Significativamente Oltre

Gli scenari energetici nell’area EU – MENA

desertec

di Massimo Preziuso

Nei prossimi decenni, diversi sviluppi globali creeranno enormi sfide per l’umanità. Ci confronteremo con problemi quali il cambiamento climatico, la crescita demografica oltre i limiti della capacità del Pianeta, ed una crescita di domanda di energia ed acqua causata da battaglie per la prosperità e l’espansione.

In un mondo fortemente interconnesso nell’economia, nei commerci e nella politica, sfide come queste vanno affrontate in ambito globale.

In questo contesto, per l’Europa è al contempo naturale e fondamentale rivolgere lo sguardo alla sponda sud del mediterraneo, se vuole affrontare le criticità a cui ci avviciniamo.

In tal senso, l’Unione Europa, nel dimostrarsi ancora una volta quale principale promotore di innovazione politica del pianeta, ha fatto importanti passi verso la definizione di una piattaforma politica euro – mediterranea, coinvolgendo anche l’area medio orientale.

Le relazioni politiche ed economiche dell’Unione Europea (UE) con i paesi della sponda sud del mediterraneo (Med) hanno subito, negli ultimi anni, una profonda evoluzione.

Fra il 1995 e il 2003 la politica mediterranea dell’Unione Europea si è concretizzata soprattutto nel Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM), noto anche come processo di Barcellona. Dopo l’allargamento dell’UE nel 2004, i paesi sud-mediterranei facenti parte del PEM sono stati inclusi nella nuova politica europea di vicinato (PEV) accanto a quelli dell’Europa orientale restati fuori dall’UE.

Nel dicembre 2007, in una conferenza stampa a Parigi, presenti i primi ministri di Italia e Spagna, il presidente Sarkozy ha annunciato la creazione dell’Unione per il Mediterraneo (UpM). I paesi che hanno firmato il documento istitutivo sono quarantatre: tutti i membri dell’Unione Europea e le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, ad eccezione della Libia che ha preferito partecipare come osservatore. Questo nuovo organismo, costituito a livello dei primi ministri delle nazioni aderenti, ha una doppia presidenza affidata a turno a due paesi, uno europeo e l’altro mediterraneo (attualmente Francia ed Egitto).

La sede dell’UpM, decisa in una riunione avvenuta a Marsiglia nel novembre 2008, è Barcellona.

Dal 2009 tutte le strutture logistiche dell’organizzazione sono operative, guidate da un segretariato generale, con l’incarico di gestire i fondi e di controllare lo stato di avanzamento dei progetti comuni che verranno intrapresi.

L’UpM può finanziare i suoi progetti utilizzando diverse fonti, dalla partecipazione del settore privato al prelievo dal budget europeo, dal contributo dei partners a quello della Banca europea di investimento.

A tutt’oggi però l’operatività di UpM è molto limitata per difficoltà politico-istituzionali non ancora superate.

L’UpM, nasce con l’idea che i settori economici siano trainanti per lo sviluppo delle relazioni tra le due sponde del mediterraneo, e per questo ha come compito prioritario la realizzazione di progetti regionali di grande impegno economico e i firmatari dell’accordo hanno convenuto di dare la priorità a sei iniziative fondamentali:

– il disinquinamento del Mediterraneo,

– la costruzione di autostrade marittime e terrestri tra le due sponde del Mediterraneo,

– il rafforzamento della protezione civile,

– la creazione di un piano solare mediterraneo,

– lo sviluppo di un’università euro-mediterranea

– un’iniziativa di sostegno alle piccole e medie imprese

 

In particolare, al suo interno, il tema energetico – ambientale ne rappresenta un motore trainante, nella constatazione del primario ruolo che le energie rinnovabili possono avere nel garantire un avvicinamento reale tra le due sponde del mediterraneo.

Secondo uno studio del 2009 della Fondazione Mezzogiorno Europa (M. Pizzigallo, L’Italia e l’Unione per il Mediterraneo, Napoli, Fondazione Mezzogiorno Europa, 2009) infatti “la principale richiesta dei Paesi del Maghreb, nell’ambito dei futuri progetti targati UpM, riguarda il trasferimento di tecnologia per la realizzazione di impianti fotovoltaici, eolici e geotermici. La produzione di energia “pulita” libererebbe molti di questi Paesi da una stringente dipendenza energetica, tanto più se si considerano le caratteristiche fisiche e climatiche dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per le quali il sole e il vento costituiscono una “materia prima” a basso costo e a massimo rendimento. Per tali motivi, dunque, proprio sul settore energetico vertono i progetti futuri di molti enti, e anche l’Italia guarda con favore allo sviluppo delle energie rinnovabili, cercando di trarre giovamento dalla condivisione di conoscenze ed esperienze con la sponda Sud”.

Esempio concreto di attuazione dell’iniziativa in ambito energetico è dato dal “Piano solare mediterraneo” (PSM) inserito nell’UpM per l’integrazione dei mercati energetici e la promozione dello sviluppo sostenibile nell’area del mediterraneo. L′obiettivo principale del PSM è noto: installare 20 GigaWatt di capacità di energia rinnovabile nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente entro il 2020; in buona parte per soddisfare i bisogni locali, ma in parte anche per esportare elettricità nell′Ue, dove potrà essere utilizzata per contribuire al conseguimento dell′obiettivo di portare al 20% la quota di rinnovabili ne consumo totale di energia.

In questo contesto, su iniziativa del chapter tedesco del Club di Roma, nasce il progetto Desertec (che oggi raduna sedici primari partner tra cui Eon, Rwe, Deutsche Bank, First Solar, oltre all’italiana Enel Green Power) che propone una cooperazione tra Europa, Medio Oriente e Africa Settentrionale (EU-MENA) per la costruzione di centrali solari termodinamiche ed eoliche nei deserti della regione MENA. Obiettivo del progetto è di proporre e realizzare impianti solari ed eolici nei Paesi nord-africani e medio – orientali, al fine di coprire entro il 2050 il 15% della domanda elettrica dell’Europa e una porzione significativa di quella dei Paesi produttori, con investimenti stimati in circa 400 miliardi di euro.

Il trasporto avverrà grazie alla realizzazione di una rete di linee di trasmissione elettrica ad alta tensione con cavi sottomarini tra Africa ed Europa, denominata Transgreen, progetto di punta tra i sei previsti dalla UpM, presentato dalla francese Edf.
Sullo sfondo, la posta in gioco è molto alta. Si tratta di sviluppare l’interscambio di energia elettrica e di collegare le nuove fonti di generazione di energia rinnovabile alle reti tradizionali. E allo stesso tempo, rendendo disponibili grandi volumi di energia generata in località remote, consentire una maggiore apertura del mercato dell’elettricità tra stati, favorendo la riduzione dei prezzi al consumo e la spinta all’innovazione tecnologica. L’obiettivo finale è ridurre i costi per l’utente finale. Con un’incognita. I tempi sicuramente lunghi, e la necessità di un non sempre facile coordinamento politico tra stati.

L’accoppiata Desertec-Transgreen può diventare a sua volta complementare della “Supergrid” paneuropea, che si inquadra nell’ambito degli obiettivi Ue di riduzione delle emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 e che prevede di rendere disponibili grandi volumi di energia generata in località remote da fonti rinnovabili. Un esempio tipico sono le centrali eoliche offshore del nord Europa, come quelle in corso di realizzazione in Gran Bretagna.
Attualmente nel Mediterraneo sono collegate con linee a corrente alternata le reti elettriche di Marocco e Spagna, via Gibilterra. Transgreen dovrebbe partire più a est, da Algeria o Tunisia. Molti i progetti allo studio, come il collegamento Balcani-Italia, Malta-Italia, Tunisia-Sicilia.

In conclusione, tornando ad UpM, per alcune sue caratteristiche, secondo lo studio di Mezzogiorno Europa, essa rappresenta una grande opportunità di crescita per l’Italia: “In primo luogo, la connotazione prettamente tecnica e progettuale della nuova organizzazione, che individua gli ambiti prioritari di intervento in settori economici e sociali di particolare rilevanza strategica: l’ambiente, con particolare riferimento alla lotta all’inquinamento nel Mediterraneo; i trasporti; la protezione civile; le energie alternative, con il progetto di “Piano Solare Mediterraneo”; l’alta formazione e la ricerca, nel cui ambito è stata prevista l’istituzione di un’Università Euro-Mediterranea; lo sviluppo economico, sociale ed imprenditoriale dell’area mediterranea. In secondo luogo, la flessibilità regionale di tali progetti che potranno investire tutti o solo una parte dei partner, a seconda del loro grado di interesse e di coinvolgimento nello specifico settore di intervento. Questa sorta di “cooperazione a più velocità” nel Mediterraneo potrebbe consentire alle realtà italiane di porsi in prima fila nell’implementazione dei progetti con i paesi della sponda Sud. In terzo luogo, la decisa apertura, prevista nell’UpM, agli attori non statali, come le autorità locali, le imprese e le organizzazioni non governative, costituisce un quadro istituzionale di estremo interesse per l’Italia, in cui la forte crescita della cooperazione decentrata ha già permesso ad enti, istituzioni, autorità locali e organizzazioni della società civile di assumere una forte proiezione internazionale, spesso con il Mediterraneo come area di intervento privilegiata.”

 

Per concludere, alcuni cenni su Europa ed Area Mena:

EUROPA

L’Unione Europea è una unione politica ed economica composta attualmente da 27 Stati membri. Con oltre 500 milioni di abitanti, è oggi l’area economica più ricca del mondo.

La Regione, riconosciuta da tutti quale leader nelle politiche energetiche – ambientali (in ultima il “pacchetto clima” varato nel 2008), con la costituzione di una UpM centrata sul tema dimostra una naturale capacità di guardare oltre e di fare innovazione politica.

Nonostante si trovi in una fase delicata della sua vita politica, alle prese con pesanti crisi proprio in alcuni dei paesi “mediterranei” (Grecia, Spagna e Portogallo), l’Unione sta dunque puntando fortemente sul tema energetico – ambientale quale occasione per il rilancio della sua iniziativa politica e della sua economia, oltre che necessità per il superamento di una dipendenza sostanziale da partners “difficili” come la Russia nell’approvigionamento di combustibili fossili, e la contestuale riduzione del gap di costo dell’energia che ne limita seriamente e da tempo la competitività di sistema.

Vi è da dire che all’interno della UE risiedono paesi riconosciuti quali leaders delle industrie delle energie pulite (si pensi alla Germania, ma anche alla Spagna e all’Italia, nella filiera della produzione di energia elettrica da rinnovabili) e della sostenibilità ambientale (si pensi al caso della Svezia o dell’Olanda, per le loro politiche ambientali).

Detto questo, la costituzione di un mercato europeo dell’energia è ancora lontano, viste le correnti differenze esistenti tra i singoli stati membri nella composizione della produzione energetica e quindi nei livelli di prezzi ed emissioni ad essa relative: vi è quindi ancora molto da lavorare.

Il settore è sede di enormi potenziali di crescita per l’intera Unione, ma necessita di un approccio più europeo di quello finora avuto (che vede essenzialmente la libertà per i singoli Paesi membri di definire le proprie politiche energetiche, all’interno di alcuni obiettivi europei di lungo periodo).

 AREA MENA 

Per area MENA si intende l’area del Nord Africa e del Medio Oriente, che parte dal Marocco – nord ovest dell’Africa – ed arriva all’Iran – sud est asiatico.

La Regione ha una popolazione simile a quella europea (circa 500 milioni di persone) ed è caratterizzata fortemente dalle sue vaste risorse petrolifere e di gas naturale, che la rendono decisiva per la stabilità economica del pianeta: secondo l’Oil and Gas Journal (Gennaio 2009), la Regione ha il 60% delle riserve di petrolio mondali (810.98 miliardi di barili) ed il 45% delle riserve di gas naturale (2868.886 trilioni di cubic feet).

Anche per questo l’area MENA nei prossimi anni vivrà seri problemi derivanti dalla presenza contestuale di un enorme aumento demografico e di seri impatti da cambiamento climatico.

Studi della Banca mondiale prevedono dal solo aumento della popolazione, da qui al 2050, il dimezzamento delle risorse acquifere per individuo. Nello stesso periodo di tempo, la temperatura  prevista in rialzo di 2°C comporterà severi danni e numerose morti. Nel contempo, l’area è caratterizzata da un livello di emissioni di CO2 di 60% superiore alla media dei paesi in via di sviluppo.

Detto questo, i paesi MENA hanno un enorme potenziale nelle energie rinnovabili. In particolare, essi condividono le migliori condizioni al mondo per l’energia solare: abbondante soleggiamento, basse precipitazioni, ed enormi distese di terreni non utilizzati vicini a reti viarie e di trasmissione. E fortunatamente, nell’intero bacino del mediterraneo la domanda per elettricità “verde” sta crescendo rapidamente.

I paesi produttori di petrolio dell’area, in particolare i paesi del Golfo, stanno prendendo la leadership tecnologica e finanziaria nello sviluppo di tecnologie low carbon, in particolare per quanto riguarda la carbon capture and storage (CCS). In questo ambito la regione potrebbe contribuire a portare tale tecnologia dalla fase attuale di testing a quella di commercializzazione su larga scala.

Vi è da aggiungere però che, laddove una crescita low carbon dell’economia potrebbe generare importanti benefits per le economie dei paesi MENA (aumenti di produttività e risparmi fiscali associati ad una migliorata efficienza nell’uso dell’energia, una migliorata qualità dell’aria, una ridotta congestione del traffico, etc), le barriere tecnologiche ed in particolare i bassi livelli di prezzo dell’energia presenti nella regione danno un basso incentivo – in assenza di supporto finanziario esterno – per uno sviluppo low carbon su larga scala.

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