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LETTA IL VALORE AGGIUNTO AL PARTITO DEMOCRATICO

Letta è il vero valore aggiunto del Partito Democratico – Intervista a Davide Corritore

Davide Corritore, l’uomo di Enrico Letta a Milano. Un brutto colpo per Walter Veltroni: Corritore è molto stimato per la sua carica innovativa. Un bel colpo, invece, per il sottosegretario di Romano Prodi: inserisce nella sua squadra un giovane politico che, grazie ai suoi precedenti mestieri, sa di finanza e di innovazione, di Internet e di marketing della pubblica opinione. E che si porta dietro una fetta di lista Ferrante e l’ottimo seguito personale alle ultime elezioni amministrative, dove è stato eletto consigliere comunale nella lista dell’ex prefetto.

Allora, Corritore, perché ha scelto Letta?

Perché Enrico è da sempre portatore di contenuti orientati al futuro, con un’attenzione particolare all’innovazione e alle prospettive delle nuove generazioni, temi ai quali io ho dedicato molta parte della mia esperienza politica.

E perché Veltroni no?

Non è un no a Veltroni, che stimo da anni. Ho scelto Enrico Letta perchè credo nel valore aggiunto di cui egli sarà portatore per tutto il partito democratico. Anche se non dovesse vincere.Competere non significa etimologicamente fare fuori qualcun altro ma correre insieme verso un unico punto. Molto istruttiva la frase che Letta ha scritto sulla porta del suo comitato. E’ una massima di San Paolo, che raccomanda: “Competete nello stimarvi”. Sono convinto che se Letta non vincerà i contenuti del suo messaggio si depositeranno comunque lungo la strada della costruzione del nuovo partito.

Quali contenuti?

Letta ha indicato alcuni assi del suo progetto. La libertà?

Non è proprio un valore nuovo…

Libertà nelle forme nuove della moderna società industriale. Che significa libertà di accesso a ciò che ora non è disponibile per tutti.

Per esempio?

Libertà di accesso per tutti alle professioni ma anche alla banda larga, che non è ancora disponibile per fette importanti del territorio nazionale. Ma anche libertà di accesso alla casa per le giovani coppie,con contratti economicamente sostenibili. Se queste cose non vengono garantite a tutti, si determinano delle esclusioni dal vivere democratico. E si riduce così la libertà dei singoli. Chiunque, ad esempio, dovrebbe poter fare il tassista o il notaio senza essere figlio di tassista o di notaio. Qualsiasi giovane avvocato dovrebbe poter competere con i grandi studi legali. E chi è escluso da Internet in banda larga è escluso dalla società dell’informazione, che è la società del futuro. Ci sono, nella ricca e moderna Brianza, intere zone che navigano ancora in internet col modem a 56 k perché Telecom non investe su adsl per scarsa convenienza economica. Bisogna riconoscere a tutti gli italiani l’accesso alla banda larga in ogni zona d’Italia.

L’altro valore prioritario per Letta è più classico: la natalità.

Vogliamo affrontare alla radice il grande problema italiano della mancanza di figli e dell’innalzamento dell’età media. In Francia le giovani coppie hanno mediamente due figli. In Italia solo uno. Ma un paese che non fa figli è un paese che non guarda al futuro e culturalmente è meno disposto a investire sulle nuove generazioni. Il Paese più innovativo in Europa in tutti i campi-dall’energia alle politiche sociali- cioè la Francia, è il paese col più alto tasso di natalità. Non sarà un caso.

Che cosa proponete in concreto?

Lanceremo a Piacenza in settembre, insieme a migliaia di sostenitori organizzati in diversi teatri cittadini, ognuno dei quali affronterà un tema, un grande happening di lavoro.Un incontro filosofico, politico-programmatico in cui costruiremo insieme, con una logica wikipedia, il nostro progetto per il Pd. Una grande convention interattiva, caratterizzata da una sorte di primarie delle idee…

In concreto…?

Idee che in concreto aiutino ad esempio i giovani ad uscire di casa prima dei 33 anni (la media di oggi). E ci aspettiamo idee a favore delle donne, che devono poter fare figli senza che questo danneggi le loro carriere e penalizzi la loro crescita professionale.

Il terzo valore di Letta è la mobilità. In che senso?

Significa coltivare da parte dei cittadini la speranza di crescere e muoversi socialmente economicamente e fisicamente.L’Italia è ferma perché è difficile qualsiasi forma di mobilità. Sociale ma anche fisica. Proliferano dappertutto le caste precostituite e le lobbies.Il Paese è fermo dal punto di vista sociale e anche logistico. E’ bloccato e va sbloccato.

Walter Veltroni non è adatto a garantire tutto ciò?

Veltroni è un passo avanti, in termini di valori e di visioni, rispetto al passato. Ma dobbiamo guardare ancora più avanti. Veltroni parla di anni ’60 e ’70, Letta di anni ’80. Aggiunge un decennio. La speranza per il futuro è di costruire nuovi orizzonti motivazionali con cui portare all’impegno poltico persone nuove.

In concreto?

Solo un esempio: l’Italia ha il più alto tasso di ricercatori che operano nelle energie rinnovabili in Europa. Ma ha una sinistra che ritiene che il tema dell’ambiente sia una prerogativa dei verdi. Mi aspetto che il Pd nella sfida delle energie rinnovabili chiami i giovani all’impegno e riesca a fare scuola in Europa, utilizzando le esperienze dei nostri bravissimi ricercatori, che oggi lavorano per governi stranieri.

Si avverte molto, nel processo di formazione del nuovo partito, il peso degli apparati?

Il Pd è nato proprio per liberarsi dagli apparati. Sennò non sarebbe stato generato. Gli apparati possono pensare di sopravvivere e per un po’ sopravvivranno. Ma credo che il Pd che vedremo tra dieci o cinque anni sarà diverso da quel che oggi immaginiamo. E’ possibile che 700mila iscritti a Ds e Margherita andranno a votare il 14 ottobre. Ma è verosimile che altrettanti saranno i non iscritti che andranno a votare. Queste persone porteranno aria nuova. E quando apri le finestre prima o poi l’aria nuova penetra. Nonostante gli apparati.

Ma si sa che Letta non vincerà. E allora a che serve il vostro impegno?

La nostra vittoria sarà innanzitutto seminare nel partito che verrà nuovi contenuti. Vorremmo influenzare il progetto del Pd, aggiornare la visione di società della sinistra, inglobare una fortissima innovazione, lavorare sulla cultura di squadra, assente in Italia e invece molto diffusa in altri paesi, eliminando il culto della personalità in politica.

Che Italia avete in mente?

Vorremmo che il paese uscisse dalla cultura della rendita di posizione. Vorremmo un paese in cui ognuno può mettersi in gioco senza dover necessariamente farsi cooptare con appoggi di tutti i tipi.

Quale difetto vorreste eliminare prioritariamente?

La difesa degli stati acquisiti, che penalizza i diritti potenziali. Vedi le pensioni o le licenze di taxi. Il risultato delle logiche corporative ha fatto sì che le licenze siano aumentate di poche centinaia in tutt’Italia, mentre le tariffe siano cresciute, a Milano del 13 per cento. Con tanti saluti per la liberalizzazione del settore e per l’interesse del consumatore. Oggi andare a Malpensa da Milano in taxi costa di più che andare in aereo a Londra. Bisogna rompere questi schemi, questa è la rivoluzione italiana: mandare a casa lobby e potentati che a tutti i livelli difendono le posizioni acquisite.

A destra come a sinistra?

Di fronte ai temi di cui abbiamo parlato sfuma un pò la distinzione tra destra e sinistra. Diventa quasi anacronistica. Credo che nell’Italia di oggi sia più cruciale la distinzione tra liberalizzatori o conservatori. La sinistra deve decidere: o difende chi ha già o crea opportunità per chi non ha. Un giovane che vuol fare il tassista o l’avvocato è come l’operaio della società industriale. Le pari opportunità moderne sono queste.

Farà incavolare il sindacato, questo ragionamento.

Accadde anche in Inghilterra, quando Blair affrontò in modo nuovo il tema della società industriale. E disse che non aveva senso difendere le miniere, roccaforti storiche del sindacalismo inglese, perchè il carbone sarebbe stato sostituito da energie più pulite e la società industriale da quella dei servizi e del terziario. Noi dobbiamo ancora completare questo passaggio culturale. La sinistra italiana deve farlo. E sarà complicato.

E a Milano, la sua città?

La nascita del Pd è un occasione per pensare ad una svolta importante, una specie di big bang.

Tutti a casa?

Il problema più importante è immettere nuova linfa. Portare all’ingresso in politica, anche in posizioni dirigenziali e non solo di militanza, decine e decine di persone che provengono dalle professioni e dal mondo dell’innovazione. Con quei saperi dentro, e con nuove esperienze, il Pd potrà essere veramente una cosa nuova e non una semplice fusione di passati.

Che cos’è Milano per Letta?

Enrico l’ha già detto esplicitamente: Milano sarà un laboratorio di innovazione a partire dalle modalità di partecipazione politica. Il primo segnale è la scelta di Letta di far selezionare i candidati del collegio 1 direttamente dai sostenitori con pre-primarie che si terranno a settembre. Lo scopo di questa sperimentazione è di mandare un preciso messaggio al Pd: bisogna mandare in soffitta la nefasta scelta di liste bloccate che abbiamo avversato nella legge elettorale nazionale, quella di Calderoli, e abbiamo invece inglobato nella vita del Pd. E non se ne comprende il perchè. Se vogliamo un vero Partito Democratico dobbiamo dare vero potere agli iscritti. A cominciare dalla scelta di chi li rappresenterà.

E poi?

Milano sarà per noi il luogo in cui si proporranno modalità di funzionamento del Pd basate su un’interazione continua con gli iscritti. Utilizzeremo tutte le tecnologie possibili. Una sezione tematica di Piacenza sarà dedicato alla forma partito.

Ma il potere a Milano?

Milano, negli equilibri interni del pd rappresenta una postazione chiave. Vogliamo diventare interlocutore privilegiato del mondo di chi intraprende e innova. Vogliamo rivolgerci ai tanti talenti che lavorano in città, che seguono la politica ma se ne sono allontanati negli ultimi anni a causa delle degenerazioni autoreferenziali, di potere e di apparato.

E la sua lista, la lista Ferrante? Che ne sarà dopo che l’ex prefetto ha gettato la spugna cambiando mestiere?

Già più della metà degli eletti sta lavorando per il Pd e dando il suo contributo al processo. A settembre la lista proporrà dei contenuti al nascente Pd e valuterà formalmente come rapportarsi. Nel frattempo è in corso un referendum online tra gli eletti che porterà all’individuazione di un nuovo nome. A quel punto la lista aprirà definitivamente una nuova pagina.

Intervista a Davide Corritore, su “Affari Italiani”, 9 agosto 2007

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