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Speranza: “Dopo l’8 basta divisioni. Senza di noi rischia il Paese”

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Intervista a Roberto Speranza di Maria Zegarelli – L’Unità

«Spero proprio che chiunque vinca il congresso si ponga l`obiettivo di tenere insieme il Pd, di unire e non spaccare». Roberto Speranza, classe `79, capogruppo del Pd alla Camera, cerca di stemperare il clima, ammette che sì, la riunione dell`altra sera, quella dove è andato Enrico Letta a chiedere di non votare la mozione M5S perché sarebbe stata una sfiducia al governo e non soltanto alla ministra Annamaria Cancellieri, èstata animata ma «alla fine il gruppo ha votato compatto».

Speranza, quanto potrà durare così? Il gruppo ha votato compatto ma la ferita là che sanguina. 
«Il gruppo ha fatto una discussione molto franca, non ci siamo nascosti i vari punti di vista, c`è stata una comprensibile inquietudine, ma di fronte alla richiesta di Enrico Letta di un voto di sostegno suo e del governo nessuno si è sottratto. Siamo rimasti uniti e questo è un fatto».
Tra Civati e Cuperlo è finita a parolacce, Renzi ha ribadito che se fosse stato lui segretario avrebbe invitato a votare la sfiducia alla ministra e dopo l`8 dicembre il sindaco annuncia che nulla sarà come prima. Tutti uniti, tutto bene? Come fa ad essere così ottimista? 
«Non dico che vada tutto bene, ma spero proprio che dopo 1`8 dicembre il Pd abbia l`intelligenza di lasciarsi alle spalle le divisioni del congresso e di ricompattarsi nell`interesse del Paese. L`appello che faccio a tutto il partito è proprio questo: mettiamoci al servizio dell`Italia e dei suoi problemi perché il Pd è l`unico vero punto di tenuta del sistema democratico. La nostra è una responsabilità enorme che va al di là del partito stesso: è la responsabilità della tenuta democratica del Paese. Vanno bene il dibattito interno e la discussione anche accesa durante il congresso, ma un attimo dopo dobbiamo renderci conto che abbiamo una responsabilità nazionale importante a cui rispondere».
Oltre il Pd nulla? 
«Non è presunzione. In Italia purtroppo non siamo ancora in una situazione normale con partiti responsabili a destra e a sinistra. Abbiamo l`irresponsabilità di Grillo da una parte e Berlusconi dall`altra, con tutte le conseguenze che questo si porta dietro. In questo quadro o regge il Pd oppure altro che crisi di governo… si va incontro a una crisi di sistema. Altrove se non reggono i socialdemocratici tedeschi c`è la Merkel, se non reggono i laburisti inglesi c`è Cameron, se non reggono i socialisti francesi c`è Sarkozy. Da noi se non regge il Pd ci sono Grillo e Berlusconi».
Non teme che la tenuta del Pd sia messa in crisi anche dalle larghe intese con il centrodestra? 
«Noi abbiamo deciso di sostenere questo governo in nome di una emergenza reale che attraversava, e ancora attraversa, il Paese. Un Paese, è bene ricordarlo, che non ha bisogno di elezioni anticipate ma di interventi economici forti e di riforme istituzionali. Penso al superamento del bicameralismo perfetto, alla diminuzione del numero dei parlamentari e alla stessa riforma elettorale. Non credo che il congresso da questo punto di vista possa portare a cambiamenti radicali perché l`interesse generale non è cambiato e deve restare la priorità , qualunque sia il segretario. Noi siamo andati al governo per questo, non ce lo dobbiamo dimenticare e sono sicuro che neanche gli elettori sottovalutano tutto ciò. Tra l`altro non possiamo ignorare quello che sta avvenendo intorno a noi: il recinto della coalizione si sta trasformando, quello che è accaduto nel controdestra non è ininfluente per il centrosinistra. Il Pdl si è spaccato e al Senato e alla Camera c`è un nuovo gruppo, il Ncd, la maggioranza non è più la stessa che c`era il primo ottobre».
Secondo alcuni osservatori politici in questo modo c`è un centrodestra di governo e opposizione. I ministri dentro e Berlusconi fuori e in campagna e lettorale a rimetterci sarà il Pd, come come accadde con il governo Monti. Le sembra uno scenario inverosimile? 
«Berlusconi ha provato in tutti i modi a far cadere il governo per le sue questione personali e non vi è riuscito. E in quel passaggio politico delicatissimo per il centrodestra c`è stato un pezzo di Pdl che ha capito che non poteva anteporre, ancora una volta, le vicende di una persona a quelle del Paese. Alla domanda “si può mandare tutto all`aria in nome della decadenza di Silvio Berlusconi?” ci sono stati tutti i ministri e molti parlamentari che hanno risposto “no”. A me questo sembra un fatto molto positivo e non mi lascerei distrarre da dietrologie».
Torniamo al Pd. Matteo Renzi ha già annunciato che una volta segretario solleverà Matteo Colaninno dall`incarico di responsabile economico del Pd. Lei, che è stato un bersaniano convinto, non si sente a rischio dopo l`8 dicembre? 
«Credo che, chiunque sia il segretario, debba lavorare per una sintonia larga dentro il Pd, lasciando da parte le tifoserie. Ma vorrei anche aggiungere che i gruppi parlamentari hanno una propria autonomia».
Non diventerà più difficile tenere insieme chi difende il governo Letta e chi vorrebbe andare subito al voto con Renzi candidato premier? 
«Penso proprio di no perché la priorità di tutto il Pd in questo momento è riformare l`Italia e portarla fuori dalla crisi economica che ancora affligge famiglie e imprese».
Ma anche su questo ci sono visioni diverse. La legge di stabilità non trova tutti sulle stesse posizioni nel suo partito. Secondo alcuni è inadeguata. Non teme ulteriori distinguo in vista del congresso? 
«Stiamo lavorando sulla legge di stabilità con una cabina di regia Camera-Senato che ha prodotto proposte migliorative di tutto il Pd nel segno dell`equità, dell`attenzione ai ceti sociali più deboli e delle politiche per la crescita. Su questi temi, mi creda, il Pd saprà essere molto unito».
Sente di poterlo dire anche per la legge elettorale? 
«Si, abbiamo una proposta ufficiale del Pd, approvata in Direzione e in Assemblea, che è il doppio turno di collegio e su quella non mi pare ci siano distinguo al nostro interno».

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