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SULLE ELEZIONI FRANCESI

Breve riflessione sulle elezioni francesi. Sarkozy e il rigurgito Bush

di Veronica Flora

Alla fine ha vinto Sarkozy.

Temo non sia un segno positivo per la Francia, per l’Europa. Ecco già proteste nelle piazze parigine, nella banlieu, come in altri centri importanti francesi. E la polizia non esita a lanciare i lacrimogeni, si legge sui giornali.

Speriamo che il sistema presidenziale d’oltralpe, pur più forte di quello italiano, tenga a bada l’elezione di un leader di cui Le Pen ha già detto “Sarkozy? È un uomo con cui si può parlare”.

Solo questa affermazione dovrebbe far preoccupare tutti.

Un politico che si dice europeista, ma chiama “canaglie” i giovani francesi, in gran parte di origine algerina, che popolano le periferie, alimentando un “Odio” di kassovitziana memoria che continuerà/riprenderà a crescere, si rivela istantaneamente per quello che è.

Se l’europeismo raccoglie le istanze di volontà di crescita dell’Europa in una visione di integrazione e sviluppo culturale, di crescita della consapevolezza dei valori, fortemente illuministici – di laicità, libertà, uguaglianza, fratellanza, nei cittadini europei nell’ottica di un apertura al resto del mondo – come può un candidato, ora presidente della repubblica francese, trattare la propria gente con quella violenza (toute fasciste) che abbiamo osservato nei suoi blitz nelle periferie?

I francesi hanno ignorato i sintomi di un’aggressività che ha spaventato persino un’ombra astuta come Chirac, che pure è riuscito a tratti – anche se certamente, comunque sempre per interessi economici – in qualche modo a distaccarsi dalla politica guerrafondaia capeggiata da Bush e il suo tirapiedi Blair.
I francesi hanno nuovamente perso l’occasione di cambiare le cose, certo non di livello, come sarebbe potuto accadere con l’ormai lontana candidatura di Jospin.

Un’occasione che era stata forse avvistata per prima stavolta, a dispetto di ciò che si dice sulle nuove generazioni (nel nostro paese almeno), proprio dai giovani, che più degli altri sanno davvero intuire ciò che cambia e avviene nel tessuto sociale, e hanno nella maggioranza sostenuto la Royal, e quindi la necessità di una più vigorosa apertura al métissage culturale, alle tematiche dell’istruzione e dell’occupazione su cui puntare in un ottica di diritto di tutti.

Questa sarebbe forse stata l’unica strada perseguibile davvero per garantire “la sicurezza” alla Francia, di cui tanto si riempie la bocca Sarkozy. Creare muri, difese, all’identità nazionale, invece di allargarla, come comunque accade e necessariamente accadrà sempre di più nei fatti, è andare inevitabilmente verso il disastro.

In un momento così delicato della geopolitica, dell’economia mondiale, solo il dialogo, la volontà più profonda di cercare di abbassare i toni per poter ascoltare le difficoltà e evitare estremizzate reazioni, che sempre più vedono accamparsi sorde istanze religiose, la vittoria di un candidato con al centro l’impegno per la pace (e nella pratica l’integrazione, la regolarizzazione degli immigrati) sarebbe stata fortemente diversa. Una donna, forse, sarebbe stata diversa.

Altro discorso, non troppo diverso invero, per il nostro paese.

Preoccupano oggi sfoghi come “Sono di sinistra, sto diventando razzista” (Repubblica di oggi, che non esita a inserirlo subito dopo la vittoria di Sarkozy) perché rivelano un’incapacità di vedere che il disagio sociale in cui vivono molti immigrati, la marginalizzazione, l’indifferenza sono spesso le cause prime di reazioni violente (certamente da punire con gli strumenti della giustizia) .

Solo una politica che tocchi le corde profonde della coscienza a sua volta rispecchiandole, e che agisca perché non si acuisca l’odio come, non più solo sotterraneamente sta accadendo in questo periodo, può forse cambiare questa realtà.

Tra l’altro mi piacerebbe dire a questo signore “di sinistra, che sta diventando razzista”, ma anche alla Repubblica che pubblica queste cose, che è abbastanza assurdo, se non ridicolo, costruire un attacco del genere su avvenimenti del tutto personali (altri avvenimenti posso vivere io o chiunque altro sui mezzi pubblici), utilizzando termini come “razzista”

E “razzista”, e “fascista” sono termini in contrapposizione ai quali – nel rifiuto assoluto dei quali (ce lo dimentichiamo sempre più facilmente) – è stata originata la Grundnorm, la norma fondativa della costruzione europea dopo la seconda guerra mondiale.

DONNA E DIVERSITA’

di Laura Tussi

Tutta la nostra esistenza è imperniata di conoscenze e sensazioni recepite lungo l’arco dell’esistenza, dalle genti e dalle cose con cui abbiamo convissuto, nell’ambiente usuale che ci ha circondato. La crescita individuale ha acquisito, passo dopo passo, in un percorso alquanto travagliato, un bagaglio culturale costruito con i frammenti del sapere che ci hanno trasmesso moltitudini di persone incontrate lungo il cammino della nostra vita, comunicando tramite la parola, i gesti espressivi, il senso religioso e tutti quei codici etici di comportamento utili per perseguire una buona convivenza sociale e familiare negli agglomerati urbani e nelle città.

Sin dai primi approcci, con il senso comune del bene e con gli elementi Dio, Madre, Terra, Patria, Paese ed i loro rispettivi significati, ci si orienta verso una crescita individuale e soggettiva, durante la quale si forma il senso dell’appartenenza. Consapevoli dell’essere e coscienti di far parte di un popolo e di una specifica comunità, nel rispetto della vita individuale nell’ambiente che ci circonda. Il tempo scorre cosi in armonia con il creato e gli individui diventano collaboratori ideali nel mistero della creazione. La mercificazione della vita che domina l’etica capitalistica frantuma gli equilibri del buon governo e del saper vivere. Gli uomini si fanno la guerra, deturpano i territori, fanno crollare le cattedrali e con la degenerazione nelle strutture sociali, si creano strumenti che annullano la partecipazione degli individui a favore di un individualismo di massa solo dedito al consumismo sfrenato che porta inevitabilmente al declino di un’etica che ha coltivato nel tempo nel cuore degli uomini; radici profonde di benessere e serenità accantonate per dar spazio all’etica del soldo. E se la vita è essenzialmente merce, se tutto è qualificabile al dio soldo, se dobbiamo rassegnarci all’etica del successo e del superfluo, allora bisogna combattere questa “etica” perché colpisce valori e bisogni non misurabili in denaro. E’ necessario allora impegnare le forze sulla rieducazione delle coscienze e con le risorse umane, creative, che non mancano, ritrovare l’armonia tra noi stessi ed il creato. La parola guida della nostra azione deve essere “Eticità”, intesa non come generica onesta, ma come onestà impegnata.

E’ vero che esiste anche un clima di sradicamento generalizzato, ma è altrettanto vero che gli uomini del nostro tempo sentono anche vivo il bisogno di una rinascita. A questo bisogno di rinascita le donne possono dare un contributo di rinnovamento se sapranno fare buon uso, come fu per il passato, del loro “genio femminile”. Ma per far questo bisogna ritrovare e recuperare la memoria delle opere e degli atti che sono stati compiuti dalle donne in tutti i campi sociali lungo l’arco della storia: impegno protratto nella ricerca del bene comune per tutti, uomini e donne. Le donne sono passate dagli atti compiuti nel silenzio a quelli durante i quali hanno fatto sentire la propria voce. Sul piano educativo il vecchio modello della donna subalterna all’uomo è superato, anche se rimane ancora da raggiungere l’obiettivo della reciprocità. Non solo per quanto riguarda la diversità sessuale, soggettiva e personale, ma piuttosto per la diversità che si presenta più complessa, rappresentata dalle differenze culturali, razziali e religiose presenti nella nostra società avviata a diventare sempre più multietnica. E’ da sottolineare il fatto che manca ancora una consapevolezza chiara sulle differenze ed in modo particolare sulla differenza sessuale. E’ indubbio che non esiste solo una diversità fisica tra il maschile ed il femminile, ma esiste anche una differenza d’identità soggettiva anche nel modo di giudicare le situazioni dell’esistenza. Bisogna trovare un metro di acquisizioni e farlo accettare; un modo di essere al femminile che possa originare modi diversi di porsi davanti alle molteplici situazioni da parte delle donne. C’è ancora uno scavo culturale da fare, una verifica sui comportamenti ricorrenti, perché le giovani generazioni rischiano di non avere dei piani di formazione che tengano conto di questi cambiamenti. Urge la necessita di creare strumenti ed ambiti di confronto anche sulle esperienze che viviamo, su argomenti concernenti le pari dignità nella differenza. Riconoscimento della “differenza” come valore e non come causa di emarginazione; riconoscimento delle caratteristiche di ognuno come ricchezza da far emergere e condividere; riconoscimento della “parità” non come adeguamento agli stereotipi maschili; riconoscimento della dignità di ciascun essere umano, quindi anche della dignità delle donne, rifiutando il concetto di “massa senza dignità”; riconoscimento del diritto alla dignità in virtù dell’impronta di Dio in ogni creatura.

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