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«Ma l’Europa non può perdere l’Italia», intervista a Gianni Pittella

«Ma l’Europa non può perdere l’Italia», la mia intervista con il Corriere della Sera

Gianni Pittella in seduta plenaria a Strasburgointervista di Fiorenza Sarzanini – “Corriere della Sera”, 2 febbraio 2016

Da mesi Gianni Pittella, europarlamentare e presidente dei socialisti europei, ha il ruolo di mediatore tra Italia e Unione Europea e non ha mai smesso di credere che alla fine lo scontro potesse trovare soluzione.

Onorevole Pittella, dopo quanto accaduto ieri crede ancora che si troverà un accordo?

«Bisogna essere chiari: l’Europa non può permettersi di perdere l’Italia. Di fronte alla situazione esistente con la Gran Bretagna che rischia di andare via, la Spagna e il Portogallo in cerca di nuove strade, i Paesi dell’Est arroccati su posizioni di chiusura, noi diventiamo imprescindibili».

Visto come ci attaccano funzionari e politici è un po’ difficile da credere.

«Quando due grandi personalità come Matteo Renzi e Angela Merkel decidono di lavorare insieme, anche l’Europa comprende che di fronte a un asse così forte bisogna adeguarsi».

È davvero convinto che abbiano deciso di muoversi insieme?

«Non ho alcun dubbio. Dopo l’incontro di qualche giorno fa hanno dato un messaggio forte».

E allora come mai anche ieri l’Italia è diventata bersaglio della Commissione, con dichiarazioni accusatorie affidate a una funzionaria?

«Se parliamo di toni e dell’opportunità di affidare ai funzionari messaggi così forti, posso anche essere d’accordo: se fossi il presidente della Commissione eviterei certe esternazioni. Ma a me interessa stare sulla sostanza politica. E su questo sono più che tranquillo».

Ha parlato con Juncker?

«Lo faccio continuamente e posso assicurare che sia lui, sia gli altri leader europei hanno la consapevolezza che senza di noi l’Europa non va da nessuna parte. E questo li convince sulla necessità di dare presto risposte positive».

Vuol dire che accetteranno le nostre richieste sulla flessibilità?

«Non c’è un negoziato tra noi e l’Unione. Le regole generali dicono che la flessibilità va concessa quando ci sono le condizioni, non è una cortesia o un regalo».

E lei ritiene che per l’Italia ci siano le condizioni per ottenerla?

«Ne sono convinto e per questo dico che con l’Italia non ci sono trattative da fare. Soprattutto deve essere chiaro che non è scritto da nessuna parte il divieto a cumulare la flessibilità relativa a migranti, investimenti e riforme».

E Schengen? Il Trattato è ormai pronto per l’archivio?

«Assolutamente no, Schengen non si tocca».

Veramente numerosi Paesi hanno già deciso di sospenderlo.

«Non nego che ci sia molto da fare, ma ripristinare i controlli interni è una follia. L’unica strada è rafforzare quelli sui confini esterni. Italia e Grecia devono far funzionare gli hotspot, bisogna convincere gli Stati membri più riottosi ad accettare la redistribuzione. Ma la libera circolazione non è un tema sul quale si può tornare indietro».

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