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Bersani capolista in Campania?

bersanidi Osvaldo Cammarota su L’Unità

 Lega Democratica e Napoli per Bersani premier hanno avanzato la richiesta a Bersani di guidare la lista per il PD in Campania. La condividiamo, ma bisogna assumere responsabilità.

Cosa e come fare per incoraggiare il nostro candidato premier ad accettare?

Innanzitutto si dovranno svolgere le primarie in modo esemplare. E’ indispensabile far dimenticare del tutto le pessime prove antecedenti l’ultima.

A tal proposito suggerirei di non sottovalutare taluni episodi di “prove di forza” che pure si sono registrate in Campania fra “truppe cammellate” (quel che ne resta) che -andando in soccorso al vincitore, o volendosi contare intorno agli sfidanti- hanno fatto rivivere qualche sgradevole episodio in qualche territorio. E’ pur vero che si può contare sulla qualità di grande parte dei volontari che hanno già garantito lo svolgimento delle ultime consultazioni, ma a nessuno sfugge che molto dipenderà dai comportamenti dei “leader” locali.

E’ auspicabile che le regole, in discussione lunedì nella Direzione del PD, contribuiscano ad esaltare le virtù di questi ultimi e a mitigare i possibili rischi degenerativi che pur si intravedono in Campania.

A tal proposito sarebbe saggio non mettere in gara i Parlamentari uscenti, sia per non creare svantaggi competitivi, sia perchè sarebbe giusto riservare al Partito -e Bersani stesso- la facoltà di ricandidare le risorse che hanno meglio lavorato nei gruppi parlamentari.

E’ forse utile evitare anche candidature di eletti nelle istituzioni locali -in particolare Regione e Province-, per i motivi già detti, ma anche per non indebolire i gruppi consiliari nella delicata condizione che attraversa le istituzioni regionali, ancor più dopo le elezioni politiche.

E’ auspicabile, infine, che le liste dei candidati alle primarie siano a credibile supporto degli impegni fondamentali assunti da Bersani con il paese intero: “… sviluppare i contenuti e i caratteri di governo del Centrosinistra” e … “aprire opportunità alle nuove generazioni”.

 In questo scenario, il gruppo Campania di Innovatori Europei CON Bersani, potrebbe apportare un notevole contributo.

Napoli, 15 dicembre 2012

I territori siano il fulcro del cambiamento

 di Giuseppina Bonaviri

Continuano gli incontri presso i diversi comuni della provincia di Frosinone che i comitati cittadini della Rete Indipendente “ La Fenice per l’Italia” con Bonaviri stanno organizzando per definire un percorso programmatico interpretando la necessità di un cambiamento nelle politiche di coesione anche in Ciociaria.

Appare urgente lavorare ad un “patto” offerto direttamente ai cittadini sui servizi di comunità che mostrano al momento grandi disparità tra le regioni e tra i territori creando al contrario standard equi per la qualità delle prestazioni del sistema pubblico istituzionale.

Le periferie debbono essere il fulcro focale del cambiamento. I comuni continuano a rimanere il luogo dove si sperimentano innovazioni nel rapporto con i cittadini e le imprese che rimane, nonostante tutto, il presidio fondamentale contro la crisi.

Il patto tra programmi di governo prossimi e territorio locale, prima delle elezioni, segnerà le scelte civiche che possono fortificare intere coalizioni. Progettualità e creatività, dunque, nella proposta di metodo e nuove regole selettive per la Fenice. Premiare le città virtuose su procedimenti trasparenti rispondenti agli standard richiesti per le azioni dell’Unione europea ha un valore inequivocabile.

La crescita non potrà essere diffusa sul territorio del paese in modo uniforme ma sarà fatta da progetti vincenti e di buoni esempi. I nostri territori soffrono delle arretratezze tecnologiche causate da una classe politica che ha svenduto le periferie a favore delle città metropolitane ma che hanno bisogno di tornare ad essere un vero cantiere d’innovazione promuovendo sburocratizzazione, semplificando le procedure, favorendo l’era digitale e quella delle energie, della mobilità urbana sostenibile con la valorizzazione dei beni culturali.

Serve una sana politica con una regia ampia che tuteli l’interesse pubblico. Affidabilità, competenza, serietà sono l’unico modo per combattere l’attuale decadimento dei territori. Accettiamo la scommessa della Bonaviri sull’inclusione ed il rinnovamento e crediamo che la vitalità di un elettorato stanco e deluso per ritornare a sognare non possa fare a meno di personalità civiche forti e inclusive, piene di carisma.

La politica non può dimenticare che proprio dai territori ricchi di esperienza civica nasce il successo di una riscossa.

Comitati spontanei Rete Indipendente La Fenice per l’Italia con Bonaviri

Italiani all’estero risorsa politica da cooptare in Italia

 di Salvatore Viglia su L’Unità e Politicamente Corretto

Dare rilievo alla foltissima presenza italiana all’estero, significa pianificare un programma politico, sociale ed economico di grande significato e portata. Le nostre comunità all’estero aspettano quella legittimazione che la legge 459 del 2001 detta legge Tremaglia non ha potuto o voluto dare.

L’impegno è portare nel paese questa linfa nuova composta da gente non contaminata dalle storture degli ultimi decenni. Impegnarsi affinché la legge venga modificata concedendo il voto per corrispondenza in Italia senza essere obbligati a recarsi in patria, è una priorità etica e morale oltre che una puntuale correzione costituzionale.

Si pensi alla circoscrizione estero, una invenzione bizzarra, un recinto nel quale sono stati stipati uomini e donne come se fossero ovini. Questa folta rappresentanza italiana all’estero significa rapporti e relazioni con culture diverse dalla nostra, significa interscambio culturale e commerciale a tutto tondo senza voler contare le rimesse che nel dopo guerra hanno aiutato il paese a risollevarsi dalla miseria.

Alla luce, però, della scarsa considerazione che questo mondo italiano vivo, vegeto e pulsante fuori dai confini patri, occorre una accelerazione che riporti questa umanità ad incidere, come da costituzione, direttamente in patria con il voto diretto.

Gli scenari politici che si potrebbero aprire all’interno degli equilibri nazionali, sono in verità imprevedibili. Data l’enorme massa di votanti, quel partito che farà sua la legge “liberatoria” di un voto paritario con quello che esercitano gli italiani residenti in Italia, lo farà fortissimo.

Sentiamo la necessità oramai improcrastinabile di scongiurare volontà avverse che vorrebbero l’eliminazione tout court del voto all’estero.

E’ un atto di civiltà e di riconoscenza invece, oltre che di lungimiranza politica ed economica, fare in modo che questa immensa risorsa appassionata e fiera del proprio paese ritrovi la dislocazione che merita in patria.

Economia sociale di mercato? A Bagnoli si potrebbe

                                                                                                                   

di Osvaldo Cammarota* per Repubblica Napoli – pubblicato il 12/12/2012 

Nella contraddizione tra fabbisogno abitativo -stimato a Napoli in almeno 100.000 unità-, aree da riqualificare e crisi del settore edilizio, vanno ricercate soluzioni innovative in grado di far ripartire l’economia, non solo del settore.

 La formula è l’economia sociale di mercato, indicata di recente anche da Mario Monti. Si è ormai compreso che i grandi investitori preferiscono speculare sui debiti degli Stati piuttosto che affrontare il rischio di intraprendere. Ma che ne sarà delle imprese, dei lavoratori e delle persone che hanno bisogno di beni e servizi? Come valorizzare queste energie sociali?

Nel corso del 2012, abbiamo assistito all’aggravarsi di una crisi che, nel settore immobiliare e delle costruzioni, sta producendo situazioni drammatiche. La stretta creditizia fa registrare un forte calo delle compravendite. Assistiamo, quotidianamente, alla chiusura o al fallimento di imprese di costruzioni soffocate dalla mancanza di appalti e dalla crisi della finanza pubblica. Sono segni evidenti che le strade tradizionali non sono percorribili. E’ una crisi di sistema, di non breve durata.

 Ma come si declina, nel concreto, la formula del’economia sociale di mercato?

Il 14 dicembre il movimento cooperativo presenterà una proposta che, seppur riferita alla complessa opportunità offerta con la vendita dei suoli ex Italsider di Bagnoli, costituisce una traccia di lavoro di più ampio significato e valenza. L’obiettivo è di corrispondere alla domanda di beni e servizi con un’offerta, sostenibile per la produzione e compatibile con i vincoli e le condizioni date.

Il progetto radica profondamente nei principi e nella cultura imprenditoriale cooperativa, ma fa i conti con il mercato, cioè con i costi, del suolo e della produzione, e le effettive capacità finanziarie di chi esprime il fabbisogno abitativo. Ci sembra un modo per dare senso e concretezza alla formula dell’economia sociale di mercato. 

I quesiti su cui sono stati invitati a confrontarsi istituzioni, parti sociali e cittadini, riguardano l’effettiva possibilità di praticare questa formula nel contesto locale. Le imprese sono in grado di produrre a prezzo di costo e di contenere in un giusto equilibrio il profitto monetario? I cittadini avranno la forza e il coraggio di investire per soddisfare i propri bisogni primari? Le Banche sosterranno questo sforzo? Le istituzioni di governo daranno le necessarie garanzie sull’affidabilità di tempi e procedure?

L’ottimismo della volontà porta a credere che siano possibili risposte positive. Ben si conoscono i motivi di un comprensibile pessimismo della ragione, ma quali potrebbero essere le alternative? Se ci sono abbiamo fiducia che si esprimano nel confronto. 

Continuiamo ostinatamente a ritenere che l’impresa sociale e di mercato sia possibile. L’ingrediente critico di successo è il bene immateriale della fiducia. Per questo, a moderare il confronto, è stato chiamato il Presidente della Banca Risorse Immateriali (Francesco Saverio Coppola).

Ci auguriamo che il dibattito registri alti livelli di consapevolezza e responsabilità.

 * Coordinatore della Banca Risorse Immateriali e Innovatori Europei Campania

 

 

Una carovana di macchine per gli Stati Uniti d’Europa

 di Rainero Schembri

Immaginiamo una Carovana di almeno 27 macchine (ognuna con la bandiera di uno dei Paesi dell’Unione Europea e tutte con la bandiera dell’Europa), che partendo da Roma (dove è nata la Comunità Economica Europea) attraversa alcuni Paesi prima di approdare, dopo una settimana, a Strasburgo per chiedere di fronte al Parlamento Europeo la nascita degli Stati Uniti d’Europa, l’elezione diretta di un Presidente Europeo e l’affermazione di un’Europa più solidale e a dimensione d’uomo. L’impatto mediatico sarebbe sicuramente notevole.

Questa marcia per l’Europa potrebbe dare una spinta decisiva dal basso per costringere i governanti europei a procedere velocemente verso l’unificazione politica, un traguardo non più procrastinabile. In un mondo fatto da colossi come gli Stati Uniti, la Cina, l’India, la Russia, dovrebbe essere evidente a tutti che singoli Paesi dell’Europa, se non vogliono soccombere definitivamente, dovranno per forza avviarsi verso un’Unione politica.

Un piccolo esperimento del genere già è stato fatto nel 1996 da un gruppo di europeisti aderenti al ‘Progetto Europeo Carlomagno’, dal nome del grande Imperatore che nell’ottavo secolo ha dedicato tutta la sua vita alla riunificazione dei popoli d’Europa. In quella circostanza si è cercato, nell’arco di quattro anni, di incontrare le popolazioni residenti ai confini estremi del Continente europeo (anche se non appartenenti all’Unione Europea): Portopalo di Capo Passero in Sicilia (estremo confine meridionale); Capo Nord in Norvegia (estremo confine settentrionale): Cabo da Roca in Portogallo (estremità occidentale); Perm, ultima città della Russia europea (estremità orientale).

In tutte queste tappe sono state raccolte all’interno di un cilindro delle testimonianze (fiori, disegni, terra) dei vari posti visitati e simbolicamente unite in un unico contenitore chiamato Europa. Ma la cosa più interessante è stata la grande adesione che la piccola delegazione ha potuto registrare ovunque si fosse spostata e ovunque avesse espresso la necessità di arrivare alla Costituzione degli Stati Uniti d’Europa.

E’ possibile ripetere oggi questa esperienza in grande? SI, e probabilmente troverebbe anche un ascolto maggiore a livello politico. Ormai sono diversi i politici che si mostrano sensibili a quest’argomento e disposti a impegnarsi. Che fare? In fondo è sufficiente che un gruppo di persone, un’associazione o un movimento si faccia carico di organizzare quest’iniziativa. In sostanza, al piacere di un viaggio culturale si abbinerebbe un grande ideale: la nascita di un’Europa veramente unita.

www.euronews.org è disponibile a raccogliere eventuali adesioni o interessamenti. Saranno poi i partecipanti a questa missione europea a prendere tutte le decisioni organizzative.

Che vergogna i media nazionali: ora ci provano con la “guerra dello spread”

 
Che vergogna i media nazionali.
 
Prima provano a far perdere Pierluigi Bersani alle primarie e ora cercano di aumentare una normale instabilità politica, conseguente ad un inaspettato e repentino annuncio di dimissioni di un Premier di sabato notte, auspicando una “guerra dello spread”, mentre alla fine di oggi i rendimenti decennali dei BTP saranno al più saliti di uno 0,3% in termini assoluti (con un impatto sul pagamento di interessi, a voler esagerare, di 1 miliardo di euro sull’economia di un Paese che produce ricchezza e debiti intorno ai 2000 miliardi l’anno).
 
Crediamo pure che, prima di tutti, il più grande partito politico del Paese – il Partito Democratico – dovrebbe reagire a tutto questo.
 
Non è possibile continuare ad assecondare questa velleità di comunicazione, errata e fuorviante, che ci vuole sempre e comunque vittima dei mercati internazionali, che ci sta totalmente immobilizzando.
 
Il Paese oggi, anche grazie al lavoro dei due Super Mario, è indipendente dalla “variabile Monti” e forse anche da quella “debito sovrano”, mentre lo è molto meno dalla “variabile economia”, su cui si dovrebbe rapidamente cominciare a parlare, a partire dalla politica, ma anche sui media nazionali.
 

Ombre e luci del governo tecnico, un anno dopo

di Fondazione Etica – 8 dicembre

Bollettino di guerra: così suonano sinistramente i numeri che i media, in questo periodo, bombardano sui cittadini, a conferma, in verità, di quanto già sanno. Quei numeri, infatti, parlano di loro, i cittadini, certificando beffardamente l’impoverimento che ogni giorno sperimentano sulla propria pelle.

L’elenco fa paura: Pil in diminuzione, crollo dei consumi, aumento senza precedenti della disoccupazione, soprattutto giovanile, imposizione fiscale ai massimi storici. Schizzano debito pubblico e spesa pubblica. Le banche sono soffocate da crediti a rischio contenzioso, le piccole imprese non hanno accesso al credito, le famiglie non riescono a pagare i mutui. Una situazione esplosiva anche dal punto di vista sociale.

Se questo è il quadro del Paese un anno dopo, occorre dire con chiarezza che il governo tecnico ha fallito. Almeno rispetto al programma che esso stesso si era dato: rigore, equità e crescita. Non serve schierarsi in Montiani e Nonmontiani: serve leggere i fatti con la massima obiettività. Il resto è solo opportunismo pre-elettorale, che non riguarda chi ha a cuore il Paese.

Sul rigore il governo Monti ha fatto molto, chiamando gli Italiani a pagare un prezzo pesantissimo. E loro lo hanno pagato in silenzio, contando che lo sprint mostrato dai tecnici nei primi mesi sarebbe stato impiegato, nel tempo, anche per equità e crescita. Non è stato così.

Il tempo c’era, ma è mancato anche solo l’avvio di un’azione pensata per ricostruire la speranza di un intero Paese.  E con essa la sua fisionomia.

Il governo ha le sue ragioni nel sostenere di non aver potuto fare tutto quello che avrebbe voluto: sia per le forti pressioni subite da più parti, sia per gli ostacoli che gli sono stati frapposti dalla sua stessa maggioranza parlamentare, sia per l’esiguità del tempo a sua disposizione.

Ma queste motivazioni possono servire per capire, non bastano per giustificare.

Innanzitutto, perché il dibattito parlamentare non è una iattura italiana, ma l’antidoto universale alla democrazia di ogni Paese moderno. Qualunque Esecutivo, perciò, per quanto tecnico, deve imparare a farci i conti. Limitarsi a contrapporre l’efficienza decisionista dell’esperto ai riti complessi del dibattito politico rende sicuramente l’idea della frustrazione provata da questo governo, ma al contempo ne rivela una inadeguatezza di fondo. Quella di non aver imparato a trasformare la competenza in capacità politica, che è, poi, quello che viene richiesto ad ogni Governo.

In secondo luogo, questo Esecutivo aveva a suo vantaggio un’arma potentissima: la minaccia di dimissioni, che i primi mesi sarebbe stata davvero efficacissima. Con essa i ministri avrebbero potuto far passare, se non tutte, molte delle misure che ora dicono non aver potuto varare. Non hanno saputo sfruttare il momento.

Certo, Monti ha fatto moltissimo per evitare il baratro e gli sono tutti riconoscenti per aver preso in mano una situazione disperata. Questo è un punto fermo.

Tuttavia, non può cancellare la responsabilità: non tanto di aver fatto solo una parte del lavoro, quanto di averne scaricato i costi sulla parte più debole della popolazione, lacerando così una pace sociale già fragile che non sarà facile ricomporre.

L’esperienza del governo tecnico è servita quantomeno a dimostrare  quanto ci sia bisogno, in Italia, di una classe di governanti capaci e con una visione politica. Non basta l’esperto come non basta il politico puro: governare richiede entrambe le doti, con una capacità di sintesi acquisita con il tempo e l’esperienza. Non si può non ripartire da questo dato.

Fare una nuotata nell’acido solforico significa essere innovatori?

grillodi Salvatore Viglia

Grillo sta dimostrando che il suo sistema di parlamentarie porterà in parlamento ragazzi scelti in rete.

Non vi è dubbio che il sistema riserva delle incognite e non necessariamente positive. Fondamentalmente ci troviamo a fare i conti con un sistema di democrazia del tutto nuovo le cui conseguenze non sono facilmente diagnosticabili.

Certo che , stanti così le cose, Grillo porta in grembo chiunque che, presentatosi davanti ad una tele camerina, dice che lui è bello e bravo. Nulla di più se vogliamo. Quindi, parlamentari che dall’interno, con la loro provabilissima inefficienza possano essere facilmente pilotabili da qualche mente. Oppure l’intento è proprio quello di minare le istituzioni dall’interno per farle implodere. Per essere un sistema innovativo, non ci piove, ma per esserlo a pieno titolo nel significato completo del termine deve prescindere dalla logica titolo di questo articolo. Le primarie di Bersani, invece, sotto una forma innovativa, proporrebbero il vecchio stanziale sui territori cooptando soggetti dai consigli degli enti pubblici. Nulla di innovativo a ben vedere ed inoltre deresponsabilizzerebbe il partito da scelte sbagliate. Oggi, essere innovatori significa ritorno ad una normalità a misura d’uomo per facilitare ed agevolare il vivere di tutti nell’ottica del bene comune. Non è affatto vero, anzi per nulla vero, che innovatore significa proporre astrusità nuove non verificabili prima in “laboratorio.”

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