Significativamente Oltre

nucleare

Energia nucleare e Referendum – Domande e risposte

 di Carloalberto Sartor

Le centrali nucleari ci liberano dal petrolio e salvano l’ambiente?

  • con l’energia elettrica non possiamo oggi scaldare le nostre case, cucinare, muovere camion, navi, auto, moto, trattori, aerei
  • solo rottamando milioni e milioni di impianti di riscaldamento e di veicoli a combustione potremmo evitare di ricorrere ai combustibili tradizionali
  • per evitare grandi perdite di energia, le centrali elettriche (nucleari e non) vanno collocate “dove servono” e la loro distribuzione dovrebbe essere capillare
  • solo attraverso una capillare distribuzione dell’energia elettrica prodotta, sarebbe possibile sfruttarla efficacemente. Cio’ richiede fattibilita’, costi di realizzazione, riduzione delle perdite elettriche nelle linee, etc
  • quindi le centrali elettriche non ci liberano dai combustibili fossili, non riducono le emissioni di CO2, non rappresentano la soluzione alle problematiche energetiche mondiali
  • di conseguenza le centrali nucleari (che sono centrali elettriche) non possono risolvere i nostri problemi energetici, non salvano l’ambiente dalle emissioni di CO2, non permettono un’economia “diversa” da quella attuale

 

Quali sono i reali costi del nucleare?

  • L’emissione di radioattivita’ delle scorie si dimezza in migliaia di anni, rendendo praticamente “eterna” la potenziale emissione di radioattivita’ pericolosa. Un tempo enorme che comporta costi spropositati di gestione e rischi difficilmente eliminabili con certezza di emissioni radioattive nell’ambiente
  • ad oggi non e’ stata trovata una tecnologia che permetta l’eliminazione “rapida” di queste scorie, per cui insistere su queste tecnologie e’ insensato e coinvolge le generazioni future in un “mutuo” decisamente arrischiato
  • i costi delle centrali nucleari vanno quindi ricalcolati aggiungendo tutti i costi di gestione connessi: gestione delle scorie, elettrificazione capillare del territorio, conversione di mezzi e impianti di riscaldamento
  • In italia stiamo ancora spendendo miliardi di euro per la dismissione di centrali nucleari chiuse da decenni

 

Chi investe oggi nel nucleare “attuale”?

  • Nessuno. Non c’e’ alcuna corsa alla realizzazione di centrali nucleari basate sulle attuali tecnologie perche’ esse non risolvono alcuno dei nostri problemi energetici ed ambientali
  • I motivi sono semplici: costi astronomici, rischi di incidenti, difficolta’ di collocazione. Ecco perche’ tra i tanti paesi industrializzati, perfino gli USA non realizzano piu’ nuove centrali nucleari ma si limitano a mantenere attivi gli impianti esistenti, “a perdere”, in attesa di future e diverse tecnologie, meno problematiche
  • il Dipartimento dell’Energia (DoE, fonte certamente difficilmente definibile “ecologista”) indica in documenti ufficiali il progressivo disimpegno degli USA nell’utilizzo di centrali nucleari. Si passa dall’attuale 14.5% per cento al 12% tra vent’anni, attraverso una progressiva e costante dismissione degli impianti esistenti, chiaro “funerale” dell’energia nucleare basata sulle attuali tecnologie

 

L’energia nucleare e’ rischiosa?

  • I rischi esistono e non sono certo “rischi di gioventu’”. Chernobyl, Fukushima sono solo i casi piu’ gravi. Al mondo si sono verificati centinaia di incidenti piu’ o meno gravi, che hanno dimostrato la sostanziale impossibilita’ di utilizzo “sicuro” del nucleare, anche dove e’ stato fatto “tutto il possibile” per evitare incidenti
  • i rischi derivanti dalla continua circolazione di materiale radioattivo sono grandi e legati a diversi fattori (incidenti, calamita’, terrorismo, uso improprio, etc)
  • la capacita’ di evitare incidenti derivanti da guasti, errrori umani e calamita’ naturali, non aumenta con il passare del tempo. Pertanto la tecnologia nucleare attuale si dimostra di fatto intrinsecamente rischiosa
  • l’indubbia efficienza nipponica, la loro capacita’ di convivere con i terremoti e la grande capacita’ di gestione delle tecnologie non e’ stata sufficiente ad evitare che un evento prevedibile e previsto causasse un disastro di proporzioni ancora difficilmente misurabili, con effetti locali e globali ancora da stabilire
  • con le centrali elettriche tradizionali non c’e’ possibilita’ di incidenti di cosi’ grande impatto
  • un disastro nucleare ha effetti planetari, non solo locali

 

I molti problemi aperti

  • ogni centrale ha lunghe fasi di manutenzione che bloccano la produzione continuativa per tempi non indifferenti, per cui le centrali devono essere realizzate in numero sovrabbondante per poter garantire una produzione continuativa dell’energia necessaria. Questa ridondanza aumenta ulteriormente i costi
  • l’energia elettrica richiede capillari linee di distribuzione, non sempre realizzabili. L’energia deve essere prodotta quindi “nei pressi” dell’utilizzatore finale. Il trasporto su lunga distanza ha costi notevoli e non sempre e’ possibile realizzarlo
  • il combustibile nucleare ha altissimi costi di produzione, trasporto, trattamento, riciclaggio, stoccaggio, oltre che di sicurezza, per impedire che venga trafugato od utilizzato in modo improprio
  • esattamente come per i combustibili tradizionali esistono problematiche commerciali e geo-politiche non indifferenti

 

Riflessioni per il referendum

  •  forse in futuro le tecnologie nucleari potranno darci risposte a molti problemi. Oggi “questo” nucleare costa troppo, e’ rischioso e puo’ essere sostituito da altre fonti di energia elettrica meno problematiche
  • solo in questo modo potremo evitare scelte “di mercato” del tutto lontane dagli effettivi interessi e necessita’ delle persone

Ai referendum del 12 e 13 Giugno diciamo quindi un chiaro e forte SI all’abrogazione dei progetti nucleari del governo

Le 3 crisi

Le 3 crisi

di Massimo Preziuso (pubblicato su Tr3nta.com)

Le 3 crisi – nucleare, mediterranea e tedesca – ed un’unica opportunità per il nostro Paese: la creazione di un asse italo – tedesco.

Siamo in un periodo di cambiamenti epocali e, nel 2011, questi cambiamenti si sovrappongono rendendo ancora più difficile, per ragioni di complessità e di tempo, pensare a soluzioni. Ma è pur vero che proprio in periodi di grande complessità come questo possono trovarsi grandi e nuove opportunità. In questo caso per il nostro Paese. 

Dico subito dove io ne vedo una: nella creazione di un asse italo – tedesco che, partendo da una proposta comune per una gestione “più diplomatica possibile” della situazione in Libia, possa poi diventare un asse di collaborazione in tutto il Mediterraneo, per gestirne uno sviluppo equilibrato e duraturo, avendo come baricentro delle iniziative il settore chiave dell’energia. E tre sono le crisi che mi fanno pensare a questo: quella del nucleare, quella del  editerraneo e quella, appena cominciata, tedesca.

Nucleare
: con la pesantissima complicatissima crisi creatasi in Giappone dove, passate due settimane da un devastante terremoto, la situazione è altamente seria a causa di danni in una delle centrali nucleari, l’opinione pubblica mondiale si è svegliata, comprendendo ancora meglio che la soluzione nucleare non è la scelta migliore di sostenibilità energetica, e che va quindi profondamente ripensata.

Mediterraneo: con le crisi egiziana, tunisina e libica – e la possibilità non così improbabile che tali situazioni si estendano a breve in altri paesi dell’area mediterranea – si è aperto un enorme ed inaspettato capitolo di politica estera, ed in particolare per l’Unione Europea, sia per motivi di dovuta solidarietà rispetto a paesi che ci sono molto vicini, sia per opportunità e ragionamenti di geopolitica e di interessi commerciali – in particolar modo legati all’approvigionamento energetico.

Germania: legata alle prime due crisi – nucleare e mediterranea – se ne vede una terza, appena cominciata, del colosso tedesco. Proprio oggi il cancelliere Merkel con la sua CDU perdono pesantemente alle regionali in un territorio opulento e fondamentale, il Baden-Wuerttemberg, dove il nuovo governatore sarà espresso – e non è un caso – dal Partito dei verdi. Tutto questo nonostante la Merkel avesse provato ad andare incontro – con una manovra chiaramente  opportunista – alle aumentate esigenze ambientaliste del dopo Giappone, praticamente annullando i programmi tedeschi nel nucleare, e alla volontà della sua gente di tenersi fuori dalla guerra in Libia. Dopo oggi, il governo entra in chiara crisi- Tutto questo mentre, in queste settimane, si è formato un asse anglo – francese nel mediterraneo, che rischia di rosicchiare larghe fette di influenza all’attuale locomotore europeo. Ed un Paese che fino a oggi ha avuto un ruolo di leadership assoluta nelle politiche europee a questo vorrà e dovrà sicuramente reagire.

Ebbene, queste tre crisi – Nucleare, Mediterraneo, Germania – rappresentano una inaspettata opportunità per un Paese, l’Italia, in piena crisi di identità e di potere – in Europa e nel mondo – ed a forte rischio di un accentuato declino – proprio a causa della crisi mediterranea. Infatti, dopo essere stato assente dalla scena internazionale per troppo tempo, nelle prossime ore il nostro Paese potrebbe portare avanti – ed oggi il Ministro Frattini ha annunciato  una proposta comune – un’iniziativa di recupero di forza sulla scena internazionale, appunto strutturando una azione politica (che poi diventi economica ed industriale) comune con la locomotiva tedesca, proprio a partire dalla gestione della crisi libica e mediterranea. E’ chiaro che la Germania ha oggi bisogno di un partner europeo con cui provare a rientrare nella gestione della crisi nell’area mediterranea, ed indirettamente confermare la propria leadership, e che questo può farlo solo con un alleato come l’Italia. Di contro è evidente che l’Italia – alleandosi con il colosso tedesco – potrebbe inaspettatamente trovarsi in ruolo di centralità politica, soprattutto nella auspicabile fase di sviluppo dell’area, successiva al periodo di crisi, che molto probabilmente sarà fortemente legato al tema energetico ed infrastrutturale e potrebbe fortemente basarsi sul paradigma della “green economy”. Ed Italia e Germania, con le loro aziende e capitali, sono già protagonisti nel settore (si veda, tra i tanti altri, il mega – progetto “Desertec”). Aldilà di questi fattori “opportunistici”, sembra altresì evidente che un asse italo – tedesco rappresenti la soluzione migliore per dialogare, in maniera diplomatica e commerciale, con il mondo libico, ma più in generale mediterraneo – per motivi culturali e per ragioni economiche – industriali.E visto che le due potenze europee condividono l’idea che la gestione di una crisi così grande e complicata non possa che incentrarsi sul tema della diplomazia, vi è da auspicare che Italia e Germania si rendano conto di questa opportunità unica, per loro stesse e per il mondo mediterraneo, ed agiscano subito, prima che la crisi da quelle parti si trasformi in un qualcosa di ingestibile ed incontrollato.

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