Significativamente Oltre

Berlusconi

Per rinnovare il Paese, un nuovo management è urgente adesso

aziende pubblichedi Innovatori Europei

Nelle prossime settimane il governo Renzi nominerà i nuovi managers delle grandi aziende controllate dallo Stato.

Come sempre capita in questi casi, non vi è discussione pubblica a riguardo, nonostante l’importanza cruciale di queste scelte per provare a rimettere in campo il Paese – in ginocchio dopo un decennio pieno di crisi – disegnando nuove politiche industriali e nuove alleanze internazionali.

Evidente infatti quanto le grandi aziende italiane (ENI, Enel, Finmeccanica, Telecom e le altre) contribuiscono a definire quello che è il presente e quello che potrebbe essere il futuro del Paese.

In questo passaggio cruciale, il governo ha la possibilità di definirsi “innovatore”, nel rinnovare con nuove personalità e competenze di caratura internazionale i management di queste grandi aziende, per poter ragionare insieme ad essi sulle nuove sfide di natura industriale e politica, emerse nell’ultimo decennio, che possono essere affrontate e vinte dal nostro Paese.

E con un nuovo management dare il senso del cambiamento di prospettiva e di visione ad un intero Paese, con effetti positivi – politici e sociali – a cascata che sono immaginabili.

Per il momento, le attese suscitate dal Governo Renzi sono sicuramente positive e l’idea di cambiare la totalità dei top-manager attuali delle grandi imprese dopo molti anni di governo di quelle imprese e risultati a volte modesti (come documentato per la più grande società italiana, l’Eni, da un ottimo articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera) è presupposto fondamentale per continuare incisivamente la sua azione riformatrice.

A leggere la stampa delle ultime settimane, anche il Tesoro, con il competente neo ministro Padoan, sembra volere puntare dritto in questa direzione.

Come qui doverosamente già evidenziato alcuni giorni fa, l’unico elemento di perplessità in questa vicenda riguarda il lavoro di uno dei cacciatori di teste scelti a suo tempo dal precedente Governo proprio per collaborare proprio con il Tesoro alla selezione dei nomi per la guida delle grandi imprese partecipate. Ci riferiamo a Spencer & Stuart, i cui requisiti di indipendenza in questo caso rischiano di essere offuscati in quanto sembra essere consulente proprio delle grandi imprese il cui management dovrebbe contribuire a cambiare. E dalla presenza nel suo advisory board della figura politica di Gianni Letta, che fu evidentemente uno dei protagonisti principali delle nomine degli attuali vertici delle imprese di stato.

Tutte notizie che oggi risultano confermate anche da L’Espresso, con un articolo della sua importante firma Denise Pardo.

Viene allora da chiedersi: possibile che, anche per motivi di opportunità, non potesse essere individuato un altro cacciatore di teste al suo posto?

Nello scontro, la coppia Bersani-Monti va a delinearsi

di Massimo Preziuso su L’Unitàelezioni

 

Ci sono buone notizie nell’aria, a leggere bene l’attualità politica italiana.

Aumenta finalmente lo scontro tra i leader delle coalizioni, fatto essenziale per la riuscita di una campagna elettorale: essa ha infatti come obiettivo principale quello di far “vedere” agli elettori “differenze”, per poi eventualmente far loro comprendere “complementarietà”.

Dopo i primi giorni di “calma piatta”,  nelle ultime ore si delineano finalmente le diverse offerte politiche. Il nuovo centrodestra si propone rafforzato e migliorato nella qualità del programma e delle persone. Il centro, con l’ingresso di Monti e Giannino, si comincia ad allontanare da vecchie logiche. Il centrosinistra, dopo una partenza amorfa, recupera la sua innata carica di innovazione. Il movimento 5 stelle assume consistenza politica alternativa. La sinistra estrema appare invece inconsistente e scomposta.

Se vogliamo cercarlo, il punto di partenza di questa nuova fase si può attribuire al caso Monte Paschi di Siena.

Esso ha infatti dato l’assist a Mario Monti e Grillo per provare un assalto al Partito Democratico, provando da subito a trasformare un pesante accadimento di tipo finanziario in una responsabilità politica, a fini elettorali.

A quel punto Bersani ha reagito, segnando il proprio territorio politico ed elettorale nell’area progressista, dopo aver provato erroneamente a trovare una sorta di pace elettorale con il Professor Monti.

Finalmente, si potrebbe dire. Perché, sembrerà strano, ma proprio da ora si comincerà a delineare una coalizione di Governo Bersani – Monti che, a voler essere onesti, è necessaria al Paese. Il cui punto di incontro politico sarà a metà strada tra progressismo francese e rigore tedesco, tra lavoro e produzione, tra PSE e PPE.

Tanti di noi avremmo voluto idealmente un governo Bersani di tipo progressista. Ma sapevamo e sappiamo che esso non avrebbe retto e non reggerebbe alla complessità dei fenomeni che il nostro Paese deve andare ad affrontare rapidamente nei prossimi mesi, nel contesto internazionale, prima che nazionale.

E si sarebbe tradotto da subito in una inutile forte discontinuità con le politiche di austerity delineate e avviate con il precedente governo.

Inutile perché, sebbene la austerity sia risultata sbagliata ed abbia nei fatti affondato ancora di più l’Italia nella crisi, pensare di tornare indietro nel percorso ormai avviato, e voluto dallo stesso Partito Democratico, principale partner del governo ABC, sarebbe ora incomprensibile e suicida.

E questo sarebbe (stato) il rischio di un governo progressista puro. Quello di trovarsi a mettere in discussione molto del percorso fatto, da cui invece bisogna partire, con i dovuti aggiustamenti di natura progressista da apportare, affinché se ne vedano i benefici, in termini di un alleggerimento della “macchina Italia”, necessario alla crescita.

Ed allora bene questa campagna elettorale di “scontro”, in quanto renderà chiaro agli italiani della esigenza di un “incontro”, subito dopo il voto, tra le politiche democratiche di Bersani e quelle (ex) rigoriste di un Monti, che sta fortunatamente rapidamente diventando politico.

Nel prossimo mese probabilmente vivremo una serie di momenti di tensione tra i due futuri alleati: ma tra un mese essi avranno l’opportunità di portare l’Italia in un’ Europa che ora, a dirla di tutti (Monti compreso), deve puntare sulla crescita e sulla sostenibilità dello sviluppo, con uno sguardo nel Mediterraneo, a cui a breve anche il Professore dedicherà attenzione, seguendo Bersani.

Subito alle elezioni. Napolitano frusti i cavalli

 di Salvatore Viglia su L’Unità online

Non è certo questo il tempo per i tatticismi. Andiamo subito alle elezioni per scegliere un governo politico. Sotto gli occhi di tutti sono chiarissime ormai le posizioni assunte dai partiti.

Il rientro in campo di Berlusconi significa una cosa sola, che a destra vi è il nulla assoluto. Le lamentele, le indignazioni di quanti non vedono con favore questo rientro, sono a dir la verità e purtroppo, fuori luogo.

E continuiamo a dirci la verità tanto per non essere fraintesi, affideremmo il governo del paese a Casini che si propone in verità per candidare a sua volta Monti? Affideremmo il paese a Fini oppure a Montezemolo, e per fare cosa? Forse Gasparri, no, Matteoli? La Santanché oppure Meloni? Lo stesso Alfano non ne avrebbe le fattezze checché.

La colpa della discesa in campo del Cavaliere è tutta da attribuire alla destra attuale che non presenta neanche per nomea personalità in grado di guidare quel carro.

Il Presidente Napolitano non deve ostinarsi a protrarre questo “scristo” inutilmente. Tenere per le briglie tutti al solo fine di protrarre la via crucis di un mesetto, francamente ci sembra una esagerazione.

Non avremo nessun beneficio da questa agonia masochista. Un mese non è un anno e ciò che non si è fatto in un anno non si farebbe certamente in trenta giorni.

Ci meraviglia però come non sia il PD a recarsi al Quirinale con la richiesta formale al Presidente Napolitano di sciogliere le Camere e di indire le elezioni, se possibile, domani mattina.

A Bersani, dopo la vittoria delle primarie con i numeri che il partito vanta secondo i sondaggi, manca solo questo atto che altro non significherebbe che manifestazione di forza e determinazione. Non c’è altro da fare.

Berlusconi è un lusso che non ci possiamo più permettere

 

Di Massimo Preziuso (pubblicato su Lo Spazio della Politica)

Partiamo da un fatto molto negativo. L’Italia è entrata rapidamente e a pieno titolo nel gruppo dei cosiddetti PIIGS – Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, nonostante il Governo e le istituzioni internazionali ci avessero detto in varie occasioni che tale enorme rischio fosse scongiurato, fondamentalmente grazie alle politiche di contenimento del deficit del ministro Tremonti.

Questo perché, dopo tre anni di crisi, l’Italia ha contemporaneamente perso l’occasione storica di ristrutturare il proprio sistema economico e dare slancio ad una economia che nella crisi ha perso un 6% di PIL e si trova oggi ai livelli di ricchezza degli anni’90, con livelli di produttività industriale bassissimi e livelli di consumi in serio affanno, in un Paese che oggi è nei fatti più povero.

Per anni in Italia si parlava della Spagna come un Paese “economicamente inferiore”, a tratti trainato da bolle di crescita speculativa. Ed in effetti, in teoria l’Italia aveva ed ha una struttura economica e finanziaria più robusta di quella spagnola. Eppure, in pochi mesi, queste due economie si trovano mano nella mano nel buio della crisi. E in tutto questo, mentre il premier Zapatero pochi giorni fa si è dimesso per provare ad attenuare le tensioni del mercato spagnolo, ieri il nostro premier Berlusconi ha continuato a sostenere (come più volte durante questi ultimi anni) che il Paese è stabile e forte, che il sistema bancario è a riparo da rischio, che esiste una congiura dei mercati e della politica contro il Sistema Italia e il suo governo. E oggi, mentre i mercati vivevano una giornata pesantissima, ha addirittura invitato chi avesse soldi a comprare le azioni delle sue aziende.

Detto questo, la situazione che viviamo è delicatissima ed è racchiusa bene in alcuni fatti di Borsa.

Dopo il discorso “rassicurante” di ieri del Premier alle Camere, oggi i titoli azionari di tre gruppi fondamentali per l’economia italiana come Fiat, Unicredit e Intesa San Paolo lasciano sul campo intorno al 10%.

L’indice azionario FTSE MIB, dopo essere andato in tilt verso la chiusura per un “problema tecnico”, ha lasciato sul campo circa il 5%.

Negli ultimi sei mesi, un gigante dell’impiantistica come Maire Engineering ha perso il 70% della propria capitalizzazione, mentre nei soli ultimi due il colosso di stato della difesa, Finmeccanica, ne ha perso il 50%.

Il valore totale della Borsa italiana è oggi di circa 442 miliardi di Euro ovvero poco più del valore delle sole Apple e Google messe insieme (che valgono circa 400 miliardi di Euro).

In parallelo a questo, continua la corsa dei rendimenti dei BTP (i titoli pubblici italiani) che oggi raggiungono un differenziale massimo (dall’introduzione dell’euro) indicando quanto difficile e oneroso sia diventato collocarli sul mercato.

Tutto questo fa venire in mente una cosa importante, ovvero che non solo le singole aziende ma il Paese tutto è scalabile.

E quando un intero Paese è scalabile si rischia di perdere indipendenza e sovranità, dopo aver perso credibilità internazionale.

Ed alla fine dei conti, questa brutta situazione ha fondamentalmente a che fare con una questione molto semplice: la assoluta perdita di credibilità del nostro Paese a livello internazionale, che è fortemente data da chi lo governa.

Ma in tutto questo il nostro Premier ha chiaramente detto che il suo Governo va avanti fino al 2013, perché così gli italiani hanno deciso.

Mi chiedo: ce lo possiamo permettere? O è il caso che tutti insieme – politica, parti sociali e società civile – si uniscano per proporre rapidamente una soluzione nuova e sostenibile, che eviti un possibile disastro economico e sociale in Italia?

L’harakiri del centrodestra

Se il populismo più becero prevale sulla politica di stampo popolare

di Italia Futura

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In vista del secondo turno delle amministrative di Milano e Napoli la coalizione di governo sembra avere scommesso sulla liquefazione di ogni strategia politica. Già il primo turno aveva rivelato l’insofferenza di tanti moderati nei confronti della retorica dell’estremismo a cui si erano dedicati Berlusconi e i suoi alleati. Evidentemente il messaggio dell’elettorato non è stato recepito con chiarezza. Il presidente del consiglio ha occupato tutti i media televisivi usando toni ed espressioni che mal si conciliano con il suo ruolo istituzionale, così come hanno fatto i numerosi esponenti del governo che hanno paventato fantomatiche invasioni di gay, spacciatori, musulmani e zingari.

Ma non sono queste le preoccupazioni della stragrande maggioranza degli italiani: mentre le ultime statistiche segnalano che un italiano su quattro sperimenta la povertà e la disoccupazione giovanile raggiunge ogni mese un nuovo record temono piuttosto gli effetti catastrofici della mancanza di crescita. Geniale, poi, la sparata della Lega di spostare a Milano alcuni ministeri: una proposta che se tradotta in pratica significherebbe più spesa pubblica e meno efficienza amministrativa.

Il centrodestra, invece di incalzare le proposte di Pisapia sulla base del contenimento della spesa, sembra orientato a scavalcarlo a sinistra offrendo mance elettorali sotto forma di nuovi posti pubblici che i già tartassati cittadini italiani dovranno poi pagare. Una proposta che dimostra il passaggio del PDL dalla rivoluzione liberale al neostatalismo elettorale. E tanto per non farci mancare nulla la Moratti promette condoni sulle multe a Milano e Berlusconi la sospensione degli abbattimenti degli immobili abusivi a Napoli. Anche in questi casi siamo di fronte a provvedimenti che mal si conciliano con la tradizione del centro destra (dov’è finito il richiamo a legge ed ordine?).

L’ultima settimana di campagna elettorale riserverà nuove eccitanti sorprese e l’esito dei ballottaggi è tutt’altro che scontato. Ma di sicuro possiamo dire che questo centrodestra non ha più nulla a che fare, nei toni e nei contenuti, con quello che una forza moderata dovrebbe rappresentare in un grande paese europeo.

Lo spostamento a sinistra del PD e l’evanescenza del Terzo polo che, decidendo di non scegliere, ha rinunciato persino a fare l’ago della bilancia, avrebbero dovuto semplificare il compito al PDL nella riconquista degli elettori moderati. Invece di tornare ai contenuti tradizionali delle coalizioni di centrodestra (liberalizzazioni, contenimento della spesa, sussidiarietà, sicurezza e legalità etc..), si è deciso di procedere sulla strada di un populismo becero e confuso.

Ma in un paese in maggioranza moderato che avrebbe disperato bisogno di una seria politica di stampo popolare e liberale, lo spettacolo che si offre è l’harakiri di un centrodestra che sceglie la strada della guerra civile a bassa intensità. Ben più del candidato della sinistra, è questa decisione che rischia di far avverare la profezia di Bossi: “con Pisapia ci tagliamo le balle”.

E’ Bossi il vero nemico mortale di Berlusconi

E’ Bossi il vero nemico mortale di Berlusconi

di Rocco Pellegrini

Il rapporto tra Bossi e Berlusconi è sempre stato un classico matrimonio d’interesse. Ciascuno dei due coniugi e le loro multiformi corti ci hanno sempre raccontato la favola del grande rispetto, della grande stima, del valore strategico innovativo ma i cittadini italiani ben sanno che questi due “amanti”, in realtà, perseguono interessi diversi, qui e li convergenti, ma sostanzialmente divaricati. Il papi ed il suo partito azienda stanno facendo il sacco dell’Italia, accaparrandosi tutto quello che possono mentre il bel paese deperisce e soffre, l’uomo delle caverne vuole semplicemente “liberare il Nord” , cioè separare la contabilità e la raccolta del risorse onde a ciascuno spetti il suo. Berlusconi ritiene Bossi un prezzo da pagare per realizzare il suo piano e viceversa. Questa è la realtà le altre essendo chiacchiere di bar. E’ evidente che una simile intesa dipende molto dalla salute di ciascuno dei contraenti, dalla “potenza” che ognuno esprime qui ed ora. Come in natura la debolezza di un animale lo espone all’aggressione dei predatori così in questo “bel rapporto” l’idillio dipende dai rapporti di forza. Si da il caso che il papi sia un pò indebolito: l’uomo del “fare” appare un pò cagionevole, con la febbre alta.
E’ saltato il rapporto con Fini. Berlusconi ogni volta che ha vinto le elezioni, il buon risultato ottenuto è stato sempre il frutto di un lavoro di aggregazione perché il partito azienda (Forza Italia) è sempre oscillata tra il 20 ed il 25%. Si tratta, come è evidente, di un partito forte ma non capace, da solo, di arrivare al potere. I tanti coriferi del potere carismatico ci descrivono un papi che calamita i voti, che ammalia i cuori, che incanta i votanti quasi fosse il pifferaio magico o il mago Merlino ma questa è propaganda anche un pò dozzinale e di cattivo gusto. Berlusconi ama presentarsi come un non politico, come un “imprenditore prestato alla politica” ma, al contrario, è sempre stato un vero politico capace di aggregare, di mettere insieme forze diverse: quando ha vinto è sempre stato così. Fin dal suo debutto, quando “sdoganò” il Movimento Sociale Italiano escluso fino a quel momento da qualsiasi gioco di governo, dimostrò queste virtù politiche essenziali per arrivare a quantità spendibili per il governo del paese.
La rottura con Fini lo indebolisce moltissimo e gli fa rivedere i tempi tristi (per lui) delle vittorie di Prodi. Berlusconi ha ben chiaro che senza creare un sistema di alleanze ha poche speranze di mantenere il potere. Per lui si tratta di una questione di “vita o di morte” perché sappiamo, gli italiani sanno, che ha qualche scheletro nell’armadio e che, senza scudi legittimi o illegittimi, potrebbe essere tolto dal gioco della politica molto presto non da una magistratura ostile ma dai suoi errori. Deve dare una rinfrescata alla sua rete di alleanze perché da solo non va da nessuna parte, né i colonnelli ex AN rappresentano una soluzione vera alla rottura con Fini. I giornali parlano di serrati tentativi di corteggiamento di un suo vecchio nemico Casini, di disperati tentativi di trovare qualche parlamentare disponibile a scambiare consenso per potere, di negoziati con gli odiati finiani, ecc ecc: insomma il papi si da da fare e prende tempo perché la sua situazione è molto ma molto difficile. Fateci caso: l’uomo del fare non parla più al suo adorato pubblico. Ringhiano, minacciando elezioni e prendendosi in tutta risposta belle pernacchie, i Cicchitto, i Bondi, gli ascari come Minzolini, Feltri, Belpietro, ma lui, l’uomo del “ghe pensi mi” decide di sparire, di minimizzarsi, di riflettere. E’ difficile spiegare agli italiani come abbia fatto a sperperare una maggioranza bulgara, senza precedenti, come abbia potuto dissipare un capitale politico così rilevante come quello che italiani gli hanno consegnato nell’aprile del 2008.  L’arma delle elezioni è un coltello spuntato perché senza alleanze sa bene che non ha possibilità credibili ed, infatti, lascia che a brandirla siano i suoi uomini, lui se ne guarda bene. Ammesso e non concesso che riuscisse a vincere alla camera sembra proprio che al senato non ci sarebbero i numeri e, dunque, lui, il papi sarebbe il sacrifico necessario per un governo di larghe intese in un quadro parlamentare diviso. C’è da non dormire e le rare immagini che si vedono del grand’uomo lo mostrano molto, molto preoccupato.

 

Il problema fondamentale, quasi che quelli descritti fossero bazzecole, però, è che il cavernicolo dal dito medio eretto sente il sangue, sente la crisi del suo caro amico e si eccita. Lui si che ha interesse ad andare alle elezioni. Tutti gli osservatori parlano di forti smottamenti nell’elettorato del Nord verso la Lega e questi sarebbero voti del PDL perché chi vota a sinistra non ama gli animali preistorici, un pò impresentabili. Tra l’altro per il disegno di Bossi un eventuale parlamento dimezzato con la Lega più forte sarebbe perfetto per imporre il suo federalismo, cioè la tragedia finale per questo sventurato paese: un quadro politico che porterebbe rapidamente verso il superamento dell’unità d’Italia aprendo una crisi rispetto alla quale questa che viviamo sarebbe descritta come ‘età dell’oro. Dunque Bossi minaccia elezioni, va dritto verso lo scopo anche se sa bene che c’è un ostacolo pesante al quale Fini ha alluso nel suo discorso di Mirabello.Se Berlusconi si dimettesse il presidente Napolitano, nel rispetto della costituzione vigente, avrebbe il dovere di cercare una qualsivoglia maggioranza parlamentare che garantisse la continuità della legislatura ed allora sarebbero guai grossi, per il gatto e la volpe. Ecco perché ieri sera, mentre ancora rullavano i tamburi di guerra propagandistici, il papi ha detto: “Ho il dovere di governare”. La montagna ha partorito il topolino: ma tant’è. Di più non si può.
Corri, corri Berlusconi… Mala tempora currunt. In tanti si sono distaccati da te ed il tuo migliore amico è il tuo peggior nemico come nella società dei babbuini dove il leader beta, nell’80% dei casi, uccide il leader alfa. D’altra parte chi semina vento raccoglie tempesta .

L’Italia c’è: la Consulta boccia il Lodo Alfano perchè incostituzionale

corte costituzionale

 

 

 

 

 

 18:11 Consulta: serviva legge costituzionale

La Consulta – secondo quanto appreso dall’Ansa – ha bocciato il ‘lodo Alfano’ per violazione dell’art.138 della Costituzione, vale a dire l’obbligo di far ricorso a una legge costituzionale (e non ordinaria come quella usata dal ‘lodo’ per sospendere i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato). Il ‘lodo’ è stato bocciato anche per violazione dell’art.3 (principio di uguaglianza). L’effetto della decisione della Consulta sarà la riapertura di due processi a carico del premier Berlusconi: per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

E’ cominciata la parabola discendente di Berlusconi?

berlusconiCiao a tutti.

Vi scrivo, perchè oggi, da italiano, son rimasto davvero impressionato dalle novità del caso Berlusconi – Noemi Letizia, con l’intervista al suo ex fidanzato Gino http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-2/parla-gino/parla-gino.html che racconta come è nata l’amicizia (diretta) tra il Premier e la giovane, allora minorenne, ragazza napoletana, delle feste nelle ville sarde del Premier con decine di giovanissime invitate non si capisce perchè.

Non posso tacerlo, proprio perchè qui si parla di fatti riguardanti il nostro potentissimo Presidente del Consiglio, e non di Mario Rossi.

Un Presidente che, non si può negarlo, ha stordito il Paese con quel mix di “enorme carisma” e di “simpatia italica” unico.

Ebbene, dopo aver visto con i miei occhi, e subito sulla mia pelle di giovane, come la “sua” Politica (mediatica e politica) ha danneggiato, forse irreparabilmente, il nostro Bel Paese, ormai diventato senza voce e senza voglia-forza di cambiare, non posso ora restare in silenzio davanti a questi fatti che, se veri – come sembra, ne squalificano pienamente, ed in maniera irreparabile, il modo di intendere un ruolo istituzionale così importante.

Ora, siccome non riesco nemmeno lontanamente ad immaginare un “complotto di qualsiasi tipo” a riguardo, in una situazione del genere, in qualunque Paese Moderno e Democratico, prima l’opposizione e poi il cittadino-elettore naturalmente reagirebbero “voltando le spalle” al politico in questione.

Ma in quest’ Italia, così “stordita” da decenni di mala politica e di mala comunicazione, sembra che questo non accadrà, quanto meno non nel modo dovuto.

E su questo vi è stato, vi è e vi sarà continuamente da riflettere, in particolare su come l’Italia sia un Paese governato, a tutti i livelli (da Sud a Nord, nell’economia e nella politica) da persone legate l’una con le altre, in maniera a volte indissolubile, in Oligopoli-collusivi.

Questo è anche chiaramente evidente nella Politica e nel Parlamento italiano.

I grandi Partiti – PD, UDC e IdV – continuano da tempo a fare solo “propaganda anti – berlusconiana” senza “voler” trovare la forza per impostare una seria e giusta strategia politica di opposizione contro un Governo che, se da un lato fa solo propaganda Politica senza affrontare nessuno dei tanti problemi reali che affliggono il Paese (si veda la necessità, in primis, di una nuova politica industriale e salariale, di una seria Politica contro l’Evasione, e le tante riforme incompiute), e da un altro continua a promuovere politiche personalistiche con il puro scopo di rafforzare la Figura del Leader-Premier (si veda il Lodo Alfano, e la continua volontà di depotenziare e “silenziare” la Magistratura, e come è cambiata drasticamente la RAI in poco tempo).

Date queste serie “atipicità italiane”, rincuora oggi il fatto di poter tornare finalmente ad “ascoltare e leggere” qualche voce (soprattutto intellettuali e membri della società civile organizzata, come IE, che erano stati completamente “silenziati” nell’ultimo anno, forse dall’inaspettato strapotere Berlusconiano) parlare della possibilità che questo stranissimo ed unico Ciclo Politico – Berlusconiano stia lentamente iniziando ad esaurirsi.

Vi consiglio, a proposito, la breve lettura del bravo Gad Lerner http://www.gadlerner.it/2009/05/24/scommettiamo-berlusconi-e-agli-sgoccioli.html che parla proprio di una parabola discendente di Berlusconi, distrutto da quei stessi Media che lo hanno reso così potente.

Se questo sarà vero, come io credo, ne vedremo i primi “timidi” segnali tra pochi giorni alle Europee o comunque subito dopo (ovvero prima dell’Estate).

Che dire, speriamo davvero di poter riprendere presto almeno a “sognare” un’ Italia “normale”.

Speriamo che l’opposizione, PD in testa, trovi finalmente la forza e la voglia di opporsi, con ritrovata energia, a questa situazione inaccettabile.

Ma di certo, ne sono sicuro, questo dipenderà da un ritrovato e rinnovato impegno di tutti noi.

Non possiamo permetterci di stare ancora a guardare.

Massimo Preziuso

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