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INTERCETTAZIONI: MASTELLA O NO?

di Fernando Cancedda

“Sarebbe davvero singolare se la prima legge promossa dal governo di centro sinistra riguardo all’informazione fosse una legge liberticida, come questa sulle intercettazioni telefoniche”. Paolo Serventi Longhi, segretario generale della FNSI, interviene senza peli sulla lingua al convegno su un tema delicato e attualissimo: segreto investigativo e diritto all’informazione. Un’ipotesi, quella di Serventi, nient’affatto remota. La legge che prende il nome dal ministro Mastella, approvata da larghissima maggioranza alla Camera e attesa nelle prossime settimane al Senato, è in dirittura d’arrivo.

“Se fate un po’ di baccano maggioranza e opposizione faranno a gara per non farla passare”, dice con apparente convinzione Francesco Cossiga, ospite d’eccezione nella sala “Tobagi”, affollata da giornalisti e politici illustri ma anche – buon segno – da decine di studenti delle scuole di giornalismo. I promotori della manifestazione, a cominciare dal presidente dell’Ordine regionale Bruno Tucci e dal segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine Vittorio Roidi, non sembrano però condividere l’ottimismo dell’ex presidente della Repubblica. Alla Camera, dove pure i giornalisti sono numerosi, soltanto pochi deputati si sono astenuti. Uno di loro, Giuseppe Caldarola, ha accennato nel suo intervento all’insofferenza diffusa tra i politici per la pubblicazione di conversazioni intercorse nelle stanze del potere. E di “irritazione generale” nei confronti della stampa ha parlato anche un altro dei parlamentari astenuti presenti, il professor Roberto Zaccaria.
Giovanni Valentini (La Repubblica) e Antonio Padellaro (L’Unità) hanno ricordato che il nodo principale è il divieto di pubblicazione previsto fino al termine delle indagini preliminari, che in Italia durano mesi o addirittura anni. Senza le rivelazioni sui “furbetti del quartierino” e altri più o meno recenti scandali nazionali gli italiani sarebbero probabilmente all’oscuro di gravissimi episodi di corruzione. Una sanzione monetaria notevolmente aggravata (fino a centomila euro) creerebbe inoltre una discriminazione fra ricchi e poveri. E poi perché dovrebbero essere i giornalisti i primi (e i soli) a pagare? “Voi potete pubblicare tutto – ha assicurato Cossiga – e in Senato io non mi limiterò a votare contro. Proporrò un emendamento: nessuna sanzione ad un giornalista prima che sia pronunciata e passata in giudicato la sentenza a carico del magistrato o del funzionario o dell’ufficiale o del sottufficiale che gli ha passato la notizia”.

Eppure non tutti i giornalisti sono contrari alla legge. Secondo Paolo Gambescia, già direttore del “Messaggero” e oggi deputato, “non si tratta affatto di una legge liberticida ma di una legge civile”. E’ possibile, ha domandato, che l’indagato debba avere conoscenza delle prove che lo riguardano dalla lettura dei giornali?

Anche il sottosegretario alla Giustizia Li Gotti – che il moderatore Roberto Martinelli ha presentato come “il padre della legge” – ha denunciato una scarsa conoscenza della nuova normativa, la quale secondo lui innoverebbe pochissimo rispetto a quella in vigore. Fino dalla riforma del codice di procedura penale del 1989 – ha detto – il divieto di pubblicazione è attribuito alla necessità che il giudice delle indagini preliminari apprenda il contenuto delle prove solo ed esclusivamente dalle parti in giudizio. E non prima, dalla lettura dei giornali. E’ in gioco la sua “terzietà”.
“Ma l’intercettazione è una prova come un’altra – ha osservato subito dopo il professor Franco Coppi – Un testimone non ha l’obbligo del segreto. Perché l’intercettazione dovrebbe essere trattata diversamente dalle dichiarazioni di un testimone alla stampa?” Diverso, ha proseguito l’avvocato Coppi (difensore, lo ricordiamo, delle persone implicate nei presunti episodi di pedofilia di Rignano Flaminio) è il caso di intercettazioni che non riguardano il processo e che non dovrebbero neppure essere messe agli atti.

“Le intercettazioni telefoniche non sono prove come le altre – ha obbiettato l’onorevole avvocato Gaetano Pecorella – appunto perché sono reti in cui entrano pesci che non hanno niente a che fare con l’oggetto del procedimento”. Che ci sia stato a volte un uso disinvolto delle intercettazioni hanno ammesso anche Bodo dell’agenzia ANSA e prima di lui il segretario dell’Ordine nazionale Roidi, il quale ha tuttavia ricordato l’indifferenza della politica e delle istituzioni alle tante proposte di riforma dell’ordinamento professionale dei giornalisti anche in tema di deontologia.
Proprio a questo riguardo vorrei aggiungere alla cronaca una mia riflessione. Di questa annunciata sciagura che pone un limite pericoloso alla libertà di stampa e soprattutto al diritto dei cittadini di avere un’informazione completa e imparziale, saranno in molti ad avere la responsabilità. In primo luogo i parlamentari e i politici che l’hanno proposta e approvata, quelli in mala fede, alla continua ricerca di alibi per sfuggire al controllo dell’opinione pubblica, e quelli in buona fede, che hanno creduto di trovare un (pur necessario) rimedio alle violazioni della privacy e al disinvolto coinvolgimento di fatti e persone che non hanno interesse pubblico. Senza accorgersi che in questo caso la toppa era peggiore del buco.
Ma proprio perché si tratta di una sciagura annunciata, parte della responsabilità – se e quando la legge Mastella sarà definitivamente approvata – andrà attribuita a noi giornalisti, sia a quelli “distratti” che hanno sempre considerato l’etica professionale un “optional” poco remunerativo, sia a quelli che avrebbero dovuto denunciarli, fermarli e adeguatamente sanzionarli. Sempre e non solo occasionalmente. Per dovere nei confronti del pubblico, per tutelare l’interesse di tutti all’autoregolamentazione e per non offrire alibi all’ipocrisia di chi non la vuole e si rifiuta di cambiare una legge professionale antiquata. Nei rapporti interni alla nostra categoria è spesso più facile trovare omertà che solidarietà. Anche per questo l’autoregolamentazione non ha funzionato.

“La verità è che soffia un vento illiberale non solo in Italia, ma anche in altri paesi d’Europa”, ha detto, concludendo il convegno, il presidente della FNSI Siddi. E il Presidente del Sindacato Cronisti Columba ha annunciato la necessità e l’urgenza di una forte mobilitazione della categoria in coincidenza con il dibattito decisivo al Senato. Il Presidente Marini li riceverà il 24 maggio.

INTERVISTA: MINISTRO SANTAGATA

Intervista al Ministro per l’attuazione del Programma

di Massimo Preziuso

1)Quale il momento che lei reputa più significativo nella fase fondante dell’Ulivo che, in atto dal ’95, ha portato alla elezione del 2006?

In questi 12 anni i passaggi importanti sono stati diversi: dalle elezioni vinte del 1996 alla presa di coscienza di dare vita ad una forza politica in cui confluissero le culture riformiste di questo Paese che provengono da strade diverse. Sicuramente, però il passaggio che mi sento di segnalare maggiormente è quello che ci ha condotto a decidere di utilizzare lo strumento delle elezioni primarie per designare il candidato premier del centrosinistra. Un momento fondamentale, che è riuscito a fare scuola anche in Europa e che, per dimensioni e risultato, ha rappresentato la decisiva spinta propulsiva verso la vittoria elettorale e ora costituisce un patrimonio fondamentale nella costruzione del Partito Democratico.

2) Lei appare una persona schiva ed un pensatore dell’era moderna. Come ha coniugato area interpersonale e figura istituzionale?

La definizione di “pensatore” mi sembra troppo impegnativa. La riserverei ai veri intellettuali. Io mi sento un dilettante della politica. La faccio perchè riesco ancora a divertirmi e questo è il criterio che mi permette di separare la vita privata da quella pubblica e istituzionale. Evito costantemente di diventare un uomo “ad una sola dimensione”. Evidentemente la dimensione politica rilevante ma non totalizzante.

3) Donne, giovani, in particolare, società  civile, in genere, continuano ad essere sottorappresentati nell’attuale coalizione di Governo. Quali azioni positive garantiranno equità  in tal senso?

Quello della sottorappresentazione di giovani e donne all’interno del mondo politico è un problema notevole. L’accesso alla politica ha spesso modalità  che definirei “respingenti” e usa meccanismi, linguaggi e forme che non favoriscono la partecipazione. In questo modo la politica, nel momento in cui dovrebbe ricercare il massimo di consenso, contraddice se stessa limitando la partecipazione. Ovviamente queste difficoltà  sono più percepite per categorie, diciamo così più deboli: le donne, che devono tenere insieme tempi di vita e tempi di lavoro, e i giovani, che faticano ad appassionarsi ad una politica che propone meccanismi e forme così farraginosi. Al di là  delle quote, pur utili in alcune circostanze, la modalità  che deve cambiare. Il partito democratico si fa apripista di questo cambiamento, favorendo la partecipazione. Io dico spesso che bisognerebbe riuscire a ritagliarsi mezz’ora al giorno per fare politica.

4)Tutti noi abbiamo guardato con ammirazione la innovazione avvenuta con La Fabbrica del Programma di Prodi, prima, ed Incontriamoci, poi. Ci racconta chi o cosa vi ha ispirati a creare questo “nuovo modo di fare politica”, che ha portato migliaia di persone, e molti di noi, in questi ultimi 2 anni, ad avvicinarsi alla Politica, in maniera nuova?

In questi giorni cade il secondo anniversario della “Fabbrica del Programma”. Due anni fa abbiamo avvertito proprio l’esigenza di allargare la tradizionale partecipazione alla vita politica, ritenendo insufficiente il modello tradizionale. Per questo ci siamo inventati questa forma nuova, trovando nella costruzione del Programma elettorale l’elemento attorno al quale attivare cittadini, associazioni e categorie. Ha funzionato abbastanza bene, andando a riempire in modo positivo uno spazio politico in un periodo ancora lontano dalle elezioni politiche. In seguito, poi, il ruolo della Fabbrica l’ha preso la community di “Incontriamoci” che tiene viva e mette in comunicazione una rete di oltre 25.000 persone. Attraverso il meccanismo del “meet up” vengono organizzati incontri nei territori e si mobilitano i cittadini sui temi al centro del dibattito politico.

5)Il Partito Democratico nascerà  per le prossime elezioni Europee? E, soprattutto, ci sarà  spazio concreto per la Società  civile, e per i Giovani e le Donne?

Sono certo che il Partito Democratico sarà  operativo per le Europee del 2009. Abbiamo davanti a noi due anni intensi e fondamentali. Con un passo alla volta sono convinto che non falliremo il risultato. Per quanto riguarda la presenza di società civile, giovani e donne vale quanto detto prima: il Manifesto del Partito democratico che da pochissimi giorni ha iniziato a circolare, prevede proprio nuove modalità di partecipazione che possano garantire un’ampia presenza di uomini e donne che si avvicinano per la prima volta alla politica. Il meccanismo di “una testa un voto” nella formazione degli organi costituenti, ne è la testimonianza lampante.

INTERVISTA: MINISTRO NICOLAIS

Intervista al Ministro della funziona pubblica e dell’innovazione

di Giuseppina Bonaviri

1) Quando giovane sognatore, nel 1968 si laureò in ingegneria chimica alla Federico II di Napoli, aveva già  tra le sue priorità  quella di una carriera politica da riformatore?

Nel 1968 non pensavo minimamente di intraprendere alcuna carriera politica.
In quel periodo, appena laureato in ingegneria, mi trasferii negli Stati Uniti d’America. Grazie alle competenze acquisite cominciai a lavorare presso una fabbrica che si occupava della fusione dell’acciaio. Lì ho svolto per un anno le mansioni di dirigente di un laboratorio. Sin da quel tempo compresi che avrei svolto il mio lavoro nel campo della ricerca universitaria.

2) Come ricorda la sua esperienza di Presidente della Città  della Scienza a Napoli, e quella di Assessore alla Ricerca della Regione Campania (con la grande innovazione dei Centri di Competenza), in mezzo alla Sua gente?

La mia attività  di Presidente della Città  della Scienza la valuto altamente positiva. Purtroppo è stata un’esperienza troppo breve. Si può dire che ho solamente avviato il percorso intrapreso dalla Città  della Scienza, ma, ciononostante, ricordo in particolare l’accordo di programma sottoscritto con il MIUR. L’esperienza di Assessore presso la Regione Campania è stata particolarmente soddisfacente. Il collegamento, in particolare, creato tra Università  ed impresa, forze sociali e produttive ha consentito l’affermarsi in Campania di un modello interessante di ricerca scientifica applicata e di particolare rilevanza, poi, è stata la diffusione dei modelli di e-governement che hanno confermato la necessità  della concertazione degli stessi al fine di garantire maggiore semplificazione nell’amministrazione. I centri di competenza, infine, hanno rappresentato un’iniziativa che inizialmente non sembrava godere del consenso comunitario, ma che in fine si è dimostrata essere una scelta vincente a tal punto da essere considerata una best practice per il Quadro Comunitario di Sostegno 200-2006.

3) A quale, tra le sue 379 pubblicazioni scientifiche e i suoi 25 brevetti, rimane più affezionato e fedele?

Sicuramente la pubblicazione che ricordo con più affetto è quella realizzata con il prof. Di Benedetto inerente la fratturazione per i materiali polimerici. All’epoca quella pubblicazione ha rappresentato una novità  assoluta in campo scientifico e fonte di grandi soddisfazioni.
Tra i brevetti ricordo quello sui Polimeri Idrofilici che ha determinato, tra le altre esperienze, un interessante Start Up imprenditoriale.

4) Piano qualità, cantieri di innovazione, CAF, riduzione dei costi della macchina amministrativa, piano nazionale pluriennale per il miglioramento continuo delle pubbliche amministrazioni, massimizzazione della qualità  dei servizi ai cittadini e alle imprese basteranno a fare dell’Italia una nazione competitiva in Europa?

Certamente non saranno sufficienti da soli, ma possono fungere da premesse per poter affrontare la sfida della competitività  accanto al radicale cambiamento della Pubblica Amministrazione,
Rappresentano sicuramente delle risposte al bisogno di trasformazione del tessuto imprenditoriale che deve riuscire sempre di più a competere su qualità  d’innovazione in tutti i settori merceologici, anche quelli più tradizionali.

5) Non sarebbe altrettanto importante legiferare su una reale presenza di donne e giovani nei punti strategici del mondo politico, scientifico, decisionale per uno sviluppo innovativo equo, nazionale ed europeo?

Sicuramente si. Il contributo di giovani e delle donne è essenziale per il buon andamento dell’Amministrazione e del Paese in generale. Ritengo che la chiave per affrontare insieme la questione di genere e quella generazionale sia data principalmente dal riconoscimento del merito. Bisogna spingere sempre di più merito come strumento di promozione in luogo del criterio di anzianità .

Grazie.

Roma, 2 Marzo 2007

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