Significativamente Oltre

Innovazione “sociale”

 

di Giuseppina Bonaviri

L’Innovazione sociale passa da molti contesti: dalle condizioni di lavoro all’istruzione, dallo sviluppo della comunità alla salute ampliando e rafforzando la qualità di vita della gente comune. Si possono intendere, allora, quali processi sociali di innovazione (fatti dal lavoro di semplici persone in grado di creare valore diretto e indiretto) i metodi e le tecniche open source o le innovazioni che abbiano uno scopo sociale diffuso come il microcredito o la formazione a distanza. Il concetto espresso si incrocia con l’innovazione delle politiche e della governance pubblica ma riguarda essenzialmente ambiti di cui i governi non si fanno carico nascendo, invece, dalla comunità e ritornando alla comunità. In un contesto di crisi come l’attuale tutti i soggetti possono guardare all’innovazione sociale “per poter fare meglio e a un costo inferiore quello che facevano prima”.

La Social Innovation come anche un hub, che stanno vivacizzando il dibattito italiano, ne sono chiari esempi. Quando si presta attenzione alle persone oltre che ai processi si entra nella realtà e nel quotidiano restituendo alla comunità tutta la ricchezza di saperi e di esperienze che la hanno caratterizzata negli anni. Da qui la scelta di addentrarsi in quell’incubatore di sviluppo sociale rivolto ai giovani, ai disoccupati o a chi si trova in una situazione di instabilità lavorativa per sviluppare progetti di inclusione, di nuovo sviluppo imprenditoriale, tecnologico, occupazionale e di sostenibilità. Questo processo diviene metafora della grande comunità sociale in cui ciascuno, con le sue competenze e caratteristiche uniche, può trovare delle occasioni di esplorazione interna. Uno strumento di sviluppo di comunità, gruppi e organizzazioni.

Il governo ha inserito, recentemente, nel decreto sviluppo il pacchetto di misure “crescita 2.0” che apre la porte a varie possibilità ed opportunità per definire le startup ed incentivarle sulle piattaforme online di crowdfunding così come per gli incubatori certificati. L’ecosistema delle start up laziali si aggira attualmente intorno a 90: 2 a Monterotondo, 2 a Frosinone, 2 a Fondi, 1 a Latina, 1 a Cassino, 1 a Pomezia, 1 a Ceccano, 1 a Fiumicino,1 ad Anguillara, 1 a Sonnino e tutte le rimanenti a Roma che, al momento, risulta essere la città italiana più creativa in termini di idee.

Il progetto Indigeni Digitali, assieme ad altri partner, sta lanciando in questa direzione un progetto pensato per dare la possibilità agli startupper italiani di condividere esperienze e ampliare relazioni sociali che ci fa intravedere la nascita di un vero e proprio modello italiano di startup.Allevare giovani talenti, sperando che, per contaminazione, ringiovaniscano anche le storiche grandi aziende italiane, oggi, non è un optional tanto che si susseguono, in molte città, iniziative di creazioni di spazi fisici dove ospitare gli startupper che finora avevano avuto solo occasioni per vedersi, presentarsi e fare rete (il primo ad intuire l’importanza di creare spazi reali è stato Riccardo Donadon che nella campagna alle spalle di Venezia avviò la trasformazione di casali agricoli abbandonati in moderni uffici per giovani innovatori. Una piccola Silicon Valley di Roncade).

L’esperienza del Silicon Valley e di InnovAction Lab è stata presentata dal Think-Tank di Innovatori Europei il 27 marzo scorso nella Sala delle Bandiere dell’Ufficio di Rappresentanza del Parlamento Europeo in Roma per discutere, con esperti internazionali, delle opportunità per le imprese italiane innovative di fare rete in USA e all’estero.

 

 

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