Significativamente Oltre

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A BOCCE FERME

di Aldo Perotti

E’ trascorso quasi un mese dalle elezioni poltiche ed è forse solo ora possibile tentare un’analisi degli eventi. Il risultato elettorale ha confermato (sarà
stata la prima volta) quanto i sondaggi andavano proclamando da tempo: malcontento nella popolazione nei confronti del governo Prodi; il centrodestra in vantaggio
sul centro sinistra di 5, 6 ..10 punti percentuali
.

Pur trattandosi di una morte annunciata moltissimi di noi hanno creduto che anche questa volta le urne avrebbero smentito i sondaggi, che anche questa volta
gli elettori sarebbero rimasti fedeli al loro voto e avremmo visto riproporsi lo scenario di due anni fa, un pareggio, o anche una sconfitta.. ma piccola piccola.
“Si può fare …. a salvarsi…. e forse anche a vincere … chissà”. Questo è quello che pensavamo tutti noi elettori di centrosinistra. E’ invece no. E’ arrivata
la mazzata. Il “voto utile” di Berlusconi ha fatto presa sugli elettori e, per la maggioranza degli italiani, il voto utile era quello dato alla destra.
Tralasciando le alchimie (o l’idraulica) dei flussi di voto il paese – tutto insieme – ha scelto di fare un passo verso destra. La scomparsa di alcuni partiti dal panorama parlamentare e la concentrazione del voto sul Popolo delle Libertà (su Berlusconi) e sulla Lega  è il risultato di un ragionamento semplice dell’elettore italiano che ha deciso di votare chi aveva i numeri per contare davvero e nel dubbio di votare un po’ più a destra. E’ come se in questo strano biliardo della politica italiana che vedeva le biglie (i gruppi sociali) distribuite in maniera quanto mai articolata, all’improvviso le biglie abbiano deciso  di raccogliersi in pochi gruppi su un tavolo (il paese) che
improvvisamente pende a destra.

Il Partito Democratico ha lavorato per questa semplificazione ed in questo ha avuto successo ma l’inclinazione del tavolo è tale che basta poco, veramente poco, e le biglie rotolano dalla parte sbagliata. Le amministrative romane parlano chiaro: in una situazione di sostanziale equilibrio destra-sinistra è bastato poco e molti voti sono finiti nelle buche alla destra del tavolo (Rutelli ha perso in quanto ex Ministro del governo Prodi e quindi mediaticamente “antipatico” ;  è valsa quindi la formula: nel dubbio a destra).

Ci si deve rendere purtroppo conto che in questo momento storico la sinistra si trova a combattere le sue battaglie su un piano inclinato che tende a spostare
le aggregazioni sociali, le famiglie, le imprese, su posizioni conservative, di chiusura, per certi versi antistoriche.

E più questo spostamento avviene e più il paese, sotto il suo peso, corre il rischio di inclinarsi a destra. E’ il rischio della deriva autoritaria già sperimentata nel corso della storia. Spero di sbagliare ma l’opposizione collaborativa che promette Casini e la scelta di Di Pietro di non confluire nel gruppo del PD sembrano già dei segnali di scivolamento verso destra di queste formazioni politiche. Esistono, è vero, delle “incompatibilità” strettamente personali (Berlusconi vs Di Pietro ad esempio), ma la politica è l’ arte del compromesso.

Elemento anomalo in questo sistema dinamico è costituito dalla Lega Nord. La Lega gioca solo su una parte del tavolo e non ha una posizione definita. Non è interessata alle buche di destra o a quelle di sinistra. Non ha una sua visione del mondo ne progressista ne conservatrice e vuole solo un tavolo ordinato secondo un disegno non troppo distante (e non molto più grande) da quello di una terrazzo o di un piccolo giardino.

Piccolo, curato, anche con piante di pregio, fiori, e tutto il resto fuori.

La Lega possiede un suo magnetismo sulle istanze “semplici” e da qui la capacità di attrarre voti provenienti in tutte le classi sociali. In questo è un partito interclassista (come i grandi partiti della prima Repubblica), questo in controtendenza con quello che gli ultimi 15 anni hanno rappresentato per l’Italia, quindici anni in cui il bipolarismo  tendeva sempre più a presentarsi come scontro tra classi economico-sociali, essenzialmente ricchi contro poveri.

I grandi partiti  DC  e PCI si sono disgregati nel confilitto tra democristiani ricchi (professionisti, industriali) e democristiani poveri (operai, impiegati,
volontariato), come anche tra comunisti ricchi (quadri aziendali, gruppi colti ed agiati) e comunisti poveri (operai e gruppi massimalisti). L’obiettivo del
Partito Democratico sembrerebbe quella di voler essere, e la composizione delle liste voluta da Veltroni ne da conferma con l’inserimento della grande industria
(Colaninno) e del mondo operaio (Boccuzzi – ex Thyssen), un grande partito interclassista.

Questa scelta potrebbe a lungo termine rivelarsi vincente solo affiancandola ad altre scelte strategiche. Una di queste sembrerebbe già stata presa nella ricerca di un dialogo maggioranza-opposizione sulle istanze “semplici”. Le istanze “semplici” sono quelle che provengono dalla stragrande  maggioranza del paese e sono sicurezza, governabilità, strade pulite, servizi efficienti, giustizia rapida.

E’ (ed è stato) un atteggiamento suicida quello di tralasciare questi temi per occuparsi di temi minoritari nel paese, temi che spesso vanno a sbattere contro
la coscienza individuale, contro principi etici e religiosi, argomenti che sono in grado di dividere non solo i partiti al loro interno ma pure le singole famiglie (mariti contro mogli, padri contro figli).

Si tratta di temi letteralmente “laceranti” (si pensi ai Dico) che vanno certo mantenuti nel campo della politica ma solo in termini teorici e possono essere affrontati
solo quando la coscienza del paese li abbia “maturati”.

Purtroppo la sinistra spesso abbraccia donchisciottescamente queste battaglie che sono essenzialmente culturali. Il Partito Radicale, che ha sempre fatto di
queste battaglie il centro della sua attività, non è mai riuscito a raccogliere attorno a se un consenso significativo (fino quasi a scomparire). In questo la destra è sempre stata più cinica ed opportunista e si è raramente impegnata in battaglie che rischia di perdere (si pensi al recente silenzio assordante del Popolo delle Liberta sulla questione dell’aborto – con l’isolamento di Giuliano Ferrara lasciato solo dalla sua parte politica).

Un’altra scelta strategica per il PD dovrà essere quella di costruire un propria visione del mondo, un’idea del futuro originale ed in grado di dare riposte non sul presente (le istanze “semplici”) ma sul futuro lontano. Non possiamo pensare solo ai nostri figli ma dovremmo pensare ai nostri nipoti e se
possibile ai loro figli.

Il PD deve immaginare il mondo tra cento anni e progettarlo nelle sue fasi realizzative. Le scelte, gli indirizzi politici di oggi non sono che le premesse del mondo
che verrà, ma è su quelle premesse che prenderà forma il futuro di tutti noi.

Questa visione d’insieme potrà caratterizzare il PD e renderlo una forza propulsiva per il paese travolgendo quella visione miope, conservativa , per
certi versi un po’ nostalgica dei partiti dell’attuale maggioranza.

Tra cento anni come sarà il mondo ? Ci saranno ancora i ricchi e i poveri ?  Esiteranno ancora le automobili ? Roma e Inter giocheranno ancora la Coppa Italia ?
Esisteranno ancora i campi di calcio o sarà tutto virtuale ? La prostituzione – il mestiere più antico del mondo – esisterà ancora ? Per innamorarsi bisognerà
aver superato un esame e comunicarlo via e-mail all’interessata prima di dirle “mi sembra (non è vero) di averti già incontrata”?

NASCE IL GOVERNO OMBRA

A poche ore dalla nascita del Governo Berlusconi IV, la replica del Partito Democratico, con una novità per la politica italiana: il ritorno del Governo Ombra.

Buon lavoro

IL MASTER IN FINANZA ISLAMICA

Sono felice per questa notizia.
E’ partito il Master in Finanza Islamica, ideato da ISME , di cui ho il piacere di far parte come Direttore del neonato Centro Studi, insieme ad altri amici Innovatori Europei.
Un augurio particolare al Presidente Ermanno Mantova di cui ho avuto modo di apprezzare l’impegno e la passione messa in questa attività, da lui ideata e portata avanti.
Massimo Preziuso

Roma, al via Master sulla finanza Islamica (Isme) – 08/05/2008 11.00
Crescono le dimensioni e l’interesse verso la finanza islamica e anche il mondo della formazione inizia ad adeguarsi: da questo autunno partirà a Roma un Master in «Mediterranean and Arab Finance and Banking», organizzato dall’università La Sapienza di Roma in collaborazione con l’Istituto per gli studi economici e finanziari per lo sviluppo del Mediterraneo (ISME).
L’iniziativa è patrocinata dall’Associazione bancaria italiana (Abi) e dall’Union of Arab Banks (Uab) e si inserisce nell’ambito del memorandum d’intesa siglato dalle due organizzazioni a settembre scorso per promuovere le relazioni tra le banche italiane e quelle del mondo arabo.
Il master, si legge sul Sole 24 ore di oggi, sarà internazionale, con lezioni esclusivamente in inglese tenute da professori dell’università, manager, professionisti e esperti di finanza rispettosa della sharia.
Il corso, spiega Domenico Santececca, direttore dell’area corporate di Abi, «intende formare una particolare figura professionale che sarà sempre più richiesta dalle banche, in Italia ma soprattutto nell’intero sistema economico del Mediterraneo».

FRANCESCO GRILLO CI SCRIVE

Dopo Marianna Madia, giovane e donna parlamentare del Partito Democratico, Francesco Grillo, Direttore di VISION, risponde al nostro Post “L’Occidente non va a Sinistra” con un Post pubblicato sul suo Blog dal titolo “L’Occidente va a destra? Risposta a Innovatori Europei”

Caro Massimo,

ti mando le stesse riflessioni che ho inviato a Marianna, ieri sera, sulla questione dell’allontanamento dell’Europa (nel frattempo, rispetto a ieri sera, Obama ha fatto, però, un passo avanti abbastanza decisivo verso la nomination e non mi sembra più il caso di parlare di “occidente” nel suo complesso) dai valori della sinistra e sulla globalizzazione come variabile che spiegherebbe il fenomeno.

Mi sembra un dibattito che è potenzialmente vitale ma che rischia anche di diventare sterile se non andiamo oltre le etichette con le quali cerchiamo di imprigionare, semplificare la realtà.

a) Non c’è dubbio che i concetti di sinistra e destra vanno profondamente reinterpretati. E dunque dire che l’Europa va a destra perchè perde il Labour (cosa peraltro fisiologica dopo quindici anni di governo che fanno, comunque, del new labour una delle più grandi storie di successo politico in Europa) o che sterza al contrario perchè i sondaggi danno Sarkozy in caduta è un esercizio che produce poco.

b) La necessità di riorganizzare il concetto di destra – sinistra è particolarmente importante per un partito come il partito democratico. Che è il primo partito di massa europeo che esplicitamente supera la divisione..che si mette, anzi, a cavallo dello steccato. Il PD, del resto, proprio per queto motivo, si è ritrovato senza collocazione nelle grandi famiglie europee ed anzi ha timidamente proposto (agli altri) che quelle famiglie vadano riorganizzate

c) Tuttavia, il partito democratico questo sforzo (che è sforzo intellettuale ma anche politico) di rielaborazione non l’ha neppure cominciato (a questo proposito il mio post – che leggete di seguito in questo blog e sul Vision WebMagazine – individuava proprio nella assenza di idee e, anzi, di meccanismi di produzione di idee il motivo della sconfitta).

Inoltre sulla globalizzazione:

d) Mi pare che stiamo assumendo che la globalizzazione produce sofferenze (come diceva ieri Bersani) e che quindi per vincere bisogna fare a gara a ridurre la globalizzazione stessa. L’assunto è falso. Dal 1990 (anno in cui crolla con l’Unione Sovietica l’ultimo muro e comincia la globalizzazione moderna) la percentuale della popolazione mondiale che vive con meno di un dollaro al giorno (definizione di estrema povertà) è caduta dal 31,6% al 19,2% (fonte UN). La povertà estrema si è ridotta dovunque (sta scomparendo nell’Asia Orientale dove fino a dieci anni fa un terzo della popolazione ne soffriva e si riduce anche in Africa) e ciò equivale a dire che centinaia di milioni di persone sono passate dalla carestia a condizioni di “classe media”.

e) Il problema è, però, senz’altro che la globalizzazione non è governata. Non c’è più quasi nessun problema (dalla tutela del risparmio alla difesa della privacy, passando per il cambiamento climatico) che possa essere gestito a livello nazionale. E però a livello internazionale non c’è quasi nulla. O perlomeno non ci sono strumenti di governo sufficientemente veloci come quelli che c’erano a livello nazionale (neppure quando si tratta di rispondere ad un’emergenza umanitaria come il tifone che si è abbattuto sulla Birmania). Ciò ci riporta ai temi del “futuro dell’europa”, della “riforma delle nazioni unite”. Temi che – per tornare al punto c) precedente – dovrebbero essere parte integrante dell’agenda del PD (e che invece sono quasi inesistenti o comunque del tutto non comunicati)

Sono riflessioni veloci. Ma se chi crede nella innovazione, percepisce quanto siano entusiasmanti, serie e vitali queste questioni (non solo per il PD, ma per chiunque voglia provare a governare una società complessa) vale la pena di tornarci.

E’ su questo terreno che i “giovani” dovrebbero con le idee, le competenze, il talento, le proprie reti di relazioni internazionali proporsi come nuova classe dirigente.

Ed invece c’è ancora chi crede che sia solo questione di carta di identità. Ma questa è un’altra storia, un’altra delle storie sulle quali torneremo presto a parlare.

MARIANNA MADIA CI SCRIVE

L’Onorevole Marianna Madia risponde al nostro Post “L’Occidente non va a Sinistra” con una Lettera pubblicata sul suo Blog dal titolo “L’Occidente va a destra? in risposta agli Innovatori Europei”.

Leggo con piacere che Marianna condivide la Tesi di un allontanamento Europeo dai valori della Sinistra, anche perchè sicuro che lei sarà tra i portatori di un messaggio politico innovativo all’interno del Partito Democratico, anche e soprattutto su temi “culturali-complessi” come questi.

Buon lavoro, Onorevole.

Massimo Preziuso

L’OCCIDENTE NON VA A SINISTRA

Queste settimane sono state davvero intense e particolari.

Stiamo assistendo ad un’ondata di cambiamento che non mi sarei proprio aspettato.

Qualche mese fa, devo ammetterlo, scrissi sul fatto che il Mondo stesse andando verso Sinistra.

Lo scrivevo soprattutto a seguito della crisi dei Mercati Finanziari americani, della emergenza di nuove economie e culture (la Cina e l’India) e della prorompente forza dell’ondata Democratica (Obama e Clinton) che cominciava con le Primarie degli Stati Uniti.

Mi sembrava chiaro che l’Occidente, dopo aver creduto troppo nell’economia di mercato e nella competizione globale, a seguito di questi fenomeni di scala vasta avrebbe (pensavo) cambiato strada e ritrovato, anche con la politica, un nuovo (vecchio) modo di stare insieme sul pianeta, in maniera solidale, per affrontare cambiamenti epocali e difficili che si avvicinavano sempre più.

Bene, a seguito delle elezioni politiche italiane di Aprile e del risultato romano, e oggi di quello inglese, con la sconfitta dei Labour a livello Paese e nella città di Londra, devo dirmi che avevo proprio torto.
Quello che oggi vedo è invece un’Europa (l’Occidente?) che va decisamente a Destra!
Vi consiglio di leggere a riguardo un libro scritto dal Professor Simone dell’Università Roma Tre, dal titolo “IL MOSTRO MITE: Perché l’Occidente non va a sinistra”.
L’autore analizza, prima che gli ultimi fatti avvenissero, i motivi dell’allontanamento dai valori della sinistra e dell’avvicinamento a quello che lui definisce il “Mostro Mite” della Destra moderna.

Davvero un’interessante lettura, su cui sarebbe interessante avviare un dibattito.

Massimo

OSSERVAZIONI SUL PARTITO DEMOCRATICO

Riporto qui un commento scritto all’amico Mario Adinolfi che sintetizza quello che penso, dopo averne riflettuto, sul risultato del Partito Democratico in queste elezioni.

Bene, penso quello che pensavo il giorno dopo le elezioni politiche, ovvero che il PD ha comunque raggiunto il suo scopo principale.

“Ciao Mario.

Leggo con piacere queste tue riflessioni sincere e forti.

Anche se a primo sguardo potrei condividerle pienamente, se poi ci penso bene, devo dissentirne. Ti dico perchè.

Io, nel mio piccolo, e tu, in maniera più intensa, abbiamo supportato questo progetto – Partito Democratico con entusiasmo e passione, vedendone (si veda la Mission di Innovatori Europei) il potenziale contenitore di Innovazione politica e culturale per l’Italia.

Io, aldilà dei non esaltanti risultati delle politiche nazionali e locali di questo mese, dico che l’innovazione politica e culturale, direttamente o indirettamente, implicitamente o esplicitamente, il Partito Democratico la sta portando.

Le stesse bocciature di candidature “non nuove” in situazioni “difficili” sono segno di innovazione culturale e politica per il nostro Paese, il cui popolo (e quella è la cosa importante) sa valutare, e son sicuro che valuterà in maniera crescente il Partito Democratico.

Per concludere: non credo che Veltroni sia l’artefice di una sconfitta del PD.

Credo, invece, che il Partito Democratico abbia raggiunto l’obiettivo che poteva (e forse voleva) raggiungere: avviare, appunto, un processo di innovazione politica e culturale che, appena cominciato con queste elezioni politiche, andrà avanti, a mio avviso, per i prossimi decenni, nella politica (sia nel centro sinistra che nel centro destra italiani) e nella società.

E questo è il dato importante.

Il resto, per me cittadino, è secondario.

Io sono e rimango fiducioso per il futuro del Paese.

Un abbraccio.

Massimo Preziuso”

POLITICHE ENERGETICHE: OLTRE LE BUONE INTENZIONI

di Enzo Tripaldi

Il nostro Paese è sempre stato fra i più accesi sostenitori del protocollo di Kyoto. Il nostro Paese è tuttavia quello che in concreto ha mostrato irrilevanti progressi in materia di emissioni di CO2.

Contraddizioni italiche. Le medesime contraddizioni che si registrano nelle azioni da mettere in campo per fronteggiare l’aumento preoccupante del prezzo del petrolio e della conseguente bolletta energetica, dell’efficientamento del nostro sistema di distribuzione e produzione dell’energia.

Si susseguono proposte, richieste, buone intenzioni ma in realtà siamo troppo distanti dagli altri paesi più sviluppati.
La nostra è ormai divenuta una società energivora, il che di per sé non significa molto, dato che nella storia tutti i sistemi che hanno cercato di assicurare benessere e sviluppo lo hanno dovuto fare senza badare troppo ai costi energetici (vedi anche le tigri asiatiche).

Si pone tuttavia oggi una duplice sfida quella dell’efficienza e della diversificazione, laddove per la prima occorre ottenere, a costi invariati, di più, in considerazione del fatto che le società evolute ben difficilmente sarebbero disposte (senza considerare le esigenze del comparto produttivo) a rinunciare al loro tenore di vita.

In linea generale tuttavia è bene non eludere una serie d’ostacoli che ancora si frappongono all’impostazione di un processo che viri verso una maggiore efficienza e diversificazione.

Sul tema in Italia ci sarebbe bisogno di una vera “offensiva culturale”, sarebbe ipocrita non ammettere che a fronte di una sensibilità poco sviluppata delle classi dirigenti si associa quella della maggioranza dei nostri connazionali, che ancora spesso perseverano in comportamenti troppo disinvolti.

Un po’ quello che si registra con le percentuali della raccolta differenziata, ai soliti buoni propositi non seguono sempre comportamenti virtuosi da parte degli utenti. Basta farsi un giro sui cassonetti della “spazzatura tal quale” per verificare quante materie prime secondarie vengono non avviate, mediante i conferimenti differenziati, al riciclo.

L’offensiva dovrebbe porsi obiettivi pratici: convincere i cittadini a monitorare la temperatura all’interno delle abitazioni, spingerli a preferire le modalità collettive di trasporto rispetto all’auto spesso occupata dal solo conducente, evitare sprechi d’acqua, corrente elettrica (perché ci sono insegne ancora accese all’una di notte?), anche mediante un sistema combinato d’incentivi / disincentivi. Si potrebbe continuare, resta il problema di diffondere una sensibilità che oggi pare essere patrimonio di poche élite.

Vi è poi l’ostacolo economico. Occorrono ingenti investimenti, sia infrastrutturali sia in incentivi, (questi in una prima fase) e si sa come in Italia, con buona pace dei tesoretti, le risorse finanziare sono spesso una montagna troppo alta da scalare per i buoni propositi. Oltretutto andrebbe definito un grande piano energetico moderno e ben coordinato, onde evitare opere ed iniziative poco utili e ridondanti.

Dal che si può passare al terzo ostacolo direttamente collegato ad importanti investimenti. Qui balza subito all’attenzione l’esempio dei rigassificatori.

Esiste, non senza qualche ragione, una diffusa diffidenza delle popolazioni verso la realizzazione di infrastrutture medio / grandi.

Questo, a nostro giudizio, è proprio il vincolo maggiore, cui tuttavia non è possibile operare dall’alto “motu proprio”. Molte vicende hanno dimostrato fallimentare questa strategia.

La diffidenza popolare d’altra parte è legata a comportamenti non sempre virtuosi della P. A. nella realizzazione di grandi infrastrutture, che hanno visto in passato concretizzarsi impatti ambientali e sociali maggiori di quelli promessi nelle fasi di progettazione, che non sempre hanno tenuto conto della salubrità dei territori e delle bellezze naturali.

L’Italia tuttavia è una sorta d’area protetta e di un museo a cielo aperto, ma anche la valorizzazione di questo patrimonio deve passare da interventi infrastrutturali, occorre essere bravi a privilegiare in un ottica costi – benefici quelli utili, funzionali, ben dimensionati e che considerino fra i costi anche quelli ambientali.

Tenuto conto di questa situazione non sarebbe inopportuno prevedere ex lege nei gruppi di progettazione un professionista espressamente nominato dai cittadini, comitati, ecc.

Ci sembra che se non si parte da questo, si continuerà oltre che a marciare a scartamento ridotto (e perdere ulteriore terreno nella competizione planetaria) anche ad operare con iniziative episodiche e mal collegate.

Sul piano del fare si potrebbe iniziare (a costi molto contenuti) a diffondere più capillarmente le tecniche del telelavoro, a patto tuttavia di superare una vetusta logica in base alla quale è fondamentale essere presenti e visibili, sempre e comunque, invece di lavorare per obiettivi.

Meno spostamenti equivalgono a meno code, meno incidenti e soprattutto meno consumi di carburante, oltre che di emissioni. Spesso, soprattutto i giovani maggiormente scolarizzati, riconoscono che potrebbero lavorare tranquillamente da casa.

Sulla mobilità oggi è poco realistico abbattere quella che è l’utilità del mezzo privato che assicura la massima penetrazione nelle città e sul territorio e garantisce piena flessibilità d’orari. Su questo servirebbe un’azione (tuttavia costosa) sulle tratte ferrate (in passato abbandonate), sull’efficienza dei servizi, sui collegamenti intermodali.

Per la mobilità urbana e paraurbana si dovrebbe fare maggiore ricorso alle tecniche della cosiddetta finanza di progetto (project financing), laddove la redditività della gestione garantirebbe il rientro dei capitali investiti per la realizzazione o l’ammodernamento.

Sul fronte del riscaldamento domestico e della dispersione di calore operare con consistenti aiuti, magari con un accordo con gli istituti di credito (una sorta di mutui energia), mentre per il raffreddamento, i sempre più diffusi condizionatori, si dovrebbe favorire il passaggio a sistemi quanto meno condominiali, una centralizzazione come per gli impianti di riscaldamento.

Sembrerà poi banale ma alcuni studiosi hanno evidenziato come lo sviluppo di aree verdi in zone fortemente urbanizzate incide, seppur di poco, sul risparmio da condizionamento domestico.

Senza arretrare sulla normativa, per i nuovi edifici, volta al risparmio energetico.

Per le fonti non convenzionali, rispetto alle quali oggettivamente ci sono dei progressi, c’è ancora spazio per un impulso del fotovoltaico e dell’utilizzo delle biomasse in ambito rurale, derivanti da residui agricoli (anche reflui) e forestali, purché disponibili entro un breve raggio (20/25 Km), altrimenti i costi di spostamento vanificherebbero il tutto.

Sull’utilizzo dei biocarburanti l’attualità mostra come vada utilizzato con acume, giacché in alcuni paesi ha “stressato” i costi dei “prodotti food” con conseguenze pericolose.

Una piccola rivoluzione per il pagamento delle utenze. A parità di consumo di un single e di una famiglia di quattro persone, appare naturale che i secondi paghino meno, se non altro per invogliare il primo a comportamenti più virtuosi.

Il quadro non è, e neanche voleva essere esaustivo, si potrà obiettare che di questo se ne parla da tempo ma, appunto, se ne parla.

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