Significativamente Oltre

FRANCESCO GRILLO CI SCRIVE

Dopo Marianna Madia, giovane e donna parlamentare del Partito Democratico, Francesco Grillo, Direttore di VISION, risponde al nostro Post “L’Occidente non va a Sinistra” con un Post pubblicato sul suo Blog dal titolo “L’Occidente va a destra? Risposta a Innovatori Europei”

Caro Massimo,

ti mando le stesse riflessioni che ho inviato a Marianna, ieri sera, sulla questione dell’allontanamento dell’Europa (nel frattempo, rispetto a ieri sera, Obama ha fatto, però, un passo avanti abbastanza decisivo verso la nomination e non mi sembra più il caso di parlare di “occidente” nel suo complesso) dai valori della sinistra e sulla globalizzazione come variabile che spiegherebbe il fenomeno.

Mi sembra un dibattito che è potenzialmente vitale ma che rischia anche di diventare sterile se non andiamo oltre le etichette con le quali cerchiamo di imprigionare, semplificare la realtà.

a) Non c’è dubbio che i concetti di sinistra e destra vanno profondamente reinterpretati. E dunque dire che l’Europa va a destra perchè perde il Labour (cosa peraltro fisiologica dopo quindici anni di governo che fanno, comunque, del new labour una delle più grandi storie di successo politico in Europa) o che sterza al contrario perchè i sondaggi danno Sarkozy in caduta è un esercizio che produce poco.

b) La necessità di riorganizzare il concetto di destra – sinistra è particolarmente importante per un partito come il partito democratico. Che è il primo partito di massa europeo che esplicitamente supera la divisione..che si mette, anzi, a cavallo dello steccato. Il PD, del resto, proprio per queto motivo, si è ritrovato senza collocazione nelle grandi famiglie europee ed anzi ha timidamente proposto (agli altri) che quelle famiglie vadano riorganizzate

c) Tuttavia, il partito democratico questo sforzo (che è sforzo intellettuale ma anche politico) di rielaborazione non l’ha neppure cominciato (a questo proposito il mio post – che leggete di seguito in questo blog e sul Vision WebMagazine – individuava proprio nella assenza di idee e, anzi, di meccanismi di produzione di idee il motivo della sconfitta).

Inoltre sulla globalizzazione:

d) Mi pare che stiamo assumendo che la globalizzazione produce sofferenze (come diceva ieri Bersani) e che quindi per vincere bisogna fare a gara a ridurre la globalizzazione stessa. L’assunto è falso. Dal 1990 (anno in cui crolla con l’Unione Sovietica l’ultimo muro e comincia la globalizzazione moderna) la percentuale della popolazione mondiale che vive con meno di un dollaro al giorno (definizione di estrema povertà) è caduta dal 31,6% al 19,2% (fonte UN). La povertà estrema si è ridotta dovunque (sta scomparendo nell’Asia Orientale dove fino a dieci anni fa un terzo della popolazione ne soffriva e si riduce anche in Africa) e ciò equivale a dire che centinaia di milioni di persone sono passate dalla carestia a condizioni di “classe media”.

e) Il problema è, però, senz’altro che la globalizzazione non è governata. Non c’è più quasi nessun problema (dalla tutela del risparmio alla difesa della privacy, passando per il cambiamento climatico) che possa essere gestito a livello nazionale. E però a livello internazionale non c’è quasi nulla. O perlomeno non ci sono strumenti di governo sufficientemente veloci come quelli che c’erano a livello nazionale (neppure quando si tratta di rispondere ad un’emergenza umanitaria come il tifone che si è abbattuto sulla Birmania). Ciò ci riporta ai temi del “futuro dell’europa”, della “riforma delle nazioni unite”. Temi che – per tornare al punto c) precedente – dovrebbero essere parte integrante dell’agenda del PD (e che invece sono quasi inesistenti o comunque del tutto non comunicati)

Sono riflessioni veloci. Ma se chi crede nella innovazione, percepisce quanto siano entusiasmanti, serie e vitali queste questioni (non solo per il PD, ma per chiunque voglia provare a governare una società complessa) vale la pena di tornarci.

E’ su questo terreno che i “giovani” dovrebbero con le idee, le competenze, il talento, le proprie reti di relazioni internazionali proporsi come nuova classe dirigente.

Ed invece c’è ancora chi crede che sia solo questione di carta di identità. Ma questa è un’altra storia, un’altra delle storie sulle quali torneremo presto a parlare.

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