale) alla costante accusa (eversiva) d”illegittimità nei confronti di un governo eletto democraticamente, dai ricatti (disgustosi) di un politicante che tiene in pugno una maggioranza-che definire condizionabile sarebbe un eufemismo-alla costante difesa (ipocrita) degli interessi costituiti a danno di quelli dei precari e dei giovani (purtroppo siamo ormai in presenza di un sinonimo). Come se non bastasse questo, si resta sgomenti a sentire l’argomentazione manichea di una classe politica che, ridotta allo stile espositivo paternalistico e volgare costruito negli ultimi tempi, non riesce (e non vuole) ad esprimere una visione od una critica che vada al di là di una contrapposizione categorica tra due assoluti. Il dibattito ed il dialogo sui contenuti (e non sugli slanci pseudomoraleggianti) appaiono stranieri in Italia. Questo anche grazie- per fare un esempio tra i tanti- agli anni passati in compagnia della propaganda di Schifani e Bondi, da un lato, e di Lusetti ed affini, dall’altro, i quali non hanno fatto altro che occupare (con l’avallo dei rispettivi leader) gli schermi televisivi e le tribune politiche ripetendo “la sinistra (o la destra nel caso di Lusetti) è brutta e cattiva” oppure loro (gli avversari politici) sono “pericolosi”, “banditi” o (minaccia suprema per quella parte del Paese rimasta culturalmente a combattere la Guerra fredda) “comunisti”.

Conseguentemente, ci si renderà conto che, se la demagogia ed il populismo sono rispettivamente “lo sfruttamento di alcuni difetti che si attribuiscono al popolo ( faciloneria, bramosia, superficialità, corruttibilità)” e la “convinzione che nel popolo”- in contrapposizione all’infida classe politica- “risiedano tutte le virtù civiche” (M.Tarchi), tutto lo stile politico italiano degli ultimi vent’anni è descrivibile attraverso questi due concetti. Risulta, dunque, naturale che cittadini educati attraverso un linguaggio ed una prassi populistica e demagogica siano più propensi ad esternare il loro sdegno utilizzando questa forma mentis . Affermazioni esacrabili e sitgmatizzabili -come “dobbiamo distruggere i partiti”- risultano dunque figlie precipue di un contesto comunicativo che ha fatto della banalizzazione e dell’attacco indiscriminato le sue peculiarità. Ma, indipendentemente dalla forma e dalla sostanza delle proposte scaturite dall’iniziativa di Grillo, i problemi che hanno condotto a quest’ultima restano, gravi e imprescindibili.

Tenendo presente le osservazioni di cui sopra, le vie che si aprono oggi a chi voglia fare politica sembrano due. La prima è quella sopra descritta, caratterizzata da un mix di populismo e demagogia, dallo scontro mediatico interno all’elitè politica che conduce inevitabilmente al distacco tra questa ed i cittadini ed alle conseguenti forme (che nel caso del comico genovese meritano una critica nel contenuto e non di principio) di movimentismo contro il potere. La seconda è la via del dialogo sul tenore delle riforme tra le forze politiche e la società civile al fine di delineare una piattaforma (che sia il più possibile condivisa ed all’avanguardia) per il rilancio del paese. Questa strada, che- ad avviso di chi scrive- resta la migliore in un contesto democratico (in quanto “…la democrazia è una pratica estremamente complessa, che rifiuta improvvisazioni, facili generalizzazioni, più o meno ingegnose innovazioni, ed è per di più un meccanismo molto delicato che si guasta al minimo urto”, N.Bobbio) appare oggi semi-deserta. Le uniche positive eccezioni sembrano essere E.Letta, che ha lanciato una piattaforma di discussione a Piacenza (sul modello del festival della letteratura di Mantova) per il suo programma come candidato segretario del P.D e l’iniziativa di Coalizione Generazionale. Nel caso della piattaforma organizzata da Letta è stato possibile ascoltare (ed intervenire!) per ore gli interventi degli esperti e della società civile su tematiche come la forma strutturale ed organizzativa che dovrà assumere il futuro Partito Democratico o, ad esempio, la questione meridionale. Nel caso di Coalizione Generazionale si è, invece, lanciato un invito alla partecipazione dei giovani per la costruzione del proprio futuro mediante la presentazione di liste undertrentacinque che supportino una piattaforma di idee innovative su cui gli stessi giovani sono chiamati al confronto ed al dialogo. I punti toccati dalla discussione instaurata da Coalizione Generazionale appaiono fondamentali: partiti e nuova classe dirigente, sistema elettorale, precarietà del lavoro e welfare, Unione Europea (della quale purtroppo si parla sempre troppo poco), università e ricerca (altro punto tristemente abbandonato dal dibattito politico), pensioni, sviluppo italiano e riforma delle professioni.

In entrambi i casi (E.Letta e Coalizione Generazionale) si è di fronte ad una positiva eccezione che privilegia il dialogo nel merito alle aggressioni mediatiche. Rifiutando queste ultime ci s’incammina nell’unica via percorribile per una soluzione duratura alla crisi della politica e della democrazia, quella che passa dal confronto critico tra le idee.

INCONTRO INNOVATORI EUROPEI BASILICATA

Oggi, a seguito di un gentile invito, ho avuto modo di incontrare lo Staff del Presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, Garante della candidatura di Enrico Letta alla Segreteria del Partito Democratico.

Abbiamo parlato della nostra attività a sostegno delle Primarie del Partito Democratico e di Letta, incontrato amici comuni, e convenuto in un INCONTRO a POTENZA tra Innovatori Europei Basilicata e il Presidente il giorno VENERDI’ 4 OTTOBRE ALLE 15, a cui spero i tanti amici lucani vorranno partecipare.

Devo ammettere che la “mia terra”, la Lucania appunto, sta facendo passi avanti.

Pensavo proprio ieri al fatto che in molti, a Roma o in altri posti, al mio dire sono “lucano” mi rispondono “ah, una grande Regione”.

Sebbene io sia stato (come tanti giovani universitari) 10 anni fa un emigrante lucano, e quindi si capirà che qualcosa in questa Regione non ha funzionato, devo dire che la Basilicata sta facendo passi avanti notevoli, e di questo ne sono fiero e contento.

Speriamo che questa piccola Regione diventi luogo di innovazione europea.

Massimo Preziuso

NATALITA’: DISAGIO GENERAZIONE

‘In questo momento sta nascendo un bambino’ è il libro-saggio-quasi romanzo di Enrico Letta. Un’analisi sui più giovani e sul loro futuro

di Adriana Albini

Una ricercatrice guarda subito ai numeri, e il libro-saggio-quasi romanzo firmato Enrico Letta, In questo momento sta nascendo un bambino edito da Rizzoli (da oggi in libreria) ha una solida base scientifica, prima ancora che politica.

In Italia la natalità è bassissima. Sembra essere, con il Giappone, il paese ad alto sviluppo che si riproduce di meno. Nella presentazione pubblica a Piacenza del suo libro, Letta ha citato la copertina dell’Economist di qualche tempo fa sul “restringersi delle popolazioni”, dove un piccolo bimbo giapponese appare sotto un’etichetta Made in Japan-limited edition. Anche in Italia, apparentemente, vi è “produzione limitata” di figli, anzi pare che tra le dieci città europee con meno natalità ben sette siano italiane. E pensare che abbiamo avuto a lungo la fama di popolo prolifico! «L’evento è felice per definizione e per la spontanea emozione che suscita», scrive Letta riferendosi alla nascita.
In realtà nel volume, un ritratto particolareggiato di una società che sta creando notevoli difficoltà per le generazioni più giovani, non si parla solo di nascite, si prende la scarsa natalità come spunto di meditazione per comprendere una società radicalmente cambiata in poco tempo. Dove si verifica una dilatazione dei tempi di attesa per un diplomato o laureato di un lavoro ragionevolmente stabile, retribuito in modo che consenta progetti di vita, e di un affitto abbordabile. Spesso nel lavoro flessibile ci sono poche tutele, diversamente che in molti paesi all’estero.

Non solo: non è mai il proprio turno. In politica, nell’università, nei posti di responsabilità, c’è sempre qualcuno prima, bisogna aspettare la prossima occasione. Bisogna cambiare per ridare fiducia e allora sarà più facile anche combattere l’antipolitica.

Natalità come spunto di In questo momento sta nascendo un bambino, e come metafora, dato che molte speranze di cambiamento sono riposte nel PD-Partito Democratico che nasce il 14 ottobre. Alcuni temi salienti affrontati in altrettanti capitoli del libro sono: Più anziano più giovane, 2013 per chi suona la campanella, Se nasce femmina, I conti sulle spalle: uno zaino più leggero. In queste analisi si affronta la necessaria convivenza nella società e la “realizzazione” sociale di anziani e giovani, il futuro dei bambini che andranno a scuola tra sei anni e voteranno tra diciotto (sedici?), il maschile-femminile, il debito pubblico, per finire con 2057 adulto in un’Europa centenaria.

La piramide demografica si è infatti rovesciata. Un tempo vi erano pochi anziani e tanti bambini. Ora la sopravvivenza è molto alta, nel 2007 si arriva come aspettativa a 83 anni per le donne e 77 per gli uomini, con variabilità da nazione a nazione e da regione a regione, presto sarà di cento anni.

Avranno dunque un grande peso sulle spalle i giovanissimi: tante pensioni, e per molti anni, perchè da pensionati ormai si possono vivere tranquillamente trenta o quarant’anni. E la pensione degli ora trentenni chi la pagherà?

Pensiamo dunque a ricette di rinvigorimento, ottimismo e incentivazione: meritocrazia è una parola che mi viene sempre in mente, pur senza dimenticare le fasce deboli e svantaggiate, pari opportunità vere, dove le quote rosa ora quasi necessarie saranno un tenero ricordo. Inoltre, non bisogna ignorare temi un tempo cavalli di battaglia della destra, sicurezza, sgravi fiscali per piccole imprese, incentivi ad assumere.

Quando si parla di produttività e senso di responsabilità sul lavoro, dell’importanza di avere verifiche in modo da impiegare chi davvero ha voglia di impegnarsi, c’è sempre il timore di «non dire qualcosa di sinistra». Invece l’incontro a Piacenza, i forum organizzati intorno a Enrico Letta, hanno visto presente anche una nuova classe dirigente riformista, «operai dell’ingegno», come mi è stato detto da un vicino di sedia al dibattito sulla libertà. E i neolaureati di ora hanno talvolta un “salario” che potrebbe farli definire i metalmeccanici di oggi. Solo che per loro non c’è un sindacato.

Ho seguito spesso con interesse su mentelocale.it di Genova la Rubrica di Alessio Caldano Noi trentenni tutti Peter Pan; dietro alla piacevole autoironia leggo le avventure, i pensieri, il sottile disagio di una generazione costretta dalle circostanze a non crescere.

Forse la proposta recentissima di Zapatero, 210 Eu di contributo per l’affitto ai ragazzi dai 22 ai 30 anni che vogliono rendersi indipendenti, potrebbe essere un’idea, tra le tante idee che “stanno nascendo”.

Versione originale su : http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_18845
Nella foto: Il bimbo giapponese sulla copertina dell’Economist © foto: www.economist.com

LETTA: UN INNOVATORE EUROPEO

di Massimo Preziuso – Coordinatore Innovatori Europei per Letta

Venerdì sono partito per Piacenza per seguire il FESTIVAL DELLE IDEE di ENRICO LETTA, convinto che avrei passato una “due giorni” interessante e piacevole, e perchè ritenevo necessario andarvi a testimoniare l’impegno sostanziale e sostanzioso che il nostro Gruppo sta mettendo in campo in tutta Italia e in Europa.

Aldilà degli interessanti Forum tematici, ho provato (e con me credo tutti gli altri amici Innovatori Europei che ho incontrato – circa una trentina) una BELLA sensazione nell’ascoltare le parole del candidato ENRICO LETTA.

Devo aggiungere che non avevo mai ascoltato Letta dal vivo in una veste di candidato, ed ero molto curioso nel vedere COSA avrebbe detto a COME l’avrebbe fatto.

Bene, il risultato è stato al di sopra di ogni mia aspettativa (non che quelle fossero basse, ci mancherebbe): sintetizzo i perchè, sebbene sia difficile farlo in poche righe.

Il discorso di Letta è stato incentrato su alcuni concetti chiave, che rappresentano pienamente la Mission e nella attività di Innovatori Europei:

– Natalità e ricambio generazionale

– Europa

– Questione ambientale come opportunità culturale ed economica

– Istruzione

– Libertà (molto bello il passaggio in cui Letta ha detto di essersi candidato proprio per dire “SCELGO IO QUANDO”)

– Mobilità

– Politica dai “Toni bassi” e del “lungo periodo”

Ho poi comprato e letto il Libro “IN QUESTO MOMENTO STA NASCENDO UN BAMBINO”, nel quale è evidente la PROIEZIONE VERSO IL FUTURO del “nostro” candidato.

Per concludere, credo che abbiamo fatto la scelta migliore: ENRICO LETTA E’ UN INNOVATORE EUROPEO, e porterà un grande contributo di Innovazione nel Partito Democratico.

Roma, 16 Settembre 2007

Massimo Preziuso – Coordinatore INNOVATORI EUROPEI per LETTA

INCONTRO GRUPPO I.E. LONDRA

Oggi incontro il Gruppo di Innovatori Europei di Londra, con Davide Tiberti e altri amici.

Stiamo cercando di costruire un bel gruppo anche in UK perchè qui è grande la comunità di italiani che si interessano di Innovazione, Ambiente e politiche europee, con un occhio vicino al Partito Democratico.

Parleremo di cosa possiamo costruire insieme nei prossimi mesi, oltre alle attività operative per le Primarie di Ottobre in supporto a Letta (vi ricordo che è possibile votare dall’estero e se avete bisogno di informazioni, contattateci a info@innovatorieuropei.com).

Londra, la Francia e Brussels sono l’inizio di un percorso che speriamo ci porterà a realizzare Gruppi di Innovatori Europei in tutta Europa e non solo.

Intanto, in tutta Italia i gruppi locali di Innovatori Europei stanno proseguendo nella loro attività politica:
trovate la Rete organizzativa su www.innovatorieuropei.com/organizzazione/

Un saluto da Trafalgar Square.

Massimo Preziuso

News da Twitter
News da Facebook