Significativamente Oltre

costituente

La Costituente nel 2014

Pier Luigi Bersani     di Pierluigi Bersani su L’Unità
È giunto il momento di chiederci se è la stessa idea dell’Europa unita ad essere poggiata su fragili fondamenta o se sono stati gli architetti che nei decenni si sono succeduti alla guida dei lavori di edificazione a non averla saputa realizzare compiutamente.
Le forze politiche europee che hanno espresso alternativamente le classi dirigenti negli organismi comunitari portano una grande responsabilità rispetto alla crisi di legittimazione che il progetto d’integrazione soffre in questi anni.
Le principali famiglie politiche, pur avendo infatti contribuito al disegno comune investendo di responsabilità europea personalità di grande carisma e capacità di visione, non hanno poi saputo, e in alcuni casi voluto, mantenere vivo e alimentare negli anni il legame tra i cittadini e l’idea di Europa. L’idea vera e originaria. Un’idea che è per noi fondata innanzitutto sui valori di pace, democrazia, giustizia e solidarietà.
Un’idea che ispira un progetto mirato a fare della nostra regione l’area con il più alto tasso di sviluppo e conoscenza dell’intero pianeta. Un’idea nata dalle ceneri dei nazionalismi fascisti e nazisti, e la cui prospettiva era di liberare le donne e gli uomini europei dalla minaccia delle ideologie totalitarie e dalle demagogie populiste.
Quest’idea appare oggi sfibrata, pallida rispetto alla luce che emanava nel passato. Dopo anni di scontri ai vertici europei, i processi decisionali sono divenuti inintelligibili per i nostri concittadini.
Attraversiamo una crisi senza precedenti, la cui natura è finanziaria, economica, sociale e quindi politica, ma diamo, agli occhi di chi vive, lavora e studia in Europa per costruire il proprio futuro, l’impressione di navigare a vista, quasi in balia tra le ondate delle agenzie di rating e le sirene della miopia politica comune a gran parte delle leadership europee.
La sfida del nostro tempo è di una complessità inedita. Saper coniugare la partecipazione democratica all’esercizio della sovranità in un contesto di globalizzazione economica e finanziaria è il vero compito di una leadership politica progressista con l’ambizione di governare per il bene comune la propria società (o comunità).
Vincere questa sfida è vitale per il rilancio dell’integrazione europea e la politica democratica che ne deve essere cardine principale. È imperativo rimettere al centro della partita i cittadini, gli elettori, le pubbliche opinioni.
Dimostrare che solo con la loro partecipazione attiva il motore di un’Europa giusta e democratica può ripartire e finalmente portarci al traguardo di un’integrazione politica, sociale ed economica sana ed equilibrata. Non si tratta semplicemente di trasferire la sovranità da un piano all’altro.
La sovranità è dei cittadini e deve rimanere tale. Si tratta invece di far condividere agli stessi cittadini europei il progetto di un’Unione la cui sovranità si legittima su una base di condivisone tra eguali.
Per questo obiettivo sarà necessario ripartire dall’unica vera istituzione comunitaria direttamente rappresentativa della cittadinanza europea.
Il Parlamento, in cui già oggi l’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici svolge un lavoro prezioso, sarà il luogo di partenza per effettuare il salto di qualità necessario a costruire una nuova Europa. Se lo vorremo tutti saranno le prossime elezioni europee del 2014 ad essere le prime elezioni democratiche sul percorso di una Costituente Europea. Riscrivere le regole della nostra Unione. Permettere a tutte e tutti di scegliere quale strada perseguire per il proprio futuro insieme. Pensando alle nuove generazioni è nostro dovere dedicare tutti noi stessi a questa sfida.

DON RODRIGO E IL PARTITO NUOVO

di Fernando Cancedda

“Questo partito nuovo non s’ha da fare né domani né mai”.
Immaginate una stradina solitaria di campagna, fiancheggiata da ulivi, e la tranquilla meditazione di un galantuomo bruscamente interrotta da quella singolarissima intimazione. A chi assegnereste in questo caso il ruolo di don Abbondio, dei “bravi”, di don Rodrigo o di altri personaggi coinvolti nello scenario manzoniano? Il gioco è divertente ma i nomi veri limitatevi a immaginarli, potreste beccarvi una querela per diffamazione. Quanto al ruolo dei promessi sposi, lo assegniamo a noi, a tutti “democratici” in attesa di quella benedetta “novità”.
Proviamo insieme a immaginare il seguito di quel colloquio, liberandolo tuttavia dalla minacciosa brutalità del modello, che non si conviene più allo spirito dei nostri tempi.
“Partito nuovo? – potrebbe subito precisare uno dei “bravi” – chiamatelo pure come volete, purché quell’aggettivo, “nuovo”, resti sempre tra virgolette. Figurarsi. Da che mondo è mondo le rivoluzioni, le innovazioni sono servite a stimolare la fantasia dei potenti o degli aspiranti tali per escogitare metodi sempre più raffinati per tenere a bada le masse. Chiamatelo anche Partito democratico. E’ bene infatti che la democrazia sia proclamata, dichiarata, esaltata, difesa, esportata. Praticata, dipende”.
“Ma come – sospira il galantuomo, affidandosi al suo entusiasmo per la grande democrazia americana – e il sogno americano allora?”
“ Il sogno americano, certo – interviene il secondo “bravo” – il sogno è fondamentale, meglio se individuale e non collettivo. Vuol dire che qualunque cittadino, purché abbia la fortuna, la capacità, i mezzi e la volontà necessari, lottando e sgomitando senza guardare in faccia nessuno, potrà riuscire ad entrare nel ristretto numero dei potenti. Se la novità che aspettate è questa, possiamo metterci d’accordo”.
Il galantuomo prende coraggio. “Noi però vogliamo affermare il principio: una testa, un voto. E non basta: vogliamo anche più giovani e più donne al vertice del partito e delle istituzioni”.
“Beh, ora non vi allargate, adelante Pedro con Juicio – replica il “bravo”, prendendo in prestito una battuta dal vecchio copione – tutti avrete certamente il diritto di dare o negare il voto ai candidati delle nostre liste, ma quelli li dovremo scegliere noi, giovani e donne compresi. Non si è fatto così anche per il Comitato dei 45”?
Il galantuomo, subodorando l’imbroglio, decide allora di osare: “E se le liste le facessimo noi, noi cittadini elettori, anche quelli non iscritti, proponendo le candidature dal basso?” Una risata colossale rischia di seppellire il galantuomo: “…ma tutti i nostri candidati saranno proposti dal basso!”, gli gridano i “bravi”, allontanandosi sghignazzando.
Preoccupato ma non depresso, il galantuomo riprese la sua meditazione, pensando a come fare perché quelle candidature “dal basso” non fossero davvero le stesse suggerite dall’alto. E a noi non resta che darci da fare, sperando che anche questa storia abbia il lieto fine che piaceva tanto a Manzoni.

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