mediterraneo
VELTRONI A NEW YORK
Veltroni a NY: nei talenti italiani il futuro del nostro Paese
David Ragazzoni – I.E. New York
Cogliendo l’occasione della propria presenza a New York per seguire da vicino le ultime settimane della corsa alla Casa Bianca, venerdi’ 19 settembre Walter Veltroni è stato ospite presso la City University of New York (CUNY) per un’intervista sul rapporto tra politica e potere nelle esperienze del riformismo italiano. In quale direzione si stanno muovendo l’Italia e l’Europa negli ultimi due anni? Cosa intende fare la ‘nuova’ sinistra italiana dopo i risultati elettorali di aprile ? E, soprattutto, come potrà la politica progressita europea tornare ad agire nel prossimo futuro, dopo una stagione in cui l’enfasi pur condivisibile sul parlare e sul confronto pubblico sembra aver progressivamente sfilacciato ogni residua capacità decisionale ?
Su tali questioni, sollevate nel pomeriggio da Jane Kramer, corrispondente per l’Europa del New York Times, è tornato il leader del PD nell’incontro serale a Wall Street con alcuni studenti e professionisti italiani che svolgono esperienze di lavoro e di ricerca a New York. Ha sottolineato l’importanza, per il Partito Democratico e per l’Italia in generale, di avere nei giovani talenti gli ambasciatori della cultura italiana negli Stati Uniti: ragazzi e ragazze che coltivano le proprie competenze nei settori piú diversi con l’intenzione e la speranza di poter consegnare alla politica del proprio paese il meglio di quanto appreso. In tal senso ha assicurato che il programma sul ‘rientro dei cervelli’, tralasciato dal penultimo governo Berlusconi e non recuperato nella breve parabola prodiana, sarà al centro degli impegni del governo ombra sul versante dell’università e della ricerca : formarsi all’estero – ha detto Veltroni, recuperando i frequenti dibattiti in merito nel mondo accademico, tra cui gli interventi sulle pagine di Repubblica di Nadia Urbinati – deve costituire una scelta, non l’unica strada da percorrere. È essenziale che l’Italia sappia ritrovare davvero nuovi spazi per il merito, perchè senza innovazione e senza competenze l’economia, la politica e la vita del paese rischiano di tradursi in schemi mentali ossificati, incapaci di pensare frontiere nuove per paura e ignoranza. Ció implica anche il saper comunicare in modo nuovo, come il PD intende fare con l’avvio nei prossimi mesi di una propria televisione e rivista on-line, e guardare all’esperienza di chi oltreoceano ha mostrato piú degli altri come «la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare». Se il Partito Democratico americano di Obama riuscisse a conquistare la Casa Bianca, sarebbe per le analoghe esperienze italiane ed europee uno staordinario incoraggiamento, il segnale che il vento è cambiato e che il mondo non sta procedendo unimamente verso destra. Bisogna dunque radicare il PD negli Stati Uniti, anche istituendo una festa democratica italiana con cadenza annuale a New York, e il Gruppo Promotore per il Partito Democratico US, coordinato per la parte di NY da Emilia Vitale, avrà il compito decisivo di sviluppare nel prossimo futuro queste premesse.
David Ragazzoni
d.ragazzoni@sns.it
QUESTE STRANE GIOVANILI DEL PARTITO DEMOCRATICO
INNOVATORI EUROPEI www.innovatorieuropei.com
CIRCOLO PD “BARACK OBAMA” www.pdobama.wordpress.com
GIOVEDI’ 25 SETTEMBRE 2008
COMUNICATO CONGIUNTO:
QUESTE STRANE ELEZIONI DELLA GIOVANILE DEL PARTITO DEMOCRATICO
Innovatori Europei ed il Circolo on line del PD “Barack Obama” si chiedono perché le Primarie della Costituente dell’Organizzazione Giovanile del Partito Democratico vengano condotte in modo così poco aperto e trasparente.
Preso atto della pubblicazione del regolamento e del posticipo delle date ultime per la presentazione delle candidature, dalle modalità e i tempi in cui a questa si è pervenuti e dalla visione del regolamento stesso risulta evidente che, ancora una volta, ci si sia mossi per difendere appartenenze pregresse e non per idee e programmi nuovi.
Il nostro timore è che i candidati principali alla Segreteria Nazionale dell’organizzazione risulteranno essere espressione di correnti dei partiti politici da cui il Partito Democratico è nato – DS e Margherita – mentre tutto il mondo dell’associazionismo e la società civile non potranno esprimere una candidatura.
Ci impressiona in particolare l’assenza nel regolamento di alcun tipo di riferimento al coinvolgimento della società civile.
La nostra paura è che, in questo modo, il Partito Democratico vada ulteriormente ad indebolirsi agli occhi dei suoi elettori e simpatizzanti, soprattutto i giovani.
Innovatori Europei e PD Obama
LE ELEZIONI DEI GIOVANI PARTITO DEMOCRATICO
Oggi, dopo aver avuto discussioni informali con amici riguardo le prossime elezioni dei Giovani del PD, mi rendo conto del rischio che il Partito Democratico sta correndo.
A pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature, ancora nulla si sa.
Leggo di una “outsider” candidata a Segretario, Giulia Innocenzi, che critica Veltroni sul modus operandi di queste elezioni, l’appoggio da lei ricevuto da Mario Adinolfi e niente più di ufficiale.
Come mai..?
Massimo
LA VERA STORIA DI ALITALIA
– Anni 70 -80: Alitalia è il 7° vettore aereo internazionale, una società di diritto pubblico (come del resto la maggioranza delle aviolinee nazionali in Europa) con alterne vicende e bilanci tra il rosso ed il nero, ma autorevole compagnia di bandiera che ci rappresenta degnamente nel mondo.
– Anni 90: liberalizzaziane del trasporto aereo negli USA, fine del protezionismo con conseguenze in Europa: nascono le prime compagnie private, occorre una revisione delle strategie per affrontare costi crescenti, tariffe in competizione e partnership intercompany per aumentare l’efficienza. Il modello a rete con hub di smistamento diventa il più gettonato ed ogni paese importante ne ha almeno uno. Per l’Italia Linate evidentemente non va bene (non può gestire volumi da hub e non può crescere in dimensioni), Fiumicino non è politicamente corretto (non è in Padania ed il nord ricco in cui cresce la Lega è ansioso di non dipendere da Roma ladrona); si costruisce un hub dedicato in terra padano – quasi svizzera, completo di comunicazioni terrestri, costi che superano i 300 miliardi di lire, la maggioranza spesi sul territorio padano. Ma una grande alleanza internazionale ne garantirà il riempimento, affermano i promotori, politici ed imprenditori.
– Fine 1999: la data di inizio operazioni di Malpensa, dopo essere ritardata di alcuni mesi, viene finalmente rispettata ma le infrastrutture di collegamento ancora latitano; Malpensa è scomodo ed i milanesi preferiscono Linate ed altri piccoli aeroporti per raggiungere le destinazioni volute; le compagnie low cost prendono la palla al balzo e offrono voli punto-punto molto più convenienti. L’accordo con KLM prospettato per creare sinergie tra Malpensa e Schipol viene abbandonato e KLM prenderà a breve la strada dell’incorporazione in Air France. Grande occasione persa, come facciamo a far crescere Malpensa? AirOne comincia a rosicchiare quote di mercato ad Alitalia sulla tratta Roma – Milano Linate.
– 2000-2001: piano Alitalia-AirFrance-KLM di fusione, concordato tra le compagnie. Alitalia otterrà il 35% del pacchetto azionario finale, il gruppo sarà il terzo a livello europeo. Le immense spese per la costruzione di Malpensa sono state sostenute dalla Comunità Europea e dallo stato italiano negli anni precedenti (prima e durante gestione Prodi dopo ribaltone – forse era meglio per la Lega stare con il centrosinistra per qualche anno, chissà perchè). Berlusconi dice NO ed il piano va a monte. Ma ormai l’aeroporto (e la frittata) è fatto, ma con cosa lo riempiamo? Occorre che Alitalia rimanga a Malpensa per qualche anno a tutti i costi (dei contribuenti, ma non importa).
– 2002-2003: crisi del trasporto aereo post 9/11 – che tegola! Alcune compagnie chiudono, molte ristrutturano e/o si aggregano, Alitalia continua a bruciare cassa ma adesso c’è una scusa in più (il mercato va male) per non ottenere risultati nel risanamento. Gli altri (vettori esteri) hanno capito che a breve-medio termine potranno negoziare una fusione o un acquisto da una posizione molto vantaggiosa. Grazie alla crescita delle low-cost, il modello punto-punto si impone sul modello hub almeno per il medio-breve raggio: Alitalia si trova a competere con le low cost sulla maggior parte delle tratte, avendo tagliato pesantemente quelle intercontinentali.
– 2004-2006: occorre una ricapitalizzazione con soldi pubblici, più di un miliardo di €: durante il governo Berlusconi, Mengozzi e Cimoli si comportano da pre-commissari, tenendo d’occhio i bilanci senza colpo ferire. Era forse quello il momento di far partire tenendo un’asta pubblica, visto che i bilanci erano un minimo decenti.
– 2007-Marzo 2008: il governo Prodi lancia una gara internazionale per l’acquisizione della maggioranza di Alitalia. Solo AirFrance-KLM presenta un’offerta seria per l’acquisto della compagnia; le altre, tra cui quella di AirOne, sono inconsistenti: AF offre 1.7 miliardi di euro con COPERTURA TOTALE dei debiti del vettore e 2100 esuberi. La campagna elettorale di inizio 2008 ruota attorno alle dichiarazioni di Berlusconi su un salvataggio molto meno oneroso per la compagnia. Air France fiuta puzza di bruciato e scappa. Il governo entrante chiede a Prodi di ricapitalizzare con 300 M€; si tratta di un prestito ponte, ma il nuovo governo la trasferisce in conto capitale.
– Giugno-Settembre 2008: dopo un paio di mesi estivi di suspence per la preparazione del colpo finale, gli imprenditori italiani salvatori delle patrie aviolinee escono allo scoperto e Berlusconi supporta la (s)cordata CAI piena di aspettative per affari futuri con lo Stato italiano. Il piano: oltre 6000 (?) esuberi, copertura completa dei debiti da parte dei contribuenti, prendere o lasciare con lo spettro/ricatto del fallimento. Banca Intesa supporta l’offerta che oggettivamente sembra un affarone. Perchè tutto vada in porto basta che non vi sia altra scelta ed i tempi stringano. CAI ha questa opzione di giocare da sola ma ha il fiato di Berlusconi sul collo che ci si è giocato un pò di reputazione, anche loro se fossero stati liberi sul mercato avrebbero fatto come AirFrance e Lufthansa (e gli altri compratori potenziali, es: Aeroflot); spariti in attesa della fine. Business is business.
– Oggi: ma che disastro! Qualcuno si rifiuta di farsi mettere con le spalle al muro, incredibile! Di chi è la responsabilità della situazione? Della CGIL e dei piloti? No è sua, del Berluska (capo degli imprenditori che non vogliono il mercato) e dei suoi colleghi che dal post tangentopoli hanno messo le mani sulle aziende a partecipazione pubblica gestendone le privatizazioni con il permesso di politici della sponda opposta non troppo agguerriti (per utilizzare un eufemismo). Alcune sono andate in porto, altre no, ma tutte hanno fatto la fortuna dei protagonisti, i lungimiranti imprenditori italiani (Beppe Grillo aggiungerebbe: con le pezze al culo). E se tutta la CAI si prendesse AirOne (finalmente Totò, ops Toto riuscirebbe a risolvere i suoi problemini e non dovrebbero essere i cittadini a farlo) i cavalieri coraggiosi avrebbero finalmente la loro bella linea aerea tutti insieme, ripianandone i debiti e viaggiando in prima classe a loro spese. Per loro il rapporto costi/benefici dell’affare Alitalia si è alzato molto in questi ultimi giorni e, insieme al clima finanziario globale deterioratosi, il rischio non vale più la candela. Che si spegne lentamente ma inesorabilmente.
Michele Cipolli
CAI, RITIRO ALL’UNAMINITA’
Come avrei immaginato, tutto questo casino sarebbe andato a finire male.
Ora viene, a mio avviso, un momento cruciale per capire se il PD e l’opposizione siano “in forza” o meno.
Personalmente sono fortemente curioso di vedere se, almeno in questa “enorme” occasione di verità, il PD e la opposizione tutta, insieme ai sindacati riusciranno ad attribuire, con impegno mediatico, le COLPE di questa disfatta al vero colpevole di tutto ciò: il Governo Berlusconi.
Dopo pochi mesi, per pura strategia elettorale, il Paese perde e molto (lavoro, credibilità, compagnia aerea che ne esce a pezzi, debito pubblico e altro).
Voi che ne pensate?
Massimo
IL DECISIONISMO DI BERLUSCONI
In questi giorni ho riflettuto sulla accelerazione del Decisionismo di questo nuovo Governo (soprattutto se confrontato con quello del Governo Prodi) e mi sono detto: ma vuoi vedere che è proprio il “Decisionismo” il Quid che porta e continuerà a portare sempre più italiani a votare PDL?
Non è che il popolo italiano, resosi conto di non essere capace di gestire la Democrazia e quindi la possibilità di definire “scelte collegiali”, abbia deciso di delegare tutto ad una politica decisionista, come ha fatto molte volte nel passato?
Infatti, se c’è una cosa che questo Governo sta facendo meglio rispetto ai governi passati è quella: DECIDERE.
Basta aprire i giornali di oggi per rendersene conto: approvazione Ddl Carfagna sulla prostituzione, approvazione Bozza Federalismo, Assemblea Alitalia sulla nuova CAI, Berlusconi rilancia sul nucleare, Tremonti chiede alla BEI di costituirsi come Fondo Sovrano..
Ed è su questo, forse prima di altro, che il PD e l’opposizione deve interrogarsi: non è il caso di rimodellarsi attuando un modello decisionale “meno democratico” e più vicino alla richiesta “più o meno diretto” che ormai arriva dal Paese e dall’Europa?
La società è cambiata profondamente, e i Partiti devono rendersene conto, cambiando “idee” e “modi operandi” superati dai tempi.
Massimo Preziuso
L’ANNO FONDAMENTALE ITALIANO
Ciao a tutti.
Spero la vostra Estate sia andata al meglio.
Ricomincia un altro anno, che a mio avviso è unico e fondamentale per il nostro Paese: o si da una svolta ora o sarà impossibile farlo in futuro, e ci ritroveremo, per un lunghissimo periodo, con un arretrato paese oligarchico.
E in questo fondamentale sarà il ruolo del “nostro amico” Partito Democratico: spero davvero che si RISVEGLIERA’ dal LUNGO SONNO iniziato ad Aprile.
Per capire questo, la settimana prossima andrò alla Summer School del PD, in cui spero di trovarvi in tanti.
Intanto, da parte mia, due segnali negativi li ho già avvertiti in due giorni, nella città di Roma (che è la cassa di risonanza del Paese):
1) Lunedi, Fiumicino, un Aereo di Air One (futuro main partner della “nuova” Alitalia) ci tiene 1 ORA fermi sull’aereo in arrivo da Atene perchè “un giovane lavoratore pieno di tatuaggi in mostra aveva lasciato la sua macchinina sotto il nostro aereo in uno spazio riservato ai Bus di collegamento”…poi ancora 1 ORA per aspettare i bagagli e sono DUE.
SE QUESTA SARA’ la “NUOVA COMPAGNIA ITALIANA”…
2) Tra ieri e oggi ho avuto modo di girare, in macchina, per Roma: bene la zone intorno a Via Veneto e Piazza Fiume, così come i Parioli, sono ancor di più diventati un “pattumaio di macchine e motorette che ormai arrivano ad invadere i portoni e i piedi delle persone in transito, a tutte le ore”: se poi si vuole rispettare il codice della strada, e trovare un NORMALE parcheggio, ci si impiega 1 ORA..
Lo avevo scritto prima delle elezioni al Sindaco Rutelli, sul suo Facebook: è fondamentale fare attenzione anche e soprattutto alla Mobilità delle zone centrali di Roma: vi è poco da dire, lì si concentrano molti degli INTELLECTUAL WORKERS – MOTORE dell’economia e della Società di Roma.
Poco è cambiato, ed in peggio, e quelle persone, è il mio sentore, potrebbero davvero andarsene (anzi, a giudicare con gli occhi del passante, molti se ne sono già andati).
SE QUESTO DOVESSE ACCADERE..
Che dire: continuiamo, nel nostro piccolo, a dare una mano a questo “Bello e Martoriato” Paese, ma vi è davvero poco tempo per cambiare.
Buon inizio,
Massimo
OBAMA FOR PRESIDENT
OSSERVAZIONI SULL’EUROPA
di Riccardo Sani – IE Europa
I richiami alla necessità di una difesa europea integrata lanciati da parecchie parti, in particolare dal presidente francese Sarkozy ed in parte dal presidente italiano Napolitano, sono una conferma del fatto che questa non esiste affatto e che ormai nessun stato europeo da solo può garantire neanche minimamente la propria sicurezza e contribuire contemporaneamente a promuovere, per quanto oggi è possibile, la pace. Tali richiami hanno però un gravissimo limite : essi ignorano o fanno finta di ignorare che il problema di una difesa europea efficiente non può essere risolto finchè non si superano le sovranità nazionali che mirano a conservare, per sete di potere e talvolta perfino di incapacità di comprendere, la cooperazione tra gli stati europei nell’ambito di innumerevoli trattati internazionali. La cosa porta inevitabilmente al fallimento.
Nel luglio 1951, rivolgendosi a tutti gli europei da poco usciti dal disastro della seconda guerra mondiale, il generale Eisenhover, capo supremo delle forze americane, aveva rivolto un pressante invito a diventare subito un “paese unito” con una federazione europea ! Secondo il generale era infatti illusorio parlare di difesa e sicurezza puramente in termini di cooperazione fra stati, in quanto questa sicuramente si sarebbe rivelata ben presto inadeguata se non ridicola ma avrebbe come conseguenza alimentato la sfiducia degli stessi popoli chiamati a sostenerla . Più di 60 anni dopo l’esortazione di Eisenhover resta ancora inascoltata : eppure le ragioni per dare vita ad una vera federazione sono sempre storicamente e politicamente valide ed urgenti.
La speranza di molti europei che, una volta caduta l’URSS, la sicurezza militare potesse essere mantenuta da un esercito in cooperazione multilaterale sotto la direzione americana si è rivelata infondata.
In poco tempo la paura per una guerra globale è stata sostituita da quella di una crescente instabilità che si è realizzata in un aumento abnorme del numero delle guerre guerreggiate, limitate ma prive di sbocchi e diffuse in quasi tutti i continenti (attuale esempio quello della Georgia-Ossezia-Russia).
Si tratta di guerre destinate a divorare crescenti risorse in termini umani e finanziari.
Questo desolante quadro, di per sè preoccupante, secondo certe previsioni, è destinato a subire una ulteriore destabilizzazione in termini di sicurezza sotto la spinta di tre fenomeni :
-in primo luogo la sovraesposizione militare della potenza americana, presente ormai in oltre cento paesi, che sta esaurendo di fatto la possibilità di impegnarsi ulteriormente in eventuali compiti di polizia internazionale.
-in secondo luogo l’atteso aggravamento degli squilibri regionali per le conseguenze negative prodotte da cambiamenti sull’ambiente e sulle economie, creando situazioni di tensione e disordine crescente a livello internazionale
-la concorrenza feroce degli stati per garantirsi il controllo sugli approvigionamenti a sempre più scarse e costose materie prime.
Tutto ciò rischia di far ripartire poltiche di riarmo destinate ad avere imprevedibili sbocchi sul piano dei rapporti internazionali.
Vi è ancora un aspetto con molti interrogativi per la sicurezza internazionale che pone questi incapaci europei (intendo governi e partiti che li amministrano) in una situazione di aumento crescente del pericolo legato alla proliferazione delle armi di distruzione di massa ed alla attività della dissuasione nucleare.
Per quanto riguarda la proliferazione nucleare, non solo rischia di estendersi ormai a stati ad “un tiro di missile” dall’Europa, ma è aggravata dal mancato azzeramento della minaccia nucleare russo-americana che avrebbe dovuto essere eliminato entro la fine del secolo scorso(ricordo gli accordi Reagan-Gorbaciov) e che sembra invece riaccendersi con la disputa sullo scudo antimissile che gli americani vogliono installare in una Polonia consenziente (dove è l’Europa in evidente assenza politico- istituzionale??!! ).
Bisogna essere del tutto cechi od imbecilli per non vedere in quale situazione “nano politica” siamo finiti per colpa dei nostri governi e partiti, con la connivenza di una aliquota di indifferenza incosciente del popolo europeo che forse si sente impotente.
In sintesi, da dove dovrebbero partire gli europei per costruire veramente ed in modo indipendente la loro difesa ?
Alla luce di quanto sopra i problemi che non possonoessere ignorati sono tre:
1) quello della definizione del potere che sarebbe indispensabile per affermare nei fatti e non a parole l’indipendenza europea nel settore della sicurezza e delle scelte operative in eguale reale “ partnership” con America-Cina –India ecc.
2) quello del riconoscimento del “quadro” in cui diventerebbe possibile la creazione di tale potere (ben sapendo che niente è possibile nel quadro dei “Ventisette” di quella specie di unione attuale e specialmente in un coinvolgimento della Inghilterra (principale ma non unico stato contrario a tale sbocco della politica continentale europea) .
3) quello della creazione di uno “stato maggiore” della difesa con possibilità operative sia nel settore convenzionale che nucleare dipendente da un potere sovrano europeo derivante da una autentica federazione !
In conclusione:
a) Solo quando e nella misura in cui si inizierà un consapevole dibattito il problema della difesa europea uscirà dalla solita stantia retorica dei partiti ed entrerà nella sfera della iniziativa politica.
b) Solo quando tale dibattito ci sarà emergerà in piena evidenza la scomoda e vergognosa verità europea che oggi si stenta ad intravedere o non si vuole riconoscere.
c) Solo quando ci sarà un Patto Federale per dare vita ad un primo nucleo di uno Stato federale europeo, l’aspirazione ad una dignitosa ed efficiente capacità europea di agire in indipendenza e cooperazione con altri popoli, in eguale partnerschip, non sarà più nel mondo dei sogni !!!
d) Solo allora questi staterelli europei, impotenti pigmei rispetto alle realtà statuali emergenti, ammalati di imperante frazionismo, avranno raggiunto la loro reale possibilità di sopravvivere nel tempo.
Riccardo Sani.
CLEAN BEHAVIOUR E CARBON MARKET
Clean Behaviour e Carbon Market: la Democrazia e il mercato sfidano il Climate Change
La riflessione di Innovatori Europei (pubblicata su PD MAGAZINE)
Lo sviluppo sostenibile del nostro Pianeta passa per una nuova organizzazione della Società.
Il recente summit dei G8 in Giappone ha dimostrato ancora una volta la sostanziale incapacità dei governi nazionali di farsi carico dei problemi che assillano il pianeta nella sua globalità. La crescita economica rappresenta ancora l’idolo sul cui altare si sacrifica ogni altro valore, compreso l’ecosistema Terra ed il futuro delle prossime generazioni. Per decenni l’Occidente ha vissuto contraendo enormi “debiti ecologici”, che ora cominciamo tutti a pagare con gli interessi; la situazione è poi aggravata dalla globalizzazione che, permettendo a milioni di persone di uscire da una condizione di povertà, ha anche impresso una frenetica accelerazione al riscaldamento globale.
Esiste una sola via d’uscita da questa spirale autodistruttiva: la presa di coscienza che ogni nostra azione lascia un’impronta sul pianeta, un’impronta, la cosiddetta carbon footprint. Dobbiamo allora imparare a “camminare più lievemente” sul nostro Pianeta, e noi cittadini delle nazioni più ricche ed evolute abbiamo il dovere di perseguire e diffondere questo nuovo stile di vita.
L’obiettivo strategico di questa svolta è l’affermazione di un nuovo modello macroeconomico globale, che qui chiamiamo “Clean Economy”. Secondo questo paradigma, gli impatti ambientali derivanti da qualunque attività umana sono considerati a tutti gli effetti “passività contabili”, che devono trovare una corrispondente voce di “attività contabile” che ne azzeri i costi. In un contesto siffatto, sono chiaramente vincenti tutte le forme di produzione che sono nativamente ad impatto zero, mentre quelle tradizionali devono sopportare costi aggiuntivi e tendono pertanto ad essere non concorrenziali e quindi progressivamente abbandonate.
Occorre innescare un processo virtuoso che, sfruttando le leggi del mercato, determini l’emersione ed affermazione di questo nuovo modello economico globale: tutti noi, in quanto abitanti del pianeta Terra ed attori di un mercato globale, possiamo agire sviluppando la domanda di prodotti e servizi ecosostenibili, scegliendo l’offerta che “costa meno” secondo questa nuova definizione di “costo”. La vera sfida consiste, infatti, nel diffondere nella società civile una consapevolezza ambientale che si traduca in comportamenti e buone pratiche quotidiane, che nel loro insieme definiamo “Clean Behaviour”. Queste azioni vanno dagli accorgimenti quotidiani per la riduzione dei consumi di energia ad interventi più strutturati di efficientamento energetico degli edifici, installazione di impianti di generazione da fonti rinnovabili, progetti di energy management, di trasporto sostenibile, produzione sostenibile etc., sia in ambito business che domestico.
Le soluzioni sono ormai note, la tecnologia è in gran parte già disponibile; per diffondere il Clean Behaviour ed accelerare la transizione di paradigma economico i fattori critici di successo sono:
1. Sfruttare l’attuale crisi energetica, che da congiunturale sta diventando a tutti gli effetti strutturale, come opportunità offerta dal mercato per sensibilizzare tutti sui risparmi immediati che nascono da comportamenti eco-compatibili;
2. Adottare Internet come paradigma di processo bottom-up, autenticamente democratico e direttamente partecipativo. Il Web è esploso nel momento in cui si è configurato come rete peer-to-peer in cui tutti collaborano alla creazione e diffusione dei contenuti: lo stesso modello va adottato per creare e condividere conoscenza sul tema del Clean Behaviour. È importante notare che la “rete intelligente” sarà anche molto probabilmente il modello di generazione e distribuzione dell’energia del futuro, in cui ciascun utente sarà potenzialmente produttore e consumatore di energia, esattamente come nel Web 2.0 il navigatore ha un ruolo di creatore e fruitore di contenuti.
3. Gli Stati devono creare le condizioni di consolidamento di una massa critica di “politiche” che possa scatenare un processo irreversibile. Ciò può avvenire incentivando gli investimenti in iniziative di Clean Behaviour attraverso strumenti normativi (standard a livello internazionale) ed economici (sgravi fiscali, finanziamenti agevolati di livello sovra-nazionale).
In conclusione, le risorse necessarie per raggiungere questi traguardi possono essere trovate sia investendo sui risparmi economici ottenuti dal “Clean Behaviour”, sia utilizzando gli strumenti finanziari più sofisticati del Carbon Market, la piattaforma finanziaria “nata” con il Protocollo di Kyoto del 1997: quest’ultima rappresenta il “propulsore” di mercato necessario ad avviare un nuovo “motore” di Sviluppo Sostenibile, una nuova Società incentrata sul “Clean Behaviour” appunto.
Massimo Preziuso, Alberto Zigoni, Stefano Casati
Innovatori Europei – Energia