Significativamente Oltre

modello partito

Modelli di Partito

politica

di Luigi Agostini

Militante, Iscritto, Elettore.
In un testo ormai classico, così M.Duverger distingueva le figure-chiave del partito politico moderno. Schematizzando, in un organismo a cerchi concentrici, il militante rinvia alla scelta di una Causa (libertà, egalitè ecc.); l’iscritto di un Interesse (la terra a chi la lavora, ecc); l’elettore ad un Desiderio (non si interrompe un’emozione, ecc), elettore da conquistare con proposte convincenti o comunque accattivanti.
Continuando nella schematizzazione, alla dominanza della prima figura corrisponde il partito di quadri, alla dominanza dell’iscritto, nella stagione migliore, il partito di massa.L’elettore, più che soggetto, rappresenta l’oggetto del contendere nello scontro tra i vari partiti politici.Nella realtà storica l’intreccio tra le tre figure è ovviamente molto più complesso, trapassando spesso ogni figura nelle altre, determinando varie combinazioni.
Lo Statuto del partito politico rappresenta il luogo, in cui la combinazione trova il suo momento di definizione.La funzione dello Statuto sia come carta identitaria che come condensato strategico segna la storia delle organizzazioni politiche dell’ultimo secolo.La definizione dello Statuto ha sempre rappresentato un momento particolarmente significativo nella vita di una organizzazione politica, specie all’atto della fondazione.Memorabile la rottura che sullo statuto separò i bolscevichi dai menscevichi e che qualche influenza esercitò nella storia del secolo oppure il passaggio dal vecchio partito laburista al nuovo partito laburista.

Nella storia evolutiva del partito politico, il passaggio dal partito di quadri al partito di massa, -dal partito di militanti al partito di iscritti, pur definendo un nuovo equilibrio -non aveva mai cancellato la funzione del militante, aveva anzi messo la sua potenza e dedizione al servizio di una grande operazione di radicamento sociale e nazionale: la strana giraffa togliattiana, in fondo non era altro che un partito di quadri annidato in un partito di massa, partito che, con tale scelta, ha saputo trasformare con un lavoro molecolare vaste plebi in popolo.Il recente Statuto del Partito democratico rappresenta una novità assoluta: l’accento, tra le tre figure, viene spostato principalmente sull’elettore, operando un drastico declassamento non solo del militante ma anche dell’iscritto.
Il potere di decisione, nella sostanza, viene consegnato nelle mani dell’elettore.
All’elettore viene rimessa,infatti, la decisione, in ultima istanza, sulle funzioni fondamentali del partito, a partire dal segretario generale. Ma l’elettore, senza scomodare l’Io desiderante di J. Lacan, è certamente la più labile e manipolabile delle tre figure. Cosa resta di un partito politico, si chiede giustamente A.Reichlin, se il suo segretario non è eletto dai militanti del suo partito, ma dagli elettori, dai telespettatori, da cittadini qualsiasi, che senza nessun vero discrimine politico, passano davanti ad un gazebo? Cosa resta della dimensione culturale della politica?Come si formano e cosa contano i suoi dirigenti?
Si è parlato di uno statuto confezionato dal dottor Stranamore, quasi a sottolinearne l’architettura particolarmente burocratica, la macchinosità delle scelte; a me sembra che la questione di fondo sia invece lo spostamento di accento e di poteri, operata dallo Statuto, sulla figura dell’elettore e del modello di partito che ne deriva.

Poiché la dinamica delle cose è quasi sempre più forte della volontà degli uomini, qui non si tratta della solita querelle tra grado maggiore o minore di apertura del partito alla società, ma della facilissima penetrabilità, fino alla eterodirezione dello stesso partito, da parte di forze esterne ed interessate: molle cera, plasmata facilmente dagli interessi esterni, o comunque sottoposta a facili incursioni dall’esterno.

La vicenda Grillo d’altra parte è illuminante.
A ben vedere, lo spostamento del baricentro sulla figura dell’elettore, ha almeno quattro conseguenze difficilmente contestabili.
A) “Elettoralizza” di rimbalzo anche gli atteggiamenti degli iscritti e militanti, innescando comportamenti clientelari da” padroni delle tessere”; d’altra parte, come interpretare la corsa al tesseramento in occasione di momenti particolari come quello attuale del PD, mimando nel concreto,le esperienze istituzionali di un Paese con ben sei sistemi elettorali?
B) Spinge oltre misura verso la personalizzazione della politica, della costruzione del partito come partitodel leader, del partito personale ,per cui la partecipazione politica si esaurisce nella elezione del capo.
C) Alimenta,invece che contrastarla, l’idea del “partito elettorale-istituzionale”, traiettoria che già due autori come Kats e Mayr nei loro studi sulla evoluzione dei partiti politici, avevano individuato come caratteristica negativa: l’essere diventatati tali partiti, anche di sinistra, prevalentemente mediatori tra le risorse pubbliche e gruppi di interesse, esaurendo la loro vita in una attività semiparassitaria.Politici come faccendieri.
D)Alimenta una perenne competizione interna,da guerriglia di tutti contro tutti,in cui vengono bruciate gran parte delle sue risorse e, più frequentemente,le migliori,contribuendo in misura esponenziale a connotare la politica come intrigo,ed il chiacchiericcio come la verità più vera di quello che avviene.Una politica tutta cronaca e niente storia.
L’irrompere della grande crisi del capitalismo attuale,i suoi effetti di breve e lungo periodo, volenti o nolenti, costringe tutti a tornare ai fondamenti;ma il fondamento dei fondamenti è rappresentato dal modello di partito. D’altra parte,è su questo che si stà concentrando il confronto nel Partito Democratico,dopo la crisi della segreteria di V.Veltroni, che,è bene ricordarlo,aveva ricevuto poco tempo prima,una investitura personale senza pari. Non c’è niente al mondo,contrariamente a quello che si crede,di più abbondante delle idee;quello che manca invece,è spesso una organizzazione,un partito, capace di ordinare le idee in un pensiero,e fare di questo,materia di combattimento quotidiano.

Il culmine della crisi del partito personale come risposta alla crisi del partito di massa, perché questo ci dice, nell’essenza,la crisi della segreteria Veltroni, mette la sinistra di fronte ad un bivio:l’amplificazione di quella che viene definita l’antipolitica-l’antipolitica è l’altra faccia del partitito del leader- oppure il ritorno,mutatis mutandis, al modello classico di partito.L’esperienza della Lega è ricca di insegnamenti.

Al di là di tutti i sociologismi, verso la malattia montante dell’ antipolitica, l’unico rimedio conosciuto consiste nella costruzione,nella rinascita del partito politico,con i suoi militanti, i suoi iscritti,la sua rete organizzativa territoriale e sociale, i suoi congressi,la sua battaglia delle idee ,la sua fatica.
Perchè non riprendere allora l’intuizione di Don Sturzo di definire per legge, come in Germania, il modello di partito,declinando, nel concreto di oggi, l’indicazione della nostra Costituzione? Se non sai bene dove stai andando,recita un vecchio detto,fermati e chiediti da dove stai venendo.

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