Significativamente Oltre

Green Behaviour

Un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile per la Green Economy and Society in Italia

svilupposostenibile

Se si vuole essere protagonisti nella nuova epoca della Sostenibilità, questo è il tempo delle grandi innovazioni, soprattutto in Italia.

Tante sono le cose da fare, nel settore pubblico ed in quello privato, nei mondi della scuola, della ricerca, dell’industria, dei media, della finanza ed altri ancora.

Ma la prima cosa di cui un Paese come il nostro ha bisogno oggi è la nascita di una struttura di Governo che attui e coordini tutto il complesso di “politiche pubbliche” necessarie all’avvio di un percorso che ci porti ad una Green Economy and Society.

Una soluzione in tal senso è la nascita di un Ministero per lo Sviluppo Sostenibile (MISS), che accorpi in sé il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM).

In tal modo, il MISS si doterebbe della forte capacità di impatto sul mondo industriale dell’attuale MSE (che è l’amministrazione di riferimento per i settori portanti dell’economia italiana) e dell’esperienza e competenza in tema ambientale del MATTM (che è l’amministrazione preposta all’attuazione della politica ambientale), migliorando efficacia e efficienza della spesa pubblica.

Il Ministero per lo Sviluppo Sostenibile diverrebbe così, insieme al Ministero dell’Economia, il motore delle politiche di sviluppo (sostenibile) dei prossimi decenni in Italia.

Una proposta come questa, oggi, è chiaramente una provocazione, ma un Paese moderno, perché possa cambiare davvero, ha il dovere di discutere anche di provocazioni.

Massimo Preziuso

Il Partito Democratico e l’Innovazione nella Green Economy and Society

Il Partito Democratico e l’Innovazione nella Green Economy and Society

Innovatori Europei e Rete dell’Innovazione per Pierluigi Bersani Segretario

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La crisi mondiale nella quale ci troviamo ha messo in luce la debolezza del sistema produttivo nazionale e la sua incapacità di innovare.

La ragione primaria che determina questa incapacità è la mancata comprensione del cambio di paradigma che nel mondo occidentale si è determinato con il passaggio dalla società industriale alla società della conoscenza: si tratta non solo di una profonda variazione del sistema produttivo, nel quale assumono un rilievo inedito rispetto al passato le attività e i beni che includono quantità crescenti di conoscenza, innovazione e creatività ma, nel complesso, di un profondo cambiamento culturale e politico.

Un cambiamento che si esercita innanzitutto sull’idea stessa di progresso e benessere: se sino ad ora si è pensato che queste variabili obbedissero ad una crescita inarrestabile della produzione e del consumo, sostenuta dall’economia finanziaria, adesso gli effetti negativi di questa ideologia hanno reso evidenti e gravi gli errori commessi sino ad oggi. Dalla crisi di una finanza slegata dalla produzione reale, alla precarietà a cui stiamo consegnando il pianeta, sino alla esplosione degli equilibri tra diritti fondamentali nelle zone ricche a quelle più povere del mondo.

Il neoliberismo, con la sopraffazione dell’etica da parte del profitto e dei bisogni generali da parte dei particolarismi e interessi sempre più ristretti, è stato la dottrina economica che ha prodotto questo stato di cose.

Nella società sempre più globalizzata nella quale viviamo, innervata dai sistemi a rete – Internet in primis – i destini reciproci sono sempre più interdipendenti: questa è la variabile esogena più evidente che ci deve indurre a ripensare i nostri modelli di sviluppo, tenendo al contempo in conto la soddisfazione dei nostri bisogni e la ricaduta globale che le nostre azioni producono.

Tutti i principali paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo stanno facendo enormi investimenti e piani di intervento, sui settori dell’innovazione, sul sapere, sulla ricerca e sull’energia e ambiente, per cogliere le opportunità di questo nuovo scenario di interdipendenza internazionale e mutazione del sistema produttivo.

L’economia italiana sembra invece non aver compreso a sufficienza questo profondo mutamento di paradigma. Mentre tutti i paesi industrializzati investono in innovazione e ricerca per aumentare la quantità di conoscenza contenuta in ciò che producono, il nostro paese è asserragliato invece su produzioni a bassa e media specializzazione tecnologica che non consentono di competere con efficacia in un mondo sempre più globalizzato.

La crisi finanziaria che stiamo attraversando è crisi di un modello di crescita e di una impostazione economica “non sostenibile” ed ha semplicemente dato l’impulso ad un lento e continuo declino del nostro sistema economico, che rischia di protrarsi, e che va fermato, assumendo decisioni coraggiose in tempi brevi.

 Tutto questo si accompagna alla necessità di un uso più attento delle limitate risorse del Pianeta: il clima sta cambiando sotto i nostri occhi, rischiando di compromettere in maniera irreversibile le “nostre” condizioni di vita sul pianeta.

Per questo, negli ultimi due anni, il tema del Cambiamento Climatico, da vincolo – costo per le economie e le società è diventato opportunità economica – culturale – politica, al punto che oggi dagli Stati Uniti alla Francia, passando per la Cina, si parla della necessità di una Green Economy and Society.

In questo nuovo contesto, l’obiettivo strategico di un Paese come l’Italia è quello di investire in innovazione e conoscenza, modernizzare l’apparato produttivo e contribuire all’affermazione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile.

Un modello che premia i processi di produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi ad impatto zero, ovvero tali che qualunque costo ambientale derivante dalla pressione esercitata dalle attività umane sull’ecosistema Terra sia controbilanciato da un’azione uguale e contraria, evitando di contrarre “debiti ambientali” che ricadranno, inevitabilmente, sulle future generazioni.

Per arrivare ad una Green Economy and Society, occorre innanzitutto innescare un processo virtuoso che, sfruttando anche le leggi del mercato, determini l’emersione e l’affermazione di questo nuovo modello economico e culturale.

La vera sfida consiste, infatti, nel diffondere nella società civile una consapevolezza ambientale che si traduca in tecnologie, comportamenti e buone pratiche quotidiane che, nel loro insieme, possiamo definire Green Behaviour. Queste azioni vanno dagli accorgimenti per la riduzione dei consumi di energia ad interventi più strutturati di efficienza energetica degli edifici, installazione di impianti di generazione da fonti rinnovabili, progetti di energy management, trasporto sostenibile, produzione sostenibile etc.

Mentre le soluzioni sono ormai note e la tecnologia è in molti casi già disponibile, per diffondere il Green Behaviour ed accelerare la transizione verso una Green Economy and Society i fattori critici di successo sono:

1. Lo sfruttamento dell’attuale crisi energetica, divenuta, a tutti gli effetti, strutturale, quale opportunità offerta dal mercato per sensibilizzare tutti, cittadini e imprenditori, sui risparmi immediati che nascono da comportamenti eco-compatibili;

2. L’adozione di Internet come paradigma di processo bottom-up, autenticamente democratico e direttamente partecipativo. Il Web è esploso grazie alla sua configurazione di rete peer-to-peer in cui tutti collaborano alla creazione e diffusione dei contenuti: lo stesso modello va adottato per creare e condividere conoscenza sul tema del Green Behaviour. È importante notare, infatti, che la “rete intelligente” sarà anche il modello di generazione e distribuzione dell’energia del futuro, in cui ciascun utente – nodo della rete sarà potenzialmente produttore e consumatore di energia, esattamente come nel Web 2.0 il navigatore ha oggi un ruolo di creatore e fruitore di contenuti in Internet.

3. La creazione, a livello internazionale, delle condizioni di consolidamento di una massa critica di “politiche” che possa scatenare un processo irreversibile. Ciò può avvenire incentivando gli investimenti in iniziative “verdi” attraverso strumenti normativi (definizione di standards a livello europeo – internazionale) ed economici (sgravi fiscali, finanziamenti agevolati di livello sovra-nazionale), che accompagnino lo sviluppo ed il consolidamento di un mercato delle emissioni e di un carbon finance globali.

Nella definizione di Green Economy and Society si racchiude quindi un po’ tutto:

– una Nuova Società, basata sulla sostenibilità dello sviluppo economico e dei consumi, ovvero sul Green Behaviour

– una Nuova Economia, incentrata sulla sostenibilità e sull’etica dei comportamenti, una Green Economy appunto.

E’ da lì che bisogna partire per capire la portata di questo cambiamento: che non è quindi solo cambiamento di un paradigma economico-industriale (il passaggio da uno sviluppo basato su combustibili fossili ad uno basato su energie rinnovabili) ma anche e soprattutto una innovazione culturale e sociale, in cui l’uomo torna al centro della scena, con la sua carica di umanità, di socialità partecipata all’ambiente in cui vive.

E’ per questo che tale tema dovrà risultare come la sfida più rilevante del Partito Democratico: un Partito che deve e può guidare l’Italia, in un momento unico ed irripetibile, a rivedere il proprio modello di sviluppo culturale ed economico, mettendo al centro il tema della sostenibilità ambientale.

Questo noi chiediamo a Pierluigi Bersani, “nostro” candidato alla Segreteria al congresso di Ottobre, sicuri che, con l’esperienza e il pragmatismo dimostrati da Ministro dello Sviluppo Economico, potrà affrontare una sfida così complessa e nuova.

 9 Settembre 2009 – Innovatori Europei e Rete dell’Innovazione

Massimo Preziuso, Paolino Madotto, Alberto Zigoni, Stefano Casati, David Ragazzoni, Alessia Centioni, Francesco Augurusa, Antonella Giulia Pizzaleo, Peter J. Bury

Per adesioni e/o info: infoinnovatorieuropei@gmail.com oppure info@larete-innovazione.it

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