Significativamente Oltre

cultura

Resoconto dell’assemblea nazionale degli Innovatori Europei

Innovatori-Europei-defHanno partecipato in tanti, nonostante la scelta di una giornata infrasettimanale a quattro giorni dalle elezioni nazionali, all’assemblea nazionale di “Innovatori Europei”, che si è tenuta ieri 20 Febbraio 2013 alla Camera dei Deputati, per valutare le iniziative progettuali sviluppate in questi anni, in Italia e nel mondo, e per ragionare, attorno al manifesto politico, sul futuro del movimento associativo.

Rimanendo nell’area del centrosinistra, in cui è nata e cresciuta, Innovatori Europei apre al confronto con le tante realtà politiche portatrici di innovazione, rimandando agli Stati generali degli Innovatori Europei che si terranno a fine primavera.

Massimo Preziuso, presidente e fondatore del movimento, ha dato il via ai lavori, raccontando le attività svolte in un lungo start-up iniziato nel 2006 e che ha visto il movimento interessarsi e crescere attorno al dibattito politico del centrosinistra, proponendo tematiche di frontiera intellettuali ed innovative.

Zaira Fusco, moderatrice del dibattito, ha dato lettura dei saluti di Enrico Letta, vice segretario del Partito Democratico, e di Gianni Pittella, primo vice presidente del Parlamento Europeo agli Innovatori Europei.

L’incontro è poi proseguito con significativi interventi dai territori.

Giuseppina Bonaviri nel suo “Nuovo welfare nei territori del Lazio” ha introdotto il tema della necessaria attenzione, nel processo di rafforzamento dell’Unione Europea, ai territori e in particolare ai piccoli comuni, in un Paese in cui essi rappresentano la netta maggioranza in termini demografici.

Osvaldo Cammarota ha proseguito con “Innovazione politica e istituzionale in Campania“ raccontando il lavoro svolto da Innovatori Europei in Campania durante le primarie per la premiership del centrosinistra, con l’avvio di un dibattito con alcuni candidati.

Vincenzo Girfatti ha concluso con “Innovatori Europei e Terra del Sud” raccontando l’evoluzione del percorso svolto a Caserta, con la nascita di Terra del Sud, oggi nostro partner propositivo e progettuale.

La giornata è continuata con un lungo panel di descrizione del lavoro che si svolge nei nostri centri studi, attraverso testimonianze di coloro che hanno contribuito alle varie attività.

La discussione è cominciata con un intervento dal titolo “Un futuro sostenibile per la Taranto dell’acciaio” che ha visto Massimo Sapienza parlare di come la città pugliese possa e debba  diventare luogo di eccellenza nel settore delle auto elettriche e delle rinnovabili.

Con “l’innovazione europea” Michele Mezza ha parlato della necessità di cambiare modo di affrontare il tema dell’innovazione, divenuto “mainstream”, spostando invece  a ragionare e legiferare per facilitare i “nuovi luoghi” di produzione di informazione a diventare i naturali nuovi produttori di benessere e lavoro.

E’ poi intervenuto Nello Iacono che ha raccontato le tematiche di attualità connesse alla “Carta d’intenti per l’innovazione in Italia” scritta dai nostri amici di Stati Generali dell’Innovazione.

Si è poi passati al centro di competenza sulle “politiche europee e mediterranee”.

Paolo Di Battista ha introdotto il tema “Stati Uniti di Europa”, che richiede passaggi intermedi di rafforzamento delle istituzioni europee, in particolare il Parlamento Europeo, e la progressiva centralizzazione, a livello comunitario, di nuove politiche.

Luisa Pezone con “La nuova Europa nel mediterraneo” ha poi proseguito sull’importanza del mediterraneo quale bacino naturale di costruzione dell’Europa dei prossimi anni, dei limiti di budget dedicato a questo tema, e della forte e naturale centralità dell’Italia in un’Europa unita che guarda a Sud.

Salvatore Viglia con “Quale futuro e quali opportunità per le comunità italiane all’estero?” ci ha raccontato delle enormi potenzialità che risiedono negli italiani residenti in tutto il mondo, quali naturali ambasciatori della cultura e per lo sviluppo del Belpaese.

Antonio Diomede è intervenuto sul tema “Salviamo il pluralismo radiotelevisivo dal conflitto d’interessi” parlandoci dell’importanza di rivedere l’intervento pubblico in questo settore, per contrastare il predominio di pochi sulla scena dell’informazione, e le conseguenze negative in termini di libertà di informazione.

Mario Di Gioia ha continuato sul tema “Innovazione in musica, arte e spettacolo” chiedendo l’impegno forte di Innovatori Europei in rappresentanza di settori legati alla cultura e all’informazione oggi presi in ostaggio da interessi di pochi.

Infine, un interessante panel di presentazione di alcuni progetti del Think Tank BRICS, aperto con una rapida descrizione del progetto “Italia – India” sviluppato da Asif Parvez incentrato sul tema della sostenibilità dell’acciaio.

Ha proseguito Rainero Schembri, che ci ha raccontato della “importanza del trattato UE-Mercosur”, e di rivederlo per non perdere i rapporti con un Sud America, ricco di saperi e ricchezza italiana.

Infine, abbiamo avviato il capitolo Italia-Cina, e delle enormi opportunità di dialogo e crescita proveniente dalla facilitazione di partenariati italo-cinesi,  con introduzione Carlotta Maraschi e l’intervento di Lifang Dang, dal titolo  “Attrazione di investimenti cinesi in Italia: come?”

La giornata si è conclusa con un vivace dibattito, incentrato sul nostro manifesto politico aperto, dal titolo “tra lavoratori e produttori”, alla presenza di Arturo Artom (RI), Pier Virgilio Dastoli (Movimento Europeo), Sandro Gozi (PD), Claudio Sperandio (Movimento Cinque Stelle), che ne hanno condiviso temi e impostazione.

Massimo Preziuso ha infine chiuso i lavori, salutando i tanti amici intervenuti con calore e partecipazione, sperando di proseguire con loro un percorso che è sempre tutto da costruire e che vedrà a fine primavera un momento di riflessione ancora più strutturato negli “Stati Generali degli Innovatori Europei”, in cui il movimento si incontrerà – a discutere e ad implementare proposte comuni – con i tanti soggetti politici ed intellettuali con cui discute ormai da anni.

Nei prossimi mesi, Innovatori Europei continuerà ad essere un originale luogo di dibattito e di proposta di policy making di frontiera, rafforzando appunto il dialogo con quei partiti politici e  movimenti portatori di innovazione, al fine di facilitare interventi legislativi atti a migliorare la vita delle tante realtà e settori che oggi rappresenta.

Vita dura per gli artisti in Italia

di Mario Di Gioia

Molti diritti ai lavoratori del settore vengono ancora negati, ad esempio il diritto ad avere una legge adeguata di tutela del lavoro nel comparto, che personalmente ritengo più importante dell’economia del nostro paese. Vanno create le condizioni per garantire una rappresentanza Parlamentare adeguata che si occupi in modo continuativo delsettore e che prenda in considerazione investimenti sempre più consistenti per uscire in breve dal tunnel della crisi che, per l’Italia, passa necessariamente attraverso l’incremento del turismo utilizzando la cultura, lo spettacolo,l’arte, la musica e gli artisti italiani. Una necessaria riflessione che rinviamo, rinnovando il nostro appello a tuttele Istituzioni, anzitutto alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato che, hanno l’obbligo di approvare la proposta di legge di lavoro nello spettacolo alla quale abbiamo più volte assicurato il nostro contributo di proposte e di sostegno politico.

Dall’ANSA l’articolo che segue

La cultura ”frutta” al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 76 miliardi di euro, e da’ lavoro a unmilione e 400 mila persone, il 5,6% del totale degli occupati in Italia, piu’del settore primario o del comparto della meccanica. E’ quanto emerge dal Rapporto 2012 sull’Industria culturale in Italia,”L’Italia che verra”’ elaborato da Symbola e Unioncamere, presentato venerdìscorso a Treia (Macerata), durante la prima giornata del seminario estivo dellafondazione. Se si allarga lo sguardo dalle imprese che producono cultura insenso stretto – industrie culturali e creative, patrimonio storico-artistico earchitettonico, performing art e arti visive – a tutta la ‘filiera dellacultura’, ossia ai settori attivati dalla cultura, il valore aggiunto prodottoschizza al 15% totale dell’economia nazionale e impiega ben 4 milioni e mezzodi persone, il 18,1% degli occupati totali. Sacrificata spesso sull’altaredella riduzione del debito pubblico, la cultura dimostra non solo di poter’sfamare’ il Paese, ma di ‘far mangiare’ gia’ oggi quasi un quinto deglioccupati italiani. I risultati dello studio, il primo a quantificare il pesodella cultura nell’economia nazionale – spiegano Symbola e Unioncamere -”smentiscono chi la descrive come un settore non strategico e rivolto alpassato, e la inquadrano invece come fattore trainante e di rilancio per moltaparte dell’economia italiana, una delle leve per ridare ossigeno ad un Paesemesso a dura prova dalla perdurante crisi”. Nel quadriennio 2007-2011, la crescita nominale del valore aggiunto delleimprese del settore culturale e’ stata dello 0,9% annuo, più del doppiorispetto all’economia italiana nel suo complesso (+0,4% annuo). Un dato che siriflette anche sulla caparbia tenuta occupazionale del comparto: nello stessoperiodo gli occupati nel settore sono cresciuti dello 0,8% annuo, a frontedella flessione dello 0,4% annuo subita a livello complessivo. E ancora, ilsaldo della bilancia commerciale del sistema produttivo culturale nel 2011 ha registrato unattivo per 20,3 miliardi di euro che ha permesso alla cultura di contribuirealla ripresa, seppur contenuta, del Pil tra il 2010 e la prima parte del 2011. A livello di economia complessiva, invece, la bilancia indicava -24,6 miliardi.L’export di cultura vale oltre 38 miliardi di euro e rappresenta il 10% deltotale complessivo nazionale. L’import e’ pari a 17,8 miliardi di euro ecostituisce il 4,4% del totale. Interessante anche la capacità attrattiva dellacultura sul turismo: la componente attivata dalle industrie culturali e’quantificabile nel 33,6% del totale della spesa turistica sul territorionazionale, 23,3 miliardi di euro. Il rapporto Unioncamere e Fondazione Symbola e’ stato realizzato con lasupervisione del prof. Pierluigi Sacco e con il coinvolgimento di oltre 20esperti per individuare le esperienze piu’ avanzate e le tendenze emergenti diogni settore. Secondo Ermete Realacci, presidente di Symbola, ”l’Italia devefare l’Italia. Bisogna fronteggiare la crisi, senza lasciare indietro nessuno,ma risanando l’economia. La cultura e’ l’infrastruttura immaterialefondamentale di questa sfida”. Per il presidente di Unioncamere FerruccioDardanello, si sta affermando ”un nuovo modello di sviluppo in cui e’crescente l’interesse verso la valenza strategica della cultura e dellacreativita’ quali fattori decisivi per una nuova politica dell’innovazione,della qualita’, del benessere e della sostenibilita”’.

ADDIO A GIUSEPPE BONAVIRI

giuseppe-bonaviri

È morto Sabato sera a Frosinone a 84 anni il poeta e scrittore Giuseppe Bonaviri, più volte entrato nella rosa dei candidati al premio Nobel.

La notizia è stata data dalla Fondazione che porta il suo nome.

Era nato a Mineo, in provincia di Catania nel ’24. Medico cardiologo, Bonaviri, è stato sempre attento a cogliere la dimensione magica e arcaica della natura.

Ha pubblicato, soprattutto per Rizzoli ma anche Mondadori e Sellerio, numerosi libri dal giovanile La ragazza di Casalmonferrato a Il fiume di pietra nel 1964, Notti sull’altura nel 1971, L’enorme tempo nel 1976, Novelle saracene nel 1980, L’incominciamento nel 1983, È un rosseggiar di peschi e d’albicocchi nel 1986, Ghigò nel 1990, Il vicolo blu nel 2003.
Tutti gli Innovatori Europei sono vicini, in questo momento difficile, alla cara amica Giuseppina e tutta la sua famiglia.

ENERGIA NUCLEARE O RINNOVABILI: LA MIA RISPOSTA A CHICCO TESTA

testa(sul suo nuovo ed interessante blog “pro-nucleare” http://www.newclear.it)

Egregio Chicco.

Leggo con piacere gli interventi su questo Suo interessante Blog.

Mi dispiace, però, notare di essere in disaccordo su temi così “innovativi” ed “importanti” come quelli della scelta di una “nuova” politica industriale energetica.

Provo a spiegarmi meglio.

E’ evidente a tutti che le dinamiche della domanda di energia (dei consumi, in generale) vedono un nuovo baricentro che si sposta rapidamente verso Oriente, per fattori geopolitici e demografici, frutto della globalizzazione.

E’ vero anche che, per far fronte a questa rapidità, i Paesi “emergenti” (Cina e India, in particolare) stanno portando avanti politiche energetiche basate sulle cosiddette “infrastrutture energetiche puntuali” (principalmente Carbone, Idroelettrico e Nucleare).

La cosa che non capisco è il ragionamento consecutivo che Lei sostiene, ovvero che, dato che due Paesi emergenti (con popolazioni di miliardi di persone, e “Governi non perfettamente democratici”) come la Cina e l’India (e aggiungiamo anche la Russia) rispondono a bisogni “rapidi e pressanti” derivanti da una crescita repentina ed inaspettata, nella maniera più ovvia per loro, principalmente Carbone e Nucleare, un Paese (piccolo e maturo – anzi decadente) come l’Italia debba rispondere a “loro” da Follower in una gara al consolidamento di Monopoli nell’industria Energetica (ricordiamo che Nucleare e Carbone sono industrie naturalmente oligo-monopolistiche, con tutte le conseguenze sui prezzi, e non solo, che tutti conoscono).

Il ragionamento che io mi aspetterei, invece, da un Paese maturo e decadente, ma con una enorme tradizione di cultura e storia, come l’Italia (l’Europa sta già invece muovendosi, con grande piglio, in questa innovativa direzione) è quello di guardare al futuro: ad un mondo in cui l’energia è distribuita, è (idealmente) prodotta e consumata nello stesso luogo (o comunque, nelle “aree in cui si vive”), in cui i livelli di emissione di CO2 scendano a livelli ottimali, ed il consumo diventi “sostenibile” e “consapevole” nel rispetto dell’ambiente e degli altri.

Ebbene, tutto questo passa per una scelta NETTA che è quella dell’EFFICIENZA ENERGETICA, delle RINNOVABILI, e del CLEAN BEHAVIOUR.

Questa scelta non è in disaccordo con la scelta di investire in ricerca e sviluppo nel settore del Nucleare, ma lo è con quella di investire, oggi, in infrastrutture energetiche – nucleari, togliendo risorse all’industria energetica del futuro, perché si avrebbero effetti di spiazzamento (economici e culturali) enormi ed irreparabili, a mio avviso.

Spero di poterne discutere ancora con Lei, perchè io credo che è proprio sulla decisa e rapida definizione di una nuova politica energetica che il nostro Paese può ripartire.

Con rispetto.

Massimo Preziuso

CONTRO IL NUCLEARE IN ITALIA

nucleare

Come Innovatori Europei da anni ci battiamo per la promozione di serie politiche di innovazione energetica (Rinnovabili, Smart Grids, Consumo Efficiente, Efficienza Energetica).

Questa partenza strana (soprattutto perchè fuori dal tempo e dalle circostanze in cui l’economia si trova oggi in tutto il Mondo) verso il Nucleare, imposta dal Governo italiano, è davvero troppo.

A chi un minimo conosce l’Industria del Nucleare, è evidente la enormità dell’errore insito in questa scelta di Politica Economica (perchè di quello si tratta) e culturale (perchè di quello si tratterà), fatta nel peggiore momento di crisi economica degli ultimi 50 anni, a livello mondiale: il 2009.

Su Facebook vi è una PETIZIONE CONTRO IL NUCLEARE: Io l’ho firmata!

Massimo

RIFLESSIONI POST MORTEM/1

di Michele Cipolli – IE Toscana


partito_democratico_simbolo3Dovrebbero farle chi la storia la conosce meglio di me, ma l’omertà ha preso il sopravvento anche nel PD. Veltroni sta zitto per il bene del partito (quale?) … e si aprono così dietrologie spicciole tra cui aggiungo la mia. Ma forse sono più sincere e genuine di quelle spiattellate da firme autorevoli che hanno il privilegio di orientare le opinioni dai media dominanti.

Ricordo il luglio 2007, quando ero fiducioso corsista ULIBO; il governo Prodi cominciò a dare i primi segni di cedimento proprio quando la comunità finanziaria lanciava i primi warning sul problema subprime; il crollo finanziario prossimo venturo era ampiamente noto a tutti gli addetti ai lavori, però nessuno sapeva quanto fosse grande e pervasivo. Quel bel percorso di apprendimento, discussione e condivisione di un progetto politico venne bruscamente interrotto due mesi dopo per il repentino decollo del PD di Veltroni ed il governo di centrosinistra ebbe vita breve.

Lo scenario e le prospettive erano cambiate nel mondo e così l’equilibrio di potere nel partito. Anche i buoni progetti dovevano essere rivisti per seguire la nuova rotta.

Adesso il triste ma corretto addio di Veltroni alla segreteria, il perpetuarsi della perdita di reputazione da parte dei maggiori esponenti e del PD, la lotta tra correnti e capi bastone che rappresentano il passato e che faranno sempre perdere ogni progetto progressista. Il caso ed il destino non c’entrano in questa storia; non vi è leadership nel centro sinistra (le parole Obama e Italiano sono inconciliabili) e non si costruisce un progetto progressista a partire dalle segreterie; e inoltre cercando di lottare sulllo stesso piano dei marpioni amici di Berlusconi (non sono scaramantico …), cercando di entrare in affari per gestire clientelarmente il potere, si perde senza dignità come sta accadendo inesorabilmente.

I pochi giovani entrati nel PD o si sono allineati o ne sono usciti a breve giro di posta. Secondo voi che significa? Un progetto gestito male da persone con scarsa autorevolezza, reputazione e trasparenza politica non può che fallire e lasciare più di un terzo del paese in mano a banditi arroganti che niente hanno a che fare con lo stato di diritto. Vergogna! La sinistra ed il centro sinistra pagano questa irresponsabilità (talvolta sfociata in collusione), che proviene proprio da chi dovrebbe promuovere i diritti e i valori dello stare insieme, della collettività. E invece sono (siamo) stati superati su tutto. I giochi di potere e l’ipocrisia, oltre che l’evidente incapacità sono stati smascherati dagli elettori e probabilmente nessuno degli attuali pseudo-leader potrà invertire ala tendenza.

Congresso e primarie nazionali il prima possibile; ottobre potrebbe dare qualche spiraglio di ripresa economica e voglia di ricostruire ma secondo me è troppo tardi. Molti voti alle europee sono ormai persi a vantaggio di Di Pietro e Casini, occorre effettuare una svolta innovativa il prima possibile, concentrata sulle persone, nuove e/o giovani. Ma non mi fido di quelle che sono entrate dalla porta di servizio in questi ultimi tempi poichè il reclutamento ha seguito regole poco chiare. Tutto nuovo dalle fondamenta, pena il PD al 15% e anche meno, per la gioia di chi questo fallimento lo aveva previsto già nel 2007 (non dico chi, ma erano in molti).

Un caro saluto a tutti voi, io non perdo la speranza ma probabilmente voterò altro alle prossime. Non ce la faccio a sostenere ulteriormente questa gente, ci meritiamo molto di più come tanti nostri concittadini.

Michele Cipolli

PAPA’ NON ROMPERE

veltronidi Aldo Perotti

E’ così pure Walter ha mollato. Non credo ci ripensi. Con ogni probabilità si dedicherà all’Africa, come sta facendo Prodi del resto, e come fanno spesso le persone capaci e volenterose (ne conosco qualcuna). Sembrerebbe proprio che sia più facile fare del bene in Africa che in Italia.

Ormai parecchi anni fa, frequentavo l’università, mi ero alzato sul tram per cedere il posto ad una signora molto in la con gli anni, la quale mi rispose stizzita di farmi gli affari miei; avevo sottolineato la sua condizione di persona anziana; condizione che evidentemente l’arzilla rifiutava con tutte le sue forze.

L’Italia è così. Non vuole sentire se non complimenti, battute di spirito, inviti a cena, sottili allusioni. L’Italia ama essere corteggiata a suon di balle, essere presa in giro, lusingata all’inverosimile. Adora il pettegolezzo, non si preoccupa del portafoglio, non pensa mai al futuro e si gode il presente.

Il mio errore dell’epoca è stato ed è l’errore di Veltroni e di tutta la sinistra (Soru ha fatto lo stesso errore); i boy scout e le loro buone azioni sono definitivamente passati di moda nel nostro paese, spazzati via da una cultura edonistica che è riuscita addirittura a diventare maggioranza in un paese ormai solo”incidentalmente” cattolico. ( Quando un settimanale come Famiglia Cristiana si becca la querela di un ministro appare chiaro che il sistema di valori giudaico-cristiani che ha costruito l’Europa che conosciamo non abita più le stanze della politica e del potere).

E cosi chiunque tenti di affrontare i problemi, ma anche solo di riconoscerli, è un disfattista, un “corvaccio”, che non sa godersi la vita apprezzando quello che ha e quante cose belle gli offre la televisione.

Hai il conto in rosso ? Corri, corri che c’è la partita. Non trovi lavoro ? E’ perché ti vesti male. Dovresti sbottonare la camicetta ed accorciare la gonna. Sei cosi bella. Non puoi pagare il mutuo ? Ma dai, una soluzione la troviamo.. aggiungiamo qualche rata. Molti, moltissimi, corrono incontro e abbracciano chi gli promette felicità e amore eterno; i più smaliziati, è purtroppo sono una minoranza, vivono quotidianamente nel sospetto domandandosi “dov’è la fregatura?”.

Del resto chi dice la verità, è attento, scrupoloso, anche all’interno delle famiglie, diventa subito un pessimista, musone e rompiballe. “Lo dico per il tuo bene” è universalmente nota come una delle frasi più inutili della storia dell’umanità.

Eppure Veltroni e gli altri insistono. In ogni sua frase, nei suoi discorsi, anche nell’ultimo c’è sempre sottesa quella frase … “lo dico per il tuo bene”… il risultato è inevitabile … “papà non rompere”.

In una situazione del genere la sinistra, il Partito Democratico, è ancora di fronte ad una scelta chiara ed abbastanza semplice. O sceglie di assecondare il paese e scende sullo stesso piano degli avversari promettendo l’impossibile ed offrendo scenari ancora più idilliaci (ma probabilmente non è nelle sue corde), oppure attende preoccupato l’evolversi dei fatti, il risveglio delle coscienze, sperando che dalla “notte brava” il paese ritorni tutto intero anche se malridotto.

Gli uomini ? La leadership ? Assolutamente ininfluenti. Se la mia immagine del paese è anche solo in parte rispondente al vero nessun “grillo parlante”, nessun “boyscout”, nessun “buon padre di famiglia”, può sperare di contrastare l’affascinante imprenditore a bordo della sua Ferrari. Aggiungo che se qualche “papà di larghe vedute” in un’ottica di minor danno volesse in qualche modo assecondare il gigolò nell’illusione di poter controllare la situazione, potrà pure rimediare qualche passaggio in macchina, ma certo non farà del bene ed alla fine non ne otterrà che un maggiore rimorso.

Ci sarà qualcuno in grado di far capire al paese che la situazione mondiale richiede impegno e sacrificio, che si deve investire sulla scuola, sulle infrastrutture, sull’ambiente?

Chi avrà la capacità e la forza di dire “tu stasera non esci, devi studiare e mettere in ordine la camera, che a giugno hai gli esami” ?

L’ALTRA FUGA DI CERVELLI

fuga-dei-cervellidi Ainhoa Agulló

Il fenomeno migratorio, attualmente al centro di numerosi e accesi dibattiti, non costituisce, invece, una realtà moderna, ma esso ha accompagnato, fin dalle origini della storia, l’essere umano. Secondo i dati dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e dell’OCSE, agli inizi del secolo scorso, i migranti nel mondo erano il 3% della popolazione globale, percentuale che si è mantenuta costante finora.

Tuttavia il fenomeno migratorio, nell’attualità, deve essere collegato a quello della Globalizzazione che, trasformando i mercati del lavoro mondiali, ha incrementato le disuguaglianze economiche e sociali e ha così costretto le persone ad abbandonare le proprie nazioni. Infatti, la particolarità che contraddistingue questo periodo storico deriva dal fatto che il tasso di crescita annua dei migranti internazionali si è incrementato di quasi un 3%, e continua ad aumentare. Secondo l’OCSE, gli immigrati verso i maggiori Paesi industrializzati sono triplicati rispetto agli anni ’60 e costituiscono il 7,5% (75 milioni di persone) del totale della popolazione dei Paesi OCSE, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni.

Per quanto riguarda l’Europa, secondo le previsioni, tra una quarantina di anni, un terzo dei suoi cittadini supererà i 65 anni di età. Per questo motivo, comincia, da subito, ad avere bisogno sia di manodopera ma soprattutto di cervelli venuti dall’estero, disposti a trasferirsi e a lavorare nel continente europeo, in condizioni simili a quelle che può offrire la Silicon Valley in California o Sidney in Australia. Si deve tener conto, inoltre, che attualmente un alto numero dei cervelli “locali” europei sono in fuga verso i Paesi che investono in R&D&I, malgrado la Strategia di Lisbona, che cerca di creare le cosiddette “reti di contenimento territoriali”, volte a valorizzare il capitale umano e sociale, acquisito sul territorio dell’Unione. È questo il motivo reale per il quale l’Europa sta cercando di introdurre la cosiddetta Carta Blu europea, ovvero un permesso unico, di lavoro e di residenza, per gli immigrati altamente qualificati, in risposta alla famosa Green Card americana. La Carta Blu rientra perciò nella logica dei programmi di “immigrazione selettiva”, che mirano a soddisfare il fabbisogno sempre più pressante dei Paesi occidentali.

È ovvio che le migrazioni internazionali sono conseguenza, in molte occasioni, di conflitti interni, internazionali e/o di disastri ambientali. La maggioranza delle persone che decide, però, di abbandonare il proprio Paese, lo fa, in realtà, per motivi fondamentalmente di carattere economico. Perciò, all’interno del gruppo dei migranti “economici”, conviene fare un’ulteriore distinzione, fra le “semplici” migrazioni per lavoro (che costituiranno una manodopera più o meno specializzata) e la cosiddetta “fuga di cervelli”, più conosciuta con l’assettico termine di brain drain.

Malgrado il fenomeno non sia molto publicizzato, è ormai accertato che a tentare il “salto” verso l’Europa (e, più in generale verso i Paesi industrializzati) sono i più istruiti, sia tra gli immigrati regolari che tra quelli in situazione irregolare. In concreto, per quanto riguarda l’Italia, più del 41% degli immigrati dichiara di essere in possesso di un diploma di scuola superiore (mentre per gli italiani questo dato riguarda solo il 33% della popolazione) e il 12% ha seguito una istruzione universitaria (di fronte ad un 10% di italiani), nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni. Lo stesso studio, visto da una prospettiva di genere, dimostra, inoltre, come le donne sono, in media, più istruite degli uomini, anche se con grandissime differenze da nazione a nazione.

Ci troviamo così di fronte ad un immenso spreco di capitale umano nel fenomeno migratorio, che si manifesta sotto due aspetti:

– da una parte il brain drain, che presuppone un impoverimento culturale per i Paesi di origine, che si vedono privati dei loro migliori cervelli;

– dall’altra (soprattutto tra gli immigrati in situazione irregolare), si produce un mancato utilizzo delle risorse umane qualificate, nei Paesi di destinazione, fenomeno conosciuto come brain waste.
La Banca Mondiale, fino a poco tempo fa, aveva fatto riferimento ad un aspetto positivo della fuga di cervelli, ovvero alla cosiddetta “Nuova Economia del Brain drain”, o, meglio, del brain gain, ossia del guadagno: secondo questa teoria, la richiesta di immigrati qualificati nei Paesi industrializzati avrebbe ripercussioni positive sui loro Paesi di origine, non solo in termini di rimesse, aspetto più evidente a tutti: i flussi di capitali provenienti dai migranti girerebbero attorno ai 150 miliardi di dollari, il doppio rispetto al 2000 e cinque volte di più rispetto al 1990; secondo questa teoria, i governi dei Paesi in via di sviluppo verrebbero sollecitati, attraverso le richieste di alti profili professionali, a migliorare i propri standard di istruzione, avendo, come conseguenza, un innalzamento complessivo del livello di vita del Paese stesso. Più recentemente, però, sempre la Banca Mondiale ha ammesso che ciò ha pure un impatto negativo, da un punto di vista eminentemente economico, se si tiene conto delle risorse investite nella loro istruzione, senza il tornaconto del loro utilizzo posteriore da parte del Paese che ha investito nella loro formazione.

Per questo motivo, negli ultimi anni, stanno acquistando particolare importanza le cosiddette diaspora options, che prevedono una brain circulation (o brain exchange), e collocano il migrante, in quanto conoscitore di territori, al centro dei progetti di cooperazione, volti a favorire uno sviluppo parallelo e sinergico tra i Paesi di origine e quelli di destinazione. Si richiede, perciò, l’implementazione di una interazione bidirezionale, che permetta, in tal modo, un movimento circolare. In questo senso, il Parlamento Europeo, in un suo rapporto sulle relazioni UE/Regione mediterranea (regione particolarmente colpita dai flussi migratori, a livello globale), già nel 2001, ha considerato che la politica migratoria deve avere la sua ragione di essere nell’organizzazione della circolazione di persone. Se non si risponde a tale domanda di organizzazione, si favorisce l’immigrazione clandestina. Per tale motivo, è necessario considerare le migrazioni al centro della cooperazione, elaborando una politica migratoria articolata sulle necessità di co-sviluppo. Bisogna tenere anche conto, nei Paesi di accoglienza, di un adeguato utilizzo delle professionalità e del bagaglio di studio dei migranti, giacché ciò permette di favorire la loro integrazione e di ridurre il rischio di fenomeni di rigetto nelle società di accoglienza.

Ciò, per quanto riguarda i cervelli in fuga, implica la necessità di creare un sistema che permetta agli emigrati di continuare a lavorare fuori casa (e perciò che li consenta di crescere, da un punto di vista professionale), senza che tale cosa produca un impatto negativo per il proprio Paese, e che, contemporaneamente, essi vengano considerati come un “contributo” dal Paese di accoglienza.
Alcuni dei cervelli in fuga, a tal fine, propongono che i Paesi di origine stabiliscano (attraverso le organizazioni internazionali di competenza in materia) il pagamento di una tassa per l’assunzione di personale qualificato nei Paesi industrializzati. Ma il dubbio che si pone è se tale proposta permetterebbe, veramente, ai Paesi di origine, di riassorbire i costi dell’istruzione, impedendo un acquisto “a costo zero” da parte dei Paesi che “importano” cervelli, come finora è avvenuto.

DUE LACRIME IN PIU’ PER ELUANA

eluanadi Aldo Perotti

Avvoltoio o iena.

Non è facile definire chi si avventa sull’animale morente e indifeso, debole, oppure si ciba dei suoi resti. Galline che si litigano un lombrico che finirà diviso in due.

Come è possibile accingersi ad una battaglia di civiltà (o di inciviltà), a difensori di principi inviolabili, a tutori del diritto, di fronte ad un dramma individuale così enorme. Una povera ragazza ed un padre disperato divengono un pretesto.. non altro che un pretesto …. per uno scontro poltico-mediatico-giudiziario di cui proprio non abbiamo bisogno nel nostro paese. Troppo spesso le disgrazie dei singoli finiscono in pasto ad un sistema che se ne ciba e auto-gratifica il suo operato spesso per colpa di tutti noi, per la morbosa curiosità che ispira il disgraziato – vittima o mostro – di turno.

In un paese civile Eluana sarebbe un nome inventato. La sua storia si sarebbe dovuta svolgere nel più assoluto anonimato. Dottori, giudici, tribunali, tutti avrebbero dovuto conservare un assoluto riserbo e parlare di diritti, doveri, valori, senza cadere in quella ricerca di visibilità che sembra l’essenza dei nostri tempi. E invece no. Tutti scendono in campo pro o contro, “è gia morta”, “no, è ancora viva”, “soffrirà”, “non soffrirà”, “non si sa”, “è accanimento terapeutico”, “è diritto a rinunciare alle cure”,”è dovere curare”.

Sembrano avere tutti ragione, o tutti torto. Pochi politici, che a questo punto giudico i migliori, hanno saputo conservare una posizione di distacco e di rispetto rifiutandosi di entrare nell’arena.
Non capisco molto di stato vegetativo ma provo solo ad immaginare una condizione come quella della povera ragazza.

Se Eluana è viva e consapevole, anche solo in parte, solo minimamente, della sua condizione credo le sue sofferenze siano incommensurabili. Sofferenze alle quali si sommano quelle dei suoi cari. Quando la sofferenza, fisica o anche psichica, è grande, la morte rientra tra le opzioni possibili. Il suicidio o l’omicidio e anche l’omicidio-suicidio sono una realtà di sempre. Esiste purtroppo una sofferenza troppo grande per continuare a vivere. Se Eluana è viva, vuole morire.

Se Eluana non sente, non capisce, non sa, non soffre, non pensa, se Eluana è ormai veramente ed irreversibilmente un vegetale, una pianta attaccata all’irrigazione automatica, allora è quasi in Paradiso e papà Beppino potrebbe tirare un grosso sospiro di sollievo… Eluana forse è felice.
La povera Eluana, a differenza di Piergiorgio Welby, non può dire la sua e non ci può essere di alcun aiuto. Non può inoltrare formale richiesta di morire dolcemente, nel sonno, nel sogno.

Lascia purtroppo a chi le sta accanto, un po’ più vivo o meno morto di lei, una scelta impossibile. Se fossi io a dover chiudere il rubinetto, probabilmente rimarrei li appoggiato altri 17 anni.

La posizione della Chiesa, della religione, che sulla morte ha decisamente il suo peso, è una posizione assolutamente razionale. Per la Chiesa non è una questione di Fede. Per i credenti chi muore va in Paradiso ed il problema non si pone… anzi… tanto vale darsi una mossa.

Di contro, razionalmente, non possiamo considerare la morte un bene (i kamikaze lo fanno e la cosa non fa certo comodo alla collettività). La morte, inevitabile che sia, ci priva del bene ultimo della vita, bene non negoziabile in via ordinaria. Pertanto la volontà di morire, il suicidio, non rientra tra i comportamenti razionali. Non si rinuncia volontariamente e razionalmente alla vita. Chi ci rinuncia o vorrebbe rinunciarci è mosso da cause che lo pongono in una condizione anomala, in una condizione di incapacità di intendere e di volere, di fatto è impazzito (a causa del dolore e della sofferenza). E’ questo il motivo per cui, in certi casi, si possono celebrare i funerali del suicida. Già solo mettere in pericolo la propria vita è considerato da folli (o da eroi… ma passiamo a situazioni straordinarie).

La Chiesa si propone quindi di combattere le cause di quella “ pazzia” che porta a desiderare la morte. Tutte cause molto razionali, la malattia, la solitudine, la fame, la povertà. La Chiesa, con un atteggiamento conservativo che le è tipico, nel combattere l’eutanasia (come il suicidio) vuole combattere essenzialmente quella che sembra una via d’uscita fin troppo facile nella lotta contro la sofferenza . In quest’ottica l’eutanasia rappresenta, anche laicamente, una assoluta sconfitta per l’umanità.

Non credo che i fautori “alla leggera” del testamento biologico e dell’eutanasia si siano posti una semplice domanda “ma serve veramente all’interessato ? o serve e più ai medici e ai familiari per accelerare la pratica.. ”. Alla povera Eluana, prigioniera sospesa tra la vita e la morte, forse ne una legge sul testamento biologico (ammesso che a vent’anni uno ne voglia o possa consapevolmente sottoscrivere uno) ne la legalizzazione dell’eutanasia sarebbero serviti a qualcosa.

Non so come finirà la povera Eluana. Spero solo che molto presto non se ne parli più e che invece qualche uomo di buon senso definisca, insieme ad altri, delle regole mediche condivise, che possano essere di sostegno e di conforto per i familiari di queste “vite sospese” , lasciati spesso troppo soli nell’incertezza, nel dubbio, nell’attesa.

La politica dovrebbe impegnarsi invece , per evitare che altri finiscano come la povera Eluana, a comprendere le cause della sua sfortuna. E’ non cerchiamo colpe nei dottori che l’hanno curata e rianimata, non andiamo a cercare accanimenti o altro.

Eluana ha avuto un incidente d’auto il 18 gennaio 1992.

Aveva 20 anni. Erano le quattro del mattino. Era un sabato.

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